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Tra EPAs e UAPs Ovvero i primi esperimenti di ABIs

2. Dalle teorie polarizzanti, alle politiche place-based in Europa

2.3 I livelli politici presi in considerazione

2.3.2 Le prime Area Based Initiatives e l’importanza dell’esperienza politica inglese

2.3.2.2 Tra EPAs e UAPs Ovvero i primi esperimenti di ABIs

Rompere il legame perverso che legava il destino dei bambini che abitavano le aree più deprivate delle città inglesi, le loro scuole e il loro ambiente di vita degradato, questo era l’obiettivo fondamentale stabilito da Plowden all’interno del suo rapporto sullo stato dell’educazione in Inghilterra21 e sulle possibili riforme da mettere in campo per innovare le

politiche pubbliche in materia.

La necessità di sradicare quelle «deprived areas with deprived children» (Rapporto Plowden - Children and their Primary Schools - 1967, punto 136), doveva divenire la priorità del governo. La Nazione poteva definirsi realmente tale solo se avesse ricominciato a desiderare il meglio per tutti i suoi bambini22, dal momento che il meglio universale non si era realizzato

nemmeno in conseguenza di una forte crescita economica.

Agire sulle zone urbane deprivate in una prospettiva educativa rappresentava il solo modo, secondo Plowden, per riuscire a redistribuire sul lungo periodo un’equità delle opportunità. Non è sufficiente, però, predisporre le opportunità, poiché, come si legge nel rapporto, questi bambini deprivati spesso non sanno coglierle:

But however good the opportunities, some children may not be able to take advantage of them. Failure may have taken away from them their urge to learn.

21 Per un approfondimento sul rapporto è disponibile la ristanpa di un volume uscito nel 1969

intitolato Perspectives on Plowden (RLE Edu K) Routledge Library Editions: Education

22 Questa frase è tratta dal celebre discorso del fondatore del sistema educativo inglese Sir

Henry Hadow (1931) che affermò: “What a wise and good parent will desire for his own children, a nation must desire for all children.”

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Plowden descrive con accuratezza i tratti della deprivazione minorile e ne emerge il ritratto tipo di un bambino sporco, intellettualmente arretrato, abbandonato a sé stesso, spesso caricato di enormi responsabilità che producono una “spurious maturity”, poco incline alle tradizionali forme di insegnamento preferisce modalità alternative (musica, teatro, ripetizioni etc…). Il bambino deprivato avrà un ambiente di riferimento (in particolare la casa e il quartiere) deprivante, privo di stimoli capaci di garantire una crescita intellettuale, per questo è necessario che gli insegnanti comprendano che «these children need time for play and imaginative and expressive work and may suffer later if they do not get it at school» (Rapporto Plowden 1967, punto 137c).

La scuola doveva rappresentare un presidio costante per la crescita e il benessere dei bambini. Questo discorso non valeva, però, per tutti i bambini, ma solo per quelli delle aree deprivate. È per loro la proposta di un «nationwide scheme for helping those schools and neighbourhoods in which children are most severely handicapped» (Rapporto Plowden 1967, punto 139).

La proposta per i quartieri portatori di molteplici “handicap” si potrebbe sintetizzare in due punti:

 La creazione di EPAs, educational priority areas;

 La creazione di Community school sul modello americano in aree prioritarie;

Le EPA, secondo il progetto di Plowden, dovevano rappresentare il primo tentativo di un’educazione compensativa (dall’inglese compensatory education). Uno strumento discriminatorio in positivo che mai fino ad allora fu applicato in alcun ambito politico. Ciò che si voleva compensare erano gli scarsi stimoli dell’ambiente esterno, il quartiere e la casa. La scuola, allora, doveva rappresentare il contrappeso allo svantaggio che circondava i bambini, o, per usare le parole del rapporto, “The schools must supply a compensating environment”. La scuola (i suoi finanziamenti e gli insegnamenti-insegnanti), dunque, doveva, in una certa misura, dipendere dal tipo di contesto abitativo e territoriale in cui era collocata. In altre parole la scuola doveva riuscire a

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modificare l’idea secondo cui in queste aree «there is nowhere to play and we can’t do anything without getting into trouble with somebody».

Anche il ritratto fornito dal rapporto Plowden circa la figura dell’insegnante dell’Inner city merita una particolare attenzione, perché è possibile ricavare indirettamente alcuni caratteri della “deprived area”. L’insegnante delle deprived aras, è descritta da Plowden sia come parte possibile di un sistema deprivante (a seconda delle skill of their teachers and the resources of the schools), sia come figura centrale nel processo di rivitalizzazione di queste aree urbane. Il report si sofferma, infatti, sui nuovi compiti richiesti alle insegnanti di questi territori ed è visibile una tendenza a sovrapporre il lavoro dell’insegnante con quello dell’assistente sociale:

A teacher can do much by listening and trying to understand the context of the questions the children ask. It will be much easier if he knows the child’s family and the neighbourhood surrounding his home

Il lavoro in aree deprivate viene inteso nei termini di una “sfida” (They meet special challenges scrive Plowden) che l’insegnante si trova a dover affrontare.

Infine, l’insegnante viene descritta come vittima del disagio presente nei luoghi in cui si trova a lavorare, come emerge chiaramente da questo passaggio:

Many teachers able to do a decent job in an ordinary school are defeated by these conditions. Some become dispirited by long journeys to decaying buildings to see each morning children among whom some seem to have learned only how not to learn.

Insegnare in aree deprivate equivale ad un lavoro di assistenza sociale, questo uno dei motivi giustificanti l’aumento di 120 sterline al mese sullo stipendio. Gli abitanti di queste zone vengono rappresentati come cumuli di problemi (handicapped li definiscono nel report) e per affrontarli si necessita di misure specifiche di cui l’insegnante deve farsi carico.

Anche le Community school riposano sulla stessa logica stigmatizzante per certi quartieri e i loro residenti. La proposta è piuttosto semplice, far divenire

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la scuola non solo un punto di riferimento per i ragazzi frequentanti ma anche per genitori, gli insegnanti e membri della comunità. Come? Attraverso un’estensione degli orari di apertura e la creazione di attività didattiche non convenzionali. Gli esempi riportati nel report provengono dalla realtà statunitense in particolar modo, ma anche dalle esperienze est e nord europee (Russia, Polonia e Danimarca). Essendo pensati come presidio costante in cui far convergere insegnanti, genitori e alunni, cercando di facilitare il dialogo e la conoscenza reciproca, le community school non potevano che essere specificatamente raccomandate nel caso dei quartieri deprivati:

We hope that the biggest effort to develop community schools will be made in educational priority areas.

Le sorti di questo rapporto furono quanto mai positive. Venne recepito positivamente dal consiglio. La proposta, infatti, fu prontamente accettata dal Labour Secretary of State for Education Tony Crosland e da uno dei suoi consiglieri chiave, AH Halsey, che divenne così il primo direttore nazionale del programma EPA.

Furono così create delle EPA nei principali nuclei urbani: Londra, Birmingham, Liverpool e il West Riding of Yorkshire, sono alcune delle zone in cui furono sperimentate le EPA.

Vennero concessi dei finanziamenti aggiuntivi a 130 scuole primarie (delle 3000 che Plowden aveva auspicato) per l’educazione al fine di

[To] raise the educational performance of children, improve the morale of teachers, increase the involvement of parents in their childrens’ education and to increase the “sense of responsibility” for their communities of the people living in them (Halsey 1972).

Alla luce di quanto fin qui detto, possiamo rilevare che questo programma, così come il report da cui è nato, mette in campo una concezione “culturalista” (a tratti biologista a causa del costante ricorso alle questioni genetiche presente nel report) e territorializzata della deprivazione, cui solo una nuova “cultura” del benessere poteva rispondere. Combattere la

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deprivazione era, dunque, prima di tutto una lotta educativa e non tanto economica, che si giocava attraverso una dimensione spaziale.

È stato, infatti, constatato che «many policy-makers might have a “culture of poverty” type of view on segregation (avoiding seeing the concentration of rich households as part of the problem)» (Andersson e Musterd 2005, p. 385).

Con i governi conservatori che si succedettero tra il 1979 e il 1997, di fatto, si cercò di mettere in piedi un sistema educativo che, nell’agevolare le scuole d’eccellenza penalizzando quelle inefficaci, avrebbero reso del tutto inutili le EPA così come le community school. Fu così che nel 1980 vennero abolite e si ritornò nell’ambito del diritto comune, almeno fino al 1997, anno in cui l’Inghilterra riprese ad utilizzare in modo diffuso strumenti di discriminazione positiva o educazione compensativa (le EPA divennero EAZ, educational action zones) e in cui vennero rieletti i Labouristi.