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In seguito alle modifiche al Titolo V della Parte Seconda della Costituzione, l'adozione internazionale costituisce materia di competenza esclusiva dello Stato, poiché riguarda settor

2.3 Il tema delle origin

Come già sappiamo, la storia dei bambini adottivi si compone sempre di due parti: quella prima e quella dopo l'adozione.

L'opinione prevalente, in passato, era quello che vedeva l'adozione come una “seconda nascita” che azzerava la storia precedente del bambino per offrirgli una nuova vita. Si trattava, quindi, come l'inizio di una nuova esistenza, completamente scollegata da quella precedente, pertanto era consigliabile che i genitori nascondessero al bambino le proprie origini.

54 Fortunatamente l'approccio alle origini è cambiato, anche grazie all'introduzione della normativa italiana83 che prevede la possibilità, da parte del figlio adottivo, di accedere al proprio fascicolo e conoscere le proprie origini. Questa legge ha riconosciuto e rafforzato il concetto secondo il quale il passato del figlio adottivo è importante e non può, e non deve, essere cancellato.

In anni recenti, sono stati presentati, nel nostro Paese, alcuni progetti di legge favorevoli all'introduzione delle “adozioni aperte”, come avviene nei paesi di cultura anglosassone, vale a dire un'adozione che non interrompe completamente i rapporti tra famiglia d'origine e minore. Sono emerse a tal proposito due principali posizioni:

 i favorevoli sostengono l'importanza per i minore di conservare le relazioni con la famiglia di origine, in quanto la stessa può conferire un maggior senso di integrità interna ed evitare la percezione di vuoto della propria esistenza;

 i contrari affermano che mantenere i rapporti con la famiglia di origine rischia di compromettere il senso di appartenenza del bambino ai genitori adottivi e la sicurezza del ruolo di questi ultimi; inoltre potrebbero insorgere successive azioni di disturbo da parte dei familiari di origine nei confronti della famiglia adottiva e del bambino84.

Gli studi sulle “adozioni aperte” (open adoption) sono concordi nell'indicare che il mantenimento dei rapporti con la famiglia di origine rappresenta, nella maggior parte dei casi, un elemento di benessere. Allo stesso tempo però sostengono che la presenza di una distanza fisica tra il bambino ed i parenti rappresenti un elemento di rassicurazione e di tutela della relazione con i genitori adottivi. Nel nostro Paese l'adozione aperta non è stata approvata dalla legge.

2.3.1 Il senso di continuità

Conoscere la propria storia, il passato e gli eventi che l'hanno caratterizzato, comprenderne le conseguenze, sono elementi fondamentali per garantire un'adeguata e positiva crescita psicologica del soggetto ed un sano sviluppo emotivo.

La nostra struttura psichica è frutto dell'interazione e dell'integrazione delle componenti genetiche ma anche degli aspetti che derivano dalle relazioni vissute nel corso dell'esistenza. La conoscenza di queste esperienze rappresenta un ingrediente significativo perché il soggetto

83 Legge 149/2001 “Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante “Disciplina dell'adozione e dell'affidamento

dei minori” nonché al Titolo VIII del libro primo del codice civile”

55 possa avere con esse una relazione caratterizzata da equilibrio e consapevolezza.

Se conosciamo gli eventi salienti della nostra vita possiamo attribuire loro un senso ed una logica di continuità, allora siamo consapevoli di noi stessi, delle nostre caratteristiche e del ruolo che hanno avuto le persone che abbiamo conosciuto nella nostra storia (Liotti, 2005). Questo è quello che viene definito da Liotti “coscienza” e determina il nostro funzionamento psichico.

Conoscere la propria storia significa quindi integrare due diversi livelli:

• livello della conoscenza degli avvenimenti importanti e significativi della propria storia;

• livello dell'attribuzione di significato a tali eventi, specialmente se dolorosi.

Una delle questioni fondamentali che costituisce la storia di un bambino adottato, alla quale si cerca di dare un senso, è l'abbandono85.

2.3.2 Abbandono

Non è detto che tutti i bambini adottati abbiano vissuto l'esperienza dell'abbandono, numerosi, infatti, vi sono anche i casi in cui i bambini, dichiarati adottabili, non sono stati abbandonati bensì sottratti alla propria famiglia per le gravi condizioni di pregiudizio e trascuratezza in cui si trovavano. Comunemente, però, si utilizza, impropriamente, per entrambe le situazioni, seppur assai diverse, il termine “abbandono”. Comunque, qualunque sia il modo in cui è avvenuta la separazione dai genitori biologici, essa segnala una grave mancanza nelle capacità genitoriali di cura del minore.

Ogni bambino necessita di poter contare su positive e forti relazioni di attaccamento, ma ciò che è ancora più importante, è che queste relazioni siano assicurate in primo luogo dai propri genitori biologici. Nel figlio nasce l'aspettativa che siano i suoi genitori a prendersi cura di lui, con la conseguenza che, se tale aspettativa viene delusa, è inevitabile per lui chiedersi come mai questo sia successo, anche quando ha avuto altri genitori capaci di accudirlo ed amarlo. Per tale motivo i figli adottivi portano sempre dentro di sé questo quesito.

L'abbandono è un evento critico e doloroso che il bambino porterà sempre dentro: “ciò che

viene colpita è l'immagine di sé, con conseguenze importanti sull'autostima, la sicurezza, la

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capacità di tollerare frustrazioni” (Chistolini, 2010)86.

2.3.3 Sapere e capire la propria storia

Così come noi tutti abbiamo bisogno di sapere cosa ci è successo (i fatti) ma anche il perché sia successo (il significato), anche il bambino adottato necessita di fare questo passaggio della sua esperienza di abbandono.

Per quanto riguarda la “dimensione del sapere” i genitori adottivi spesso si chiedono cosa è opportuno che il figlio conosca della propria storia e in che modo affrontare l’argomento. Ogni singolo caso, naturalmente, è diverso, e differenti possono essere le informazioni in possesso dei genitori adottivi sulla storia di loro figlio, contenute nel fascicolo a loro affidato, al quale il minore potrà accedere solamente una volta raggiunta l’età stabilita per legge. Comunque, non vi sono dubbi sulla necessità di informare il bambino su quanto si conosce della sua storia e della sua famiglia di origine. Ci sono, però, spesso, storie molto tristi e traumatiche, in cui è ragionevole chiedersi quando e in che modo sia giusto parlarne al figlio. A tale proposito lo psicologo e psicoterapeuta familiare Marco Chistolini, autore del libro “La famiglia adottiva: come accompagnarla e sostenerla”, ha individuato alcuni criteri che possono aiutare i genitori in questo difficile compito:

• attinenza o coinvolgimento: criterio che fa riferimento agli avvenimenti che riguardano direttamente il bambino ovvero che sono stati vissuti direttamente da lui o sono a lui riferibili; • rilevanza: criterio riguardante la valutazione dell'importanza dei fatti accaduti;

• impatto: criterio che prende in considerazione l'effetto, diretto o indiretto, che gli eventi hanno avuto o potrebbero avere se il minore ne fosse a conoscenza;

• congruenza: criterio che sottolinea l'importanza della congruenza tra le diverse fonti informative;

• sostenibilità: criterio secondo il quale se si omette o si racconta qualcosa di diverso dalla verità, è necessario che i genitori si domandino fino a che punto la versione prescelta sia sostenibile87.

Questi criteri costituiscono solo un aiuto ai genitori, ma ciò che è realmente fondamentale è comprendere in che modo parlare al bambino della sua storia. L'autore consiglia l'utilizzo di quella che definisce “verità sostanziale” ovvero una modalità comunicativa che riferisce i fatti salienti omettendo, in base all'età, gli episodi più dolorosi, fornisce dei significati coerenti con

86 M. Chistolini, La famiglia adottiva: come accompagnarla e sostenerla, Franco Angeli, Milano 2010, pag. 93-94. 87 ibidem

57 la natura degli eventi e consente successivi approfondimenti88.

Per quanto concerne la “dimensione del capire”, è chiaro che il bambino adottato, inevitabilmente, si porrà delle domande sulla propria storia, ed avrà bisogno di comprendere il motivo di ciò che gli è successo e provare a darvi un senso.

Partendo dal presupposto che l'abbandono e le inadeguatezze genitoriali sono causati dalla mancanza di capacità nell'accudimento e dalla difficoltà di investire in modo adeguato nella relazione con il figlio, sarà importante sottolineare questo aspetto per far comprendere la propria storia al bambino, ovvero la difficoltà che i suoi genitori biologici hanno avuto dal punto di vista affettivo-relazionale nei suoi riguardi, per poi introdurre eventuali considerazioni sul contesto sociale e ambientale sfavorevole, che ha aggravato la situazione e portato i suoi genitori a lasciarlo o a non essere in grado di occuparsi di lui. Così facendo i genitori biologici verranno presentati come due persone fragili e in difficoltà, che non sono riusciti a svolgere il proprio compito, che possono comunque avergli voluto bene, ma questo non era sufficiente a farlo crescere correttamente, in tal modo il bambino non avrà una visione negativa della sua famiglia di origine e questo potrà rasserenarlo89.