LE TEORIE RELATIVE AL FONDAMENTO ED APPLICAZIONE
2. LE TEORIE CHE RICONOSCONO UN REGIME GENERALE IN MATERIA DI IMMUNITÀ FUNZIONALE A PARTIRE DA PRINCIPI GENERALI DI DIRITTO INTERNAZIONALE
2.1 IL COMPLESSO RAPPORTO TRA LA RESPONSABILITÀ DELLO STATO E DELL’INDIVIDUO ORGANO: LE TEORIE DELL’ATTO DI STATO
Con un’opera dal titolo emblematico, La pace attraverso il diritto, Hans Kelsen è uno dei più autorevoli autori che sostanzialmente hanno trattato il tema delle immunità degli organi dello Stato a partire proprio dai principi relativi alla responsabilità internazionale di quest’ultimo.
A tal proposito si parte dall’assunto in base al quale lo Stato agisce sulla scena internazionale solo tramite individui: gli atti dello Stato sono atti compiuti da individui nella loro qualità di organi e, perciò, imputati allo Stato64. L’autore è molto chiaro nel sottolineare che tale impostazione corrisponde al “diritto internazionale generale”, e di conseguenza l’individuo che ha compiuto l’azione incriminata «non può essere considerato responsabile per questo atto da un altro Stato senza il consenso dello Stato del cui atto si tratta65».
Il principio generale e notoriamente riconosciuto cui questa teoria si riconduce è
64 Cit. KELSEN H., La pace attraverso il diritto (1944), a cura di L. CIAURRO, Giappichelli Editore,
1990, p. 105.
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quello in base al quale «le Corti di uno Stato non sono competenti nei riguardi degli atti di un altro Stato». Il fatto che l’immunità dell’organo sia quindi individuata a partire dalla responsabilità c.d. collettiva statale esclude, secondo Kelsen, l’imputabilità dell’agente che «come membro del governo, su comando o con l’autorizzazione del governo66» ha posto in essere la condotta contestata.
Il fondamento e la formulazione della teoria kelseniana lasciano ben intendere come, nonostante lo studio sull’argomento sia stato intrapreso per dare una risposta alla responsabilità dei due conflitti mondiali, il giurista si esprima in termini generali in grado di ricomprendere la generalità degli organi che agiscono in nome e per conto dello Stato.
Ciò non toglie, tuttavia, che siano riconosciute delle potenziali eccezioni alla regola in esame, valide, in primo luogo, in presenza di un trattato internazionale che regoli l’esercizio della giurisdizione tra due Stati in modo differente dalla disciplina ordinaria. Kelsen non manca di recepire, inoltre, in maniera significativa rispetto alle evoluzioni dei decenni successivi, le necessità di assicurare in ogni caso la punizione di coloro che si sono resi responsabili di crimini di guerra, o quantomeno di violazioni altrettanto gravi del diritto internazionale.
La posizione espressa da Kelsen con riferimento al rapporto tra responsabilità dello Stato e dell’individuo organo e al conseguente esercizio della giurisdizione su quest’ultimo da parte di Corti straniere conserva un’eco tuttora attuale per parte della dottrina.
Una delle voci più qualificate che, in epoca più recente, si sono basate anche sulla teoria kelseniana per un’ulteriore elaborazione in tema di immunità funzionale è quella di H. Fox.
È significativo che il punto di partenza, in questo caso, sia proprio la teoria della c.d. immunità ristretta degli Stati, afferente alla nota distinzione tra atti iure imperii e atti iure gestionis.
All’esenzione degli Stati dalla giurisdizione di Corti straniere l’autrice riconosce un triplice fondamento67, relativo in primo luogo all’impossibilità, per i giudici
66 Ivi, p. 114. L’autore cita, a supporto della sua teoria, le posizioni espresse dal Segretario di Stato
statunitense Webster nelle more del celebre caso McLeod (1841).
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nazionali, di far eseguire un’eventuale decisione contro un Paese terzo, oppure, in secondo luogo, basato sul ricorso all’analogia rispetto all’immunità di cui lo Stato stesso gode nei confronti delle leggi dal medesimo promulgate68. La terza direttiva che viene in rilievo, infine, afferisce ai principi di indipendenza ed uguaglianza degli Stati ed è espressa dalla ben nota massima par in parem non habet imperium.
Questo principio, in particolare, è riconosciuto come valido ed efficace sin dalla fine del XIX secolo, riportato nel rapporto del 1926 al Comitato di esperti della Lega delle Nazioni sulla codificazione del diritto internazionale, nonché riaffermato nella relazione allegata alla Convenzione Europea sull’Immunità degli Stati del 1972.
Con riferimento al trattamento degli organi statali, invece, l’influenza del pensiero di Kelsen è ben evidente se si considerano le posizioni espresse da Fox analizzando la delicata questione della qualificazione dell’immunità come impedimento di carattere procedurale piuttosto che come uno strumento di difesa sostanziale del soggetto. In questo senso la base dell’immunità funzionale viene collegata all’identificarsi dello Stato come persona giuridica in grado di agire sulla scena internazionale soltanto per mezzo di individui-organi le cui condotte sono qualificabili esclusivamente come atti di Stato69.
La generalità del principio su cui l’immunità ratione materiae degli organi statali è fondata si collega altresì al riconoscimento di una disciplina unitaria per la totalità degli agenti interessati.
Pur partendo, infatti, da una distinzione tra la posizione peculiare di determinati organi che occupano le più alte posizioni nell’organizzazione statale70, e un ulteriore
68 Ivi, p. 32, «it is not possible for the State as the source of the law to be subject to the laws which it
makes».
69 FOX, H. (2012) Functions of State Officials and the Restrictive Rule of State Immunity, in Perspectives of international law in the 21st century - Perspectives du droit international au 21e siècle: liber amicorum Professor Christian Dominice in honour of his 80th birthday, Leiden. Cfr. p. 130, dove si
indica chiaramente: «Functional immunity thus serves to identify the State as the person in international law to whom the official act is attributable and may further serve as a substantive defence to any liability of the official».
70 All’analisi di questo aspetto, la cui rilevanza sarà ancora più evidente nella parte finale del presente
capitolo, è dedicato l’intero capitolo 10 di FOX H. (2002), The Law of State Immunity, Oxford University Press, cfr. pp. 421 – 473. L’autrice, a tal proposito, parte proprio dall’assunto per cui «State immunity developed out of the separate immunity granted by national courts to personal sovereigns, foreign ambassadors and their retinues and visiting troops of warships of a foreign State. Those immunities from the jurisdiction of national courts have continued as distinct regimes alongside the immunity of the
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insieme che racchiude tutti coloro che indistintamente svolgono funzioni ufficiali per conto dello Stato di appartenenza, si sottolinea che è proprio questa più ampia categoria a beneficiare dell’immunità funzionale sia durante che dopo l’espletamento dell’incarico ufficiale71
.
A partire da principi generali in materia di responsabilità statale, dunque, si ricava una disciplina altrettanto generale e valida per tutti i singoli individui agenti in territorio straniero in nome dello Stato di invio.
Tali orientamenti, a loro volta, non mancano di essere ulteriormente ripresi e sviluppati nella letteratura più recente, spesso con riferimento a profili prima d’ora non messi in luce nello studio del tema dell’immunità funzionale.
Ci si riferisce, in questo caso, all’analisi condotta da autorevole dottrina anglosassone, che riprende espressamente la posizione argomentata da Fox continuando a sottolineare la centralità, in questo tema, del principio della sovrana uguaglianza degli Stati.
Il necessario corollario di tale affermazione viene ribadito nel fatto che l’immunità ratione materiae ufficialmente protegge l’individuo ma è comunque basata sull’immunità degli Stati72
.
Al fine dell’effettivo riconoscimento di tale protezione, inoltre, la dottrina in esame individua, ad esempio, la necessità che l’immunità sia espressamente invocata da parte dello Stato per conto del quale l’organo agisce o ha agito, non essendo sufficiente che tale difesa sia sollevata soltanto dalla persona in sé73. Il collegamento dell’immunità dell’individuo con quella statale comporta ulteriormente che, in questo contesto, il ruolo
artificial person, the State, and on occasion may be pleaded with State immunity» (p. 421). Nondimeno, nella parte finale della sua opera FOX si interroga anche sull’opportunità di abbandonare un regime generale in tema di immunità funzionale a fronte di una serie di discipline speciali, concludendo che «there are good reasons to favour this model in that specific solutions can be devised for specific situations. It would however lead to complexity and lack of uniformity, with specialist bodies applied without reference to any general principles», cfr. pp. 552 – 553.
71 Ivi, p. 129.
72 Cfr. WUERTH I. (2013), Foreign Official Immunity: Invocation, Purpose, Exceptions, in Swiss Review of International and European Law 207, p. 9. L’autrice riprende a sua volta Fox, The Law of State Immunity, 2002: «The purpose of both must be to give protection to the performance of the public
functions of the State in the manner which international law requires in respect of independent and equal States» (p. 455).
42 dell’executive branch74
assuma una particolare rilevanza nel rapporto con le corti nazionali e sovranazionali sul tema dell’esercizio o meno della giurisdizione sugli atti compiuti da organi stranieri.
Che considerazioni di tal segno siano riferibili alla generalità degli organi statali, infine, si evince considerando che la dottrina oggetto di studio indirizza la propria analisi non soltanto alla posizione di capi di Stato o di governo, bensì al complesso degli organi di livello minore75, anche successivamente all’espletamento dell’incarico, in relazione ai quali la prassi si dimostra sempre più ricca ed articolata.
Richiamato il gruppo di autori che hanno sviluppato la disciplina generale dell’immunità funzionale a partire dal principio generale di diritto internazionale dell’uguaglianza sovrana degli Stati, va rilevato altresì che altra parte della dottrina riconosce analogo regime sulla base di diversi fondamenti.
Una delle teorie espresse con maggiore chiarezza e coerenza76 da questo punto di vista è certamente quella di Morelli, il quale centra il tema del trattamento degli organi stranieri, e soprattutto gli obblighi internazionali per gli Stati in materia, sul principio generale del rispetto dell’organizzazione interna degli Stati77
. In questo contesto allo Stato è associata una forma di personalità giuridica, un modo di essere, internazionalmente imposto, cui si collega l’esenzione dell’individuo organo dalla giurisdizione per atti compiuti nell’espletamento di funzioni d’ufficio.
È interessante notare, oltretutto, come l’autore, dalla generale validità del principio enunciato, inferisca che «così gli obblighi che da esso derivano riguardano, in genere, tutti gli organi stranieri, a qualunque categoria essi appartengano e qualunque sia il carattere, esterno od interno, dell’attività da essi compiuta78
».
L’unica condizione richiesta per l’operare del beneficio consiste nell’ufficialità della carica o della funzione in capo all’agente statale. Nondimeno si afferma che l’esenzione così come delineata vieta di ricollegare «conseguenze di diritto civile o di
74 Si veda, in tal senso, sempre WUERTH, I. (2012), International Law in Domestic Courts and the Jurisdictional Immunities of the State Case, in Melbourne Journal of International Law, Vol. 13, n. 2,
2012, pp. 2-3.
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Sempre WUERTH, Foreign Official Immunity: Invocation, Purpose and Exceptions, p. 1.
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Come sottolineato anche da DE SENA P. (1996) Diritto internazionale e immunità funzionale degli
organi statali, Milano, Giuffrè Editore, p. 6.
77 MORELLI G., Nozioni di diritto internazionale, VII Ed., 1967, Cedam, pp. 214 – 215. 78 Ibidem.
43 diritto penale a carico dell’individuo».
Pur nell’ambito di una disciplina riconosciuta come generalmente applicabile, tuttavia, non si manca di sottolineare almeno due eccezioni all’operare dell’immunità.
Si tratta, peraltro, di criteri comunemente associati all’esclusione del beneficio in esame. Se, infatti, l’immunità come descritta è ritenuta riconoscibile alla generalità degli organi dello Stato a patto che i medesimi svolgano la propria funzione in maniera ufficiale, non desta sorpresa che la dottrina in commento ne escluda l’operatività nel caso in cui la condotta incriminata dell’agente sia stata posta in essere nel contesto di attività c.d. clandestine. Anche in questo contesto, inoltre, è ritenuto preminente l’esercizio della giurisdizione, anche straniera, nei confronti di coloro che si siano resi responsabili di crimini di guerra, vera e propria eccezione al regime di carattere generale relativo al trattamento dell’individuo-organo79
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2.2 IMMUNITÀ E CONSIDERAZIONE DELLO STATO DAL PUNTO DI VISTA