I fondamenti cognitivi della matematica umana: dove cercarli?
3. Cognizione e geometria 1 Animali e bambin
3.2. Forme e mappe
In anni più recenti, alcuni nuovi studi si sono occupati di valutare le capacità anche geometriche dei Munduruku. In una prima prova, l’obiettivo è stato di valutare la comprensione intuitiva da parte dei membri di questa popolazione dei concetti di base della geometria: punti, linee, parallelismi, figure, con- gruenze e simmetrie. Per ciascuno di questi concetti, vengono loro mostrati sullo schermo di un computer sei oggetti che esemplificano tutti – fatta ecce- zione di uno – il concetto in questione (si veda la Fig. 3.2).
Fig. 3.2. Immagine sullo schermo corrispondente al concetto ‘quadrato’
Viene quindi loro chiesto di indicare quale – tra i sei che vedono sullo schermo – sia l’oggetto ‘strano’, o ‘brutto’27. I risultati mostrano che i Mun-
duruku adulti – che appartengono dunque a questa cultura isolata e non hanno studiato – non hanno alcun problema con i concetti di base concernenti la topologia, la geometria euclidea, e le figure geometriche di base; le prime
26 Hermer-Vazquez et al. (2001). 27 Dehaene et al. (2006).
difficoltà si presentano per loro nel riuscire a individuare simmetrie e pro- prietà metriche, anche se ancora riescono a rispondere al compito. Non sono invece affatto in grado di comprendere numerose trasformazioni geometriche, nelle quali si richiede di immaginare di manipolare mentalmente una forma per ottenerne un’altra, e poi di riflettere sulla natura di questo cambiamento. Questo pattern di risposte coincide con quelle date dai bambini Munduruku – che ora frequentano la scuola e parlano portoghese – nonché dai bambini ame- ricani di controllo: tutti questi soggetti sono in grado di estrarre invarianti geometriche genuine dalle forme degli oggetti che vengono loro mostrati. Questa capacità sembra essere analoga a quella di distinguere tra numerosità diverse; inoltre, gli sperimentatori sottolineano come anche qui i risultati sem- brano andare ancora una volta contro Piaget, che nella sua teoria sosteneva che nello sviluppo del bambino, si procedesse dalla topologia alla geometria proiettiva arrivando infine alla geometria euclidea28.
Tuttavia, la capacità di estrarre invarianze non sembra ancora implicare che queste invarianze possano poi essere usate per rappresentare simbolica- mente lo spazio circostante, come accade quando si costruisce o si utilizza una mappa. Con un nuovo esperimento, gli antropologi decidono di mettere nuovamente alla prova i Munduruku, valutando la loro capacità di applicare la conoscenza geometrica ‘astratta’ che hanno mostrato di possedere trasfe- rendola dalla percezione a un contesto del tutto nuovo. Voglio segnalare fin da ora che trovo tuttavia inappropriato parlare, come fanno gli sperimentatori, di conoscenza geometrica ‘astratta’ già al livello del riconoscimento di inva- rianti geometrici. Come vedremo, sosterrò che anche in questo caso come nel caso della distinzione tra numerosità, siamo ancora all’interno di un contesto percettivo dal quale non si può prescindere.
I Munduruku devono ora risolvere un problema basandosi su una mappa. Il design dell’esperimento prevede tre contenitori, in uno dei quali vi è un oggetto nascosto. Ai partecipanti viene data una mappa sulla quale è rappre- sentata la disposizione dei contenitori. Una stella indica il contenitore che na- sconde l’oggetto. Anche qui, come per l’esperimento precedente, le risposte di adulti e bambini Munduruku coincidono con quelle dei bambini americani, mentre gli americani adulti rispondono significativamente meglio. In ogni modo, secondo gli sperimentatori, il fatto che i Munduruku comprendano spontaneamente e intuitivamente concetti geometrici e mappe può farci con- cludere che un sistema di conoscenze geometriche di base, come quello per l’aritmetica elementare, è un costituente universale della mente umana.
Ricordiamo a questo proposito che già Las Casas aveva fornito un’evi- denza aneddotica a quest’affermazione, raccontando la storia di come il re del Portogallo avesse deciso di interrogare dei nativi per capire da loro se ci fos- sero altre isole nel Nuovo Mondo da esplorare (e da sfruttare)29. Il re convocò
un nativo – che non parlava portoghese – e gli fece portare dei fagioli perché li utilizzasse per costruire una mappa delle isole da dove proveniva. A questa richiesta, l’uomo, in maniera del tutto naturale e senza alcuna esitazione, col- locò a terra i fagioli in modo che rappresentassero le isole di Ispaniola, di Cuba, le Lucayas e altre ancora. Il re chiese quindi a un altro nativo lì presente di aggiungere se necessario altri fagioli per mostrare le terre che si trovavano nell’arcipelago da cui Colombo li aveva prelevati, e questo secondo abori- geno integrò la configurazione delle isole disposta dal compagno con altri fagioli – e quindi altre isole – spiegando nella sua lingua di quali isole si trat- tasse – senza che ovviamente nessuno dei portoghesi fosse in grado di capire quello che andava raccontando.
Tuttavia, è a mio avviso necessario mettere in evidenza due questioni. La prima è che nell’interpretare il comportamento dei Munduruku o dei nativi d’America nel racconto di Las Casas, bisogna far attenzione a non confondere la capacità di riconoscere invarianze spaziali o quella di utilizzare mappe con la familiarità con concetti geometrici. Al contrario, anche in questo caso è utile distinguere tra diversi livelli di competenza. Nel primo esperimento, i Munduruku mostrano di essere in grado di estrarre invarianti geometriche, nel confronto tra diverse forme; nel secondo, di sapere utilizzare i medesimi inviarianti in un compito simbolico come la comprensione di una mappa. Non c’è però ancora alcuna evidenza che essi posseggano una conoscenza geome- trica astratta. In secondo luogo, i risultati dell’esperimento mostrano che la cultura e l’educazione hanno di fatto un peso sulle risposte dei soggetti, dal momento che gli adulti americani estraggono invarianti con maggiore facilità, e sono anche più veloci sia nell’individuare trasformazioni geometriche che nell’orientarsi con una mappa. Quello che voglio suggerire è che le presta- zioni degli adulti occidentali sono migliori perché questi ultimi si sono for- mati in un percorso d’istruzione, sono immersi in una cultura che fa uso costante di artefatti cognitivi come le mappe, e infine padroneggiano una lin- gua che ha dato un nome alle diverse forme, ai diversi invarianti geometrici che sono comunque in grado di riconoscere. Tutti questi elementi non sono solo accessori, ma al contrario permettono loro di costruire un edificio più robusto sulla base delle loro intuizioni fondamentali30.
29 De las Casas (1875). 30 Newcombe & Uttal (2006).
Come nel caso dell’aritmetica, anche per quanto riguarda la geometria è per questo cruciale prendere in considerazione lo sviluppo all’interno di una comunità di pratiche complesse come quella dell’uso di mappe e di analoghi strumenti cognitivi ai quali ancora una volta demandiamo del lavoro cogni- tivo, perché ci siano da supporto per orientarci nell’ambiente che ci circonda. Da quello che si legge nell’articolo, i Munduruku, sebbene vivano in nume- rosi villaggi sparsi per la foresta tra i quali sono in grado di orientarsi senza problemi, e sebbene utilizzino utensili di vario genere, non fanno ‘tipica- mente’ uso di mappe e tantomeno si adoperano ‘spontaneamente’ per dise- gnare le loro case, i loro villaggi o l’ambiente in cui vivono. Attività come quella di tracciare un cerchio sulla sabbia per rappresentare un villaggio sono state osservate solo ‘occasionalmente’, e in ogni modo si tratta di disegni molto grossolani, che non preservano l’informazione metrica sugli angoli o le distanze tra i riferimenti come invece richiesto dall’esperimento per potersi orientare con la mappa31. Ci sembra dunque che queste informazioni siano
sufficienti per concludere che i Munduruku non hanno mai sviluppato una pratica di rappresentazione dello spazio che li circonda tramite mappe (ana- logamente a quello che abbiamo visto per i Pirahã riguardo al contare).
Di nuovo, uno sguardo alla psicologia dello sviluppo può essere rile- vante. In un esperimento recente, il medesimo test con i Munduruku è stato ripresentato a un gruppo di bambini di 4 anni. Come affermano gli sperimen- tatori, sebbene tutti gli animali siano in grado, come abbiamo visto nel para- grafo precedente, di rappresentare in qualche modo lo spazio che li circonda con il proposito di trovare strategie per orientarvisi, solo gli esseri umani sono capaci – e lo fanno spontaneamente – di integrare queste rappresentazioni mentali creando e utilizzando mappe prodotte al di fuori della loro mente32.
Il compito che i bambini devono risolvere è simile a quello proposto ai Mun- duruku, solo che in questo caso non si tratta di ritrovare un oggetto ma di sistemare un giocattolo nel luogo indicato dallo sperimentatore su una mappa. Per esempio, lo sperimentatore dice al bambino: «Questo disegno ti dice dove
si vuole sedere Ranocchietto. Ranocchietto vuole sedersi dove c’è la stella. Mi puoi indicare la stella?» ... «Bravissimo!» ... «Ora accontenta per favore Ranocchietto e mettilo lì dove si vuole sedere». Altra differenza con l’esperi-
mento condotto con i Munduruku è che ai bambini non viene detto se quello che hanno scelto sia davvero il posto dove Ranocchietto voleva sedersi.
31 Dehaene et al. (2006, 383). 32 Shusterman et al. (2008).
I risultati mostrano che i bambini sono in effetti in grado di eseguire il compito correttamente, e questo vuol dire che sviluppano molto presto e spon- taneamente la capacità di stabilire e riconoscere corrispondenze geometriche tra la disposizione di oggetti nelle tre dimensioni e una mappa bidimensio- nale. Inoltre, non hanno alcuna difficoltà a utilizzare queste corrispondenze per orientarsi. Se accettiamo questa conclusione, allora sembrerebbe che al- cune proprietà metriche estratte dall’ambiente siano elaborate e utilizzate spontaneamente anche da bambini prescolari, ai quali difatti non è stato an- cora insegnato come risolvere un problema geometrico presentato attraverso simboli. Anche in questo caso, come in quello dei Munduruku, non possiamo tuttavia ricavarne che i bambini posseggano di conseguenza una conoscenza astratta dei concetti geometrici; piuttosto, potremmo chiederci se le loro com- petenze siano già in qualche modo diverse da quelle della popolazione amaz- zonica, solo per il fatto che essi stanno crescendo in una cultura che fa un uso comune e costante di mappe.