di Ilaria Tatulli e Gabriella Marin
4. Mantenere i contatt
La presenza delle nuove tecnologie a supporto della comunica- zione e delle relazioni sociali divenne il nuovo impulso per proget- tare nuovi scenari esistenziali. Le difficoltà erano comunque presenti ma Maria acquisì maggior sicurezza e determinazione nell’appren- dimento dell’uso del software: era l’occasione per esprimere se stes- sa, per comunicare agli altri qualcosa di sé, per confrontarsi senza intermediari, per accostarsi alla vita reale di altre persone quasi in totale autonomia.
La creazione del profilo personale consentì di mantenere i rap- porti con coloro che aveva conosciuto recentemente nel centro di aggregazione e fece emergere il desiderio di ritrovare ex compagni di scuola. Maria in breve tempo entrò in contatto con parenti e cono- scenti. Tutti accolsero con entusiasmo le sue richieste. La nuova op- portunità di socializzazione aveva modificato la quotidianità, il suo tempo libero si era arricchito di nuovi stimoli, poteva respirare un po’ di indipendenza. Tuttavia spesso avevo osservato in lei emozio- ni contrastanti. La “libertà” acquisita la costringeva a mettersi in gioco e ad ogni richiesta di contatto si caricava di nuove aspettative, così da suscitare alterni stati di: paura, gioia, eccitazione.
Adesso Maria naviga nel web e coltiva i rapporti con il supporto del più aggiornato software Grid 2. Utilizza il suo profilo personale con impegno costante, comunica con numerosissime persone, con- divide i suoi interessi estetici e culinari, fa circolare le proprie rifles- sioni personali su temi di attualità politica, dibattiti culturali e dif- fonde notizie e video che promuovono l’inclusione sociale delle per- sone interessate da disabilità. Dopo otto anni, ci sentiamo con brevi messaggi per aggiornarci sulla nostra esistenza, scambiarci gli augu- ri per il compleanno e per le feste e condividere qualche foto della nostra vita attuale.
diviso con occhi maturi di esperienze e di ulteriori approfondimenti teorici, di rileggere le mie iniziali perplessità, il senso di inadegua- tezza rispetto ad una dimensione educativa nuova e di considerare la complessità di elementi che hanno accompagnato il raggiungi- mento degli obiettivi. È possibile indicare alcuni punti di forza es- senziali nel buon esito dell’intervento educativo domiciliare: l’ap- proccio sistemico che comprende la conoscenza dell’educando e del- la famiglia, l’individuazione delle risorse del territorio e la progetta- zione del lavoro di rete, il costante monitoraggio degli obiettivi con momenti di discussione e confronto con l’educando, l’apertura della rete per favorire l’inclusione sociale (Gaspari, 2012).
L’educatore è un professionista coinvolto in un processo di for- mazione continua, capace di leggere e comprendere le informazioni diagnostiche e riconsiderarle nella prospettiva bio-psico-sociale del- l’ICF (WHO, 2001). Un approccio che considera la complessità del funzionamento umano, dei fattori personali e della salute in correla- zione all’ambiente, consente di rileggere e interpretare i fattori che concorrono alla partecipazione o all’esclusione e sviluppare progetti educativi inclusivi (de Anna, 2014; Ianes 2004; Mura, 2016). La ten- sione personale emersa durante il primo incontro con gli operatori del servizio sociale avrebbe potuto inibire l’efficacia progettuale. Tuttavia, anche in una situazione in cui il quadro diagnostico può apparire definitivamente sfavorevole al raggiungimento di obiettivi che concorrano alla realizzazione del Progetto di Vita, il professioni- sta dell’educazione utilizza le fasi di osservazione per riconoscere il potenziale residuo per sviluppare abilità e maturare competenze che concorrano «al miglior stato di benessere e a un buon livello di par- tecipazione sociale e culturale nel contesto di appartenenza» (Ga- spari, 2012, p. 154). Le fasi iniziali di conoscenza reciproca, l’ac- coglienza manifestata da tutto il nucleo si sono rivelate uno stru- mento fondamentale per la creazione di un rapporto autentico, di fiducia che ha consentito di ricercare le strategie più adeguate per rispondere ai loro bisogni emergenti. Gli obiettivi educativi condivi- si nel corso di tre anni di lavoro, in particolare lo sviluppo del- l’autonomia personale e sociale e delle competenze nell’area affetti- vo-relazionale, sono stati realizzati con il costante confronto con l’e- ducando, con la rivalutazione del bisogno, la riorganizzazione dei materiali e degli spazi a disposizione. Il professionista dell’inter-
vento educativo domiciliare agisce in un conteso di cura complesso, nel quale l’operatore non deve solo considerare gli attori e le risorse coinvolti, ma deve dare anche ampio spazio all’osservazione e, come sostiene Mortari (2006, p. 68), «il lavoro di cura richiede un alto tasso di pensiero riflessivo». L’educatore si dispone come professionista riflessivo (Shon, 1993) che valuta le sfide del proprio lavoro e ricorre ad improvvisazioni apprese nel corso dell’attività stessa. Le oppor- tunità di incontro e di relazione offerte dal centro di aggregazione locale, la varietà di attività proposte per il tempo libero sono divenu- te propulsori di nuovi interessi e motivazioni al contatto con l’altro e hanno contribuito a strutturare una nuova immagine di sé.
Durante il percorso ho maturato la convinzione che sia fonda- mentale non solo valutare i bisogni dell’altro “nel qui e ora”, ma che sia anche necessario stabilire gli obiettivi educativi avendo costan- temente presente il futuro di quella persona. Il lavoro che svolgiamo “deve” essere utile e funzionale in prospettiva postuma, e dunque quando non saremo più presenti. Fa parte dell’intervento educativo preparare la persona e la famiglia al distacco da noi senza creare di- pendenze, mantenere i rapporti e gradualmente divenire una pre- senza discreta, diventando “uno” dei contatti e non l’unico. È neces- sario rimanere sullo sfondo e dare la possibilità all’altro di conqui- stare realmente l’autonomia, fornire gli strumenti perché ognuno con le proprie risorse possa poi contribuire al bene sociale.
Dedicare il tempo alla conoscenza dell’altro consente di stabilire degli obiettivi adeguati e una volta stabiliti è necessario cercare di perseguirli con convinzione per quanto possano sembrare piccoli. In tal senso anche la ricerca del supporto tecnologico più adeguato alle esigenze di Maria ha consentito di offrirle un supporto efficace per favorire la partecipazione sociale. Perché se «gli ausili tecnologici, nello specifico, aiutano la persona ad adattarsi alle caratteristiche e alle richieste dell’ambiente fisico e sociale, la cura e l’accessibilità di strumenti, ambienti e procedure consentono di avvicinarsi alle ri- chieste delle persone disabili» (Pagliara, 2015, p. 158). Sollecitare la motivazione iniziale all’uso del Pc attraverso la stesura dell’autobio- grafia è stato un obiettivo smisurato rispetto alle competenze matu- rate sia nell’uso del software sia rispetto alla complessità della riela- borazione del proprio vissuto. A Maria sarebbe piaciuto raccontare la sua storia e divulgarla, forse aveva intuito la potenzialità della
narrazione poiché «Tutti i dolori sono sopportabili se trasformati in racconto» (Cyrulnik, 1999, p. 115), tuttavia scrivere lunghi testi era molto faticoso e forse non mi sentivo abbastanza preparata per sup- portarla in questo percorso.
L’apprendimento dell’uso del PC si è rivelato una strategia indi- spensabile per il raggiungimento dei differenti obiettivi di autono- mia. Maria è stata coinvolta in un processo di apprendimento che, partendo dalle sue passioni, ha stimolato la curiosità spingendola a voler interagire, dialogare con il mondo, ad ampliare l’orizzonte de- gli interessi personali, ad accedere autonomamente alle informazio- ni, a contribuire al miglioramento del benessere sociale. La peculiare esperienza di emancipazione Maria conferma l’attualità dei molte- plici richiami internazionali a tutela dei diritti delle donne interessa- te da disabilità. Infatti i principali documenti, la Convenzione Onu dei diritti delle persone con disabilità 2006 e il Report dell’European Disabi- lity Forum (EDF) 2013, ribadiscono la necessità di strutturare inter- venti educativi ecologici per l’abbattimento di ostacoli e barriere di accesso alla piena partecipazione alla vita comunitaria, ai contesti di formazione, relazione pubblica e di svago.
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