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Concezione di fondo delle formazioni SEDIFO

Nel documento Theatre Teaches (pagine 52-57)

La Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana, nel panorama universitario svizzero

4. Il Servizio didattica e formazione dei docenti (SEDIFO)

4.1 Concezione di fondo delle formazioni SEDIFO

Nel concepimento e nell’erogazione delle iniziative formative promosse dal SEDIFO fanno da sfondo i trend prevalenti e le sfide prioritarie con cui l’istruzione terziaria è con- frontata su scala nazionale e internazionale. Ci si limita qui ad elencare le tematiche più rilevanti che si cerca di affrontare e analizzare, con pesi specifici e gradi di approfondimen- to diversificati, a dipendenza del tempo e delle risorse a disposizione:

- Eterogeneità del corpo studentesco e specificità delle nuove generazioni nel loro rapporto con il sapere e con la formazione;

- Approccio formativo orientato allo sviluppo delle competenze in sintonia con il mandato professionalizzante delle SUP;

- Centralità dell’apprendimento e attivazione dello studente;

- Valutazione degli apprendimenti sulla scorta dei traguardi curricolari e dei profili in uscita auspicati e condivisi (learning outcomes);

- Utilizzo delle nuove tecnologie nella formazione al servizio dell’innovazione didattica; - Diversificazione dei metodi di insegnamento;

- Trasformazione del ruolo del docente e consolidamento della sua professionalità in base alla condivisione di un profilo di competenze prefigurato a livello delle SUP. Il tutto afferisce agli ambiti competenziali relativi all’insegnamento nelle SUP, riportati di seguito. Si tratta di una mappatura delle competenze che funge da termine di paragone e da orizzonte intenzionale (profilo ideale) adottato dal SEDIFO per direzionare e indurre la riflessione sulla docenza all’interno della SUPSI, in modo da mirare al costante perfezio- namento della professionalità docente all’interno di una struttura universitaria di matrice professionalizzante come la nostra.

Lo SCIFB, sulla scorta del proprio mandato finalizzato al miglioramento della formazione di base,

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contribuisce a valorizzare quanto proposto dal SEDIFO e in sinergia con quest’ultimo si attiva per individuare offerte formative in linea con la politica della qualità concepita dalla SUPSI. Infatti, i due Servizi cooperano su temi di fondo, strategie e iniziative condivise per congegnare un sistema coeren- te di collaborazione e co-costruzione progettuale fra le componenti salienti della rete che costituisce l’intero comparto della formazione.

Fig. 8: Gli ambiti del Profilo di competenze del docente SUP (vedi allegato)

La sfida che si intende raccogliere sta nel passaggio da un insegnamento basato essen- zialmente sulla trasmissione di conoscenze ad una didattica più innovativa e dinamica, in grado di favorire la costruzione del sapere mediante attività che presentino situazioni pro- blema, analisi di casi concreti, sperimentazioni o simulazioni, metodologie atte a sviluppare competenze professionali e “soft skills”, in maniera da trasformare le aule in laboratori di ricerca-formazione e in comunità di pratiche.

In un’impostazione del genere, il tema delle competenze assume particolare rilevanza, implicando lo spostamento dalla centralità dell’insegnante e della disciplina, al focus da porre sull’apprendimento degli studenti, allo scopo di ridurre la dispersione e il tasso d’ab- bandono presenti marcatamente in taluni corsi di laurea.

Il modello trasmissivo delle conoscenze domina ancora notevolmente l’insegna- mento, come pure la caratterizzazione disciplinare. L’apprendimento centrato sullo studente (obiettivo preconizzato dalla Riforma di Bologna) fatica a entrare nella cultura della formazione terziaria, come pure gli approcci a carattere inter- o pluri- disciplinari. In questo senso, anche il ruolo del docente rimane legato all’istruzione, piuttosto che ad un ruolo maggiormente orientato ad una funzione di mediazione tra il sapere e gli studenti [Minoggio, 2015, p. 26].

La scommessa consiste nel tentativo di superare l’illusione che sia sufficiente conoscere e padroneggiare la disciplina per poter insegnare: in realtà, il sapere per essere appreso è bene sia ricercato, co-costruito e scoperto per via collaborativa dallo studente stesso (Roschelle, 1992).

D’altro canto, però, il cambio di paradigma indotto dall’approccio per competenze (Poumay, Tardif, & Georges, 2017) – teso a sostituire alla logica fondata sulla mera tra- smissione dei contenuti una logica centrata sull’apprendimento – non comporta necessa- riamente l’eli(u)sione delle conoscenze e dei saperi, i quali vengono attivati e integrati in

relazione a specifici contesti e situazioni apprenditivi, così da renderli più significativi per chi è chiamato ad impossessarsene e ad integrarli nel proprio bagaglio cognitivo.

Il tentativo è di mettere a disposizione dell’utenza una varietà di modelli e dispositivi pedagogici e un ventaglio di procedure/strumenti didattici (pedagogia per progetti, p. per ricerca/scoperta, p. per problemi, p. per concetti, lezione rovesciata, studi di caso, simula- zioni, giochi di ruolo, attività laboratoriali), ai quali poi attingere per diversificare le proprie prestazioni d’aula, in funzione delle esigenze situazionali, delle particolarità del corpo stu- dentesco e degli orizzonti formativi perseguiti.

Mettere al centro i soggetti in formazione vuol dire puntare sul coinvolgimento e la re- sponsabilizzazione degli stessi, chiamati a partecipare attivamente (cfr. Attivismo pedago- gico) al proprio disegno di perfezionamento umano, culturale e professionale. A seguito della democratizzazione degli studi che trova origine negli anni settanta del secolo scorso, le università si sono trovate confrontate con un aumento rilevante in termini quantitativi della popolazione studentesca e via via con un sostanziale accrescimento dell’eterogeneità della stessa: ciò in termini ancora più accentuati per quanto concerne le SUP.

Queste consistenti trasformazioni implicano non poche ricadute sullo status e sul lavoro – sempre più complesso – del docente, il quale deve commisurare/equilibrare la necessità di per- venire al raggiungimento di dati risultati d’apprendimento validi per tutti (generalizzazione), con l’utilità didatticamente pagante di escogitare percorsi pedagogici differenziati per rispondere al meglio alle particolarità cognitivo-apprenditive degli studenti (personalizzazione).

Per coerenza, nelle proposte formative del SEDIFO, un focus particolare viene consa- crato ad un’analisi e una riflessione circa l’eterogeneità dell’attuale componente studente- sca SUPSI, incentivando i corsisti a calibrare meglio gli interventi didattici e per questa via a contribuire ad un contenimento saliente dell’insuccesso o dell’abbandono, il cosiddetto “dropout”, ancora decisamente troppo elevato in certe circostanze.

Pertanto, i partecipanti vengono sensibilizzati all’adozione di modalità pedagogico-di- dattiche innovative, in particolare quelle che favoriscono l’attivazione e la partecipazione (Meyers & Jones, 1993), agganciando epistemologie, teorie e metodologie a contenuti e vissuti esperienziali (Kolb, 2014), al fine di invogliare al superamento del modello unico della lezione ex-cathedra, senza peraltro misconoscere le potenzialità e l’utilità di quest’ul- tima in determinate condizioni (Tokumitsu, 2017).

In quest’ottica si ambisce ad ispirare i docenti a interrogarsi sul proprio fare e ad analiz- zare criticamente le proprie pratiche, allo scopo d’accrescerne il tasso di autocoscienza ri- flessiva, secondo una postura, appunto, di professionista riflessivo (Schön 1993, 2006). 4.2 Scelte metodologiche e aspetti organizzativi

Sul fronte metodologico e organizzativo si è optato per rivolgere le varie offerte del SEDIFO non miratamente a target specifici – per affinità disciplinare, per appartenenza dipartimentale, per anzianità di servizio … –, bensì estendendone la portata a tutti i Dipar- timenti e alle Scuole affiliate, vale a dire cercando la massima varietà nella composizione dei gruppi d’iscritti al CAS in didattica, piuttosto che al Corso introduttivo, oppure agli altri moduli del programma di formazione continua.

Questa scelta strutturale – per lo più molto apprezzata dai diretti interessati – rappre- senta una delle principali sfide, sia per chi è chiamato a realizzarla, sia per coloro che la agiscono. Si tratta infatti di tenere in debito conto l’eterogeneità dei partecipanti – in ter- mini di discipline di riferimento, di funzione istituzionale ricoperta e delle loro differenti provenienze e motivazioni –, in modo che questa diversità, invece di rappresentare un ostacolo o un freno, costituisca una ricchezza per connettere le prerogative soggettive e ricavarvi un denominatore comune, in vista di costruire una cultura collegiale contrasse-

gnata da un’identità professionale condivisa in seno alla SUPSI. L’opzione adottata ha consentito un proficuo scambio trasversale per ampliare gli orizzonti circa la complessità e la vastità del sistema di appartenenza, facilitando una visione d’insieme e una migliore conoscenza reciproca.

All’interno di questo scenario un posto particolare è riservato alla condivisione e all’a- nalisi delle pratiche, sia quelle appartenenti al proprio campo d’attività, sia quelle attinenti a settori professionali differenti. La conoscenza dei problemi altrui e di come vengono ap- procciati in contesti diversi dal proprio può indurre ad allargare la visuale di ognuno e di tutti, a trovare strumenti nuovi per affrontare situazioni inedite e soprattutto ad interrogarsi sulla pertinenza, la coerenza, l’efficacia del proprio agire in funzione della specificità del- l’istituzione e alla peculiarità del pubblico a cui le SUP si rivolgono.

Ciò in funzione di accrescere il grado di consapevolezza e intenzionalità progettuale del per- sonale docente della SUPSI, spingendo sulla riflessione e il confronto reciproco circa le modali- tà più confacenti di fare didattica in un contesto universitario di questo tipo. Nell’alternarsi di momenti espositivi e scambi seminariali ci si appoggia, sia a delle buone pratiche sperimentate da colleghi all’interno della SUPSI stessa (che diventano dei significativi ‘testimonial’, molto credibili agli occhi dei soggetti in formazione), sia ad apporti di specialisti esterni.

Come già accennato, si cerca di privilegiare il taglio interattivo, con l’alternanza di varie tipologie d’insegnamento, in maniera da far esperire direttamente ai corsisti gli approcci didattici presi in esame (così da favorirne la trasferibilità nelle loro azioni formative) e da costruire insieme l’embrione di un rinnovato habitus pedagogico, improntato a una spiccata riflessività, con la capacità di procedere a una rivisitazione costante e a un monitoraggio critico delle proprie prassi insegnative, apportando quei correttivi là dove si ritengano ne- cessari per facilitare un fruttuoso apprendimento da parte degli studenti.

L’unico vincolo formale per chi aderisce ai corsi è costituito dall’obbligatorietà della presenza ad almeno l’80 per cento del tempo dedicato alla formazione in presenza, in quan- to, proprio in virtù del carattere spiccatamente partecipativo dei corsi proposti, si parte dal principio che il contributo di ognuno degli iscritti sia fondamentale per la co-costruzione del bagaglio esperienziale e conoscitivo del gruppo e per la crescita personale e professio- nale dei suoi componenti.

Per la Certificazione, coerentemente con un’impostazione per competenze, non si pre- vede un documento certificativo da consegnare alla fine di ogni modulo, bensì si ritiene più efficace la scelta di un Dossier che documenti l’intera traiettoria formativa del CAS in di- dattica, che il corsista sarà chiamato ad allestire, cammin facendo, secondo un proprio ritmo e da consegnare al termine della stessa.

Gli elementi costitutivi del Dossier richiesti per il suo allestimento sono:

- Sperimentazione di un dispositivo didattico in linea con le tendenze più aggiornate in ambito pedagogico-didattico;

- Video-registrazione di un’esperienza d’insegnamento realizzata, da sottoporre ad attenta riflessione;

- Analisi critica di un dispositivo di valutazione applicato nella propria pratica; - Approfondimento teorico sulla base dei concetti trattati in aula (trasversale agli

altri punti);

- Riflessione conclusiva sull’intero percorso formativo seguito.

La certificazione viene attribuita in termini di «acquisito» / «non acquisito» e non sotto forma di graduatoria o scala graduata di voti, mentre i criteri di valutazione – esplicitati anticipatamente e inseriti nella Guida al Dossier – sono i seguenti:

- Capacità riflessiva e autovalutativa del docente;

- Capacità di ideare, progettare e/o sperimentare itinerari didattici;

- Capacità di osservare e analizzare le dinamiche comunicative e relazionali che si esplicano nel setting educativo;

- Capacità di argomentare le proprie scelte pedagogico-didattiche con riferimenti teorici e metodologici e utilizzando una terminologia pertinente.

Condizioni certificative analoghe vigono per il Corso introduttivo alla formazione terziaria universitaria, per le quali al partecipante si chiede di redigere un elaborato di 5/7 pagine, a partire da una situazione comunicativa o una lezione fattuale rivolta agli studenti o ad un pub- blico target, integrando gli elementi trattati e le riflessioni emerse durante il tragitto formativo.

Nel documento Theatre Teaches (pagine 52-57)