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Le conseguenze del rapporto SEU: Il New Deal For Communities

2. Dalle teorie polarizzanti, alle politiche place-based in Europa

2.3 I livelli politici presi in considerazione

2.3.2 Le prime Area Based Initiatives e l’importanza dell’esperienza politica inglese

2.3.2.6 Le conseguenze del rapporto SEU: Il New Deal For Communities

A seguito dell’analisi prodotta dalla Social Exclusion Unit nel 1998, il governo di Blair, diede subito ascolto alle raccomandazioni contenute nel report lanciando il più esteso e costoso programma area based che l’Inghilterra avesse mai visto, il New Deal for Communities. Si trattava di un programma decennale di rinnovamento “definitivo” dei quartieri più poveri (così richiedeva anche la SEU), che ebbe inizio nel 1998 per terminare nel 2008 ed ha coinvolto 39 quartieri a “forte deprivazione” per la realizzazione di 6.900 progetti e interventi (Final report NDC vol. 7, p. 5).

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Lo spazio dei problemi. Processi di spazializzazione dei problemi sociali: il caso di Scampia Tesi di dottorato in Scienze Sociali – Indirizzo Scienze della Governance e dei Sistemi Complessi Università di Sassari

Come recita il primo testo orientativo sul programma,

As neighbourhoods and communities break down, people are denied the opportunity of decent homes, services and jobs. The New Deal for Communities aims to tackle these problems head on and to pioneer new ways of working to cut across traditional barriers (DETR 1998, p. 7).

Non trattandosi del primo programma ABIs inglese parte degli sforzi descrittivi erano incentrati nell’evidenziare i caratteri assolutamente innovativi del programma. Se difficilmente potevano rintracciarsi delle innovazioni nella dimensione del quartiere come unità di riferimento dei programmi, il governo ha deciso di puntare sull’elemento partecipativo. La comunità, da questo programma in avanti, diventerà il grande interlocutore delle nuove politiche di rigenerazione urbana. L’esaltazione della località e della comunità è rintracciabile lungo tutto il testo, assieme a quella della flessibilità di questo nuovo progetto. Se ciò in parte rispondeva ad una crescente “spinta partecipativa” (participatory turn) che coinvolgeva tutti gli stati europei, all’interno del NDC serviva per marcare costantemente le differenze rispetto alle politiche precedenti, ritenute fallimentari.

La partecipazione, per quanto effettivamente sia presente fin dai primi passi mossi dal programma, non riguarderà la selezione delle 17 local authority area in cui attuarlo, essendo invece prevista a partire dalla fase successiva, in cui veniva domandato alle autorità e alla comunità locale di individuare i quartieri in cui dar avvio ai progetti.

La selezione di queste aree per mano governativa è avvenuta seguendo due criteri: attraverso l’indice di deprivazione locale (ILD), ideato nello stesso anno e scegliendo una local authority eleggibile per ogni regione (logica delle regional quota).

Il passo successivo del programma riguardava la selezione vera e propria dei quartieri in cui implementare le azioni di sostegno.

Questa fase doveva prevedere la costruzione di Partnership locali forti, capaci, attraverso un confronto costante, di individuare un solo quartiere della loro città.

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Questo momento mirava a rendere del tutto responsabili i soggetti locali, lasciando agli organi statali una funzione di consultazione e sostegno (vi era per questo una Neighbourhood Renewal Unit), inoltre permetteva di comprendere quali e quante forze sociali vi fossero a disposizione per il programma, ancora prima di implementarlo. Solo le città che riuscivano ad organizzare una rete ampia e localmente supportata attorno ad esigenze particolari e ad un quartiere specifico venivano selezionate.

Una volta selezionate le realtà, ad esse spettava il compito di individuare il quartiere del NDC.

Nelle linee guida di questa seconda fase, lo step della selezione del quartiere NDC, viene così descritto:

The neighbourhood selected will be a matter for local consultation, discussion and decision. It need not be the most deprived neighbourhood in the district, but it should be one which suffers from the degree and intensity of problems which will benefit from the kind of highly targeted support the New Deal for Communities will provide (DETR 1998, p. 14).

Il NDC, presentato qualche pagina prima come il “new fund” di 800 milioni di sterline “to help turn round the poorest neighbourhoods”, diviene improvvisamente un programma che può essere diretto anche ad aree che non sono le più deprivate, ma le cui deprivazioni e i cui bisogni (social needs) corrispondo a quanto pensato dal programma stesso, ovvero lavoro, salute, crimine e giovani (con cui oltretutto si identifica concretamente il fenomeno dell’esclusione sociale).

Perché pensare ad un programma per i quartieri più deprivati, poveri, esclusi, per poi prevedere la possibilità che non siano per forza questi i destinatari delle azioni progettuali e dei fondi?

È plausibile che il governo, con questa indicazione, cercasse di incidere indirettamente sull’esito del NDC, provando a garantirsi almeno in parte la riuscita del programma attuandolo in quartieri in cui vi fosse già uno “slancio comunitario”. Inoltre, vi è una continua tensione tra gli obiettivi. Se da un lato si voleva ridurre il gap esistente tra parti dei nuclei urbani e lottare contro l’esclusione sociale, dall’altro la rivitalizzazione delle comunità era divenuto

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obiettivo in sé (Lowless 2006).

Ciò in parte conferma le affermazioni di Levitas circa l’ambivalenza con cui la categoria di azione politica di esclusione sociale è stata utilizzata:

While we should use the concept of social exclusion to pursue as much equality as is possible, we should remember that the political framework within which it operates is one which itself excludes the possibility of an equal society” (Levitas 1998, p. 278).

Effettivamente le conclusioni di Levitas sono ragionevoli. Il NDC non pare essere il quadro politico e programmatico in cui sviluppare dei progetti orientati all’equità sociale capaci di sradicare i fenomeni di esclusione sociale, configurandosi, semmai, come uno strumento per la rivitalizzazione o formazione di nuclei comunitari.

Al termine del programma decennale è stata aperta una fase conclusiva di valutazione in cui veniva affermata che il NDC era riuscito a migliorare le condizioni di vita dei quartieri selezionati. All’interno di questi report di valutazione, così come in alcuni articoli scientifici sul tema (Lowless 2006; Lawless et al. 2009), nulla viene detto a proposito dello sradicamento del fenomeno dell’esclusione sociale, cui, almeno a parole, il governo Labourista voleva rispondere in modo aggressivo. Inoltre, il report conclusivo sull’NDC sembra enfatizzare il successo nel “cambiamento di percezione di un luogo”, piuttosto che il cambiamento effettivo, come nota Lawless circa i fenomeni criminali (Lawless 2006). In altre parole il NDC ha rappresentato “a relatively marginal instrument in attacking social deprivation” (Oatley 2000).

2.3.2.7 Concludendo

L’esperienza Inglese, di cui ho volutamente preso in considerazione solo due momenti fondamentali per lo sviluppo delle ABIs23, è di fatto tra le più

23 Come dimostrato da Atkinson (2000, p. 211), la selezione di queste due fasi delle politiche

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importanti mai sviluppate a livello europeo.

Ciò nonostante l’Inghilterra non ha mai realmente trovato un forte consenso per le politiche ABd, equiparabile al caso francese della Politique de la Ville. I Conservatori si sono sempre opposti all’idea di un trattamento discriminatorio in positivo. È questo il motivo per cui gli anni ottanta sono stati più che altro orientati al rispristino di un “diritto comune” e a politiche maggiormente orientate all’impresa (Oatley 2000).

Diversamente la Francia, almeno a livello di coalizioni politiche, non ha mai manifestato grandi dubbi sulla validità di questo modo di concepire i problemi socio-urbani e le strategie per combatterli e gli organi istituzionali di cui si è via via munita non hanno, diversamente dal caso inglese, una validità temporanea, essendo divenuti ormai parte integrante della grammatica istituzionale24.

2.3.3 L’Unione Europea e l’ingresso del concetto di esclusione sociale in