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Configurazioni socio-storiche: Biblioteca e Monaster

La conoscenza scientifica alessandrina e l’alto Medioevo: Archimede e Carlomagno

IV.1 Configurazioni socio-storiche: Biblioteca e Monaster

L’ellenismo si fa iniziare nel 323 a. C., con la morte di Alessandro Magno. La scienza “esplose” nel corso del III secolo a. C. ed è stata detta spesso alessandrina perché ebbe il suo centro principale ad Alessandria d’Egitto. Uno dei motivi di questa supremazia fu certamente la politica dei primi Tolomei. Ad Alessandria, intorno alla fine del IV secolo a. C., lavorò ed insegnò Euclide. Nella prima metà del III secolo a. C. vissero ad Alessandria Ctesbio, fondatore della pneumatica e iniziatore della scuola dei meccanici alessandrini, ed Erofilo di Calcedonia, fondatore dell’anatomia e della fisiologia scientifiche. L’attività di Aristarco di Samo, famoso soprattutto per aver elaborato la teoria eliocentrica, risale alla stessa epoca. Ad Alessandria studiò molto probabilmente Archimede (287-212), che anche da Siracusa rimase in continuo contatto epistolare con gli scienziati alessandrini. Tra gli scienziati della seconda metà del III secolo vi fu Eratostene, che fu bibliotecario di Alessandria e che, fra l’altro, effettuò la prima vera misura delle dimensioni della Terra. Dal 212 a. C. (saccheggio di Siracusa e uccisione di Archimede) in poi i centri dell’ellenismo furono sconfitti e conquistati dai Romani. Nel corso del II secolo a. C. gli studi scientifici decaddero rapidamente. In particolare l’attività scientifica ad Alessandria cessò drammaticamente nel 144-145 a. C., quando vi fu una feroce persecuzione della classe dirigente greca da parte di Tolomeo VIII, appena salito al trono. Polibio dice che l’etnia greca della città di Alessandria ne fu quasi completamente distrutta; Ateneo dà una vivace descrizione della conseguente diaspora di intellettuali dalle città. L’“esplosione” delle teorie scientifiche si ebbe nel corso del III secolo a. C. e fu una caratteristica essenziale della civiltà ellenistica. Se nel processo di formazione del nuovo metodo si vuole individuare un punto di svolta, il miglior candidato sembra la formazione dell’impero di Alessandro168.

I Tolomei crearono ad Alessandria il Museo, cioè il primo istituto di ricerca pubblico di cui si abbia notizia169. Nel Museo a disposizione dei suoi ospiti, vi è la famosa Biblioteca. Tolomeo II Filadelfo la rifornisce non solo acquistando libri su tutti i mercati e richiedendoli agli Stati con cui ha rapporti, ma anche mediante una tassa di sua invenzione: le navi che fanno scalo ad Alessandria debbono denunciare tutti i libri che hanno a bordo e darli alla Biblioteca; in cambio ne riceveranno una copia. Allo stesso tempo si organizza la redazione di molti libri nuovi, soprattutto traduzioni di opere straniere. In qualche decennio la Biblioteca arriva a contenere circa mezzo milione di libri. Una sezione staccata della Biblioteca, il Serapeo, era a disposizione del pubblico: arrivò a contenerne, nel III secolo a. C., 42.800. Tra gli studi promossi dai Tolomei avevano notevole rilievo quelli scientifici e tecnologici, come è mostrato dalla presenza tra gli studiosi alessandrini di personalità come Euclide, Ctesibio, Eratostene e Apollonio di Perga e dai contatti con Alessandria mantenuti da tutti gli scienziati dell’epoca. Una stato ellenistico con dei sovrani interessati a una “politica della scienza” è il piccolo stato di Pergamo. Gli Attalidi vi organizzarono una biblioteca che era seconda solo a quella di Alessandria.

168 Russo, Lucio (2008), op. cit., pp. 27-29.

169 L’Accademia e il Liceo di Atene, che per molti altri aspetti anticipano il Museo di Alessandria, erano

La politica culturale assorbiva notevoli risorse economiche. Per molti dei libri redatti per la Biblioteca di Alessandria fu organizzata la traduzione in greco di testi stranieri chiamando dai Paesi d’origine gruppi di esperti bilingui. La natura dell’interesse dei sovrani ellenistici per la cultura è bene illustrata dalla “guerra della carta” tra i Tolomei e il regno di Pergamo: Tolomeo II Filadelfo, per bloccare lo sviluppo della biblioteca rivale di Pergamo, interruppe l’esportazione di papiro dall’Egitto170. Questa decisione, più che dovuta alla gelosia di un bibliofilo per un rivale, appare il tentativo di riservare al proprio stato un prodotto considerato di importanza strategica. Evidentemente l’interesse dei sovrani ellenistici per la cultura non era dovuto a liberalità, ma all’aver individuato nella conoscenza una sorgente essenziale di potere. Le iniziative culturali finanziate dallo stato, e in particolare le redazioni di libri, avevano spesso fini politici. Per esempio la traduzione in greco della Bibbia tradizionalmente nota come “Versione dei Settanta” fu allo stesso tempo uno strumento e un effetto della politica dei Tolomei di assimilazione della importante comunità ebraica di Alessandria.

Come s’è detto, gli studi ad Alessandria furono tragicamente interrotti dalle persecuzioni di Tolomeo VIII nel 145 a. C.; fu conservata la Biblioteca, che costituì il principale elemento di continuità tra il periodo aureo e la ripresa avvenuta in età imperiale. Dopo la persecuzione la penuria di intellettuali fu tale che a capo della Biblioteca fu posto un certo Cida, cioè un ufficiale dei lancieri, come sappiamo da un papiro. Si capisce facilmente come questa situazione avesse creato in epoca imperiale quella dipendenza passiva dai testi scritti che sarà ancora più grave in seguito e che a volte viene retrodatata al periodo aureo della scienza alessandrina, confondendo due climi culturali profondamente diversi. Le lunghe guerre tra Roma e gli stati ellenistici costituirono probabilmente un ostacolo serio all’attività scientifica. Abbiamo già ricordato il saccheggio di Siracusa del 212 a. C. e l’uccisione di Archimede. In diverse città intere popolazioni furono ridotte in schiavitù. La fase decisiva delle guerre si concluse nel 146 a. C., anno in cui furono rase al suolo Cartagine e Corinto. L’anno successivo - come si è visto - fu il re Tolomeo VIII a incaricarsi di eliminare la comunità greca di Alessandria. Quella dei Romani del III o II secolo a. C. non era certo la civiltà di Virgilio e di Orazio. La raffinata cultura di alcuni intellettuali romani fu resa possibile proprio dal continuo contatto con la civiltà ellenistica attraverso i Greci deportati come schiavi e i libri e le opere d’arte depredati. Occorsero però per questo diverse generazioni. Le circostanze nelle quali giunse a Roma il primo quadro ellenistico sono riferite da Plinio. Con la distruzione di Corinto nel 146 a. C. i Romani si erano impadroniti di molte opere d’arte, che misero all’asta. Per un quadro del pittore Aristide il re di Pergamo offrì una cifra così alta che il generale romano Lucio Mummio si impadronì del quadro e lo portò a Roma pensando che dovesse trattarsi di un oggetto con poteri magici. Una cinquantina d’anni più tardi l’incivilimento dei Romani aveva già fatto notevoli passi avanti, come dimostrato, per esempio, dal senatoconsulto del 97 a. C. che abolì i sacrifici umani. Dalla metà del II secolo a. C. non esistevano quasi più centri culturali ellenistici. Per qualche tempo aveva svolto un ruolo importante Rodi, ma il suo ruolo economico nel II secolo a. C. fu drasticamente ridimensionato dai Romani, che finirono col saccheggiarla nel 43 a. C.. le guerre si conclusero infine nel 30 a. C. con la conquista di Alessandria, che completò l’incorporazione di tutto il mondo mediterraneo nel dominio di Roma171.

La politica culturale dei sovrani ellenistici favoriva certo più di quella romana la ricerca e l’innovazione tecnologica (e in effetti in epoca romana abbiamo ben poche novità tecnologiche), ma la diffusione quantitativa della tecnologia già nota richiede strumenti

170 Come è ben noto, la risposta del regno di Pergamo non fu la rinunzia ai libri, ma il perfezionamento di

quel materiale di scrittura che da allora prese il nome di pergamena.

diversi dalla ricerca. Un lungo periodo di pace, accompagnato da una pesante pressione fiscale, potrebbe aver fornito un incentivo ad aumentare la produzione, usando tutte le risorse tecnologiche disponibili, ben più efficace dell’istituzione di un Museo. I Romani, privilegiando gli strumenti giuridici e militari del dominio su quelli tecnologici ed economici, erano disinteressati alla scienza, ma non rifiutavano certamente i benefici della ricchezza e della tecnologia: pensavano però che fosse compito degli individui inferiori ingegnarsi a procurarli e quello dell’aristocrazia goderli. Il sistema romano risolse bene il problema di acquisire e controllare tecnici competenti, ma non quello di formarli. Si trattava evidentemente di un sistema basato sullo sfruttamento di province in cui, indipendentemente dal potere centrale, sopravviveva una tradizione culturale scientifica e tecnologica. Al crollo del sistema politico di Roma si accompagnò il crollo culturale, economico e tecnologico dell’Occidente. Nell’VIII secolo il più grande matematico veniva considerato Beda il Venerabile: nel suo lavoro più impegnativo egli descrive un metodo per rappresentare i numeri con gesti delle mani. Molti sapevano farlo ancora fino a dieci, ma Beda, usando una specie di alfabeto per sordomuti, riesce ad arrivare un po’ più in là. Quando il più grande “matematico” vivente in Europa è a questo livello la vita urbana vi è già scomparsa172.

Nei primi quattro secoli del cristianesimo l’impero romano fu un colosso geografico, che si estendeva dall’Oceano Atlantico alla Persia e dalla Britannia alle sponde meridionali del mediterraneo. Entro i confini di questo mondo greco-romano nacque e si diffuse il cristianesimo. La sua nascita e il suo sviluppo avvennero in un periodo di grandi trasformazioni religiose e di crescita economica. Il cristianesimo, nei primi duecento anni della sua esistenza, fu una religione non molto più visibile e avvertibile di numerose altre religioni e culti misterici che avevano attirato l’attenzione a ogni livello della società. Il senso di conforto che i pagani traevano dalla loro fede nei tradizionali dèi omerici e romani delle loro religioni di Stato stava scomparendo. I nuovi culti, che prendevano a poco a poco il posto delle antiche divinità, non solo si scambiavano reciprocamente idee e riti, ma erano arrivati ad avere in comune alcune credenze fondamentali. Il mondo era il male, ed era destinato a finire. Gli esseri umani, peccatori per natura, potevano aspirare all’eterna felicità solo se si fossero allontanati dalle cose del mondo e avessero coltivato quelle dell’eterno regno dello spirito. Oltre a praticare vari gradi di ascetismo, molti di quei culti credevano in un dio redentore che sarebbe morto per elargire - dopo la sua morte - la vita eterna ai suoi fedeli seguaci. Anche le scuole filosofiche dell’epoca, come il neoplatonismo e il neopitagorismo, furono influenzate da queste correnti popolari. Alcune arrivarono a svolgere il ruolo di una vera e propria religione, cercando di guidare i loro adepti verso la salvezza e l’unione con Dio, ricorrendo anche alla magia per conseguire i loro scopi. Alla secolare e impersonale adorazione degli dèi tradizionali si sostituì il desiderio di unico dio personale, signore del mondo, con il quale fosse possibile istituire un rapporto intimo e personale. Alcuni aspetti della diffusione del cristianesimo e del suo atteggiamento verso il più ampio mondo romano che lo circondava influenzarono il successivo sviluppo della scienza, e hanno quindi un’ importanza centrale. Un aspetto notevole della diffusione del cristianesimo fu la sua lentezza. Il cristianesimo cominciò a diffondersi al di fuori della Terrasanta e della regione circostante dopo i viaggi di predicazione di San Paolo nelle terre dei Gentili, e soprattutto in Grecia, intorno alla metà del I secolo d. C. il cristianesimo non fu realmente presente in tutto l’impero romano prima dell’anno 300 d. C.; e solo nel 313 fu promulgato da Costantino l’Editto di Milano, che conferì al cristianesimo la piena uguaglianza con tutte le altre religioni nei territori dell’impero. Nel 392 l’imperatore Teodosio non solo ordinò la chiusura dei templi pagani,

ma mise al bando il paganesimo, che fu equiparato - da allora in poi - al tradimento. Dunque soltanto nel 392, alla fine del secolo IV, il cristianesimo diventò l’unica religione ammessa e sostenuta dallo Stato. C’erano voluti quasi quattro secoli perché il cristianesimo arrivasse a trionfare. Il cristianesimo (al contrario dell’Islam) si propagò con lentezza e, ad eccezione di alcuni periodi di persecuzione, in modo relativamente pacifico. Questa sua lenta infiltrazione permise al cristianesimo di adeguarsi al mondo pagano che lo circondava e di prepararsi, in tal modo, a un ruolo che non era stato previsto dai suoi primi seguaci173.

Già i primi autori cristiani (tra cui Basilio, Sant’Ambrogio, Sant’Agostino), pur subordinando la scienza e lo studio della natura alle esigenze religiose, mostrarono spesso un interesse per la natura che andava ben oltre il carattere sussidiario abitualmente riservato al suo studio.

I rapporti fra il primo cristianesimo e la scienza e la filosofia greca sono dunque importanti per lo sviluppo della conoscenza scientifica perché la separazione fra Stato e Chiesa (quanto meno in via di principio) e - circostanza ancor più significativa - il compromesso con la scienza e la filosofia greca, consentirono e facilitarono un ampio e intenso studio della filosofia naturale del tardo medioevo. L’emergere della filosofia nel quadro del sistema universitario del Medioevo di cultura latina rese possibili gli sviluppi rivoluzionari della scienza nel XVI e XVII secolo.

Uno dei motivi della sostanziale pacifica convivenza tra Stato e Chiesa fu in parte dovuta ad una convinzione dei cristiani: persuasi dal fatto che il Regno dei Cieli fosse imminente, rivolsero scarsa attenzione al mondo che li circondava. Cercavano generalmente d’assolvere i loro doveri verso lo Stato nella misura in cui non erano in conflitto con le loro convinzioni religiose174. Fin dall’inizio, i cristiani riconobbero lo Stato come qualcosa di distinto dalla Chiesa, anche se, in seguito alla crescente centralizzazione della Chiesa cattolica romana, vari papi cercarono di dominare i numerosi Stati esistenti in Europa. Essi si consideravano come due spade, benché - troppo spesso - le due spade fossero puntate l’una contro l’altra. Tuttavia la Chiesa anche quand’affermava la sua supremazia sullo Stato, non tentò mai di creare una teocrazia attribuendo a vescovi e sacerdoti funzioni di governo laiche. La tradizione statale romana, entro la quale si sviluppò il cristianesimo, e la mancanza - nella Bibbia - di espliciti riferimenti testuali a sostegno dello Stato teocratico, costituiscono dei potenti ostacoli alle sfrenate ambizioni di grandezza del papato, e soprattutto resero improbabile l’imposizione di uno Stato teocratico. Chiesa e Stato, pur non essendo, nel Medioevo così rigidamente separati, ma anzi interagendo spesso tra di loro, erano, tuttavia, delle entità indipendenti.

Per comprendere quale fosse lo stato della scienza all’inizio di questo periodo, è essenziale delineare per sommi capi i principali avvenimenti che trasformarono l’impero romano. Nei primi due secoli del cristianesimo, dal principato di Augusto alla morte di Marco Aurelio, i Romani controllarono un vasto impero nel quale due erano le lingue dominanti. In Occidente i Romani riuscirono ad imporre, com’è normale, una cultura fondamentalmente romana, nella quale la lingua latina fungeva da generale mezzo di comunicazione. Nella parte orientale dell’impero, che coincideva in larga misura con l’antico mondo ellenistico nato sulla scia delle conquiste di Alessandro il Grande (Grecia, Asia minore, Siria, Persia, Palestina ed Egitto) la lingua comune era il greco. A partire da Diocleziano (284-305), l’impero romano fu diviso amministrativamente in due parti, l’orientale e l’occidentale, secondo un discrimine che rifletteva sostanzialmente la divisione linguistica fra regioni di lingua greca e regioni di lingua latina. La linea degli

173 Grant, Edward (2001), Le origini medievali della scienza moderna, Einaudi, Torino, pp. 8-10.

174 Quest’atteggiamento è esemplificato nella significativa frase di Gesù: “Date a Cesare quel che è di Cesare,

imperatori d’Occidente ebbe fine nel 476, con la deposizione di Romolo Augustolo. Ma anche quando, dopo il 476, furono creati in Occidente degli Stati germanici, l’impero fu sempre ritenuto integro, e i sovrani di stirpe germanica riconobbero spesso l’impero assumendo o accettando il titolo onorifico di consoli. Questa situazione si protrasse fino a quando Carlomagno fu incoronato “Imperatore del Sacro Romano Impero” da Papa Leone III il 25 dicembre dell’800, dando così inizio alla lunga storia del Sacro Romano Impero nell’Europa occidentale. All’epoca dell’incoronazione di Carlomagno, l’Europa occidentale aveva da lungo tempo cessato di essere, di fatto, parte dell’impero romano. In Oriente, invece, gli imperatori romani regnarono in modo continuativo, dalla fondazione di Costantinopoli per opera di Costantino, fino alla caduta della città nella mani dei turchi più di mille anni dopo, nel 1453, anno nel quale l’impero romano cessò definitivamente di esistere. Benché il latino fosse la lingua dei romani, e la potenza militare romana avesse creato un vasto impero, la lingua della cultura nell’impero romano fu il greco. In questo senso, Atene conquistò Roma. I romani di lingua latina che avevano ambizioni intellettuali, imparavano il greco, e alcuni andavano in Grecia per istruirsi175.

A partire dal IV secolo le invasioni barbariche - come si è visto - avevano provocato, nell’Impero Romano d’Occidente, distruzioni materiali e infine anche una grave instabilità politica; ma fu l’irruzione degli invasori islamici nell’Impero d’Oriente, nel VII secolo, ad infliggere il colpo più grave alla cultura dell’Occidente cristiano. Con la conquista di molta parte dell’Impero d’Oriente da parte degli arabi, il principale deposito della cultura greca rimase per secoli inaccessibile agli studiosi occidentali a causa dell’intolleranza e del sospetto reciproco delle opposti fedi religiose176.

Due avvenimenti negativi, infatti, giocarono un ruolo fondamentale nella genesi dell’Europa tra il VII e il XIV secolo. Un’identità religiosa si forma anche, o comunque si consolida, all’interno di un conflitto, di un’opposizione. È l’altro, soprattutto se avversario o nemico, a creare l’identità. Nel caso della cristianità occidentale, i poli che si contrapposero ad essa, furono due. In primo luogo Bisanzio. In secondo, l’Islam. Nel secondo l’opposizione sfociò sovente in conflitti a carattere militare. Tre altri cambiamenti e innovazioni contribuirono alla omogeneizzazione di un nuovo estremo Occidente. Il primo, di carattere economico, è la ruralizzazione di un mondo che era stato fortemente urbanizzato dai romani. Si lasciano andare distrutte strade, officine, magazzini, sistemi di irrigazione, colture. Si assiste ad un regresso tecnico che colpisce in particolare la pietra, che cede il posto ad un nuovo impiego del legno come materiale di costruzione. Il riflusso della popolazione urbana verso le campagne non colma però il vuoto determinato dalla crisi demografica. Al posto della città, urbs, si impone la villa, la grande proprietà che diventa la cellula economica e sociale fondamentale. L’unità di popolamento e di sfruttamento della terra diventa il manso, molto variabile per superficie ma in genere modesto, sufficiente per sostentare una sola famiglia. L’economia monetaria arretra lasciando spazio a una maggiore diffusione del baratto. Il commercio a lungo raggio quasi scompare, con l’eccezione delle materie indispensabili, come ad esempio il sale. Due ulteriori elementi che uniformarono il mondo barbarizzato sono di ordine politico e giuridico. Al vertice delle nuovi formazioni politiche compaiono dei re - detestati dal mondo romano - che non sono altro che dei semplici capi-tribù, dei reucci, anche se la

175 Ivi, pp. 20-21.

176 Tutto quel che riuscì a fare fu di conservare le compilazioni di dati e le interpretazioni elaborate dagli

enciclopedisti. Se si riuscì a conservare tanto nonostante il graduale collasso dell’organizzazione politica e della struttura sociale dell’Impero Romano sotto l’urto prima di Goti, Vandali e Franchi, e poi, nel IX secolo, dei Normanni, fu grazie alla comparsa dei monasteri e delle loro scuole nell’Europa Occidentale a cominciare dall’abbazia di Montecassino fondata da San Benedetto nel 529. L’esistenza di questi centri consentì il temporaneo risveglio della cultura in Irlanda, nel VI e nel VII secolo, in Nortumbria ai tempi di Beda, e nell’impero di Carlomagno nel IX secolo.

regalità conoscerà un luminoso avvenire in Europa. Le leggi emanate da questi re ebbero uno spiccato carattere barbarico. Si tratte di liste di tariffe, di ammende, di punizioni in denaro o corporali, che colpiscono crimini e delitti, e variano secondo l’etnia e il rango dei colpevoli177. Queste leggi, sono molto grossolane. Questa legislazione barbarica, fiorita sulle rovine del diritto romano, consentì nonostante tutto ad un’Europa del diritto di sopravvivere nell’alto Medioevo178.

I caratteri fondamentali della cultura occidentale dell’alto Medioevo, riflettono diversi mutamenti sociali. L’assottigliarsi delle classi medie si riscontra nel campo della cultura,