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Il periodo comunista e le Costituzioni non rispettate 1 Gli arresti avvenuti dopo il colpo di stato.

TRA TORTURE E AIUTI UMANITARI: LE CONDIZIONI DI VITA DELLA POPOLAZIONE

3.2 Il periodo comunista e le Costituzioni non rispettate 1 Gli arresti avvenuti dopo il colpo di stato.

Dal 1978 in poi crebbe il numero delle vittime e dei rifugiati, in un'escalation senza fine che ha visto questo numero via via sempre più aumentare, facendo sprofondare il paese nel caos. Il colpo di stato e l'uccisione del presidente Daud introdussero delle nuove parole d'ordine nella nuova Repubblica Democratica dell'Afghanistan: caos, paura e disperazione. Ci fu una metamorfosi negli afghani, i quali videro la loro psiche subire un brusco cambiamento. Anche Kabul, la «piacevole città» che contava 600.000 abitanti6 dovette subire delle

devastazioni, in un paese dove la vita non era comunque facile: l'aspettativa media di vita non superava i 40 anni e solo la metà di tutti i bambini sopravviveva oltre il quinto compleanno7.

Al totale delle vittime e dei rifugiati si aggiunsero i condannati per motivi politici, ostili al regime sovietico, rinchiusi nel carcere di Pul i- Charkhi. Il nuovo regime infatti diede avvio a un'ondata di arresti di massa, a cui seguirono torture ed esecuzioni che si svolsero in quel

4 Dati provenienti dalla Banca Mondiale.

5 Dell'epoca d'oro dell'Afghanistan ci sono diverse testimonianze visive, che si possono trovare nelle varie fotografie della rete: ad esempio, una pagina del noto

social network “Facebook” intitolata "Afghanistan Before the War ", ossia

l'Afghanistan prima della guerra, con più di 25.000 iscritti raccoglie le immagini di quel periodo. Scorrendo nella home della pagina di scopre un Afghanistan diverso rispetto ad oggi: si vedono uomini e donne che girano liberamente per le strade, giovani ragazzi e ragazze che frequentano liberi le lezioni presso l'Università di Kabul e che manifestano lungo le strade. Un'altra testimonianza di quel periodo è stata fornita dalle immagini di Bill Podich, un medico americano che viveva a Kabul durante alcuni anni della monarchia. Le fotografie si possono trovare a questo indirizzo http://www.tpi.it/mondo/afghanistan/cera-una-volta-kabul-afghanistan- anni-sessanta

6 J. B. Amstutz, op. cit. p. 22. 7 M. Galeotti, op. cit, p. 4.

temibile edificio. La costruzione di questa prigione ebbe inizio proprio negli anni Settanta e fu resa operativa dopo il colpo di stato del 1978. Questo carcere, chiamato anche l”Alcatraz dell'Afghanistan”, «poiché riuscire ad evadere è quasi impossibile»8, continuò a funzionare anche

negli anni seguenti e ancora oggi risulta aperto. Si moriva dopo pesanti torture o dopo aver ridotto alla fame i condannati. Si stima che ne l978 i detenuti per motivi politici erano 12.0009, mentre alla fine del 1979 i

morti erano già 15.00010. Stime più attendibili, provenienti da agenzie

internazionali ed organizzazioni non-governative, riferiscono che il numero era minore: ad esempio la Press Truth of India (PTI) riferisce che 8400 persone furono uccise o scomparvero durante il regime di Taraki-Amin e che il 40% di esse proveniva da Kabul11 o ancora

Amnesty International, in un report del 1980, riporta un alto numero di persone scomparse, le quali, verso la fine degli anni Settanta, toccarono la quota di 9000. A proposito di Amnesty International, questa organizzazione aveva cominciato a riscontrare una «grossa violazione dei diritti umani»12 proprio alla fine degli anni Settanta.

Prima degli incarceramenti avvenivano le perquisizioni nelle case e gli sconvolgimenti nei villaggi per cercare potenziali avversari; la maggior parte degli arresti avveniva nel cuore della notte. Molti uomini, che magari un tempo avevano detenuto uno status symbol prestigioso, si trovarono a dover abbandonare tutto per cercare protezione o all'estero o sempre all'interno del paese. Alcuni decisero di combattere a fianco dei mujaheddin. Con il passare del tempo non furono soltanto gli studenti e gli opponenti al regime ad essere arrestati. Una delle accuse peggiori fatte dai comunisti era quella di essere considerati dei petit-

bourgeois13, dei piccoli borghesi: si imputava loro di guadagnare sulla

base di un modello capitalistico, totalmente contrario alle ideologie del

8 F. Koozi, op. cit, p. 197.

9 M. Ewans, Afghanistan, A New History, London, Curzon Press, 2001, p. 52. 10 K. E. Meyer, op. cit, p. 192.

11 J. B. Amstutz, op. cit. p. 54.

12 Amnesty International, Amnesty International Report 1980, London, Amnesty

International Publications, p. 179 in

https://www.amnesty.org/en/documents/pol10/0003/1980/en/.

Marxismo.

A causa di questi arresti il paese era sprofondato nel caos, sia dal punto di vista dei diritti umani (negati), sia dal punto di vista economico. Sempre il report di Amnesty International riporta che ai prigionieri fu negato di parlare con i loro familiari e di avere contatti con il mondo esterno. Inoltre, tra le torture subite dai prigionieri vi furono: «shock elettrico, frustate, percosse e stiramento di unghie»14, ma la stessa

sofferenza venne provata dai familiari delle vittime, in costante angoscia nel non sapere se i loro parenti fossero vivi oppure no.

3.2 2 Il trauma dovuto alla guerra

Le terribili condizioni di questo paese, abitato da gente per il quale «faida e banditismo erano uno stile di vita»15, come si è già visto

avevano portato all'intervento di Mosca, traumatizzando una popolazione ancora sconvolta dai recenti avvenimenti: già a partire dal febbraio del 1980 i sovietici iniziarono a uccidere sia i mujaheddin che i civili oppure costringendo loro a lasciare il paese per recarsi all'estero. I sovietici, in particolar modo, sentivano l'esigenza di uccidere i civili indiscriminatamente, dunque senza fare una distinzione tra maschi e femmine, adulti e bambini. Fu in questo periodo che gli invasori cominciarono a spargere il territorio di mine antiuomo, una potente trappola di mutilazione umana. Le uccisioni dei civili avvenivano in modi e tempi differenti: con mine-giocattolo, il napalm, i bombardamenti aerei e durante raduni collettivi, ad esempio mentre i musulmani si erano recati in moschea a pregare o mentre si celebravano matrimoni o funerali16 e dunque in un momento di serenità

del popolo.

A proposito del popolo, la prima reazione popolare afghana contro le truppe sovietiche era stata «vasta ed emotiva»17, ma con il tempo i loro

14 Amnesty Internazional, Amnesty International 1980, cit, pp. 179-180. 15 M. Galeotti, op. cit, p. 4.

16 K. Hassan Kakar, op. cit, p. 261. 17 S. Coll, op. cit., p. 81.

pensieri mutarono e pochi mesi dopo l'occupazione, a Kabul e di notte, decine di migliaia di persone si riunivano sui tetti a scandire il richiamo alla preghiera maomettana (Allah Akbar) come una sfida «terribile e unitaria»18. Nonostante le dimostrazioni popolari che

dimostrarono la contrarietà all'invasione, i sovietici non si fermarono e in pochi mesi altre centinaia di civili afghani vennero uccisi nelle strade. Per rappresaglia i mujaheddin iniziarono a fare lo stesso: organizzarono delle imboscate contro le colonne sovietiche ed effettuarono scorrerie contro città grandi e piccole19. L'intero paese era

diviso in due parti: da una parte i cosiddetti “quelli di Kabul”, ossia i membri del governo filo-sovietici, l'esercito del regime e la maggior parte dei membri delle organizzazioni internazionali, mentre dall'altra i

mujaheddin, quelli del “prenderemo Kabul”. Nonostante la guerra e le

continue aggressioni l'economia non era ancora a pezzi: ad esempio nel 1981 la produzione industriale crebbe dell'1,5%, mentre quella agricola del 3%20.

Un recente report dell'Oxfam21 intitolato “The cost of the war. Afghan

experiences of conflict, 1978-2009”, (Il costo della guerra. Esperienze

del conflitto afghano, 1978- 2009) riporta la testimonianza di un uomo risiedente della provincia di Nangarhar, al confine con il Pakistan:

Un giorno, i “Russi” iniziarono ad attaccare per terra e per aria, con 15 o venti aeroplani che dovevano bombardare i mujaheddin nascosti sul nostro villaggio. Circa 40 innocenti, tra anziani, donne e bambini furono uccisi e i russi portarono via 35 persone, che ancora mancano22.

Mentre una donna della provincia di Kunduz ha detto: «Le forze

18 Ibidem.

19 Cifr, S. Coll, op. cit, p. 82 e M. Ewans, op. cit. p. 158. 20 E. Vigna, op. cit, p. 29.

21 L'Oxfam è un'importante confederazione umanitaria mondiale specializzata in aiuto umanitario e di sviluppo. E formata da 17 organizzazioni che collaborano con 3000 partner locali in 90 paesi del mondo. Ha diverse sedi dislocate in diversi parti del mondo, tra cui anche in Italia. Fonte: http://www.oxfamitalia.it

22 Traduzione personale. Oxfam, The Cost of the War. Afghan Expericences of

comuniste circondarono il nostro villaggio, ci spararono con potenti armi all'interno del nostro villaggio. Essi non lasciarono ai civili alcuna via di fuga e noi non avevamo speranza di sopravvivere»23.

I mujaheddin inizialmente combattevano nella montagne o nelle aree rurali uccidendo i soldati che si trovavano nelle loro zone. Le truppe antigovernative entrarono per la prima volta dalla guerriglia a Kabul il 31 agosto del 198224 e da quel giorno anche i mujaheddin iniziarono

ad attaccare la popolazione residente nella capitale, riuscendo a provocare la distruzione degli sforzi umanitari che erano stati compiuti fino a quel momento.

Dando uno sguardo sommario alle condizioni della popolazione di allora, i dati riportano che più del 90% della popolazione era analfabeta e solo il 30% dei bambini poteva frequentare la scuola, nonostante le varie riforme scolastiche emanate dai vari governi. Inoltre vi era un alto tasso di mortalità causato da un'emergenza sanitaria senza precedenti. Le malattie più comuni erano il vaiolo, la malaria e la tubercolosi25. Per quanto concerne l'emanazione delle

riforme scolastiche, esse da una parte avevano fatto crescere il tasso di alfabetizzazione, dall'altro lato questo programma fu duramente ostacolato dai mujaheddin, i quali distrussero nelle campagne decine di scuole e ospedali sovietici, uccidendo scolari e insegnanti e aggredendo le donne per impedire qualsiasi forma di istruzione. Nonostante fossero compiuti elevati sforzi di modernizzazione, le violenze non mancarono e le sofferenze della popolazione cominciarono a farsi più acute. Vi fu l'emersione dei primi danni collaterali del conflitto: i primi profughi cominciarono ad abbandonare il paese per recarsi in paesi vicini, i villaggi cominciarono ad essere distrutti, tanti orfani e diverse persone senza più un tetto sopra la testa. Insomma, una catastrofe umanitaria, che aveva l'obiettivo di «terrorizzare la popolazione e creare una situazione di instabilità»26 e

23 Traduzione personale. Oxfam, op. cit, p. 8. 24 G. Chiesa, Vauro, op. cit, p. 31.

25 S. Noja, op. cit, p. 272. 26 E. Vigna, op. cit, p. 36.

impedire lo sviluppo dei progetti di riforma sociale e strutturale lanciati dal governo. Tutto questo andò avanti fino al 1989, anno della ritirata sovietica. L'Afghanistan alla fine dell'anno venne duramente distrutto, sia dal punto di vista dei diritti umani che dal punto di vista economico27. A causa degli intensi combattimenti il 75% dei villaggi

venne distrutto dai bombardamenti, mentre il 40% della terra divenne infertile28. A causa della guerra la città di Kabul subì una metamorfosi,

«trasformandosi da luogo ricercato da un turismo snob, archeologico o frichettone, a ricettacolo di ogni maledizione, cloaca destinazione di imprecazioni e vendette»29.

Ricapitolando: sia le truppe sovietiche, che i mujaheddin contribuirono alla distruzione del paese. Questi ultimi, in particolar modo, nel report annuale di Amnesty International del 1990, vennero segnalati per aver svolto «esecuzioni extra giudiziarie sulla cattura di soldati governativi e civili, inclusi i bambini, nelle aree da loro effettivamente controllate»30. Un altro esempio: «Le forze mujaheddin, inclusi un certo numero di volontari Arabi, riporta che

essi avevano sinteticamente ucciso un imprecisato numero di soldati governativi e almeno 20 civili disarmati»31. Il numero variava

comunque ogni giorno e di anno in anno.

3.2 3 Il KHAD sotto Karmal e Najibullah.

Nei paragrafi precedenti sono state descritte le torture subite dai prigionieri durante il periodo di Amin e di Taraki. Anche durante il

27 Nell'aprile del 1983 il Ministro per la pianificazione Ali Keshtmand disse che la situazione era grave e costellata da diversi problemi politici ed economici: «Le

bande controrivoluzionarie inviate dall'estero avevano distrutto il 50% delle scuole del paese, più del 50% dei nostri ospedali, il 14% dei veicoli, il 75% delle linee di comunicazione e un diverso numero di stazioni idroelettriche e termiche» (J. B.

Astutz, op. cit, p. 233).

28 N.Rinaldi, Islam, guerra e dintorni: viaggio in Afghanistan, Torino, L'harmattan Italia, 1997, pp 64-65.

29 Ivi, p. 15.

30 Amnesty International, Amnesty International Report 1990, Amnesty International Publications, p. 27 in

https://www.amnesty.org/en/documents/pol10/0003/1990/en/

regime di Karmal vi furono degli abusi di questo tipo, ancora una volta contro coloro che si opponevano al regime comunista. Se all'inizio del mandato di Karmal i prigionieri sperarono di non subire più torture, resi soprattutto fiduciosi dalle promesse del nuovo presidente, negli anni seguenti ci si sbagliò. Ancora una volta vi furono incarceramenti nella prigione di Pul-i-Charkhi, ma i metodi repressivi furono guidati dal KHAD32, la polizia segreta afghana, a sua

volta sotto la sorveglianza del KGB sovietico. Nonostante l'emanazione della temporanea Costituzione intitolata “Principi Fondamentali della Repubblica Democratica dell'Afghanistan” che vietava le torture, esse proseguirono con le stesse modalità delle precedenti, sebbene un certo numero di prigionieri fosse stato rilasciato nella prima fase del governo di Karmal. Ma, tra il 1981 e il 1983, il numero dei prigionieri politici ricominciò a crescere. Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti diede una stima di circa 20.000/25.000 detenuti nella prigione principale, mentre 500 prigionieri furono detenuti nella sezione speciale del KHAD33. Sempre

lo stesso Dipartimento do Stato denunciò maltrattamenti «incluse percosse, violenze sessuali, celle piene di carcerati, senza riscaldamento, servizi igienici o cibo inadeguato»34.

I rapporti seguenti del Dipartimento di Stato sono abbastanza similari, così come quelli di Amnesty International. Si occuparono anche delle sparizioni delle persone, prelevate di notte dalle abitazioni e che non fecero più ritorno a casa.

A quasi sette anni dall'inizio della guerra, i Sovietici e il regime di Kabul avevano terrorizzato il popolo afghano. La politica seguita in tutti quegli anni, secondo il Dipartimento di Stato, aveva terrorizzato più di un terzo della popolazione afghana (che ammontava a circa

32 Acronimo di Kheda-mati-i-Etal'at-i Dolati in pashto e State Information Service in lingua inglese.

33 Department State, Country Report of Human Rights Practices 1982, Nothwestern University, p. 1072 in https://babel.hathitrust.org/cgi/pt? id=ien.35556011424694;view=1up;seq=1092

34 Traduzione personale. Department State, Country Report of Human Rights

quindici milioni di persone) e causato la morte di centinaia di migliaia di civili35. Inoltre i Sovietici e Karmal avevano impoverito

l'Afghanistan e distrutto le principali vie di comunicazione.

Nel 1986 fu la volta di Najibullah, che restò in carica fino al 1992, anno della sua resa. Era l'ex direttore del KHAD e per questo non rinunciò ai metodi di tortura e violenza. Ad esempio, dati del rapporto di Amnesty International del 1990, dunque un anno dopo la ritirata sovietica, riportano che nel mese di febbraio circa 2,165 persone furono detenute come prigionieri politici36, un numero abbastanza

inferiore rispetto alle cifre degli anni precedenti. Numericamente e complessivamente parlando, il costo della guerra dopo dieci anni di conflitto era stato pesantissimo. I numeri: un milione e mezzo di vittime civili, circa il 10% della popolazione37, un afghano su sette era

mutilato, la speranza di vita alla nascita era di 38 anni e tre bambini su dieci morivano prima di aver compiuto cinque anni per varie infezioni, dissenteria o morbillo. Una donna su dieci moriva durante la gravidanza o il parto.

Najibullah fino al 1992 ebbe uno scontro vero e proprio con i

mujaheddin. Il governo controllava la capitale e alcune città

dell'Afghanistan, mentre i mujaheddin controllavano principalmente le aree rurali. L'esercito di Najibullah cercò di sconfiggere le forze dei ribelli, ma alla fine dovette arrendersi, anche perché i rifornimenti e gli aiuti economici dell'Unione Sovietica stavano per terminare. Nel marzo del 1991 i mujaheddin guidati dal generale Jalaluddin Haqqani, conquistarono la città di Khost, facendo più di duemila prigionieri e nei mesi seguenti rafforzarono le loro strutture logistiche e militari grazie al sostegno del Pakistan38.

35 Department State, Country Report of Human Rights Practises 1986, University of Michigan, p. 1094 in https://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=mdp.39015013361749

36 Amnesty International, Amnesty International of 1990, Amnesty International Publication, p. 27 in https://www.amnesty.org/en/documents/pol10/0003/1990/en/

37 N. Rinaldi, op. cit. p. 64. 38 G. Chiesa Vauro, op. cit, p. 36.