4. I movimenti pro life
4.6. Gli obiettor
Con la Legge 194 vengono stabilite politiche di prevenzione da attuarsi presso i consultori familiari: purtroppo è anche ammessa la possibilità di non operare per il medico che sollevi l’obiezione di coscienza. Contro questa legge vennero avviate tre raccolte di firme per indire altrettanti referendum: una da parte dei Radicali (che ne chiedevano una modifica in senso ancor più ampio), e due da parte del Movimento per la Vita (una per un’abrogazione “minimale”, una per l’abrogazione totale). Quest’ultimo verrà poi dichiarato inammissibile dalla Corte Costituzionale126. Prima di allora, si stima che ci fossero tra le 350mila e le 450mila interruzioni di gravidanza l’anno, che in alcuni casi venivano registrate come aborti spontanei.
Come già accennato nel precedente paragrafo sui consultori, la Legge 194 è una legge che nel corso degli anni è stata aggredita e corrosa soprattutto dal suo art.9, quello che prevede la possibilità per gli operatori sanitari di sollevare obiezione di coscienza ed essere così esonerati dalle procedure abortive. Probabilmente non sarebbe stato possibile escludere la clausola di coscienza allora, cioè quando la Legge è stata approvata e i ginecologi avevano scelto di fare i ginecologi in sua assenza. Tuttavia oggi le percentuali dell’obiezione di coscienza sono gli strumenti più potenti di dissuasione127. Il diritto all’obiezione di coscienza si configura come quella facoltà attribuita al singolo, che sia destinatario di un obbligo giuridico positivo di sottrarsi dall’adempimento di tale obbligo, omettendo la condotta prescritta, per ragioni di coscienza128.
Secondo i dati presentati nell’ottobre 2013 dal Ministero della Salute, le IVG sono state 106.968, un minimo storico, il tasso di medici obiettori è in aumento. A livello nazionale risulta obiettore di coscienza all’interruzione volontaria della gravidanza il 69% dei ginecologi, il 50% degli anestesisti, il 44,7% del personale non medico e in molte città non ci sono medici disposti a praticare l’interruzione di gravidanza. Con simili numeri non deve stupire che il Comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d’Europa abbia dichiarato ricevibile il ricorso presentato contro l’Italia dalla ONG International Planned Parenthood Federation European Network, cui ha aderito la Laiga129. In particolare, tale ricorso ha censurato la mancata garanzia, da parte della Legge 194, del diritto
126 Sito di Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti: www.uaar.it
127 LALLI C., 2013, A. La verità vi prego, sull’aborto, Fandango Libri, Roma, cap. “194”.
128 SAPORITI M., 2013, Se fossero tutti obiettori? Paradossi e fraintendimenti dell’obiezione di coscienza all’aborto
in Italia, Il Mulino, p.480.
all’interruzione volontaria della gravidanza (IVG) per le donne, con conseguente violazione del diritto della protezione della salute (art.11) e del diritto a non essere discriminante, sanciti dalla Corte sociale Europea130.
L’unico onere fissato dalla Legge 194 è quello della cosiddetta “prova di coerenza”, secondo la quale l’obiezione di coscienza si ritiene revocata, con effetto immediato, se chi l’ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l’interruzione di gravidanza previsti dalla stessa legge131, al di fuori del pericolo di vita della donna.
Al giovane ginecologo, anestesista o operatore sanitario che inizi la sua professione, si profilano queste due opzioni: la scelta di non dichiararsi obiettore, a cui segue la certezza di dover dedicare un’alta percentuale (se non addirittura la totalità, stante la scarsità di personale non obiettore) della propria attività professionale allo svolgimento di interruzioni di gravidanza; oppure, la scelta di non dichiararsi coerentemente obiettore, evitando qualsiasi aggravio all’erogazione delle sue prestazioni professionali e, contemporaneamente, garantendosi a possibilità di svolgere attività senza dubbio più gratificanti e molto meno pesanti sotto il profilo emotivo132.
Obiettare o non obiettare potrebbe tradursi nell’opzione “fare o non fare carriera”, resa possibile anche grazie al mancato rispetto del divieto di obiezione della struttura sanitaria. L’aborto è un’operazione relativamente semplice, e rifiutandosi di praticarlo si resta “casualmente” disponibili per interventi più impegnativi. Se la Legge non prevedesse semplicemente che chi obietta non compie aborti, ma imponesse a sua volta un prezzo per la scelta in coscienza, le obiezioni di comodo potrebbero essere se non completamente arginate, significativamente filtrate. Invece di proporre un’indennità economica per i medici non obiettori, in ragione del carico di lavoro aggiuntivo gravante su di essi, la quale finirebbe per pesare comunque sulle casse spesso in profondo rosso della sanità pubblica, si potrebbe prevedere una soluzione a costo zero per lo Stato, ma non per i non obiettori.
I movimenti pro life cavalcano questa onda di obiettori o “falsi” obiettori che degenera in una forma legalizzata di disobbedienza civile. E’ proprio quest’ultima a mettere in
130 SAPORITI M., 2013, Se fossero tutti obiettori? Paradossi e fraintendimenti dell’obiezione di coscienza all’aborto
in Italia, Il Mulino, p.477.
131 Legge 1978/194, Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza,
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, n. 140 del 22 maggio 1978, art.9.
132 SAPORITI M., 2013, Se fossero tutti obiettori? Paradossi e fraintendimenti dell’obiezione di coscienza all’aborto
discussione, al di fuori dei metodi democraticamente permessi, scelte politiche degli organi democratici. Tutti i dissenzienti, in quanto obiettori,si limitano inoffensivamente ad esercitare un loro diritto, esentati da qualsiasi conseguenza sanzionatoria133. Inoltre è nata la A.I.G.O.C, Associazione Italiana Ginecologi e Ostetrici Cattolici: voluta da Papa Giovanni Paolo II e sostenuta dal Consiglio Pontificio per l’assistenza sanitaria pastorale, raggruppa tutti i medici obiettori. Dal 2013 è nata la “scuola itinerante”, con la volontà di andare di città in città per propagandare il loro credo.
Esistono intere zone della penisola dove abortire è una vera e propria impresa. In Italia il 69,2% dei ginecologi, il 50,4% degli anestesisti e il 42,6% del personale non medico pratica l’obiezione di coscienza (dati 2006).
Gli ultimi dati dicono che in Italia si praticano annualmente 7,2 aborti ogni mille donne tra i 15 e i 49 anni: un dato molto basso, inferiore ad esempio a paesi come il Regno Unito, gli Stati Uniti e l’Australia. Il numero tra l’altro è in costante calo (meno 35% dall’anno d’introduzione della legge), mentre purtroppo aumentano le interruzioni di gravidanza tra le giovanissime: un’ulteriore riprova che in Italia manca una seria politica di informazione sulla contraccezione. In aumento anche il dato delle donne immigrate che abortiscono nelle strutture sul territorio134.
Inoltre, l’Istituto Superiore di Sanità ha confermato il calo nel numero degli aborti clandestini, ridottisi oramai a 20/25 mila l’anno e limitati, prevalentemente, all’Italia insulare e meridionale, proprio nelle zone dove maggiore è l’obiezione di coscienza.
133 SAPORITI M., 2013, Se fossero tutti obiettori? Paradossi e fraintendimenti dell’obiezione di coscienza all’aborto
in Italia, Il Mulino, p.481.
Figura 1: Mappadei ginecologi obiettori di coscienza in Italia (2014)135
La mappa mostra la densità di obiettori di coscienza nelle diverse regioni italiane. Nel meridione si trovano le regioni a più alta densità di ginecologi obiettori di coscienza. La regione con più alto numero di obiettori è il Molise con l’85,7% di medici obiettori, seguito dalla Basilicata dove gli obiettori sono l’85,2%, quindi dalla Campania con l’83,9% e dalla Sicilia con l’80,6% di obiettori.
Nel nord la provincia di Bolzano è quella in cui l’obiezione è più diffusa con l’81,3%, seguita dal Veneto con un tasso di obiezione del 76,7%. In tutto il paese la percentuale non scende mai al di sotto del 50%, tranne per la Valle d’Aosta dove gli obiettori sono il 16,7%136. Interessante da notare come la densità di obiettori di coscienza vadano di pari passo con la concentrazione dei CAV nelle regioni italiane: in Veneto troviamo 39 Centri di Aiuto per la Vita, in Lazio 20 e in Sicilia 35, dove i consultori “laici” sono quasi inesistenti.
Nonostante la Corte Costituzionale il 20 giugno 2012 sia tornata a pronunciarsi sulla costituzionalità della Legge 194 e abbia motivato che spetta solo alla donna la decisione di abortire, le iniziative per distorcere le procedure della Legge proseguono anche nei consultori. Dopo Lazio e Piemonte anche in Veneto è stata approvata la proposta
135 INTERNAZIONALE, Gli obiettori di coscienza in Italia, una mappa, 12 marzo 2014. 136 Ibidem.
d’iniziativa popolare per “Regolamentare le iniziative mirate ad informare su alternative all’aborto”: i volontari dei Movimenti pro life possono entrare nei consultori, nei reparti di ginecologia ed ostetricia, nelle sale d’aspetto e negli atri degli ospedali.
Nel testo della legge è scomparsa la parola “donna” sostituita con quella di “madre”e la parola “bambino” ha sostituito la parola feto. Nella redazione del testo emerge una decisione già presa a dispetto della scelta delle donne137. La legge stabilisce che “i volontari prevedano forme di aiuto in sintonia con i dettami della legge stessa che prevede ogni tentativo di dissuasione alla pratica d’interruzione volontaria della gravidanza”. Ma la Legge 194 non prevede la formula “ogni tentativo di dissuasione”.
Il Tribunale di Spoleto aveva infatti pretestuosamente sollevato una questione di illegittimità costituzionale, della legge, portando a proprio sostegno una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo138. Contro l'eventualità di un'ulteriore ferita ai diritti
delle donne è nato sulla rete il movimento #save194. La Consulta ha poi dichiarato "manifestamente inammissibile" la richiesta del tribunale. A difendere la legge sono rimaste alcune associazioni storiche come l’UDI (Unione Donne Italiane) o come l’Aied (Associazione italiana per l’educazione demografica), la Consulta di Bioetica, la Luca Coscioni, la Laiga e l’Aduc (associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori). Ma, essendo l’Italia uno stato facente parte dell’Unione Europea (insieme ad altre nazioni più evolute su queste tematiche), oltre certi limiti le ingerenze vaticane non possono spingersi.
Per il numero elevato di medici obiettori, l’Italia è stata ripresa dal consiglio d’Europa l’8 marzo 2014: “a causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza, l’Italia viola i diritti delle donne che, alle condizioni prescritte dalla Legge 194 del 1978, intendono interrompere la gravidanza”, ha dichiarato il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa, rispondendo ad un ricorso presentato nel novembre 2012 dall’International Planned Parenthood Federation european network (Ippfen) in collaborazione con Laiga.
Alcune agenzie ONU lavorano perché l’interruzione di gravidanza sia riconosciuta come diritto umano fondamentale139. Gruppi di pressione operano intensamente a livello di
137 IL FATTO QUOTIDIANO, Somma N., Legge 194, l’ultima offensiva: movimenti antiabortisti nei consultori, 20
luglio 2012.
138 Sito di Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti: www.uaar.it
139 CASINI C., 2009, Possibili cambiamenti della legge sull’aborto: la riforma dei consultori familiari, “Studia
organismi internazionali e all’interno di conferenze promosse dall’ONU. Fino ad ora i loro sforzi in questa direzione non hanno avuto successo, tuttavia queste lobby sono riuscite ad imporre un mutamento di linguaggio per cui la “salute riproduttiva” comprenderebbe “l’aborto sicuro”, che, considerato come problema sanitario, dovrebbe essere promosso ovunque, particolarmente nei paesi del terzo mondo140.
Per quanto riguarda la Toscana, Prato risulta in controtendenza rispetto al resto della Regione: nel 2012 il numero degli obiettori negli ospedali toscani toccava quota 33% secondo i dati regionali, a Prato era intorno al 40%. Nel dettaglio, su 21 ginecologi in servizio all’ospedale Santo Stefano, 9 sono obiettori di coscienza. Ma ci sono anche gli anestesisti e il personale paramedico. Nel primo caso, la metà ha optato per l’obiezione di coscienza (17 su 34), una scelta che ha riguardato 20 su 62 infermieri. Per quanto riguarda i consultori pratesi, se nel distretto Prato Ovest su tre ginecologi uno è obiettore, ai consultori di Vaiano e Poggio a Caiano l’unico ginecologo disponibile, stando ai dati forniti dall’Asl 4, risulta obiettore di coscienza.
Prato è sempre stata maglia nera per l’alto tasso di ricorso all’aborto, pratica diffusa soprattutto tra le donne straniere (la percentuale è del 60%). Ma nel 2013 sono diminuiti i certificati di IVG rilasciati nei consultori di Prato e provincia, passando dai 423 nel 2012 ai 379 nel 2013141. Tuttavia, il numero dei certificati non necessariamente corrisponde a quello delle IVG che qui vengono praticate, perché potrebbe succedere che, in caso di liste d’attesa tali che la donna rischia di avvicinarsi troppo alla 12esima settimana (entro cui la gestazione si può interrompere), l’intervento venga eseguito fuori provincia. In questa città l’influenza del Movimento è molto marcata: i CAV hanno un rapporto diretto con gli abitanti, tanto che ogni anno vanno nelle scuole per far conoscere la cultura della vita e si occupano di inserire bambini all’asilo nido per le mamme che lavorano e non hanno possibilità di pagarsi la retta.
Molto forte è l’influenza cattolica e le pressioni psicologiche attuate nelle stesse strutture sanitarie, soprattutto per chi è costretto a lavorare fianco a fianco, ogni giorno, con medici che considerano il collega un assassino. Anche i non obiettori e i sostenitori della legge sull’aborto sostengono la vita, ma la qualità della vita, piuttosto che la sua sacralità. E qualità della vita significa non solo non avere gravidanze indesiderate, ma anche assicurare ai propri figli un’esistenza dignitosa. Secondo i movimenti pro Legge 194,
140 CASINI C., 2008, A trent’anni dalla Legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza, Edizione Cantagalli,
Siena, p.136.
bisognerebbe considerare come inizio della vita il momento in cui l’embrione “viene accettato come figlio dalla donna che lo porta in grembo”142 per evitare, se l’aborto viene negato, l’aborto clandestino.
4.7. RU486 E LA TOSCANA
L’interruzione di gravidanza dettata dalla Legge 194 viene denominata dal Movimento Per la Vita come “aborto di Stato”.
La stessa Legge 194 è vista dal Movimento, come volontà di “nascondere l’aborto a chiunque”, ad eccezione del personale che effettua l’intervento143. E la stessa RU486144 è
vista come la privatizzazione dell’aborto, con il significato di considerarlo un evento banale e quindi privo di significato145. La stessa Legge 194 non può limitare l’uso della RU486 e per questo si oppongono alla sua introduzione: la massima “prevenzione” è il riconoscimento del diritto alla vita del concepito, con tutte le conseguenze di carattere culturale, educativo, solidaristico nei confronti della donna, attraverso la quale la tutela del diritto alla vita deve passare146. Portano avanti inoltre effetti collaterali negativi per la stessa madre, oltre che la “morte del figlio”147, negando il fatto che l’utilizzo della stessa sia il metodo meno penoso e invasivo per la donna.
Secondo esso, la RU486 pretende di cancellare definitivamente la presenza di un essere umano: se basta bere un bicchiere d’acqua e inghiottire una pillola come un’aspirina o un analgesico, è facile auto convincersi che non c’è di mezzo un bambino la cui vita è in pericolo148. Questo è il problema più grave che il Movimento vuole contrastare: la convinzione che il feto non sia un essere umano. Inoltre, con la diffusione della RU486,
142 FLAMIGNI C., 2008, L’aborto. Storia e attualità di un problema sociale, Pendragon, Bologna, p.106.
143 CASINI C., 2008, A trent’anni dalla Legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza, Edizione Cantagalli,
Siena, p.103.
144 La RU 486 è un preparato chimico. Somministrato per via orale alla dose di 600 mg. (3 compresse) nei primi 49
giorni di gravidanza determina l’interruzione della gravidanza (aborto interno) nel 98% dei casi.
145 CASINI C., 2008, A trent’anni dalla Legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza, Edizione Cantagalli,
Siena, p.53.
146 Ivi, p.54. 147 Ivi, p.111. 148 Ivi, p.112.
diventa sempre più difficile sia per gli obiettori che per gli stessi attivisti del Movimento, ostacolare l’applicazione della Legge 194.
Anche contraccettivi come la “pillola del giorno dopo” è vista come preparato per “aborti clandestini”, perché secondo il Movimento, la donna che lo assume non può sapere se c’è stato l’aborto, dato che non sa se il rapporto sessuale sia stato fecondante149. L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha chiarito che la pillola del giorno dopo non è in grado di impedire l'annidamento dell'ovulo fecondato nell'utero, per tale motivo, tale pillola è stata catalogata come anti-ovulatorio (impedisce il rilascio dell'ovulo dalle ovaie). L'efficacia della pillola del giorno dopo dipende quindi dalla tempestività con cui viene assunta dopo il rapporto sessuale: laddove la “pillola del giorno dopo” venga assunta tardivamente, cioè a impianto dell'embrione nell'utero già avvenuto, essa non influisce in alcun modo sulla gravidanza.
Tornando alla RU486, questa sicuramente è più indolore rispetto a un aborto chirurgico, causa minori traumi e porta minori costi per il Servizio Sanitario. In Italia è stata autorizzata soltanto nel luglio 2009, quando ormai era l'ultimo paese europeo, insieme all'Irlanda, a non permetterne l'uso. Persino in Tunisia era già stata utilizzata da anni senza problemi.
La lobby vaticana, onnipresente sulla scena politica italiana, e di conseguenza i movimenti pro life, ne ha impedito a lungo la legalizzazione, nonostante i vantaggi evidenti. Un programma sperimentale, avviato presso l’ospedale “Sant’Anna” di Torino, ha trovato ostacoli sia nel Ministero che dalla Procura. Persino il giorno prima del via libera da parte del'AIFA, l’allora sottosegretario al welfare Eugenia Roccella (già presentatrice del Family Day promosso dai movimenti pro life) parlò di sedicenti rischi scientifici: rischi che la stessa scienza e l'ampia mole di dati empirici ormai disponibile a livello mondiale smentiscono abbondantemente. Come se non bastasse, come ultimo tentativo di bloccare la commercializzazione, la Commissione Sanità del Senato, con voto bipartisan, aveva stabilito di creare una commissione d'inchiesta sul farmaco. Il Vaticano ha subito parlato di “veleno letale” e di “delitto” che comporta “la scomunica” della Chiesa per chi la usa, la prescrive o partecipa a qualsiasi titolo all'iter. La vaticana Accademia della Vita, auspicò “un intervento da parte del Governo e dei ministri competenti” perché minerebbe anche alla vita delle madri ed è uguale all'aborto
149 CASINI C., 2008, A trent’anni dalla Legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza, Edizione Cantagalli,
chirurgico: un "delitto e peccato in senso morale e giuridico" e quindi comporta la scomunica latae sententiae, ovvero automatica "clandestinità legalizzata" degli aborti. Anche l'associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, che da sempre si occupa delle casa-famiglia, si dichiarò in lutto per l'approvazione della pillola abortiva, perché vista come tentativo di induzione e costrizione all’aborto. La stessa comunità, pubblicamente dichiarò che avrebbe vigilato affinché nessuna casa farmaceutica accettasse di distribuire la RU486 agli ospedali''150.
Anche il giornale Avvenire mise in campo del terrorismo psicologico sulla portata dei rischi connessi al suo utilizzo, ma i casi letali sono stati finora così pochi da essere statisticamente ben poco significativi. È del resto molto difficile che la sua introduzione possa far aumentare il numero degli aborti praticati, poiché nulla del genere è accaduto nei tanti Paesi in cui la pillola è somministrata da anni. Sempre più improrogabile è invece l’avvio di politiche mirate alla riduzione del ricorso all’aborto da parte delle donne straniere: la quasi totale assenza di campagne d’informazione fa sì che tante di esse comprino le prostaglandine, liberamente in vendita nelle farmacie italiane, usandole poi per interrompere la gravidanza (salvo poi doversi recare in numerosi casi in ospedale per le sopravvenute complicazioni.)151. La somministrazione della RU486 è prevista soltanto negli ospedali: Dal 2010 in Toscana viene somministrata in regime di day hospital, così deciso dal Consiglio Sanitario, organo tecnico della Giunta regionale. Sulla stessa linea la Commissione di bioetica, che ha espresso il suo parere contrario al ricovero ordinario, indicato dal ministero della Salute come unico regime ammissibile per dare il farmaco alle donne. Nel 2014 invece la Regione ha autorizzato la pratica anche negli ambulatori. La Toscana si smarca ancora una volta da Roma: la nostra Regione è stata la prima a usare la RU486 dopo averla importata dalla Francia, la struttura che ha aperto la strada è stata la ginecologia di Pontedera. Era la fine del 2005 e l´assessorato interpellò i professionisti per decidere le linee guida: venne indicato il ricovero ordinario di tre giorni. Malgrado questo, quasi tutte le donne a cui è stata data la pillola hanno firmato e sono tornate a casa. Sulla questione del ricovero si sono concentrate le battaglie nell´ultima fase della lunga storia dell´approvazione della Ru486 da parte dell’AIFA152.
Solo l´Emilia Romagna pratica da sempre il day hospital.
150 LA REPUBBLICA, ”Pillola abortiva, l'ira del Vaticano:"La Chiesa non resterà passiva", 31 luglio 2009.