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Tutti apparteniamo a delle comunità di pratica. A casa, al lavoro, a scuola, nel nostro tempo libero apparteniamo a numerose comunità di pratica in ogni momento. E le comunità di pratica cui apparteniamo cambiano nel corso delle nostre vite. Infatti, le comunità di pratica sono ovunque.

(Wenger, Mc Dermott e Synder 2007, p.76)

1. L’approccio situato della conoscenza

L’approccio situato della conoscenza rimanda a quanto affermato da Lave: non c’è ombra di dubbio che ciò che chiamiamo cognizione è un complesso fenomeno sociale. La conoscenza è organizzata socialmente in modo tale da essere indivisibile tra gli esseri umani. La cognizione nella vita di tutti i giorni è distribuita e dispiegata ovunque, e non separata tra corpo e anima. Le attività sono organizzate culturalmente in modo da includere tutti gli autori (Lave 1988, p.1).

Queste considerazioni forniscono utili spunti per ripensare il significato da attribuire al termine conoscenza: essa, inserendosi all’interno di una cornice partecipata, può essere definita in relazione ai contesti di vita nei quali si realizzano forme di pratica autentica17: la prospettiva teorica correlata all’approccio situato fa riferimento alla natura relazionale e al carattere negoziale della conoscenza.

Nel sottolineare l’interdipendenza tra il soggetto e il mondo circostante, tra il carattere socialmente negoziato delle conoscenze e delle esperienze e i significati, la teoria della pratica sociale si riferisce alle attività del fare significato.

L’apprendimento è parte integrante della pratica sociale nel mondo: le attività di apprendimento, di pensiero e di conoscenza si sviluppano all’interno delle relazioni tra le persone che agiscono in un determinato

contesto sociale e culturale. Tale approccio, maturato all’interno della psicologia culturale e dell’etnografia applicate alle realtà organizzative, fa riferimento a diversi costrutti - quali quelli di significato, struttura sociale, esperienza situata, collettività, soggettività, pratica e identità - e fonda le sue radici su una concezione multidimensionale dell’apprendimento, considerato come processo sociale basato sull’appartenenza a una comunità e sulle caratteristiche organizzative e relazionali di tale comunità: l’apprendimento è sempre il risultato di una partecipazione attiva alle pratiche di una o più comunità di appartenenza.

2. Le comunità di pratica: il carattere sistemico

Wenger definisce una comunità di pratica come un gruppo di persone che hanno in comune un interesse o una passione per qualcosa e che, in base a tale interesse, interagiscono per migliorare il loro modo di agire.

Wenger osserva che la nostra condizione di esseri umani implica un impegno costante in attività di tutti i generi […]. Quando definiamo queste attività e quando le esercitiamo insieme, interagiamo con il mondo […]. In altre parole apprendiamo (Wenger 2006, p.28).

La comunità di pratica si fonda sulla condivisione di orizzonti culturali e di valori: una struttura emergente non intrinsecamente stabile e soggetta a mutamenti non casuali. Le comunità di pratica sono fluide e soggette al mutamento delle loro stesse identità, poiché producono e riproducono identità e significati: anche il significato dell’essere competente in una comunità è oggetto di negoziazione.

La partecipazione, che caratterizza una comunità e comporta la continua negoziazione e rinegoziazione dei significati, e l’interazione costante con l’esperienza contribuiscono sia alla dissoluzione della dicotomia tra teoria e pratica, sia allo sviluppo delle identità personali, attraverso il cambiamento e la trasformazione della comunità stessa.

Da questo punto di vista, le comunità di pratica svolgono il ruolo di mediazione tra l’individuo e il mondo sociale organizzato, contribuendo a

costituire una rete di connessioni tra i sistemi culturali di significato e i sistemi politici18.

Queste connessioni, che caratterizzano una comunità di pratica, rinviano al carattere autopoietico degli organismi viventi, descritto da Maturana e Varela.

Ogni essere vivente è considerato un’unità distinta e organizzata dinamicamente che si sostanzia di significati, i quali contraddistinguono l’uomo dagli esseri della sfera vivente. La dinamicità che caratterizza l’organismo vivente implica:

a) il suo essere un’unità in cambiamento, soggetta a trasformazioni funzionali della struttura e al conseguente arricchimento delle identità personali e collettive;

b) il suo essere un’unità adattabile, in continua trasformazione perché in grado di sperimentare soluzioni inedite al progressivo articolarsi del suo processo di distinzione.

Una comunità di pratica si modifica in funzione del contesto, riorganizzandosi per la conservazione di se stessa e giungendo a complessi livelli di articolazione della sua struttura interna, coerentemente con i processi di apprendimento e con le relazioni di significati: la comunità di pratica può essere definita come un sistema complesso che si caratterizza per la convergenza di relazioni e pratiche sociali.

Da un punto di vista sistemico, il processo di apprendimento nelle comunità di pratica fa riferimento non solo alle conoscenze che diventano sempre più complete e complesse, ma anche ai livelli più raffinati di negoziazione del sapere e delle conoscenze. Per analogia, lo sviluppo di un percorso apprenditivo in una comunità di pratica può essere paragonato allo sviluppo

18 Nella pratica la conoscenza ha sempre una connotazione politica perché significa un

dell’embrione, in cui il progressivo aumento del numero delle cellule avviene in parallelo a una sempre maggiore specializzazione e differenziazione delle stesse. Il sistema vivente evolve parallelamente alla comunità e apprende insieme alla comunità, organizzando, al suo interno, spazi e funzioni coerenti con il suo percorso di sviluppo complessivo.

2.1Le connotazioni della pratica

Prima di esaminare come l’apprendimento situato si realizza all’interno di una comunità di pratica, è necessario esaminare i significati del termine pratica.

La pratica costituisce un tema che può essere investigato etnograficamente nei contesti sia formali sia informali; dalla loro osservazione e descrizione dettagliata è possibile individuare molteplici modalità di “abitare la conoscenza” che sfuggono ai processi cognitivi interni “disincarnati”: la cognizione e la percezione sono incorporate nei modi operandi che si realizzano attraverso la pratica.

Questa considerazione sposta radicalmente l’asse del problema epistemologico dalla conoscenza degli oggetti alla conoscenza delle forme, considerate antropologicamente come attività relazionali che fanno riferimento alla condivisione di quelle pratiche che facilitano la ristrutturazione dinamica dei processi cognitivi e motivazionali.

La pratica è un’azione che ha luogo in un particolare contesto storico- sociale, all’interno del quale i gruppi umani sono impegnati nello svolgimento di attività i cui aspetti di tipo tecnico-operativo e di significato si strutturano nel tempo, consolidandosi in abitudini, fissandosi nella memoria collettiva e diventando così un punto di riferimento per l’azione. Certo, la pratica in questo senso significa essere impegnati, muoversi, operare nel mondo secondo certe modalità. Quindi la pratica dev’essere una conoscenza che si può tradurre in pratica […] non significa solo conoscenza puramente strumentale. La conoscenza ti dà un’identità che si può esprimere nel mondo? Quando lavoravo in una società, la pratica era

questo connubio complesso di sapere come evadere certe richieste, come seguire le norme della società, […] ma anche il fatto di conoscerci gli uni e gli altri, mantenere buoni rapporti con gli altri in modo che mi avrebbero dato delle risposte se gli facevo delle domande (Lipari 2007, p. 9).

Dalla pratica è possibile identificare i reticoli relazionali degli attori coinvolti nell’azione e interessati ad essa. Questi reticoli sedimentano nel tempo consuetudini relazionali tali da generare linguaggi e culture condivise che conducono alla costituzione di una comunità di pratica, definita come il fare all’interno di un determinato contesto storico e sociale cui la persona partecipa nella sua totalità (Wenger 2006, p. 47).

La pratica si caratterizza per aspetti spesso contrapposti tra loro: l’esplicito e il tacito, il dire e il fare, la conoscenza e l’azione.

Quattro sono gli ambiti interpretativi del concetto di pratica proposti da Wenger:

a) la semantica comune: la pratica come negoziazione sociale del significato;

b) la comunità: la pratica come fonte di coerenza di una comunità;

c) l’apprendimento: la pratica come processo di apprendimento continuo; d) i confini: la pratica come generatrice di confini.

Ogni pratica dà luogo a un processo di negoziazione del significato, cioè a quel processo attraverso il quale i partecipanti co-producono un senso comune che viene continuamente modificato e dal quale sono continuamente influenzati. È in quest’ottica che un significato è sempre il prodotto della sua negoziazione […] non esiste né in noi, né nel mondo ma in quella relazione dinamica che è il vivere nel mondo (Wenger 2006, p. 54).

Nella negoziazione del significato è possibile distinguere due processi convergenti e complementari: la partecipazione e la reificazione. Il primo fa riferimento a un coinvolgimento attivo dei soggetti nella comunità di pratica che implica un’identificazione reciproca, il secondo ai significati negoziati

I processi di partecipazione e reificazione, connotando sia gli oggetti- artefatti che le relazioni, non costituiscono aspetti isolati della pratica. Afferma a tal proposito Wenger: anche se la prima si riferisce direttamente alle persone e la seconda alle cose, non possono essere definite in modo distinto le une dalle altre (Wenger 2006, pag. 70).

Secondo Wenger, la pratica si esprime, quindi, attraverso tre attività principali: la reificazione, la partecipazione e la negoziazione, come indicato nella figura 2.

Fig.1. Gli elementi che caratterizzano una comunità di pratica.

La figura 2 evidenzia inoltre come il significato, gli oggetti e i processi di conoscenza siano elementi che consentono la realizzazione di ciò che Wenger definisce l’impresa comune19, cioè uno degli obiettivi fondamentali per la crescita della comunità di pratica e per l’arricchimento del complesso di conoscenze condivise tra tutti i membri partecipanti.

19 L’espressione impresa comune si riferisce a un processo collettivo di negoziazione che fa

comprendere il significato della complessità di un impegno reciproco di individualità. L’assunzione di responsabilità diventa parte integrante della pratica: da ciò deriva il fatto che il processo di negoziazione non sia solo generativo, ma anche vincolante.

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