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Federico e la sua valigia: diagnosi severe e potenzialità

di Ilaria Tatull

1. Federico e la sua valigia: diagnosi severe e potenzialità

Il presente lavoro narra la vicenda di Federico e dei traguardi educativi maturati nel corso di sei anni di attività. L’esperienza si è sviluppata all’interno del servizio educativo scolastico offerto dal- l’Ente Locale per i bambini interessati da disabilità nelle scuole del- l’infanzia e primaria. Tale servizio è previsto all’interno della L. n. 104/92 come ulteriore supporto all’integrazione nelle istituzioni sco- lastiche di ogni ordine e grado.

Con l’ingresso nella scuola primaria, la storia di Federico si è in- trecciata con la mia. Diversi colloqui avevano caratterizzato il perio- do di avvio del servizio educativo per concordare quali bambini in- teressati da disabilità nell’istituto avrebbero usufruito del servizio. Una riunione di GLH di Circolo attribuì a Federico sette ore, in con- siderazione delle necessità e dei possibili vantaggi che il singolo e la classe di appartenenza avrebbero potuto conseguire grazie all’inter- vento. Avevo qualche anno di esperienza come educatrice nella scuola, avevo lavorato con bambini di differenti età, ognuno nella sua diversa modalità di essere al mondo mi aveva condotto ad ap- profondimenti teorici, al confronto con figure specialistiche con dif- ferenti orientamenti, alla creazione e produzione di specifici mate- riali. Ero cresciuta professionalmente insieme a loro, ma ancora non abbastanza.

La diagnosi declaratoria di Federico, nella sua fredda sintesi, era disarmante: paralisi cerebrale infantile, doppia emiplegia, grave ritar- do psicomotorio e del linguaggio, esito di encefalopatia multicistica.

mente vuota, sguarnita di tutti gli strumenti necessari per affrontare la vita ma paradossalmente pesantissima: era carica di limiti. Iniziare il proprio viaggio esistenziale con un bagaglio anomalo può divenire molto svantaggioso se nel percorso non si incontrano compagni esperti che favoriscano lo sviluppo identitario consapevole e che indi- chino le strade accessibili alla piena realizzazione di sé (Lepri, 2011).

La lettura degli scarni dati clinici non avrebbe mai consentito di conoscere, di capire, di agire in modo adeguato nel rispetto dei bi- sogni reali dell’esile bambino di sette anni seduto innanzi all’edu- catrice. Dedicai il primo periodo a osservazioni strutturate per com- prendere in quale modo la severità degli elementi diagnostici si ma- nifestavano nella quotidianità del bambino, ma soprattutto era fon- damentale riconoscere le potenzialità residue, le risorse sulle quali progettare e realizzare un intervento educativo che accompagnasse lo sviluppo di Federico e favorisse l’inclusione scolastica (de Anna, 2014; Ianes & Camerotti, 2009; Mura, 2016).

Dalle prime osservazioni in aula, apparivano immediatamente evidenti gli effetti dell’emiplegia sulla qualità dell’autonomia e sulla possibilità di condividere l’attività didattica con i compagni. La complessità del danno motorio si manifestava su entrambi gli arti superiori, il sinistro si presentava mobile ma i movimenti della ma- no erano difficilmente coordinati e armoniosi. La motricità fine era inadeguata: poco efficace la presa indice-pollice, poco controllata la forza e l’apertura-chiusura a pugno. Il deficit motorio agli arti infe- riori si manifestava con movimenti limitati e incerti, una riduzione del tono muscolare, che aveva causato la lussazione dell’anca. Fede- rico indossava calzature ortopediche con plantare, un tutore per fa- vorire una postura corretta del piede e svolgeva pressoché quotidia- ne sedute di fisioterapia. Camminava con il supporto di una figura adulta per i locali della scuola con piccoli passi svelti e andatura leg- germente claudicante. Dal colloquio con i genitori appresi che in ca- sa si spostava in maniera più autonoma, camminava da solo per brevi tratti aiutandosi a mantenere l’equilibrio appoggiando la ma- no sinistra ai mobili. Dal confronto tra le indicazioni dei genitori e le osservazioni degli insegnanti, emergeva un ulteriore elemento sfa- vorevole: raramente Federico generalizzava i nuovi apprendimenti in contesti differenti.

lare, il grave deficit motorio, l’assenza del controllo sfinterico, le di- sfunzioni nelle percezioni sensoriali erano importanti ostacoli all’in- tegrazione, rendevano complicata ed esasperante la quotidianità scolastica.

Tuttavia le osservazioni avevano fatto emergere interessanti elementi sulle strategie adattive e compensative. Non si può non comunicare (Watzlawick, Beavin & Jackson, 1971), e infatti, Federico aveva instaurato una modalità dialogica gestuale per manifestare i propri bisogni con i familiari e provava ad usarla anche a scuola. Con piccoli gesti della mano sinistra sceglieva tra due tipi di meren- da, comunicava di non voler entrare in un’aula, di aver bisogno di bere, esprimeva il desiderio di dirigersi verso persone conosciute, di voler ascoltare musica, o chiedeva all’accompagnatore di alzarsi per uscire con lui dall’aula o di allontanare una cosa sgradita. Per quan- to tale modalità comunicativa avesse dei limiti nella sua efficacia, induceva a due importanti considerazioni: vi era intenzionalità co- municativa e la volontà di affermare i propri interessi. Inoltre, pur non avendo mai articolato parole, Federico comprendeva e conosce- va termini riferiti alla sua quotidianità domestica e scolastica, rico- nosceva i nomi delle persone che frequentava. Esprimeva gioia ed entusiasmo per attività piacevoli o, nel caso l’interlocutore avesse compreso un suo bisogno, esternava il suo compiacimento con risa- te, urla di approvazione e con movimenti convulsi delle braccia. Era necessario osservare meglio le dinamiche della classe per capire quali fossero le cause scatenanti i comportamenti problematici ripor- tati dalle insegnanti. Infatti, Federico si isolava in sguardi accigliati persi nel nulla, autolesionismo, movimenti stereotipati delle mani, in dondolii del busto, tentativi di fuga dall’aula, risate senza fine e apparentemente immotivate o in lunghi pianti inconsolabili.

Spesso ciò che rendeva particolarmente spiacevole la permanen- za in aula erano i toni di voce degli insegnanti, il sentirsi annoiato, isolato, il brusio delle chiacchiere dei compagni o dei bruschi spo- stamenti delle sedie o dei banchi.

Il periodo di osservazione aveva tratteggiato un quadro nuovo, il bagaglio di Federico poteva essere riassortito, erano manifeste le risorse a cui attingere per iniziare a lavorare insieme.