• Non ci sono risultati.

Confronto finale La convenienza del realismo

Due economie della conoscenza a confronto (o della razionalità del realismo)

9. Confronto finale La convenienza del realismo

Quanto è realmente bizzarro o paradossale questo risultato di non-unanimità paretiana della scelta epistemica? Quale “economia della conoscenza”, tra realismo e costruttivismo comunitarista, ha più da perdere, filosoficamente, dalla scoperta che, come per la scelta politico-economica, anche per quella epistemica, funzioni di scelta pubblica non-dittatoriali e liberal-paretiane sono logicamente impossibili?

Invero, per un realista, che si tratti di scegliere tra l’ipotesi astronomica per cui il sistema solare ha 9 pianeti, e quelle per cui ne avrebbe 12 o 8, o tra i preparati omeopatici e le più avanzate terapie antivirali per un’efficace cura dell’AIDS, non sarà certo un’unanime “funzione pubblica” a determinare una libera scelta realmente epistemica, ma le reali scoperte di nuove proprietà dei corpi celesti o di tragici reperti epidemiologici. L’impossibilità di Arrow-Sen è, in ogni caso, innocua per il realista, perché se egli volesse “scegliere epi- stemicamente”, tra Bellarmino, Galileo e Keplero, non conterebbe nulla per lui (secondo un noto esempio), se il primo avesse o no il diritto di opporre il proprio fondamentalismo alla teoria di Galileo. Altrimenti, questa scelta sa- rebbe, come pensava Rorty, alla stregua della «questione […] tra Kerensky e Lenin, o tra la Royal Academy […] e Bloomsbury56», una mera questione di gusti. Mentre, di contro, tra tutti e tre, Keplero e Galileo furono i soli real-

mente in fertile scambio epistemico tra loro. Che la funzione di scelta pare-

tiana crei equilibri di ordinamenti preferenziali determinanti, a loro volta, consensi tanto unanimi quanto dispotici è, come si è visto, una ben dimostrata verità logica. Quel che, perciò, si può paventare è che nicchie di mercato epi- stemico (le cui preferenze più sensibili all’unanimità culturale potrebbero de- cidere della validità stessa d’una teoria), finiscano, col tempo, per affermarsi. Aggregandosi tramite intersezione insiemistica, queste nicchie potrebbero, a propria volta, imporre dittature epistemiche à la Sen, sotto forma di opinion-

governance, mass-mediadiche, ideologiche, accademiche o religiose. Questo,

forse, è il prezzo relativistico57, che i comunitaristi devono pagare, per affer- mare che l’oggettività «non consiste nell’obbedienza a standard che gli epi- stemologi auspicherebbero di codificare ma, piuttosto, in una partecipazione di dare-avere a un progetto sociale cooperativo58» o che essa, come disse Peirce, è «ciò in cui, presto o tardi, alla fine si risolveranno le informazioni e il ragionamento», poiché «l’opinione sulla quale, fatalmente tutti coloro che indagano si troveranno in definitiva d’accordo è ciò che intendiamo per verità, e l’oggetto rappresentato in questa opinione è il reale59». Questa visione si nutre, infatti, d’un sincero, e sperequato, ottimismo economico verso la di- spersione distributiva della conoscenza (crescente, per Hayek in proporzione

diretta ai tentativi di ridurla), e verso un suo, ancor più improbabile, riequili-

brio.

Il realista, pertanto, accetterà sempre la clausola 1 del teorema di Arrow, rifiutando scientificamente e culturalmente ogni forma istituzionale o non di

56 Rorty (1979, trad. it. 251).

57 Ben denunciato da Boghossian (2006, cap. 6). 58 Rorty introduzione italiana a Sellars (1956: 4). 59 Peirce (1878, trad. it. 391).

monopolio epistemico, perché, da Galileo in poi, rifiutare i principia autoric-

tatis è tra i “primi comandamenti” del realismo. Questo rifiuto delle dittature

scientifico-culturali, non negoziabile dal realista post-galileiano (diversa- mente da quello scolastico), permette di accogliere, ma solo provvisoria-

mente, anche le clausole 2, 3, 4 di Arrow, nell’analisi di ogni singolo

problema. Adottando un provvisorio e settoriale pluralismo, implicito in pro- cessi euristici di competizione per la scoperta e l’innovazione, contro un re-

lativismo epistemico perenne, il realista rende, così, socialmente trasparente

alle comunità di ricerca l’esercizio metodologico della sua funzione di scelta, a patto che dare, prima o poi, risposte fattive ad ogni singolo problema ri- manga il vero fine della ricerca stessa.

Il realista non potrà accettare, invece, la clausola 5 (indipendenza dalle

alternative irrilevanti) di Arrow, per non trascurare l’ordine reale in cui gli

eventi da selezionare come fatti salienti vanno presentandosi alla sua ricerca. Nessuna opzione, infatti, risulta irrilevante, per chi, in stato di serendipity (apertura euristica all’imprevisto) è pronto a fare scoperte inattese60; pertanto il realista non riterrà un paradosso, per la scelta epistemica, il risultato di Con- dorcet. Il ritmo diacronico delle scoperte, anzi, può spiegare perché i risultati della ricerca, di là da ogni finalismo storico, abbiano sempre dietro di sé un “sentiero storico-causale” o path-dependence61, utile per capire come essi siano apparsi proprio in dati momenti e modi, nonostante il “cieco” avanzare per prove ed errori della ricerca. Diversamente da chi vede nella realtà qual- cosa di «non necessariamente indipendente dal pensiero in generale, ma solo da ciò che voi, o io, o un qualsivoglia numero finito di uomini può pensare di essa62», il realismo oggettivo non può promettere scelte epistemiche che siano finali e al contempo libere come quelle di partenza, perché ad essere auto- noma da qualsiasi preferenza doxastica in generale è solo la realtà.

Il realismo è, in effetti, una tesi di “auto-inerzia causale”. Come il moto inerziale di un corpo può cambiare solo per mezzo di altre forze esterne, così un fatto reale può ricollocarsi nello “spazio logico delle ragioni” solo per l’in- tervento causale di altri, nuovi, fatti reali. Le ragioni concettuali non possono, simmetricamente, essere parimenti autonome dalla realtà esterna, almeno non nella conoscenza reale, poiché anch’essa, in quanto reale, è causalmente inerte solo a fatti reali; altrimenti non sarebbe neppure una risorsa.

Le leggi naturali; il fatto che esistano da prima della comparsa del loro, forse unico, descrittore intelligente, che n’è, in gran parte, un frutto evolutivo;

60 Merton & Barber (1992). 61 North (2005, trad. it. 33-44, 109). 62 Peirce (1878: 391).

le loro forme matematiche: tutte queste “cose”, per il realista sono esternalità ontologiche, e sono perciò dei trade off, libere, cioè, dalle leggi e dai costi del mercato di un “dare e chiedere” ragioni; fino alla scoperta di nuove, opposte, esternalità.

Per i comunitaristi, invece, ciò che garantisce alla conoscenza di essere esercitata in base ad una sorta di laissez-faire epistemico, è ciò che J.McDowell ha ben definito (criticandola) la “certezza della fine della ri- cerca”, vale a dire: «uno stato di cose in cui la ricerca, compresa la meta- ricerca sulle credenziali di ciò stesso che attualmente passa per ricerca, non sarebbe più necessaria63». Questo limite ideale garantirebbe il valore dell’in- vestimento comune di tutte le generazioni, nella free pursuit of Knowledge, poiché la “realtà costruttivistica” è autonoma solo dai processi mentali d’ogni individuo, ma non dalla pensabilità concettuale d’una COMUNITÀ ideale e sto-

rica. Affinità, queste, con l’idealismo hegeliano che, per Sellars e lo stesso McDowell, finiscono per essere programmatiche64. La funzione di scelta epi- stemica comunitarista deve, così, attuare sempre ogni clausola (1-5) di Arrow, perché soddisfare un processo liberal-comunitario di ricerca è l’essenza della sua agenda filosofica: un’idea fiduciosa nelle virtù autoregolative del mercato epistemico, che ipso facto non ammette alcuna esternalità e, per il quale, “realtà” è solo un concetto inter alia, totalmente parte del trading (logico) dello spazio delle ragioni. La fine della ricerca, come una sorta di “mano in- visibile hayekiana”, dovrebbe avere, così, l’omologo dell’equilibrio ottimale della COMUNITÀ di ricerca, nell’esito finale dell’unanime scelta epistemica.

Come previsto da Sen, però, tale unanimità è impossibile. Perciò, il co- munitarista coerente non ha molte scelte: qualcosa, nel suo “mercato”, dovrà fungere, prima o poi, da limite reale (e perciò da “esternalità”) allo spazio logico o storico del dare-chiedere ragioni. L’homo œpistemicus comunitarista è, altrimenti, destinato ad essere un inconsapevole – fintantoché internista – suddito del dittatore del settore di ricerca di turno, oppure, viceversa, il ditta- tore epistemico a là Sen dello stesso settore. Quest’ultimo caso avrebbe dav- vero del paradossale per questo homo œpistemicus, dal momento che, da un lato, in quanto internista, egli negherà l’autonomia della realtà dal “pensiero in generale” della sua COMUNITÀ, seguendo Peirce, Sellars e Rorty, dall’altro,

e ideo tempore, egli, in quanto dittatore epistemico, non potrà non compor- tarsi come l’oracolo di quel che è stato chiamato, in una nota parodia dell’esternismo, il punto di vista dell’occhio di Dio65.

63 McDowell (1994, L.2, §8).

64 Ibidem. L.4; Sellars (1956, §§ 1, 20). 65 Putnam (1981, capitolo 1).

La morale della favola epistemologica del coleottero vede, così, l’opera- tore realista (curioso di sapere cos’ha realmente “in scatola”) accettare un pluralismo epistemico provvisorio, che vigerà fino all’apertura delle scatole, e il comunitarista (desideroso di giocare ad libitum al gioco linguistico del coleottero) favorire un vincitore fisso del gioco, nel tentativo, utopico, di far vincere tutti.

L’economia realista si rivela, così, e a priori, la più coerente e conve- niente, nonché la più “in attivo” delle due, perché stimando l’esistenza di esternalità oggettive, diversamente dalla rivale, non avrà mai bisogno, “in barba al rasoio” di Ockam, di moltiplicare i suoi enti teorici oltre necessità, postulando “limiti ideali”, o paventando “Miti del Dato”. «Quando ho esau- rito le giustificazioni arrivo allo strato di roccia – scrive Wittgenstein – e la mia vanga si piega. Allora sono disposto a dire: “Ecco, agisco proprio così”»66. Ai limiti ideali, uno “strato di roccia” sarà sempre preferibile come “punto di arrivo” di una ricerca criticamente libera.

Bibliografia

Arrow, K. J. (1951), Social Choices and Individual Values, New York (Scelte sociali e valori individuali, trad. it., Milano, Etas, 2003).

Arrow, K. J. (1984), The Economics of Information, Cambridge (MA), Har- vard.

Bacon, F. (1620) Novum Organum, London (“Aforismi sull’interpretazione della natura”, in Novum Organum I, trad. it., Roma-Bari, Laterza, 1968, 72–3).

Bloor, D. (1994), La dimensione sociale della conoscenza, Milano, Cortina, 7.

Boghossian, P. (2006), “Fear of Knowledge”, in Against Relativism and Con-

structivism, Oxford, Oxford University Press, Cap. 2.

Brandom, R. (2000), Articulating Reasons: An Introductions to Inferential-

ism, Cambridge (MA), Harvard University Press.

De Caritat-Condorcet, N. (1785), Essay sur l’application del’analyse à la pro- babilité de la decision rendues à la pluralite des voix, Paris.

Damasio, A. R. (1994), Descartes’ Error: Emotion, Reason, and the Human Brain, New York, Grosset/Putnam.

Enderton, H. (1972), A Mathematical Introduction to Logic, Orlando, Acca- demic Press.

Foray, D. (2000), L’èconomie de la connaissance, Paris, La Découverte. Galeotti, A. E. (1988), “Individuale e collettivo”, in L’individualismo meto-

dologico nella teoria politica, Milano, Mondadori.

Gettier, E. L. (1963), “Is Justified True Belief Knowledge?” in Analysis, 23, 121-23.

Gibson, J. J. (1979), An Echological Approach to the Visual Perception, New York, Accademic Press.

Goldman, A. I. (1970), “A Theory of Action”, Princeton (NJ), e in Philoso-

phical Applications of Cognitive Science, Boulder, 1993 (Applicazioni

filosofiche della scienza cognitiva, trad. it. di M. Riccucci, Bologna, Il Mulino, 1996).

Guala, F. (2006), Filosofia dell’economia, Bologna, Il Mulino, 2006.

Hayek, F. A. von (1937), “Economics and Knowledge”, in Individualism and

Economic Order, Chicago, University of Chicago Press, 1948.

Hayek,F.A.von(1952), The Sensory Order. An Inquiry into the Foundations of Theoretical Psychology, Chicago, University of Chicago Press. Hayek,F.A.von (1968), “Competition as a Discovery Procedure” in Quar-

terly Journal of Australian Economy, 5, 3.

Hayek, F. A. von (1979) Law, Legislation and Liberty, London, The Free Press of Glencoe, p. 190.

Hofstadter, D. (1979), Gödel, Escher, Bach. Un’eterna ghirlanda brillante, Milano, Adelphi, 49.

Ingrao, B., Israel, G. (1987), La mano invisibile; l’equilibrio economico nella storia della scienza, Roma-Bari, Laterza, pp. 118-19.

Jablonka, E., Lamb, M. (2005), Evolution in Four Dimension; Behavioral and Symbolic Variation in the History of Life, Boston, MIT Press (L’evolu- zione a quattro dimensioni; variazione genetica, epigenetica, comporta- mentale e simbolica, nella storia della vita, trad. it. N. Colombi, Torino, Utet, 2007).

Kahneman, D. McFadden, D. Smith V. (2005), Critica della ragione econo-

mica, di A. Motterlini (a cura di), M. Piattelli-Palmarini, Milano, Il Sag-

giatore.

Kusch, M. (1995), “Psychologism: a case study”, in the Sociology of Philo-

sophical Knowledge, London, Routledge.

Mach, E. (1883), La meccanica nel suo sviluppo storico-critico (trad. it. di A. D'Elia, Torino, Bollati-Boringhieri, 1977).

May, K. (1952), “A Set of Indipendent, Necessary and Sufficient Conditions for Simple Majority Decisions” in Econometrica, 20, pp. 680-684. Marconi, D. (2007), Per la verità; filosofia e relativismi, Torino, Einaudi. McDowell, J. (1994), Mind and World, Harvard, Harvard University Press,.

Lect 1-3.

Merton, R. K., Barber, E. G. (1992), The Travels and Adventures of Seren- dipity. A Study in Historical Semantics and Sociology of Science, Prince- ton, Princeton University Press.

Murphy, J. P. (1990), From Peirce to Davidson, Boulder, Westview Press. Nash, J. F. (1950a), “Equilibrium Point in N-person Games” in Proceedings

of the USA National Academy, 36, pp. 48–9,

Nash, J. F. (1950b), “The Bargaining Problem”, Econometrica, 18, pp.155- 62.

North, D. C. (2005), Understanding the Process of Economic Change, Prin- ceton, Princeton University Press (Capire il processo di cambiamento