• Non ci sono risultati.

Componenti comunicative nel mondo del vino

Emozione Techno

3.2 Componenti comunicative nel mondo del vino

Nel mondo del vino solo in rari casi si riescono a soddisfare i bisogni e le richieste del consumatore assumendo come punto di partenza la rincorsa del mercato. In altri settori invece si parte spesso da una domanda di mercato che va soddisfatta con il proprio prodotto il quale, se non è suf9icientemente soddisfacente, viene sostituito con un altro. La vite e il vino necessitano di tempistiche che in altri settori si possono accorciare e annullare con molta meno dif9icoltà. Esistono comunque molte innovazioni praticabili. Quando si parla di vino dal punto di vista del marketing è fondamentale ricordarsi che non si tratta soltanto di una bevanda ma è composto da una serie complessa di elementi che costituiscono insieme il prodotto-vino vero e proprio (Scarso 2014).

Figura 20: Il prodotto vino nel marketing mix.

Fonte: (Scarso 2014)

Il vino è il fulcro del prodotto. Esso non è soltanto dato dalla bevanda in sé ma dai differenti elementi che lo compongono: • Colore; • Caratteristiche gusto-olfattive; • Vitigni; • Produzione/denominazione; !66

nonè detto che la qualità di questo vino "di mezzo" sia pari al resto della gamma, ma in questo modo la domanda

viene comunque soddisfatta. L'innovazioneèdunque una

possibilità esclusa al mondo del vino? No di certo! Esistono

molte innovazioni praticabili, ma l'approccio èdiverso da

quello che si adotta di solito in altri settori.

Quando si parla di vino da un punto di vista di marketing,

èfondamentale ricordarsi che non si tratta soltanto di una

bevanda, maècomposto da una serie complessa di elementi

che costituiscono insieme il prodotto-vino vero e proprio.

r--:nsegna --_

~

Vendita

Ltri servizi

Figura 4.1 -Il prodotto-vino nel morketing mix - rieloborozione dello schema di Emonuelle RouzeteGérord Seguin.

Ilvino

Il vinoèil fulcro del prodotto. In questo settore, però,

il vino nonèsoltanto dato dalla bevanda in sé, ma dai

differenti elementi che lo compongono: colore; caratteristiche gusto-olfattive; vitigni; area di produzione/denominazione; vinificazione e maturazione; gradazione; annata; longevità. a z '> ~ Cl a o z a ::;;: ~ w z 2 f- a o a ii: o

Gran parte di questi elementi sono inclusi nella scheda

tecnica di un vino, ma non sempre questa èdisponibile

nel punto vendita. Alcune di queste informazioni saranno presenti in etichetta e potranno influenzare la scelta del consumatore, soprattutto nel caso in cui l'acquisto venga fatto nella grande distribuzione. Insieme, tutti questi elementi permettono di distinguere un vino dall'altro.

Di sicuro ilcolore èuna prima discriminante. La scelta

tra bianco, rosso e rosato viene fatta quasi istintivamente dal consumatore in base all'occasione, alle necessità di abbinamento, alle preferenze personali. Un consumatore

potrà preferire un vino con unagradazione minore

• Vini9icazione e maturazione; • Gradazione; • Annata; • Longevità; Una volta il packaging vinicolo veniva utilizzato come carattere distintivo delle diverse tipologie di prodotto: il 9iasco per il Chianti, la borgognona per il Borgogna, la bordolese per il Bordeaux e così via. Negli ultimi tempi però si è assistito a un profondo mutamento nel rapporto tra il consumatore e il vino, più personale e cosciente e quindi anche l’idea di packaging dovrà sempre più conformarsi (D’Egidio 2000). Bottiglia, etichetta, tappo e capsula rappresentano un insieme di strumenti di comunicazione e di nuova funzionalità che, se connessi tra loro da un’adatta strategia, consentiranno alla marca vinicola di interpretare la giusta entità di prodotto in rapporto al target di acquisto. Il consumatore sceglie in genere la bottiglia e l’immagine che essa comunica in rapporto alla qualità del vino che vi è contenuta, speci9icamente sulla base delle aspettative che egli, sia esso intenditore o più semplicemente consumatore, ha sull’acquisto di quel dato vino che si appresta a scegliere (D’Egidio 2000). Questo dimostra che il vino deve saper comunicare e i vini che comunicano puntano non solo al mercato dei tradizionali intenditori, ormai consolidati e 9idelizzati alla marca, ma soprattutto al nuovo mercato emergente dei giovani e a quello sempre più elevato, verso una scelta di una qualità vinicola sempre più meticolosa (segmenti di posizionamento elevato). La denominazione , spesso e volentieri può essere paragonata a un brand/marchio che detiene in sé valori particolari legati alla zona di produzione, i quali spingono il consumatore a scegliere un certo tipo di vino in base all'immaginario più o meno fondato sulla propria esperienza o da quanto letto o sentito di ciascuna denominazione. L'aspetto particolare del mercato del vino consiste nel fatto che, rispetto ad altri prodotti, che pure hanno un forte coinvolgimento emozionale, il fulcro delle sue caratteristiche, dato dalle sensazioni gusto-olfattive del vino stesso, non può essere anticipato dal consumatore prima dell'acquisto, a meno che il produttore vitivinicolo o il titolare dell'enoteca gli offra di degustare il vino in questione. In altre parole il vino, 9inché non viene assaggiato resta un'incognita. Se nel punto vendita è presente personale capace di spiegare i differenti vini, come nel caso di un'enoteca, starà a questo anticipare le diverse qualità del vino, consigliare il cliente 9inale. Chi lavora in un'enoteca dovrebbe infatti aver già assaggiato tutti i vini che ha in

vendita. In alternativa il materiale di comunicazione, come la scheda tecnica, sarà essenziale. In tutte quelle situazioni in cui il personale non è in grado di spiegare il prodotto, per esempio nella grande distribuzione dove la tendenza attuale è quella di includere anche etichette di qualità, saranno altri gli elementi su cui puntare. A questo punto vanno presi in considerazione gli altri fattori che compongono il prodotto-vino. Come evidenziato in 9igura 21, le aziende utilizzano elementi come la bottiglia, l’etichetta, la capsula e il tappo per cercare di comunicare con i consumatori; ogni elemento riesce a coinvolgere alcuni dei 5 sensi.

Figura 21: Packaging del vino.

Fonte:(Balzan 2013)

La scelta della bottiglia è tra i primi indicatori che possono trasferire al consumatore un messaggio sulla qualità del vino (Scarso 2014). Secondo Seguin (Seguin 2004), l’80% dell'acquisto del vino nella grande distribuzione è condizionato dalla bottiglia ancor più che dall’etichetta.

Le bottiglie si possono innanzitutto distinguere in base al formato (Seguin 2004). I più comuni sono: • 375 ml (mezza bottiglia); • 500 ml; • 750 ml (standard); • 1,5 I (magnum); • 3 I (Jéroboam); • 4,5 I (Réhoboram); • 6 I (Mathusalem); • 9 I (Salmanazar); • 12 I (Balthazar); • 15 I (Nabucodonosor); La bottiglia di capienza standard è quella da 750 ml. Le dimensioni standard facilitano il trasporto, lo stoccaggio e l'esposizione della bottiglia negli scaffali di un’enoteca, di solito costruiti tenendo presente questo tipo di dimensione. La bottiglia da 375 ml è solitamente usata per vini passiti, ma anche per vini secchi e fermi, quando si vuole offrire la possibilità al cliente di assaggiare più di una bottiglia. Il difetto che lamentano in molti è però il fatto che il vino nella mezza bottiglia tende a invecchiare più velocemente, il tappo è infatti lo stesso della bottiglia standard e quindi la micro- ossigenazione che avviene attraverso il sughero ha una velocità doppia visto il contenuto minore. La magnum è secondo molti il formato che permette di garantire le condizioni ideali di invecchiamento di un vino (Scarso 2014). Dei formati più grandi è certamente il più diffuso, solitamente se ne produce una serie limitata e solo per le etichette più importanti. Bottiglie ancora più grandi sono via via più rare e le aziende spesso scelgono di produrle in serie molto limitata, magari con un'etichetta personalizzata (Scarso 2014). La forma della bottiglia dipende solitamente dalla tradizione di una zona, oltre che da scelte vere e proprie di marketing . Un altro elemento importante è dato dal peso della 42

bottiglia: una bottiglia più pesante dà l'idea di un vino di migliore qualità, per questo per una riserva si potrà cercare un vetro più spesso, più pesante rispetto ai vini-base, per comunicare anche con la bottiglia un'impressione di valore elevato. Va notato al tempo La bordolese, che prende il nome dalla zona di Bordeaux, è la bottiglia più diffusa. È una bottiglia 42 dotata di spalle alte, pensata proprio per il Bordeaux, ma oggi utilizzata sia per bottiglie rosse che per rosati e vini bianchi. La borgognona nasce invece in Borgogna, per il Pinot Nero. Oggi è usata spesso anche per i vini bianchi, persino in Nuova Zelanda, per i Sauvignon Blanc (Balzan 2013). !69

stesso che nel corso degli ultimi anni l'attenzione alla sostenibilità ambientale ha portato a una valorizzazione del peso inferiore delle bottiglie; bottiglie più leggere comportano costi inferiori nel trasporto e quindi un consumo minore di anidride carbonica, la cosiddetta Carbon Footprint. Anche la scelta del colore della bottiglia ha un'importanza rilevante per la commercializzazione del vino, oltre che per la conservazione. La bottiglia di colore verde viene scelta principalmente per favorire una migliore preservazione: il vetro scuro 9iltra la luce rallentando l'ossidazione del vino. I vini per cui più spesso vengono scelte bottiglie di vetro trasparente sono quelli di cui si vuole valorizzare il colore, i bianchi e i rosati (Rouzet 2003) (Scarso 2014). Se però oggi sappiamo che i 43

bianchi, sia per tipologia sia per metodi di produzione, possono essere più longevi rispetto a prima, il consumo entro l'anno è sempre diffuso, ma non rappresenta un obbligo come in passato. Il vetro trasparente può essere una scelta ottima per i vini rosati per i quali, ancora più che per i bianchi, si vuole valorizzare il colore del vino (Scarso 2014).

L'etichetta è invece il biglietto da visita della bottiglia, rappresenta il primo strumento grazie al quale possiamo raccontare più nel dettaglio cosa c'è all'interno della bottiglia. Secondo Bruno Laeng, psicologo svedese, per ottenere successo nella scelta dell’etichetta bisognerebbe assecondare le esigenze dei consumatori in termini di esperienze, attese, generare un forte impatto con immagini attraenti, seducenti e non banali, creare etichette originali in grado di risultare uniche e differenziate dalle altre e ricorrere a piccoli accorgimenti che conferiscano esclusività al prodotto, come la tiratura limitata, l’autografo del proprietario dell’impresa e le etichette d’autore, che sottolineano il rapporto tra arte e vino (OniceDesign 2013). 44

Negli ultimi anni, non sono mancate proposte meno convenzionali, come bottiglie in vetro blu,

43

giallo, rosa e fumé a seconda della clientela target e del posizionamento voluto per il proprio prodotto; di successo è stato anche il vetro bianco per la capacità di mostrare l’aspetto del vino e quindi di rassicurare i consumatori sull’acquisto (Rouzet 2003).

Degna di nota è la recente pratica consistente nella realizzazione di etichette in braille allo scopo di

44

far conoscere anche ai non vedenti ciò che si beve, fatto che esempli9ica bene una certa attenzione al cliente 9inale. In ambito di sostenibilità si riporta il caso dell’etichetta senza colla, completamente riciclabile grazie a una pellicola innovativa che ricopre l’intera bottiglia adattandosi al tappo e preservando il vino dai raggi UV. Fonte: www.cantinedimarca.it, www.vinievino.com. Consultato in data: 14/06/15.

David Schuemann nel suo ultimo libro 99 Bottles of Wine: The Making of Contemporary

Wine Label afferma che:

“In generale, la gente associa il minimalismo con i sapori vintage d’eccellenza. I vini più costosi tendono ad avere loghi semplici su fondo bianco o crema, con magari un accenno d’oro. Ma d’altra parte, gli esperti di vino ritengono queste etichette più “cheap” delle altre. Noi designer, attraverso l’etichetta vogliamo sempre far apparire il vino più costoso di almeno una decina di dollari. Aggiungiamo lamine dorate, rilievi, texture, terze dimensioni, per dare un effetto tattile all’etichetta. E gli eno:ili meno esperti, che stanno ancora sperimentando con il vino, sono convinti che la bottiglia debba “saltar fuori” dallo scaffale”. (Schuemann 2013).

E insiste sull’importanza dell’etichetta nel condizionare le stesse aspettative di gusto dell’acquirente:

“Una lamina rossa comunica frutti rossi, una verde o gialla dice che all’interno ci sono sapori tropicali. Alcune nostre ricerche sui consumatori hanno dimostrato che lo stesso vino, versato da bottiglie con etichette diverse, dà diversi risultati. Migliore è l’etichetta, migliore sembra il gusto del vino all’interno.”(Schuemann 2013). D’altra parte la degustazione del vino non è solo gusto ma riguarda tutti i 5 sensi. Per non parlare di aspettative, ricordi, esperienza, cultura personale. L’occhio indugia molto di più sulla gra9ica del packaging che sui dati del vino. Il consumatore in molti casi è più attratto dall’estetica della bottiglia che dalle informazioni tecniche (tipo di vino, abbinamenti consigliati, grado, produttore) e in quasi tutti i casi è anche disposto a spendere qualcosa di più per una bottiglia bella, oltre che per una bottiglia buona (OniceDesign 2013). È bene ricordare però che l'etichetta ha una funzione di tutela verso il consumatore prima ancora che di comunicazione. Le norme che regolamentano l'etichetta hanno l'obiettivo primario di offrire una garanzia al consumatore rispetto al vino contenuto all'interno. Per 9inire, viene sempre più spesso applicato alle retro etichette il cosiddetto QR Code, che sta per Quick Response Code. Si tratta di un quadrato composto a sua volta da quadratini bianchi e neri (in codice binario) che se inquadrato da uno smartphone con un'apposita applicazione, rimanderà automaticamente a una pagina web dedicata solitamente una scheda tecnica impaginata proprio pensando a una lettura da mobile. Il QR Code è utile per dare contenuti aggiuntivi sulla cantina e sul vino,

spiegandone la produzione, descrivendo le sue caratteristiche, suggerendo gli abbinamenti e trasmettendo un senso di modernità al prodotto (Scarso 2014). La piccola retro-etichetta può così accogliere un alto numero d'informazioni e diventa uno strumento con grandi potenzialità, soprattutto per i vini destinati alla grande distribuzione, dove manca qualcuno che ne spieghi le caratteristiche. Tra i vantaggi c'è dunque la ricchezza di informazioni fornite, inoltre la pagina a cui rimanda può essere facilmente aggiornata con le nuove annate, senza dover ristampare la retro-etichetta. Tra gli svantaggi vi è il fatto che i consumatori non hanno ancora acquisito l'abitudine di usare le applicazioni di lettura del QR Code.

La capsula ricopre il tappo e l'imboccatura della bottiglia e ha l'obiettivo di proteggerli 45

da sostanze inquinanti, oltre che di completare il packaging della bottiglia contribuendo a renderlo elegante . Il colore delle capsule viene solitamente scelto coerentemente col 46

design dell'etichetta e della bottiglia. A volte il colore e il materiale vengono cambiati nelle diverse linee di prodotto in modo da evidenziarle più facilmente. Alcune aziende scelgono inoltre di personalizzare le capsule in cima con un marchio che permetta di riconoscere la bottiglia o almeno l'azienda vitivinicola quando il contenitore è reclinato sullo scaffale.

Per 9inire, l'altro elemento importante per quanto riguarda il packaging è il tappo che, oltre a chiudere la bottiglia, acquisisce numerose implicazioni di marketing. Sul mercato al momento sono diffusi vari tipi di chiusura, anche in questo caso si stanno sviluppando delle innovazioni, da un lato per risolvere il problema della scarsità di sughero disponibile sul mercato (alla luce dell'impennata della domanda degli ultimi decenni), dall'altro, l'incognita dei difetti di tappo che a volte colpiscono alcuni vini e che generano notevoli dif9icoltà con gli intermediari, soprattutto nelle esportazioni, pur non dipendendo dal produttore . 47

La capsula deve riportare, nel caso di vini fermi DOP o IGP, l'indicazione del codice ICQRF

45

dell'imbottigliatore o dell'azienda imbottigliare produttrice, se quest'ultima fa imbottigliare i propri vini da un terzista (Rouzet 2003).

Un tempo si usavano quelle di stagnola ma oggi, a causa delle possibili cessioni di piombo, questo

46

uso è vietato e al loro posto si usano capsule di alluminio polilaminato, PVC e altri materiali non tossici (scarso 2014).

L'odore di tappo dipende da un fungo che attacca la corteccia della quercia da sughero, la

47

responsabilità spetterebbe dunque a chi fornisce i lappi di sughero ma, di fatto, è il produttore che ne risponde (Atzeni 2015).

Al momento i più diffusi sono: • Tappo di sughero. • Tappo polimerico espanso (tappo sintetico o di silicone). • Tappo di vetro. • Capsula di alluminio (tappo a vite). Le implicazioni in questo ambito sono sia in termini di posizionamento sia del mercato a cui ci si rivolge. Da un lato, per una bottiglia "importante", molti consumatori, per lo meno in Italia, si aspetterebbero l'uso di un tappo di sughero naturale che confermi l'immagine di eleganza e longevità del vino. In Italia il tappo a vite, 9ino a pochi anni fa era usato soprattutto per le damigiane, mentre all'estero non è associato a un immagine di bassa qualità. In realtà il tappo a vite consente un invecchiamento più lento e anche un minor uso di sol9iti. Per questo all'estero il tappo a vite è richiesto espressamente, mentre si guarda con scetticismo al tappo di sughero . I consumatori più organizzati 48

non mostrano avere preconcetti verso l'uso del tappo a vite anche per vini di fascia alta (Atzeni 2015).

Diventa dunque rilevante illustrare ai consumatori il funzionamento e i vantaggi di questi nuovi tappi e pian piano, anche attraverso la comunicazione, far cadere quelli che sono di fatto muri culturali e non qualitativi. Tra gli italiani,nello speci9ico, il 61% trova più semplice aprire bottiglie di vino con tappi in alluminio rispetto ai tradizionali tappi di sughero (14% delle preferenze) e per quanto concerne la richiusura la percentuale è del 49%. Stati Uniti (35% alluminio contro 31% sughero), Germania (37% a 36%) e Uk (40% a 18%) sono i mercati dove più si apprezza questa tipologia a vite in fase di acquisto del vino. Valutando il totale dei sei Paesi del campione, il sughero resta preferito all'alluminio (39% a 34%), mentre un 27% di consumatori non è persuaso all'acquisto. Italia e Francia (sughero a 59%) restano i mercati più tradizionalisti (la Spagna è al 40% contro il 34% dell’alluminio) (Atzeni 2015).
 Non a caso, a partire dal 2013 non esiste più l'obbligo di usare il sughero per i vini Docg, proprio 48 per non ostacolarne l’esportazione (Atzeni 2015). !73