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Tra profughi e rifugiati: storia e numeri dell'esodo afghano.

I PROFUGHI E I RIFUGIATI AFGHANI: UNA PIAGA NELL'AFGHANISTAN LACERATO DAI CONFLITT

4.2 Tra profughi e rifugiati: storia e numeri dell'esodo afghano.

Tra il 1979 e la fine del 2001 l'Afghanistan ebbe il numero più alto al mondo tra rifugiati e profughi, un numero che comunque è diminuito con la fine del regime talebano, con un terzo della popolazione che è stata rimpatriata. Le prime persone che si allontanarono si diressero nelle regioni del vicino Pakistan e in Iran (mentre una bassa percentuale si è contata anche in India e in alcuni paesi dell'Europa), dove solo una minoranza di essi riuscì ad ottenere lo status di rifugiato.

In Afghanistan il problema dei profughi e dei rifugiati emerse verso la fine degli anni Settanta del secolo scorso, ossia durante l'inizio del regime comunista. Infatti, già a partire dalla “Rivoluzione di Saur” avvenuta nel 1978, alcune persone cominciarono ad abbandonare il paese. Ancora non si parlava di un vero e proprio esodo: chi era costretto a lasciare il paese lo faceva per non incorrere in arresti,

punizioni o torture dovuti alla loro contrarietà al regime comunista. Durante i primi tre mesi di regime lasciarono il paese diverse centinaia di persone. I primi rifugiati consistevano principalmente in parenti di Daud o altri associati con la famiglia reale5. Dopo che il potere fu

effettivamente preso da Taraki e da Amin il numero dei rifugiati continuò a salire e si conta che circa 3000 profughi trovarono assistenza in Pakistan6, un numero che continuò ad aumentare con il

tempo. Davanti a questo esodo massiccio, il nuovo governo comunista afghano, preoccupato, si mise in contatto con un responsabile dell'United Nation High Commissioner for Refugees7 (da ora in poi

UNHCR) per incoraggiare gli afghani a tornare nel proprio paese, offrendo ai rimpatriati terre da coltivare e piena amnistia8. L'UNHCR

avrebbe dovuto garantire assistenza in questo ritorno, ma la stessa organizzazione rifiutò questa iniziativa in quanto: «accettando si sarebbe compromessa la capacità dell'UNHCR di aiutare in modo parziale i profughi afghani»9.

All'inizio lasciare il paese non risultò problematico, per lo meno nel recarsi nei paesi vicini. Inoltre non vi erano guardie del nuovo governo che cercarono di fermare il flusso10. Vi erano delle sostanziali

differenze tra i profughi che scappavano da Kabul e coloro che invece scappavano da altre parti del paese: per quanto concerne i residenti a Kabul nel 1978, per loro la normale procedura di fuga consisteva nel contattare delle organizzazioni clandestine o uomini specializzati (khachak bar)11 le quali, a pagamento trasportavano le persone a

5 J. Amstutz, op. cit., p. 224.

6 UNHCR, The State of World's Refugees. Fifty Year of Humanitarian Action, Oxford, Oxford University Press, 2000, p. 116.

7 Questa organizzazione internazionale in italiano prende il nome di "Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati" e si occupa di dare assistenza agli sfollati, ai rifugiati e a offrire aiuti concreti a chi intende rimpatriare nel proprio paese. Fondata il 14 dicembre del 1950, inizialmente aveva un mandato di soli tre anni e doveva occuparsi solo dei rifugiati. Le sue funzioni sono state poi ampliate e recentemente ha celebrato i suoi 66 anni di attività. Fonte: https://www.unhcr.it/chi- siamo/storia

8 J. Eisenberg, "The Boatless People": the UNHCR and Afghan Refugees 1979-

1990, in International History, n. 14, 2013, p. 6.; J. Amstutz, op. cit. p. 226.

9 J. Eisenber, op. cit, p. 6. 10 J. Amstutz, op. cit., p. 224. 11 A. Mahmoud Ulrich, op. cit, p. 82.

Peshawar o a Quetta con dei mezzi di fortuna, mentre i profughi provenienti da altre zone si muovevano a piedi verso i confini12.

Alcuni preferirono spostarsi in pullman o in aereo, procedura preferita per chi si muoveva da Kabul a New Delhi, la capitale dell'India che preferiva i «ricchi rifugiati»13.

Pochi mesi dopo una nuova ondata di profughi si mosse dal paese, questa volta perché l'invasione sovietica e la conseguente guerra che ne derivò spinsero alla resa numerosissime persone, che aumentarono di anno di anno. Una guerra tra mujaheddin e sovietici e cambi di scena alla presidenza non cambiarono comunque la situazione dei profughi. Soltanto con il termine della guerra vi fu un primo lento rimpatrio dei profughi.

Si calcola, secondo fonti dell'UHNCR, che nel periodo compreso tra il 1979 e il 1990 nei principali paesi ospiti il numero dei rifugiati e dei profughi sia stato questo: nel 1979 402,000 profughi in Pakistan e 100,000 in Iran fino a raggiungere in undici anni milioni di persone (nel 1990 rispettivamente 3,253,000 e 3,061,000)14. Tra l'altro a partire

dal 1989 cominciò il primo lento rimpatrio, che si concluse nel 1992, anno della vittoria dei mujaheddin. In quell'anno vi furono consistenti rimpatri da entrambi i paesi ospiti principali con 1 milione e mezzo di rimpatriati. All'inizio del 1993, mentre 4 milioni di persone restarono all'estero, ci fu una decelerazione dei rimpatri, ossia 468,894 rimpatriati con gli sforzi delle Nazioni Unite e 400,000 che tornarono in Afghanistan volontariamente15.

Durante il regime dei mujaheddin fu quasi del tutto rasa al suolo Kabul, la capitale. I bombardamenti proseguivano per parecchie ore al giorno e questo costrinse un'altra volta le persone ad abbandonare le proprie case: davanti a questa nuova drammaticità una nuova attenzione venne data ai campi profughi allestiti in alcune città del

12 J. Amstutz, op. cit., p. 224. 13 J. Eisenberg, op. cit. p. 17.

14 UNHCR, The State of the world's refugees.., cit, p. 119.

15 General Assembly, Report Of the UNHCR 1994, in UNHCR, 1994 in

http://www.unhcr.org/excom/unhcrannual/3ae68c3e4/report-united-nations-high- commissioner-refugees-1994.html

paese, quelle città di confine che si fecero carico di accogliere gli sfollati, in particolar modo Jalalabad. Questa nuova situazione si creò quando il Pakistan, ad un certo punto della sua storia, decise di chiudere le frontiere causando una situazione di emergenza nazionale, che si aggravò ulteriormente in seguito alle violenze, alla mancanza di cibo e di corrente elettrica che resero intollerabile la vita all'interno del paese16. A tutto questo si aggiunse la nuova presenza dei talebani

lungo il confine e in particolar modo nella città di Kandahar.

Tra il 1992 e il 1996 il numero andò ancora una volta a scemare a seguito delle politiche di rimpatrio attuate da entrambi i paesi (Iran e Pakistan). Il numero degli sfollati interni si aggirò intorno alle 400.000 persone e le organizzazioni umanitarie aprirono diversi campi principalmente intorno all'area di Jalalabad17. Nel 1992 in Pakistan ci

furono 3,077,000 profughi e in Iran 2,900,000. Quattro anni dopo, ossia nel 1996, erano rispettivamente di 1,200,000e 1,420,00018.

Nel 1996 i talebani presero Kabul. Anche in questo caso ci furono ritorni nel paese e rimpatri. Chi scappava lo faceva sia per non incorrere in torture che per sfuggire alla dilagante crisi economica che questo regime aveva creato. In questo caso abbandonare il paese risultò più difficoltoso a causa della costante presenza dei guerriglieri in tutto il paese e muoversi non era facile in quanto ogni singola cosa veniva accuratamente ispezionata. Chi riusciva a non incorrere in arresti durante il tragitto riuscì a trovare riparo nei territori dove combatteva l'Alleanza del Nord. Un quarto della popolazione di Kabul e a sud del paese, metà della popolazione di Kandahar era stata evacuata19.

A partire dal 1996 il Pakistan chiuse ancora una volta le proprie frontiere e dunque registrò solo i profughi ancora presenti sul proprio territorio e inoltre registrò solo quelli effettivamente iscritti in un

16 D. W. Haines (Ed), Refugees in America in the 1990s. A reference handbook, London, Greenwood Press, 1996, p. 66.

17 P. Banerjee, S.B.R. Chaudhury, S. Dumar Das (Ed), Internal Displacement in

South Asia, New Delhi, Sage Publications, 2005, p. 30.

18 UNHCR, The State of the world's refugees.., cit, p. 119. 19 P. Banerjee, S.B.R. Chaudhury, S. Dumar Das (Ed), op. cit,. 39.

registro ufficiale delle Nazioni Unite, mentre gli anni precedenti a tale data riportavano sia i profughi iscritti che quelli non iscritti. Da sottolineare il fatto che nel mentre centinaia di persone erano andate a vivere all'interno di abitazioni private. Il Pakistan chiuse le proprie frontiere almeno fino al 200020.

Nell'ottobre del 2001 scoppiò una nuova guerra che ancora una volta portò a una nuova drammatica situazione per il popolo afghano. Nuovi bombardamenti costrinsero ancora alla fuga dalle principali città migliaia di persone. Ancora difficoltoso risultò l'accesso ai paesi limitrofi, questa volta in Iran e ancora una volta aumentò il numero degli sfollati interni. La situazione migliorò leggermente nel 2002 quando alla fuga si sostituì il rimpatrio, questa volta imponente e gestito dall'Alto Commissariato per i rifugiati. Dal marzo del 2002 fino al 2008 fu facilitato il ritorno di più 4.3 milioni di rifugiati, provenienti dal Pakistan e dall'Iran21. La città maggiormente colpita

dagli effetti del rimpatrio fu Kabul, la cui crisi economica si aggravò: il lavoro scarseggiava ma parallelamente aumentò il consumo di oppio. Per un maggiore aiuto al rimpatrio si fecero carico ancora una volta le Nazioni Unite, con l'aggiunta dell'ISAF a partire dal 2003. Ma la crisi economica ha costretto gli afghani ad andarsene ancora una volta o a continuare a vivere di assistenza economica22.

L'Afghanistan, dal canto suo, ha dimostrato di essere in grado di assistere in modo efficace il ritorno dei profughi, anche se queste persone hanno trovato molte difficoltà, ad esempio nell'ottenere l'accesso alla terra o nel prendere nuovamente possesso delle vecchie case23. Nonostante le varie politiche di rimpatrio, molti non hanno

fatto ritorno in Afghanistan a causa della paura delle mine, alla paura

20 Ivi, p. 41.

21 In http://www.unhcr.org/49ba2f5e2.pdf

22 La condizione dei profughi afghani non si è fermata, nonostante il vasto programma di rimpatrio attuato dalle Nazioni Unite. Ancora oggi numerose persone si trovano in Pakistan, decise a non tornare in Afghanistan, mentre altre si mettono in marcia verso l'Europa per cercare di raggiungere un posto più sicuro.

23 Human Right Watch (HRW), Unwelcome guest. Iran's violence of Afghan

Refugees and Migrant Rights, United States of America, Human Right Watch,

dei bombardamenti o semplicemente perché nei nuovi paesi si erano fatti una nuova vita. Per quanto concerne il rimpatrio, a partire dal 2002 l'UNHCR ha messo a disposizione 65 dollari a famiglia per pagarsi il viaggio o per altri indispensabili oggetti, come sapone o qualche chilo di farina24. Il totale sarebbe aumentato per le donne

vedove e con figli a carico. L'UNHCR ha aiutato anche i profughi una volta tornati in Afghanistan offrendo loro la cifra di 600 dollari per riparare la propria casa25.

Chi non riusciva a mettersi in cammino sentiva la nostalgia del proprio khawk26, termine non propriamente traducibile nella nostra

lingua ma che indica un chiaro riferimento a tutto ciò che ricorda la propria terra e la propria casa, come la polvere, la sabbia, il suolo. Anche per chi è nato all'estero, da padre o madre afghana, vi è la nostalgia del proprio khawi e che, pur non avendolo mai visto, lo sentono come vissuto perché gli è stato raccontato dai propri parenti.