• Non ci sono risultati.

La multiculturalizzazione della didattica Cambiamenti in atto

Nel documento Theatre Teaches (pagine 82-84)

Teaching & Learning Center

1. La multiculturalizzazione della didattica Cambiamenti in atto

Le direttrici attuali dello sviluppo delle istituzioni accademiche percorrono alcuni assi strategici che possiamo considerare comuni:

-

l’incremento della capacità di accoglienza della domanda formativa

-

l’internazionalizzazione dell’offerta formativa, intesa come potenziamento dell’attrat- tività verso studenti stranieri incoming e della mobilità degli studenti outgoing

-

la problematizzazione dell’eterogeneità degli studenti, che appartengono a fasce di età diverse, hanno istanze divergenti e spesso disomogenee (età di immatricolazione, livello di esperienza professionale, background socioculturale di provenienza, moti- vazioni ed esigenze di lavoro sempre più diversificati).

L’orientamento predominante si è spostato, quindi, verso la preparazione professionale degli iscritti, assumendo come criteri di valutazione (a) i learning outcomes che in termini di conoscenze, competenze e abilità gli studenti possono sviluppare, e (b) i livelli di em- ployability e di occupazione a breve, medio e lungo termine ( Fedeli, Boffo, Melacarne, 2018; Coggi, 2019).

Che cosa significa insegnare, quindi, una disciplina in funzione dei learning outcomes? Come e a quali condizioni si formano le competenze core per i profili professionali? E come allineare gli obiettivi di apprendimento alle competenze core attese per quel profilo

professionale? A quali condizioni si traduce questo sforzo in pratiche didattiche che siano fedeli rispetto a quanto dichiarato nei syllabi? La definizione delle competenze chiave dei profili professionali in uscita nei corsi di laurea e l’allineamento dei processi di insegna- mento e apprendimento a questi non è una scelta discrezionale del singolo docente, ma è un criterio epistemologico che orienta la didattica universitaria (Fabbri, 2018). Possiamo defi- nire «multiculturalizzazione della didattica universitaria» (Fabbri, 2019) il fenomeno di emergenza di una costellazione di costrutti e significati con cui viene a contaminarsi la di- dattica universitaria: che cosa significa supportare i processi di apprendimento di studenti diversi per età, esigenze, interessi e background? Chi può decidere che cosa è funzionale apprendere e che cosa no? Qual è il senso dell’attaccamento a un purismo didattico che rischia di prefigurarsi come anacronistico e astorico rispetto alla esigenze di formare com- petenze professionali da spendere in una pluralità di contesti? Insuccessi, abbandoni, per- manenza di misconcezioni, livelli insufficienti di occupazione hanno confermato l’inade- guatezza di approcci di insegnamento teacher-centered e content-oriented, in cui la valuta- zione degli apprendimenti sia un problema di ordine sommativo e additivo, piuttosto che applicativo e autoformativo (Fabbri, & Romano, 2018; Coggi, 2019).

La crescente consapevolezza della necessità di un pluralismo interpretativo, che costrin- ge a conversazioni trans-disciplinari e a integrazioni trasversali, ha aperto la porta ad epi- stemologie più critiche che stimolano la consapevolezza di chi insegna sul sistema di rap- presentazione che utilizza (Fabbri, 2018). Nelle università risiedono epistemologie com- plesse o della complessità che richiedono la coabitazione e la ricomposizione di paradigmi di studio diversi,la contaminazione con approcci plurimetodo e multilogici, l’integrazione delle metodologie della ricerca e della formazione, la capacità di muoversi in intersezioni cross-disciplinari, e soprattutto chiamano in causa saperi taciti ed “epistemologie d’uso” troppo spesso ignorati o periferici.

Una delle distorsioni più frequenti è stata quella di trasmettere un sapere generale, de- contestualizzato, più attento agli aspetti dichiarativi del sapere che all’apprendimento di metodologie di ricerca e di intervento utili per produrre conoscenze finalizzate a risolvere problemi (Fabbri, & Romano, 2018). Come supportare i docenti a riposizionarsi all’interno delle loro pratiche di insegnamento? Quali condizioni materiali presidiano la co-costruzione di spazi di elaborazione delle nuove strategie didattiche?

La configurazione di setting professionali come spazi dove assumere ipotesi e validarle è un’operazione significativa dal versante dell’innovazione delle pratiche didattiche, in ge- nere ancorate a forme di aggiornamento meno evolute e più centrate sugli interessi di ricer- ca del singolo docente (Oleson, & Hora, 2013). È grazie a questi setting che i docenti pos- sono connotarsi come:

-

ricercatori in grado di prendere coscienza dei problemi, di adottare metodi e condivi- dere l’ipotesi di cambiamento che questi implicano e di organizzare esperienze scien- tificamente controllate;

-

agenti di cambiamento delle pratiche didattiche capaci di proporre esempi trasforma- tivi in grado di promuovere uno stato di preparazione più favorevole alla soluzione dei problemi di affrontare;

-

formatori di sé e degli altri con gli altri. Docenti appartenenti a corsi di laurea diversi si aggregano perché condividono ipotesi, si incontrano con esperti, ritornano nelle proprie aule con pratiche didattiche non familiari o inconsuete e in grado di aprire un dialogo tra prospettive interne e prospettive esterne (Wenger, McDermott, Snyder, 2002; Fabbri, 2019).

La scelta di studiare le pratiche didattiche all’interno delle aule universitarie e la didatti- ca innovativa come leva strategica per il cambiamento organizzativo dipende da una collo- cazione epistemologica interessata ad approfondire il loro carattere situato ed emergente (Lyons, 2006; Jenkins, 2011). Questi posizionamenti si traducono nell’attenzione verso i modi con cui i docenti coordinano reciprocamente le loro attività, lo studio dell’intercon- nessione tra compiti, strumenti e obiettivi formativi, l’analisi dell’acquisizione delle compe- tenze e le attività di partecipazione che si verificano dentro e fuori le aule universitarie. Sono le pratiche didattiche ad essere interessate dall’esigenza di incorporare anche approcci problem-based e team-based, volti allo sviluppo delle competenze trasversali e delle life & soft-skills richieste nel mondo del lavoro. Se in passato la promozione delle competenze trasversali si traduceva nella progettazione di percorsi formativi paralleli e separati agli insegnamenti curriculari (Moore, 2004), attualmente la direzione verso cui si sta muovendo è quella di adottare metodologie collaborative, riflessive e problem-based all’interno dei programmi curriculari, allineando, in questo modo, ciò che si apprende, ciò che si prefigura faranno gli studenti e il modo in cui questi saranno chiamati a lavorare.

Pratiche didattiche efficaci sono quelle che connettono formazione-apprendimento- azione, in cui i learner sono coinvolti in forme di apprendimento significativo su problemi e sfide che sentono come reali e appartenenti ai contesti professionali che incontreranno (Fabbri, & Romano, 2017).

Nel documento Theatre Teaches (pagine 82-84)