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In questo lavoro è stato analizzato il movimento antiabortista in Italia. Per l’analisi del movimento sono state seguite due importanti approcci: il political process model e il resource mobilization approach. Entrambi sottolineano la razionalità dei comportamenti collettivi, e il fatto che i movimenti, come del resto gli altri attori politici, sono consapevoli del proprio ruolo nel mutamento sociale. Secondo il resource model approach, l’azione collettiva nasce dal calcolo razionale degli interessi da perseguire in una società, che è composta da gruppi sociali in conflitto tra loro; quindi per poter dare una spiegazione esaustiva ai movimenti sociali non basta scoprire l’esistenza di tensioni e conflitti strutturali, occorre anche studiare le condizioni che permettono di trasformare lo scontento in mobilitazione.

La capacità di mobilitazione non dipende dall’autorità, impegno morale, fede, relazioni d’amicizia a disposizione di un gruppo ma anche dalle risorse materiali ottenute con le iniziative sul territorio, progetti con le autorità amministrative comunali e provinciali e piani sociali appoggiati dalle autorità ecclesiastiche. Deriva dal modo in cui i movimenti sociali sono in grado di organizzare lo scontento, ridurre i costi dell’azione, utilizzare e creare reti di solidarietà, distribuire incentivi ai membri, acquisire consenso all’esterno e non solo quando si diffonde un sentimento d'insoddisfazione, come avevano affermato i sociologi del collective behaviour. L’analisi del Movimento Per la Vita effettuata con questi criteri ha messo in evidenza anche come a mobilitarsi non sono gli individui più isolati e sradicati della società, ma coloro che sono o erano attivi e ben integrati nella collettività. Il Movimento è nato dapprima come risposta all’adozione della Legge 194 e con la seguente emancipazione della donna dato dal diritto di scelta di abortire, poi si è sviluppato grazie alle “opportunità politiche” che si sono aperte, come il grado di tolleranza dimostrato dalle élites nei confronti della protesta e il rapporto che si è instaurato con gli alleati o gli oppositori. Negli ultimi anni le gerarchie vaticane hanno aumentato la loro vicinanza al Movimento, indirizzandoli secondo le proprie opinioni e intervenendo, continuamente e deliberatamente, sulla scena politica al fine di ottenere quanto da loro richiesto. Inoltre, importante nello studio del Movimento è stata l’identità collettiva, formatasi attraverso la partecipazione a tre livelli di azione collettiva: l’organizzazione, il movimento e il gruppo di solidarietà. Ogni partecipante ha portato all’interno del Movimento le sue opinioni che, funzionando da frame, hanno portato

l’agire collettivo a reagire in modo diverso, come abbiamo visto nelle diverse città toscane e con un breve excursus di episodi di attivismo in altre città italiane.

In questo studio, l’analisi del movimento antiabortista si differenzia dall’usuale analisi del tipico movimento sociale, in quanto è considerato più come un “contromovimento”, dato che si oppone alla mobilitazione per il diritto di scelta riguardante l’interruzione di gravidanza e all’allargamento dei diritti della donna. L’MPV protesta e attacca il diritto di scelta della donna e l’intervento dello Stato sulla vita o la morte del feto, decisione che è solo nelle mani di Dio. Secondo il Movimento, la Legge 194 nacque sull’onda di una falsificazione e manipolazione dei dati statistici. Secondo le stime nazionali, in Italia ogni anno morivano, per le conseguenze degli aborti illegale, da 20 a 25 mila donne: un autentico genocidio, una strage di donne. Secondo le stime del Movimento, in realtà le donne in età fertile morte ogni anno per qualsiasi causa non superavano le 13mila.

Il Movimento Per la Vita è federativo ed è composto da associazioni locali, i Centri Aiuto alla Vita. I CAV offrono assistenza alla donna, specialmente se a rischio di aborto, in termini di aiuto sanitario, legale, psicologico, economico e abitativo. La seconda parte di questo studio è stata dedicata ad un’indagine più diretta del Movimento e sono stati presentati i risultati di interviste poste ai volontari del Centro Aiuto alla Vita in Toscana. In particolare ad attivisti sia del centro di Firenze, luogo di “nascita” del Movimento Per la Vita a livello nazionale, sia del centro pisano, verificando come queste realtà convivono in città progressiste, e dall’altro lato sono stati intervistati volontari delle roccaforti del cattolicesimo toscano: il centro MPV di Prato, molto organizzato e radicato sul territorio, e il centro lucchese.

Come abbiamo visto, quattro Centri analizzati sono molto diversi l’uno con l’altro. Le differenze sono molto evidenti, sia nell’organizzazione, nei rapporti con l’amministrazione, la loro influenza sul territorio e per quanto riguarda l’influenza che ha il Movimento per la Vita su questi enti. Il CAV di Pisa è molto piccolo e conta sulla forza di pochi volontari, ma segue letteralmente la principale funzione ad essi designati dal Movimento: ostacolare il ricorso all’aborto. E’ molto forte nei rapporti con i medici obiettori presenti nell’ospedale cittadino, fornendo loro gestanti intenzionate ad abortire e che sono possibili da influenzare.

Il CAV di Firenze e il CAV di Prato hanno una grande storia alle spalle, dato che sono i primi due Centri nati in Toscana e in Italia. Il CAV di Lucca invece, fa parte,

dell’Associazione Cristiana per la Famiglia ONLUS, una associazione che stata creata ed è gestita dalla Diocesi lucchese e quindi distante dalle attività e azioni del Movimento. In sintesi, solo il Centro Aiuto alla Vita di Pisa e il Centro di Prato “combattono” in prima linea il ricorso all’aborto. Anche il Centro pratese ha invece una grande rete di relazioni con obiettori in ospedale, medici generici e obiettori presenti anche nei consultori. I Centri di Lucca e Firenze invece sono più orientati all’accoglienza delle gestanti, gestanti che hanno già deciso con convinzione di tenere il bambino ma che ha bisogno di sostegno economico o di beni di prima necessità per il nascituro. Vediamo infatti che lo stesso Progetto Gemma, “adozione a distanza delle gestanti”, se ne avvalgono solo il Centro pisano e pratese.

Gli stessi rapporti con l’amministrazione comunale sono ben differenti: l’amministrazione pisana non ha alcun rapporto con il Centro Aiuto alla Vita di Pisa, la stessa casa di accoglienza per madri in difficoltà, la “Casa della Giovane”, è stata data in gestione ai servizi sociali statali, collaborando con ordini religiosi femminili, escludendo lo stesso CAV. Probabilmente l’inasprimento dei rapporti tra amministrazione comunale e Centro è dato dalla troppa estremizzazione dei valori etici di quest’ultimo, visto che oltre ad ostacolare la Legge 194, sono in conflitto con lo stesso consultorio ospedaliero perché gli obiettori sono stati banditi dalla struttura, e allo stesso tempo continua una dura polemica contro gli stessi assistenti sociali, visti come “istigatori” all’aborto. Simile situazione è riscontrata a Lucca, in quanto il CAV, facente parte dell’associazione diocesana, porta avanti valori cattolici vicini più alla morale cristiana che alla “democristianità”, colore politico tradizionale dell’amministrazione lucchese.

Diversi invece sono i rapporti con l’amministrazione comunale fiorentina e pratese, in quanto i Centri Aiuto alla Vita di queste città contano sulla loro importanza storica e il loro radicamento nella società. L’amministrazione comunale fiorentina invece da sempre collabora con il Centro Aiuto alla Vita di Firenze dandogli in gestione la Casa di accoglienza “Casa e Vita”, con stretta collaborazione tra assistenti sociali statali e assistenti sociali forniti dal Movimento. Anche a Prato, il Comune il Centro collaborano a stretto contatto ed è stata concessa in gestione a ques’ultimo la casa d’accoglienza “Casa Aurora”. Lo stesso Centro è stato ristrutturato dal Comune e dalla Provincia di Prato, a dimostrazione della forte influenza ed importanza che ha nel territorio.

Il reclutamento, le risorse e i rapporti con i media sono gli stessi per tutti e quattro i Centri Aiuto alla Vita. Si cerca sostegno da parte di Diocesi, associazioni forti e contatto

stretto con giornali e TV locali per pubblicizzare i loro eventi e sensibilizzazioni. I Centri sono gestiti grazie alle donazioni fatte dai simpatizzanti e/o tramite l’8X1000.

La “subculturalità” rossa della Toscana si fa viva soprattutto nell’ambito dell’istruzione, in quanto vediamo che in tutte e quattro le città, i Centri Aiuto alla Vita trovano difficoltà ad organizzare lezioni nelle scuole: anche il Centro di Prato, da sempre il più attivo nel gestire ed ottenere progetti educativi nelle scuole, ha perso il suo primato, non realizzando alcun progetto nell’anno scolastico di questo anno. I dirigenti scolastici vedono con diffidenza i progetti sostenuti dai CAV, dando invece spazio a un’educazione sessuale più laica, volta alla prevenzione e alla tolleranza all’omosessualità e al genderismo. Progetti gestiti da cooperative che collaborano con professionisti come medici e specialisti, non da volontari che seguono una morale teologica come nel caso degli attivisti MPV.

Altra differenza la troviamo nei rapporti tra i Centri e lo stesso Movimento Per la Vita. Come già enunciato, la realtà è ben diversa da quanto descritto dallo stesso Movimento, in quanto la maggior parte dei Centri Aiuto alla Vita operano in autonomia appoggiandosi ad autorità ecclesiastiche o altre associazioni di volontariato, tenendo contatti con il Movimento solo per eventi politici-culturali e occasioni di sensibilizzazione come per esempio la Giornata Per la Vita o la Marcia per la Vita. Il rapporto, come vediamo, con i Centri storici di Firenze e Prato, anche se idilliaco non è estremamente forte come viene invece descritto dalle fonti del Movimento. Il Centro e il Movimento sono due entità diverse e che operano in maniera indipendente, ma hanno un filo sottile che li lega: il senso di appartenenza, l’identità collettiva, fatta di valori cristiani ed obiettivi comuni. Il Centro pisano ha contatti con il Movimento Per la Vita con sede a Livorno, ma sono rapporti di collaborazione sporadici. Il CAV di Lucca invece ha rapporti quasi inesistenti con il Movimento e ne polemizza la linea troppo politica che esso ha intrapreso negli ultimi anni, lontana dai valori cristiani come la carità.

In generale possiamo dire che il Movimento Per la Vita, nonostante la sua crescente importanza nel contesto italiano, in Toscana ha un ruolo debole: ha un’organizzazione fragile, in quanto i Centri sono molto autonomi e spesso sotto la diretta autorità vescovile, perdendo la “laicità”proclamata dal Movimento. Lo stretto legame con le amministrazioni comunali è dato dalla sola coesistenza e dalla possibilità, da parte delle autorità comunali, di poter usufruire di volontari nelle politiche sociali comunali.

Bibliografia:

- BAIOCCHI C., 2013, Le associazioni di volontariato, Giuffrè Editore,