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Il conseguimento del titolo in corso: una meta per poch

Nel documento Iniziative di public engagement (pagine 114-120)

Pure per i laureati, come nel caso degli iscritti, l’osservazione del dato nell’ottica di comprendere la propensione degli studenti italiani a conclude- re il loro percorso formativo nei tempi e nei modi previsti, richiede di foca- lizzare l’attenzione su quanti conseguono il titolo in corso.

È notevole la percentuale di studenti che si laureano oltre i tempi previ- sti dai propri corsi di studio (Fig.7), specie nelle lauree di secondo livello: 86,7% nella triennale, 336% nella magistrale. Di contro, il segmento dei laureati in corso (Fig.8) costituisce, in media, un terzo del totale, con una tendenza in crescita sul decennio tra il 31,1% e il 35,5%.

Fig. 7 - Andamento dei laureati in corso e fuori corso.

Fonte: nostre elaborazioni su dati Miur, Anagrafe Nazionale Studenti (2015).

Fig. 8 - Laureati in corso nei diversi cicli.

La lettura dei trend del decennio risulta poco incoraggiante, anche se con alcuni distinguo, l’andamento dei laureati in corso scende sia nel ciclo unico (dal 39% al 26,9%) che nelle lauree magistrali (dal 51% al 48,4%). Di contro, dopo un primo quinquennio altalenante, dal 2010/11, si registra una tendenza in aumento nel numero di laureati regolari triennali che passa dal 28% al 33% nel 2013/14.

Questa inversione di tendenza al primo livello appare comunque molto confortante, specie se si considera che nel confronto europeo è il ciclo nel quale vi è maggiore necessità di recuperare il divario con il resto dei Paesi europei.

Nel dettaglio, mentre nel ciclo unico (Fig.9) l’unica tendenza in crescita si segnala nella macro-area scientifica (dal 18,2% al 22,3%), nelle lauree magistrali si riscontra nella macro-area umanistica (dal 38,9% al 44,6%). Nelle lauree triennali, le macro-aree umanistica (dal 23,9% al 31,7%) e so- ciale (dal 26,7% del 2009/2010 al 32,3% del 2013/2014) fanno da traino verso una ripresa del dato, seguite dall’area scientifica (dal 26,5% del 2011/2012 al 28,9% del 2013/2014), mentre l’area sanitaria si mantiene stabile nel decennio, con un andamento ben superiore alla media che si at- testa intorno al 61% nell’intero decennio.

Fig. 9 - Laureati in corso nelle quattro macro-aree.

Considerazioni conclusive

Il decennio appena trascorso mostra come, nonostante gli sforzi riformi- stici, la strada verso un’Università idealtipica in cui gli studenti accedono all’accademia e, nei tempi e nei modi previsti, conseguono il titolo per poi immettersi nel mercato del lavoro è ancora ardua. Questo spaccato – che si limita a fotografare sinteticamente lo stato dell’arte dall’ingresso all’uscita – non ha di certo la pretesa di poter tracciare le fondamenta per un ragio- namento più profondo, ma contribuisce a evidenziare una disaffezione ver- so l’istituzione universitaria che incide sul numero degli ingressi al primo anno, su una crescita molto contenuta di iscrizioni – che cela probabilmente il permanere delle problematiche relative agli abbandoni e alla dispersione non approfonditi in questa sede per ragioni di brevità – e su una conclusio- ne del percorso ancora molto irregolare e sottodimensionata rispetto al nu- mero di iscritti.

Un quadro che mostra come il contributo delle politiche intraprese non si riveli del tutto efficace, così come ci si potrebbe interrogare sul fatto che inseguire standard, all’interno di un sistema socio-culturale e normativo – prima ancora che accademico – differente da quello di altri Paesi, implica necessariamente la difficoltà e, forse addirittura l’impossibilità, di persegui- re determinati obiettivi. Si pensi, ad esempio, a come il fenomeno dei fuori corso – e lo stesso potrebbe dirsi per il pendolarismo dei fuori sede – sia endemico in Italia e non sia necessariamente determinato dalla scarsa vo- lontà o capacità dello studente di portare a termine il suo percorso di studi, quanto piuttosto dalla necessità di abbinare l’assiduità negli studi allo svol- gimento di attività altre (ben diverso dal concetto di alternanza studio- lavoro, così come intesa a livello europeo7). Allo stesso modo, è ben nota –

e reiteratamente dimostrata anche dagli stessi rapporti Oecd (2015) – la ca- renza degli investimenti nella formazione e il recente disinvestimento nel valore dell’Università.

A ciò si aggiunga la questione della perdita di attrattiva. Per riabilitare l’immagine dell’accademia occorre ricostruire e comunicare la reputazione, intesa come riconoscibilità legata a quello che realmente accade nell’istitu- zione universitaria, alle buone pratiche, ai servizi erogati, ai rapporti tra do- centi e studenti e a quelli tra ateneo e mercato del lavoro. Una rappresenta- 7 Caratterizzato da una forte concertazione tra tutti gli attori coinvolti a livello istitu- zionale, imprenditoriale e sindacale. Si pensi, solo per fare un esempio, al sistema duale adottato in Germania e ritenuto fra i più efficaci a livello europeo. Cfr: Eurybase-Banca dati della rete Eurydice sui sistemi educativi europei (dossier Germania): http://www.eury- dice.org.

zione realistica e certificata può sicuramente aiutare in termini di fiducia a migliorarne l’immagine (Lovari e Orsini 2005) Secondo Giuseppe De Ni- colao8, la laurea ancora oggi viene considerata una carta vincente, nono-

stante le difficoltà di assorbimento da parte del mercato, come evidenziato da AlmaLaurea9. Per chi lo consegue comunque, il titolo può assumere un

ruolo “salvagente”, in una situazione di peggioramento delle prospettive di occupazione e di reddito causato dalla crisi, in quanto costituisce una tappa strategica per la formazione del capitale umano nel nostro Paese. Un buon punto da cui ripartire e avviare campagne in favore della valorizzazione della cultura e delle risorse umane nel nostro Paese.

Riferimenti bibliografici

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8 “Più (in-)formazione e meno “sentito dire”. Tra Università e mercato del lavoro, ranking e rating, analisi scientifiche e falsi miti”, Intervista a Giuseppe De Nicolao socio fondatore dell’Associazione Roars. 20 luglio 2015, testo disponibile al sito http://www.al- malaurea.it/informa/news/2015/07/20/pi%C3%B9-formazione-e-meno-sentito-dire.

9 Secondo il Rapporto AlmaLaurea 2014 vi è stato l’allargamento della forbice occupazionale e di reddito tra laureati e non laureati (dal 2008 al 2014 il differenziale del tasso di disoccupazione tra diplomati e laureati è passato da 3,6 a 16,3 punti. Il tasso di disoccupazione è del 26,6%). Testo disponibile al sito https://www.almalaurea.it/univer- sita/occupazione/occupazione.

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