• Non ci sono risultati.

Il presente studio ha portato alla luce la complessità delle valenze culturali incarnate nel settore dell’artigianato artistico e culturale, un settore molto ampio e vario, composto da innumerevoli savoir-faire che si posizionano a distanze variabili tra le due anime dell’artigianato: da una parte quella culturale, tangente il mondo dell’arte, legata alle tradizioni e all’identità di individui e comunità; dall’altra quella produttiva e commerciale della piccola e media impresa, concentrata sull’efficace produzione di manufatti di nicchia. Quest’anima duplice rende difficile rintracciare l’universo semantico a cui fare riferimento per la promozione dei mestieri d’arte. In ambito giuridico, è la Convenzione UNESCO del 2003 a sancire la tutela e valorizzazione dell’artigianato in qualità di bene culturale immateriale; a livello nazionale italiano e francese, la sua disciplina rientra in quella delle piccole e medie imprese di produzione di beni e servizi.

L’analisi degli strumenti internazionali ed europei riguardanti il patrimonio culturale trattati, ha mostrato la vastità e l’importanza dell’ambito di ricerca, che collega il tema dell’artigianato a quello dei diritti umani fondamentali e dello sviluppo sostenibile delle società: la Convenzione UNESCO del 2003 delinea il contributo positivo del patrimonio culturale immateriale sullo sviluppo della società, quando debitamente valorizzato e salvaguardato; la Convenzione UNESCO del 2005 amplia e completa la concezione del valore dei beni culturali che, in quanto espressione della diversità e della creatività dell’uomo, sono elevati a patrimonio universale dell’umanità, facendo della loro salvaguardia una condizione necessaria per la soddisfazione dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo; la Convenzione quadro di Faro sottolinea l’importanza dei soggetti nella definizione e nella partecipazione attiva al patrimonio culturale a cui appartengono o di loro elezione, formulando per la prima volta il diritto all’eredità culturale.

Si è visto come il tema del patrimonio culturale si inerisce nelle politiche dell’Unione europea e della legislazione italiana. Per l’UE i beni culturali materiali e immateriali sono strumenti utili per il suo rafforzamento economico e sociale; le politiche culturali unionali perseguono quindi obiettivi di innovazione, occupazione e inclusione attraverso finanziamenti mirati a progetti che si situano nel settore delle

165

industrie creative e culturali. La salvaguardia dei beni culturali immateriali non è stata pienamente integrata nel codice italiano dei beni culturali, prendendo in considerazione solo la faccia materiale dei beni intangibili; si è mostrato come la legge sulle politiche culturali della Regione Lombardia tenti di colmare un’inadempienza normativa nazionale e che, nel farlo, si rifaccia direttamente al concetto di patrimonio culturale immateriale elaborato dagli strumenti UNESCO.

Tra le normative specifiche sui mestieri d’arte rintracciabili a livello nazionale, si è argomentato che la disciplina italiana delle lavorazioni artistiche tradizionali e su misura risulti poco adatta alla complessità del tema, ma si è notato che a livello sub- nazionale, le Regioni abbiano facoltà di apportare in merito miglioramenti e correzioni. È stata infatti presa in esame la nuova legge regionale veneta sull’artigianato; il modo in cui tale legge è stata formulata può far sperare in un progressivo miglioramento delle condizioni del settore artigiano, soprattutto per quanto concerne le imprese cosiddette “storiche”. Il raffronto tra normativa italiana e francese ha permesso di mettere in luce come oltralpe esistano diverse e ben più puntuali disposizioni in materia che, creando strumenti ad hoc come la qualifica di maître artisan e l’attribuzione del label “Entreprise du patrimoine vivant”, dimostrano, a livello nazionale, una maggiore attenzione al patrimonio immateriale dei mestieri d’arte rispetto a quanto accada in Italia. La succitata legge della Regione Veneto presenta, è stato notato, alcuni elementi di contatto con l’assetto normativo vigente in Francia e si configura pertanto come uno strumento innovativo sul panorama nazionale; non appena verranno emanati i decreti applicativi relativi a tale legge, sarà possibile apprezzare compiutamente la misura di auspicabile avvicinamento al modello francese.

Nella presente ricerca è stata esplorata l’applicazione dell’artigianato in pratiche di inclusione sociale e si è giunti alla conclusione che essa costituisca una modalità alternativa per l’artigianato di vivere nella contemporaneità, che renda giustizia tanto al suo portato culturale quanto alle sue intrinseche prerogative commerciali. Si sono portati alcuni esempi di attività artigianali attivate in contesti di valorizzazione sociale, entro progetti orientati alla promozione di categorie “deboli”: carcerati, disoccupati e migranti. Si è fatto notare come esista un numero esiguo di questo tipo di esperienze e che sovente esse non raggiungano livelli di qualità e maestria tecnica tali da renderle pienamente riconducibili all’ambito dei mestieri d’arte. Questo obiettivo di qualità è invece raggiunto da La fabrique NOMADE che, come descritto nel terzo capitolo, permette ai savoir-faire artigianali di rifugiati e di immigrati di dispiegarsi e di

166

continuare ad esistere anche dopo la loro migrazione in Francia. L’attività de La fabrique NOMADE amplia il novero delle tecniche artigianali praticate sul territorio francese e offre al contempo visibilità al settore dell’artigianato artistico e tradizionale, costituendosi come un buon esempio di integrazione e di dialogo interculturale. Quest’ultimo punto pare di particolarmente rilevante in rapporto all’attualità della “crisi migratoria”, che tanto spazio assume nel dibattito contemporaneo e nelle politiche culturali dell’Unione europea. Tali politiche culturali sono state analizzate nella terza sezione del secondo capitolo, mettendone in luce obiettivi, priorità, raccomandazioni e criteri vòlti alla realizzazione di azioni di dialogo interculturale per l’integrazione di cittadini di paesi terzi attraverso attività artistiche e culturali. Secondo la convinzione di chi scrive, La fabrique NOMADE risponde pienamente a tali parametri. Sebbene l’attività de La fabrique NOMADE abbia risvolti positivi sia per quanto riguarda il dialogo interculturale che la visibilità dei mestieri d’arte, è stato mostrato che modesti sono tuttavia, ad oggi, i risultati dei suoi sforzi circa l’inserimento professionale dei migranti nel settore artigianale. Dalle ricerche condotte sul campo né infatti emerso che solo un numero ristretto di persone abbia di fatto accesso alle attività di accompagnamento messe in atto dall’associazione e, tra queste, si è rilevato che non tutte raggiungono una posizione lavorativa stabile nel loro mestiere. Va comunque tenuto conto del fatto che La fabrique NOMADE sia in attività da pochissimi anni e che i risultati finora raggiunti siano da imputare, oltre che alla giovane età del progetto, anche alle complessità del settore artigianale e che per questo, un’attività di questo tipo beneficerebbe particolarmente dallo sviluppo di una rete (anche transnazionale) di partner e del supporto dell’UE. L’associazione sta comunque conoscendo una rapida crescita di visibilità, successo ed efficacia; questi fattori possono far ben sperare per il futuro.