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Considerazioni conclusive Famiglia Ross

Visti sinteticamente i tratti più significativi delle due interviste mi sento di affermare che, sia i genitori sia la ragazza, stanno vivendo tutto sommato serenamente la fase adolescenziale. Certo, come affermato da entrambi i genitori e anche da Vittoria, gli alti e i bassi, tipici dell’adolescenza, si presentano anche in questa famiglia, senza destare però troppa preoccupazione. Sono infatti nella norma i litigi più frequenti, la voglia di distanziarsi progressivamente dai genitori e di conquistare una maggiore indipendenza, e questo lo sanno dapprima i genitori ma anche la figlia.

Vittoria si dimostra una ragazza tranquilla e molto matura per la sua età, lo si deduce anche da alcune affermazioni fatte, è consapevole della propria storia adottiva e delle proprie origini alle quali, visto anche il suo sogno nel cassetto, è, forse anche inconsapevolmente, legata. Il fatto che desideri così ardentemente andare in Russia non va interpretato, secondo me, come un desiderio di allontanarsi dalla famiglia adottiva, con la quale anzi ha un ottimo rapporto, piuttosto come la voglia di andare alla ricerca di una parte di se stessa che, come lei stessa ha affermato, rimarrà sempre e di aggiungere informazioni e ricordi a quella parte.

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6.2.2 La famiglia Bianchi

Passiamo ora alla seconda famiglia che si è resa disponibile ad essere intervistata. La famiglia Bianchi è composta da moglie, marito e una figlia adottiva. I coniugi Bianchi si sono approcciati al mondo delle adozioni relativamente tardi: la Signora aveva 49 anni quando ha adottato mentre il Signore 53. Vista l’età dei coniugi, come prevedibile, la minore ad essi abbinata era un po’ più grandicella della media: 9 anni (quasi 10). Il percorso adottivo intrapreso è stato internazionale con la Colombia. Attualmente la figlia Anna ha 13 anni, è quindi in Italia da poco più di tre anni, e frequenta la classe prima media.

Osserviamo ora quanto è emerso dall’intervista.

Intervista alla coppia

Prima parte: Cambiamenti e rapporto genitori-figlio

I coniugi Bianchi, parlando della figlia Anna, affermano che, ora che è entrata nell’adolescenza, si notano maggiormente cambiamenti sia a livello fisico che caratteriale. La ragazzina, che al momento ha 13 anni, a detta del padre, cerca, rispetto al passato, maggiormente il conflitto e vuole sempre aver ragione. Tutto sommato però i genitori ritengono che sia nella norma, che sia tipico della fase che sta attraversando. Secondo la madre alcuni aspetti del carattere di Anna possono essere attribuiti al fatto di essere stata adottata, anche se riguardano più il passato che il momento attuale, come ad esempio il fatto di voler parlare continuamente senza lasciare spazi di silenzio o di voler trascorrere poco tempo a casa e la signora ipotizza che siano stati delle sorte di meccanismi per placare l’ansia che inizialmente provava o per colmare dei vuoti. Attualmente, invece, Anna dimostra di voler stare spesso a casa e di starci bene, inoltre è diventata anche più ragionevole nei discorsi e i genitori le affidano maggiori responsabilità nella gestione delle proprie cose e degli impegni. Altro aspetto interessante, che riguarda però il primo anno dopo l’arrivo in Italia e, quindi, non l’adolescenza nello specifico, è il fatto che Anna volesse sempre fare le faccende domestiche quasi a dover dimostrare ai nuovi genitori di essere all’altezza delle loro aspettative. A tal proposito la signora dice che, quando Anna voleva pulire casa, lei insisteva per fare qualcos’altro, voleva che vivesse serenamente la sua infanzia senza dover dimostrare niente a nessuno.

Per quanto riguarda il rapporto genitori-figlia il padre ammette che, ultimamente, per lui è diventato più difficile gestire i conflitti forse a causa della furbizia e della velocità della figlia

186 nel rispondere a qualsiasi affermazione, magari anche per provocazione, e questo a volte lo infastidisce. La madre dice di essere più paziente e ragionevole cercando di dialogare con la figlia, di interessarsi a lei ed alle cose che fa nell’arco della giornata e di coinvolgerla sempre nelle cose. Comunque entrambi i genitori si dicono fortunati perché Anna mostra di voler trascorrere il tempo con loro e in famiglia, piuttosto che uscire con i coetanei e dedicarsi ad altre cose.

Alla domanda “Cosa significa per voi essere genitori di figli adolescenti adottati?” il padre ammette di sentirsi una grossa responsabilità, forse anche dovuta all’età e al fatto di aver vissuto per tanti anni solo con la moglie e quindi aver sempre preso decisioni solo per sé, ora invece c’è una figlia e i genitori devono essere una guida per lei, e questa è una grande responsabilità. Sostiene però che le problematiche di un adolescente sono le stesse di un adottato, a meno che non abbia vissuto traumi profondi, ma questo non è il caso di Anna. Crede quindi che le paure provate da un genitore adottivo siano le stesse di un genitore naturale. Continua dicendo che la figlia non ha mostrato particolari segnali di disagio e quindi pensa stia attraversando un periodo normale: “…Una fase della vita che passano tutti”. La madre dichiara che il primo anno con la figlia non è stato semplice e si dice dispiaciuta per non essersi potuta godere l’infanzia di Anna (visto che è arrivata in Italia all’età di 9 anni). Ora che la figlia sta crescendo la madre afferma: “Sto impiegando molte energie per far sì che

non faccia degli sbagli”.

I genitori cercano di affrontare questo momento di transizione che la figlia sta vivendo con serenità, utilizzando come strategia il dialogo e il confronto ma anche stando attenti a cosa succede intorno alla figlia e a leggere i segnali da lei inviati, comprenderla e parlarne sempre insieme.

Seconda parte: La scuola e le relazioni con i coetanei

Per quanto riguarda il tema della scuola i genitori hanno fatto una breve premessa dicendo che in Colombia Anna non aveva mai frequentato una scuola quindi, una volta arrivata in Italia, si è reso necessario dapprima un insegnamento privato, svolto inizialmente dalla madre e in un secondo tempo da un’insegnante privata, per poi passare all’inserimento scolastico vero e proprio. È stato ritenuto opportuno inserire Anna in terza elementare, nonostante l’età, proprio perché non aveva avuto scolarizzazione fino a quel momento. Attualmente la ragazzina frequenta la prima media di un istituto privato e il pomeriggio partecipa allo studio assistito, quindi, passa gran parte della sua giornata a scuola.

187 presenta alcune difficoltà di attenzione e concentrazione durante le lezioni, forse perché non è stata abituata alla scuola fin da piccola come i suoi coetanei, o nello studio e nei ragionamenti quando le vengono fatte richieste più articolate e complesse, e questo per lei alle volte è motivo di frustrazione. Tuttavia l’impegno e la volontà che dimostra a scuola e nello studio è sicuramente positivo a detta degli insegnanti. Questi aspetti sono sempre stati presenti fin dai primi anni e si protraggono tuttora quindi non vi sono stati significativi cambiamenti con il passaggio all’adolescenza.

I genitori si ritengono fortunati per quanto riguarda i docenti, sia delle elementari sia quelli attuali, in quanto si sono dimostrati attenti e sensibili nonché preparati sul tema dell’adozione, specialmente nel primo anno scolastico di Anna. Il padre afferma però che, a suo parere, le attenzioni in più che possono venir date agli studenti adottati prima o poi, con il tempo, debbano venire a mancare, per non fare differenziazioni.

Passando poi al rapporto con i coetanei la coppia afferma che la figlia è ben integrata nel gruppo classe e riesce facilmente a fare amicizia perché molto socievole. In passato, nei primi anni di scuola, tendeva ad entrare in competizione e a volte in conflitto con gli altri bambini, ma questo aspetto sta andando scomparendo con la crescita. I genitori affermano che, nonostante la facilità di Anna nel fare amicizia, non ha dei legami forti cioè delle amiche del cuore a cui è particolarmente affezionata e, vista l’età, lo trovano un po’ strano. Certo ha altre amicizie, conosciute alle attività parrocchiali o sportive, però nessuno con cui abbia un legame profondo di amicizia. I genitori conoscono altre famiglie adottive per questo Anna diverse volte è a contatto con ragazzini adottati. Per la madre è positivo che Anna frequenti coetanei della sua età a prescindere che siano adottati o meno, per lei è importante che socializzi e crei legami con gli altri.

Terza parte: Le origini e l’identità etnica

Successivamente abbiamo trattato il delicato tema delle origini e della doppia appartenenza di Anna. I genitori sostengono, vista l’età a cui è stata adottata la figlia, che la situazione sia diversa rispetto a un bambino più piccolo in quanto il tempo trascorso nel Paese d’origine è superiore rispetto alla media e sono maggiori anche i ricordi della famiglie e dei luoghi in cui si è vissuto. Comunque la madre dice che Anna ha sempre parlato apertamente con loro raccontandogli i ricordi che aveva che, a detta dei genitori, a volte sfociavano nella fantasia piuttosto che nella realtà. Comunque l’argomento è sempre stato trattato in famiglia e spesso Anna diceva di voler tornare in Colombia a trovare i suoi genitori, quindi, a suo tempo, le era stato spiegato che al momento non era possibili, forse in futuro sì, ma non è detto che i

188 suoi genitori biologici siano ancora lì. Comunque è diverso tempo che la ragazza non parla dell’argomento e, secondo i genitori, vive le sue origini con serenità. Solamente appena arrivata in Italia, qualche volta, capitava che dicesse la frase: “Io ho il sangue di mia madre” riferito al fatto che provava interesse per diversi bambini e diceva che era colpa del sangue della madre che si comportava così a sua volta. I genitori allora le hanno spiegato che non è una giustificazione comportarsi in un certo modo solo perché anche la madre si comportava così, ogni persona ha una propria testa per ragionare e compiere le scelte giuste. Crescendo Anna ha perso questa abitudine e parla raramente della madre, fa più riferimenti al padre e al fatto che si ubriacava.

Per tenere viva la doppia appartenenza, ovvero l’identità etnica della figlia, i genitori hanno deciso di farle studiare spagnolo, inoltre, hanno mantenuto dei termini spagnoli quando parlano fra di loro in famiglia, e frequentano altre persone di origine colombiana. I genitori vedono che la figlia vive serenamente questa doppia appartenenza e almeno per ora non si sono manifestati problemi in merito. La madre, riferito alla figlia, dice: “È come se fosse

sempre stata mia”, e sente che anche la figlia prova la stessa cosa nei loro confronti.

Per quanto riguarda parlare delle origini con qualcuno al di fuori della famiglia, i genitori, affermano che la figlia lo sta già facendo, anche troppo, a scuola, con i compagni o altre persone con cui viene a conoscenza. A volte parla dell’argomento fin con troppa facilità, così le hanno spiegato che il loro trascorso adottivo è anche qualcosa di familiare e privato e che sicuramente è giusto parlarne ma non necessariamente con tutti, magari con qualcuno di più intimo e fidato. Forse questa sua facilità nel confidare agli altri la sua storia adottiva è dovuta al fatto di voler attirare l’attenzione e la benevolenza delle persone con cui parla.

Quarta parte: I servizi

I coniugi, specialmente la signora, hanno sempre partecipato e apprezzato le iniziative organizzate dal Consultorio Familiare e le hanno trovate di grande utilità. La signora inoltre ha partecipato al corso formativo diventando così “facilitatore” dei gruppi di auto mutuo aiuto per le famiglie adottive. Afferma che ha preso parte anche ad incontri che trattavano il tema dell’adolescenza in generale quindi era interessata anche ad approfondire il tema dell’adolescenza adottiva con le specificità e difficoltà che possono presentarsi in questo periodo. Sono stati quindi la curiosità, l’interesse verso il tema e il confronto con altre famiglie a spingere la coppia a partecipare alle serate del progetto “Adozione e adolescenza: rinforzare il patto adottivo, costruire l’identità”. Per i coniugi è stato utile e interessante ascoltare specialmente le testimonianze delle altre famiglie e dei ragazzi adottivi nell’ultimo

189 incontro, ritengono inoltre che l’iniziativa del gruppo rivolto ai ragazzi sia molto valida soprattutto perché permetterà loro di esprimersi, riflettere e confrontarsi su temi che li riguardano direttamente.

I signori Bianchi si dicono soddisfatti del supporto che viene offerto alle famiglie adottive da parte dei servizi. Il signore afferma che l’iter adottivo è impegnativo e richiede molto tempo e questo può essere vissuto come una seccatura ma, una volta concluso il percorso, ci si rende conto che tutto quel tempo e quell’impegno erano necessari e non sono stati sprecati. Gli operatori sono molto preparati, professionali, disponibili nell’ascolto, nel supporto alle famiglie e nel fornire consigli, non solo per quanto concerne gli operatori del Consultorio ma anche quelli dell’Ente autorizzato e del Tribunale.

La famiglia non ha usufruito del servizio di spazio ascolto in quanto Anna è seguita, fin da quando è arrivata, da una psicologa quindi ha già un percorso avviato che prevede sia incontri singoli sia familiari.

Infine, per quanto riguarda eventuali suggerimenti nei confronti dei servizi, il padre si sente di dire di non focalizzare le iniziative solamente sugli adolescenti adottivi bensì sugli adolescenti in generale in modo che i primi non vengano “etichettati”. È importante che ci siano operatori e strutture dedicati agli adolescenti perché la sensazione di smarrimento che si vive durante l’adolescenza è un sentimento diffuso tra i ragazzi e le ragazze che siano adottati oppure no. I servizi dovrebbero quindi coinvolgere e predisporre iniziative nei confronti delle famiglie in generale e non solo quelle adottive, inoltre sarebbe opportuna una buona sensibilizzazione del tema delle problematiche adolescenziali e una comunicazione efficiente delle iniziative proposte.