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Configurazioni socio-storiche: Città e Università

La conoscenza scientifica nel basso Medioevo: la Rinascita del XII secolo

V.1 Configurazioni socio-storiche: Città e Università

Tra il secolo XI e il XIII, nell’Occidente cristiano avviene una rivoluzione economica e sociale, di cui lo sviluppo urbano è il sintomo più lampante, e la divisione del lavoro l’aspetto più importante. Nuovi mestieri nascono o si sviluppano, nuove categorie professionali appaiono o prendono corpo, gruppi socio-professionali nuovi, forti del loro numero, del loro ruolo, reclamano e conquistano una stima, ossia un prestigio adeguati alla loro forza. Essi vogliono essere considerati e ci riescono. Il tempo del disprezzo è finito. Dal XII secolo avverrà una trasformazione dello schema tripartito della società in schemi più complessi, adattati alla differenziazione crescente delle strutture economiche e sociali, sotto l’effetto della crescente divisione del lavoro. In questa evoluzione capitale, si deve ricordare il ruolo essenziale dell’evoluzione tecnica ed economica che inizia intorno all’anno Mille e si afferma in quantità e in qualità nel secolo XII. La ripresa del grande commercio, il progresso delle città, garantiti dal progresso agricolo e demografico, e di conseguenza la specializzazione del lavoro in mestieri, hanno prodotto una mobilità sociale che conduce ad una trasformazione dell’habitus psichico. Ormai l’uomo sfugge alla massa confusa nella quale era immerso. Ma non è ancora giunto il tempo dell’individuo, creazione del mondo moderno, del Rinascimento. Questa tappa fondamentale definita come Rinascita del XII secolo, non è, in realtà, che una tappa intermedia. La coscienza di sé che ogni uomo acquista, proviene dallo stato al quale appartiene, dal gruppo professionale di cui fa parte, dal mestiere che esercita e di cui è membro. Il processo di individualizzazione si opera in seno a un più vasto processo di socializzazione. E siccome questa presa di coscienza non può essere che religiosa, essa si presenta come una vocazione. Ma questa presa di coscienza non è possibile se non attraverso un differente atteggiamento nei confronti del lavoro. Alla svolta tra il secolo XI e XII si delinea tale cambiamento. Comincia a riformularsi il confronto tra vita attiva e vita contemplativa. Alla concezione del lavoro-penitenza si sostituisce l’idea del lavoro, mezzo positivo di salvezza. Dietro questa spinta di un nuovo mondo monastico, traspare la pressione delle nuove categorie professionali - mercanti, artigiani, lavoratori preoccupati di trovare sul piano religioso la giustificazione delle loro attività, della loro vocazione, l’affermazione della loro dignità e la certezza della loro salvezza, non già malgrado, ma grazie alla loro professione217. Vi è una permanenza e perfino un rafforzamento della concezione unitaria della società cristiana, fondamentale, del resto, affinché le nuove categorie socio-professionali ricevano un diritto alla vocazione. Ma il corpus cristiano si struttura a partire dalla funzione, dal mestiere, dalla professione. Il corpus non è più composto di ordini come nella società sacrale dell’alto Medioevo, ma di “stati” tra i quali può esserci, e c’è effettivamente, una gerarchia, ma una gerarchia orizzontale, non verticale218.

L’Europa si incarnerà essenzialmente nelle città. Sarà qui che si realizzeranno i più importanti intrecci di popolazioni, qui si affermeranno nuove istituzioni, compariranno nuove forme economiche e intellettuali. Il secondo successo riguarda il rinnovamento del

217 All’inizio del secolo XIII il tempo dei santi lavoratori sta già cedendo il posto ai lavoratori santi. 218 Le Goff, Jacques (2000), op. cit., pp. 59-145.

commercio e la crescita dei mercanti219, con tutti i problemi che pone il diffondersi dell’impiego del denaro nell’economia e nella società. Nella cristianità si mantenne una pace relativa. Al di là dell’episodio militare delle crociate, che non è altro che un fenomeno epico esterno all’Europa, nella cristianità si intensifica un commercio pacifico. Il trasporto medievale per eccellenza fu quello marittimo, nonostante la paura che il mare ispira agli uomini del Medioevo, mondo di mostri biblici e di naufragi, simbolo di pericolo e di tribolazioni. In mezzo a queste paure nasce nel Medioevo un’Europa del mare. I progressi furono lenti, ma decisivi. Nel XIII secolo si realizzarono progressi dovuti alla diffusione del timone fissato alla poppa, della vela latina, della bussola e della cartografia. Il terzo successo è quello del sapere, che riguarda un numero crescente di cristiani grazie alla creazione di scuole urbane corrispondenti a quelle che oggi noi chiameremmo insegnamento primario e secondario. L’importanza di questa attività scolastica varia a seconda delle regioni e delle città, ma coinvolge spesso il 60% dei bambini delle città e a volte anche di più. Va soprattutto sottolineata la creazione e il rapido successo di centri che noi chiameremmo di insegnamento superiore, le università, che attirano numerosi studenti con la presenza di maestri spesso rinomati e anche di valore. In questa sede si elabora un nuovo sapere, culmine delle ricerche del XII secolo, la scolastica220.

Fu nel XII secolo che, per la prima volta dalla tarda antichità, la presenza di una comunità di dotti europei si rese manifesta all’esterno dei monasteri, uno sviluppo, come quello delle università, che fu il risultato della crescente divisione del lavoro associata all’ascesa delle città. Tale comunità comprendeva un gruppo di dotti laici, generalmente medici o giuristi, dal momento che legge e medicina erano le due professioni colte secolari che trovavano accoglienza nelle università secolari e assicuravano prestigio sociale nel mondo al di fuori di esse. Si trattava di gruppi corporativi, talvolta organizzati in collegi, fortemente preoccupati di proteggere il loro monopolio di teoria e pratica contro i concorrenti abusivi. Nel Medioevo, tuttavia, la maggioranza dei docenti e degli studenti universitari erano uomini di chiesa, spesso membri di ordini religiosi, in particolare quello dei domenicani, a cui appartiene il più famoso di tutti i maestri medievali, Tommaso d’Aquino; anche i ricercatori accademici del mondo naturale come Alberto Magno e Roger Bacon erano frati. Gli studenti spesso vagavano da un’università all’altra, formando così un gruppo internazionale, consapevole delle loro diversità dai normali abitanti delle città in cui si trovavano a vivere221. Quanto ai maestri, essi appartenevano in prevalenza a quelli che noi descriviamo come filosofi e teologi “scolastici”, anche se essi non usavano questo termine222.

Rispetto ai mutamenti finora illustrati, a partire dalla fine del secolo XII si impongono due giustificazioni. La prima è la preoccupazione dell’utilità comune - nozione che spicca in primo piano con la crescita dell’economia dell’amministrazione pubblica, comunale o del principe, e che riceve la sua consacrazione dalla filosofia aristotelica. Così ricevono diritto di cittadinanza i mestieri meccanici, come quelli dell’industria tessile, dell’abbigliamento ed altri simili, che sono necessari ai bisogni degli uomini. Così, soprattutto, è giustificato il mercante, grazie al quale i prodotti introvabili in un paese vi sono portati dall’estero. La seconda è la fatica, il lavoro. Lungi dal rimanere motivo di disprezzo, segno di inferiorità, il lavoro diventa merito. L’impegno profuso giustifica non solo l’esercizio di un mestiere, ma il guadagno che ne consegue. Così si trovano ammessi i professori, i maestri delle

219 La ripresa e lo sviluppo del grande commercio nel XII e XIII secolo si sono realizzati all’interno di quella

che è stata chiamata, non senza esagerazione, una “rivoluzione commerciale”.

220 Le Goff, Jacques (2009), op. cit., pp. 127-145.

221 Burke, Peter (2002), Storia sociale della conoscenza, Il Mulino, Bologna, p. 35.

222 Questo vocabolo fu inventato in senso dispregiativo dai sostenitori del nuovo stile di curriculum

nuove scuole urbane che proliferano nel XII secolo e diverranno le università del XIII secolo. Questi nuovi insegnanti - al contrario dei monaci delle scuole monastiche - si fanno pagare il loro insegnamento, sotto forma di salari delle pubbliche autorità, di prebende ecclesiastiche speciali, o, più spesso ancora, di somme pagate dagli studenti. Questo salariato intellettuale - che viene ad ingrossare la categoria tradizionalmente disprezzata dei “mercenari” - incontra una viva opposizione che condanna la vendita della scienza, “dono di Dio che non può essere venduto”. Ma ben presto l’universitario vede la sua remunerazione giustificata dal lavoro che fornisce al servizio dei suoi studenti - salario della sua fatica, e non prezzo del suo sapere223.

L’evoluzione delle tecniche commerciali e, in particolare, l’importanza crescente delle “scritture” nel mestiere dei mercanti-banchieri determinò lo sviluppo di quella che è stata definita la cultura intellettuale del mercante. La domanda culturale di questo gruppo sociale determinò la fondazione di scuole secondarie urbane come se ne vedono a Gand già nel 1179. Fu promosso così lo sviluppo di una cultura più laica attraverso la promozione e la diffusione della scrittura, del calcolo, della geografia e delle lingue vive. Nel campo del calcolo c’è un’opera esemplare: il trattato dell’abaco, pubblicato nel 1202 da Leonardo Fibonacci, pisano. Fibonacci impara le matematiche, che gli Arabi hanno assorbito dagli indù, nell’ambiente cristiano-musulmano del commercio a Bugia, in Egitto, in Siria, in Sicilia, dove viaggia per affari. Introduce l’impiego delle cifre arabe, dello zero, innovazione capitale per la numerazione di posizione, per le operazioni con le frazioni, per il calcolo proporzionale. Alla fine del XIII secolo i mercanti hanno ottenuto due beni fondamentali che fino ad allora si escludevano l’un l’altro: un bene materiale e uno spirituale. Prima guadagnavano denaro ma così facendo si dannavano224; ora possono

tenere il proprio denaro e dopo essere rimasti più o meno a lungo in purgatorio, possono andare in paradiso225.

La necessità di adattarsi all’evoluzione economica, più precisamente alle condizioni del lavoro urbano, hanno spinto la società laica a cambiare la misura del tempo. All’ingrosso il tempo del lavoro è quello di un’economia dominata dai ritmi agrari, esenti dalla fretta, senza scrupolo di esattezza, senza preoccupazioni di produttività, e di una società a sua immagine, “sobria e pudica”, senza grandi appetiti, poco esigente, poco capace di sforzi quantitativi. Ciò che la campana del lavoro o l’utilizzazione della campana urbana per il lavoro apporta di nuovo è evidentemente, invece di un tempo “evenemenziale”, che non si manifesta se non episodicamente, eccezionalmente, un tempo regolare, normale; di fronte alle ore clericali “incerte” delle campane di chiesa, le ore “certe” dei borghesi. Tempo non del cataclisma o della festa, ma del quotidiano, rete cronologica che inquadra, racchiude e stringe la vita urbana. Le esigenze di un lavoro meglio misurato - in un secolo in cui il quantitativo fa il suo timido ingresso nelle strutture amministrative e mentali - sono dunque un fattore importante del processo di laicizzazione, di cui la scomparsa del monopolio delle campane di chiesa per la misura del tempo è certamente un segno essenziale. La campana del lavoro, spinta certamente da corde, cioè a mano, non presenta nessuna innovazione tecnica. Ora il progresso decisivo verso le “ore certe” è evidentemente l’invenzione e la diffusione dell’orologio meccanico, del sistema a scappamento, che promuove infine l’ora in senso matematico, come la ventiquattresima parte della giornata226. Senza dubbio, proprio il secolo XIV supera questa tappa essenziale. Il principio dell’invenzione è acquisito alla fine del XIII secolo, il secondo quarto del

223 Le Goff, Jacques (2000), op. cit., p. 62.

224 Lo si può vedere nella scultura romanica in cui la borsa che il mercante porta al collo lo trascina facendolo

cadere nell’inferno.

225 Le Goff, Jacques (2009), op. cit., pp. 149-150. 226 Le Goff, Jacques (2000), op. cit., pp. 27-34.

secolo successivo ne vede l’applicazione in quegli orologi urbani, la cui area geografica è appunto quelle delle grandi zone urbane227.

Dato il peso avuto dall’università per lo sviluppo della scienza occidentale, una descrizione della struttura, del funzionamento e delle condizioni socio-storiche che ne hanno permesso l’affermazione è di fondamentale importanza. Le università nacquero come un prodotto delle trasformazioni della società e della vita intellettuale avvenute nell’Occidente europeo nel secolo XII. L’Europa altamente feudalizzata dei secoli VII e VIII subì - come si è già notato -, nel secolo XI, delle radicali trasformazioni. Alla fine del secolo XI e nel XII, le condizioni politiche migliorarono sensibilmente, per opera soprattutto dei signori feudali di lingua francese che crearono governi relativamente stabili in Normandia e in Inghilterra, in Sicilia e in Italia meridionale, nella Spagna e nel Portogallo. La forza e l’energia di un’Europa rivitalizzata fu dimostrata anche dalla riconquista della Spagna, che era già in corso alla fine del secolo XI. La garanzia di una maggiore sicurezza fece rinascere l’economia europea, e il tenore di vita aumentò in tutti gli strati sociali. Ciò produsse significativi miglioramenti dell’agricoltura, e in particolare l’avvento dell’aratro pesante, tirato non più dal bue, ma da cavallo. Questa sostituzione fu resa possibile dall’introduzione del ferro di cavallo inchiodato allo zoccolo dell’animale e dall’adozione dei finimenti col collare, che resero il cavallo molto più efficiente del bue per il lavoro sui campi. Non meno significativa fu la sostituzione, nelle colture agricole, del sistema della rotazione a due campi con il sistema della rotazione a tre campi, che contribuì anch’essa ad aumentare la produzione di alimenti. L’accresciuta produzione di derrate alimentari permise un notevole incremento della popolazione, che, a sua volta, rese possibile un’espansione delle piccole come delle grandi città. L’incremento della popolazione rese, infine, necessaria la costruzione di centinaia di nuovi centri urbani. Gli europei cominciarono a colonizzare terre che prima erano spopolate o poco popolate, oppure si spinsero verso est, contro gli slavi, come fecero i Tedeschi nei loro trasferimenti al di là dell’Elba. Nei Paesi Bassi ebbe inizio persino la bonifica di terre strappate al mare. Gli europei erano in pieno movimento, e vi furono numerose e importanti migrazioni. Molte città nuove furono popolate da uomini liberi, spesso ex servi fuggiti in città nella speranza di una vita migliore. Alla fine del secolo XII, gli scambi commerciali e le manifatture avevano raggiunto, in Europa, un livello probabilmente più alto di quello che avevano conseguito in seno all’impero romano nel periodo del suo apogeo. Fra i secoli IX e XII, l’Europa subì una completa trasformazione: stava nascendo un’economia monetaria. Erano in vista cambiamenti anche di natura politica. Le lotte tra le piccole e le grandi città, da un lato, e fra le autorità laiche ed ecclesiastiche dall’altro, erano continue. Le popolazioni urbane tendevano sempre più all’autogoverno e lottavano per liberarsi dai gravami fiscali loro imposti dalla nobiltà ereditaria. Si sviluppò l’idea del Comune, con i diritti di cittadinanza ad esso associati. Le città europee, per accrescere il loro potere e tutelare i loro diritti, trovarono conveniente schierarsi dalla parte di papi, re, imperatori, o di principi indipendenti. In tal modo diventarono una forza potente nella vita economica, politica, religiosa e culturale del continente europeo. Si può certo dire che l’urbanizzazione fornì una matrice essenziale entro la quale le università poterono svilupparsi e fiorire; ma di per sé, l’urbanizzazione non garantiva che quel processo avrebbe avuto effettivamente luogo. Anche se l’Occidente latino derivò la sua scienza e la sua filosofia naturale dai greci e dagli arabi, l’università fu una sua creazione autonoma nata dalle particolari condizioni esistenti in Occidente nel XII secolo. In seguito allo sviluppo della vita commerciale nei centri urbani, coloro che praticavano lo stesso

227 Non bisogna comunque esagerare la portata di queste innovazioni. Com’è noto, non vi sarà unificazione

del tempo prima dl secolo XIX, con la rivoluzione industriale, la rivoluzione dei trasporti (gli orari ferroviari impongono l’ora unificata) e l’istituzione di fusi orari. Per approfondimenti, vedi qui VII Capitolo.

commercio o lo stesso mestiere avevano ritenuto opportuno, se non necessario, proteggere i propri interessi organizzandosi in gilde o corporazioni. Gli uomini di legge dettero di frequente a questo tipo di organizzazione il nome di universitas (“totalità”), nel senso che la corporazione rappresentava tutti coloro che legittimamente praticavano un determinato mestiere o un determinato commercio. Gli insegnanti e gli studenti costituivano una parte vitale della società del secolo XII. Essi crearono importanti scuole nelle varie cattedrali dell’Europa occidentale, soprattutto a Parigi, Chartres e Orléans. Studenti e insegnanti si muovevano abitualmente da una scuola all’altra: gli studenti andavano in cerca dell’insegnante più adatto, i docenti cercavano di attrarre un numero di studenti sufficiente a garantir loro un’idonea remunerazione. Gli insegnanti e gli studenti erano, di solito, stranieri nelle città in cui insegnavano e studiavano, e non godevano, quindi, di alcun diritto e privilegio. Operando individualmente, si trovavano in condizioni di inferiorità di fronte alle autorità municipali, statali ed ecclesiastiche con le quali dovevano negoziare le condizioni di insegnamento. A Parigi ed in altre città, i docenti e gli studenti compresero i vantaggi dell’associazionismo e videro nelle universitas commerciale o di mestiere il modello su cui basare la loro organizzazione. Alla fine del XII secolo esistevano già, di fatto, alcune organizzazioni di insegnanti, di studenti, o di entrambe le categorie, ognuna delle quali era chiamata con il nome di universitas. Come enti collettivi, le varie gilde medievali godettero di importanti privilegi monopolistici. Le università non fecero eccezione alla regola, ottenendo uno speciale trattamento dalle autorità laiche ed ecclesiastiche che cercarono di incoraggiarne lo sviluppo. Ogni facoltà aveva giurisdizione sulle proprie questioni interne, e aveva quindi il diritto di giudicare i meriti degli insegnanti e degli studenti che entravano a farne parte. L’università, con la facoltà e gli studenti che la costituivano, aveva giuridicamente il diritto di negoziare un’ampia serie di questioni con le autorità esterne che controllavano le varie sfere governative e religiose in cui essa era inserita. Esistevano anche dei privilegi attinenti allo

status delle persone. Ai membri delle universitas erano attribuiti alcuni fondamentali

diritti, il più importante dei quali, appunto, era lo status clericale. Benché, per lo più, i maestri e gli studenti non fossero stati ordinati sacerdoti né avessero preso gli ordini religiosi, lo status clericale conferiva loro gli stessi diritti del clero. Aggredire uno studente o un insegnante mentre era in viaggio equivaleva ad aggredire un sacerdote, e il colpevole era punito con pene molto severe. Lo status clericale consentiva inoltre agli studenti arrestati dalle autorità civili di chiedere che il processo venisse celebrato dinanzi ai tribunali ecclesiastici, i quali erano di solito più indulgenti dei tribunali civili. Permetteva anche agli studenti e ai loro maestri di ricevere dalla Chiesa dei benefici ecclesiastici, e di goderne i frutti mentre portavano avanti le loro regolari attività universitarie. Oltre a questi privilegi individuali, un importante diritto collettivo consentiva alle università di sospendere le lezioni, e persino di abbandonare le rispettive città di residenza, qualora avessero ritenuto che i loro diritti erano stati violati. Era questa un’importante arma economica contro le città nelle quali le università avevano la loro sede. Questi privilegi fecero delle università una potente istituzione, e la misero in grado di esercitare una notevole influenza nell’ambito della società medievale. Nel 1200 erano già fiorenti le università di Bologna, Parigi e Oxford, nate probabilmente in quest’ordine. È certo che la nascita delle università fu intimamente legata al nuovo sapere trasmesso dalle traduzioni in lingua latina eseguite nel corso del secolo XII. Le università furono lo strumento istituzionale per mezzo del quale l’Europa occidentale organizzò, assorbì ed ampliò la grande massa delle nuove conoscenze, creando e diffondendo un comune patrimonio intellettuale a beneficio delle nuove generazioni228.

Il nuovo interesse per la natura e per il suo operato spinse a ricercare e a studiare con grande zelo gli scritti degli antichi Greci, molti dei quali erano accessibili solo in traduzione araba. Al patrimonio della cultura greca vanno perciò aggiunti i contributi di numerosi studiosi islamici: un gruppo comprendente non solo musulmani, ma anche cristiani ed ebrei, tutti accomunati dall’uso della lingua araba. Le opere di questi scienziati, filosofi naturali e medici erano in gran parte sconosciute agli studiosi europei