Il dibattito spagnolo, diversamente da quello italiano, che ha trovato modo di esprimersi sul tema del federalismo fiscale a causa delle ultime novità legislative (al fine di dare attuazione legislativa, sia pure tardiva, all‘articolo 119 della Costituzione), parte da premesse del tutto diverse, essendo chiamato a rispondere a pulsioni nazionalistiche - e talora sovranistiche - di alcuni suoi territori, fra cui sono da ricordare il Paese Basco e la stessa Catalogna.
Come si è detto, il regime di finanziamento delle Comunità autonome spagnole risulta già stabilito nel testo costituzionale del 1978 (articoli 156, 157 e 158), rispondendo a tre fondamentali principi (uguaglianza, solidarietà interregionale, coordinamento con la finanza dello Stato), con una formulazione in gran parte mutuata dal legislatore italiano all‘atto del processo di revisione costituzionale del 2001, rinviandosi, in ogni caso, al legislatore ordinario per la relativa implementazione.
Una implementazione che, anche in Spagna come in Italia, era avvenuta in modo tardivo rispetto alla previsione costituzionale, con la Legge Organica sul Finanziamento delle Comunità Autonome, n. 8/1980.
L‘interesse maggiore dal punto di vista della comparazione con altri sistemi a regionalismo forte, come quello spagnolo, risiede soprattutto nella disciplina prevista per il Fondo di Compensazione Interterritoriale (previsto dalla Costituzione spagnola all‘articolo 158.2 e dall‘articolo 16 della LOFCA, che ne disciplina il funzionamento), mentre, per quanto riguarda l‘Ordinamento italiano, l‘articolo 119, comma 3, della Costituzione, prevede che ―la legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per territori con minore capacità fiscale per abitante‖.
In entrambe le esperienze, alla luce dei rispettivi testi costituzionali, il riparto del fondo perequativo è, in ogni caso, rimesso al legislatore ordinario197 sulla base di
197 Con le conseguenze, facilmente intuibili, legate alla precarietà delle relative maggioranze
una negoziazione – prevalentemente politica – svolta nell‘ambito della Conferenza Stato-Regioni e che pertanto risulterà, proprio per tali ragioni, difficilmente giustiziabile innanzi alla Corte Costituzionale.
Può comunque risultare utile, al riguardo, ricordare come il Tribunale Costituzionale spagnolo ha avuto modo di sottolineare finora come il Fondo compensativo costituisca un ineludibile, ancorché non esclusivo, strumento di solidarietà volto a rendere effettivo lo stesso principio solidaristico.
L‘interpretazione sistematica delle disposizioni costituzionali spagnole in materia, infatti, stabilisce la natura statale (artt. 2, 138.1, 156.1 e 158) del sistema tributario e contabile, rivestendo il fondo perequativo una mera natura ‗aggiuntiva‘.
Una lettura, quest‘ultima, che può cogliersi nella stessa previsione del novellato art. 159 della Costituzione italiana, la quale – nel disporre che le risorse derivanti dalle previsioni di cui ai commi 1 e 2 della stessa disposizione costituzionale ―consentono ai Comuni, alle province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite‖ – deve leggersi unitamente a quanto attribuito in materia alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (―sistema tributario e contabile dello Stato‖; ―perequazione delle risorse finanziarie‖) e alla competenza concorrente delle Regioni (―armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario … salva la determinazione dei principi fondamentali riservata alla legislazione dello Stato‖).
In tale quadro comparativo e di confronto con il sistema italiano, non è mancato in dottrina chi ha evidenziato198 come l‘esperienza spagnola in tema di finanziamento delle Comunità Autonome sembri ispirarsi a forme di regionalismo (anche fortemente) asimmetriche, che appaiono del tutto discutibili nel loro attentare al principio di eguaglianza e a quello solidaristico.
In tema di riforma degli statuti delle Comunità autonome in Spagna, la dottrina costituzionale spagnola199 appare molto divisa ma, più che la stessa, è proprio su uno
198 Cfr. S. GAMBINO, Regionalismi e diritti di cittadinanza. La riforma degli Statuti in Spagna ed in Italia, in
www.federalismi.it., n. 17/2008, p. 4.
199 Cfr., ex multis, R. BLANCO VALDÈS, La seconda decentralizzazione spagnola : fra riforma confederale e
dei nodi irrisolti da tali riforme che appare combattuto lo stesso Tribunal Constitucional che, dovendosi pronunciare da oltre un anno e mezzo su un conflitto sollevato dal
Defensor del pueblo relativamente a più di cento disposizioni dello Statuto catalano nel
testo approvato dalle Cortes Generales), ancora non riesce a farlo, mentre sul punto si registrano anche interventi politici di in equivoco (e, ovviamente, discusso) sostegno al testo dello Statuto catalano200.
In conclusione, se le rivendicazioni sovranistiche-confederalistiche intentate (fin qui senza successo e comunque con la presenza di un terrorismo di matrice etnica) dalla minoranza presente all‘interno del Paese Basco costituiscono una vero e proprio tentativo di fuga dall‘alveo nazionale, motivato da pretese ragioni identitarie, più pericolose, nel fondo, appaiono le decisioni relative alla negoziazione bilaterale nella disciplina della materia fiscale della Catalogna, in qualche modo ‗imposte‘ allo Stato spagnolo.
Una pretesa, quest‘ultima, che rischia di portare ad una vera e propria esplosione nazionalistica dell‘intero sistema territoriale spagnolo, senza che lo stesso Tribunale Costituzionale e la Carta costituzionale possano far molto per impedirlo. di autonomia dell‘Andalusia nel contesto della pluralità di spazi costituzionali di ambito europeo, in
www.federalismi.it., n. 17/2008; J.M. CASTELLÀ ANDREU, Lo Statuto di autonomia del 2006 come
(discutibile) strumento per la realizzazione dell‘autogoverno della Catalogna, in www.federalismi.it., n. 17/2008.
200 Sia in tema di forma di governo che con riguardo alla legittimità delle norma allocate nei preamboli
degli statuti, ovvero in quelle parti degli stessi destinate a stabilire i principi fondamentali di ispirazione, in senso contrario, il Giudice delle Leggi italiano ha opposto limiti del tutto invalicabili agli statuti regionali. Nel primo caso, arricchendo la motivazione della sua giurisprudenza in tema di organizzazione politica del governo regionale con la previsione del vincolo dell‘‖armonia con la Costituzione‖ (avente, forse, un significato più pregnante del mero ―rispetto‖ della Costituzione, ai sensi dell‘art. 117, comma 1, della Costituzione) e successivamente aggiungendovi il vincolo dello ―spirito‖ della Costituzione. In tal modo - con la previsione di ―norme programmatiche‖ e della disciplina statutaria dei diritti - la Corte Costituzionale ha negato ogni possibile ipotesi di riconoscimento alle Regioni di ambiti assimilabili a quelli propri delle Costituzioni. Con specifico riferimento a tale ultima rivendicazione di ambiti normativi da parte regionale, la Corte ha affermato che ―anche se materialmente inserite in un atto-fonte (Statuto regionale), non può essere riconosciuta alcuna efficacia giuridica (a tali norme programmatiche), in quanto si collocano alla stregua dei convincimenti espressivi delle diverse sensibilità politiche presenti nella comunità regionale al momento dell‘approvazione dello Statuto … tali proclamazioni di obiettivi e di impegni non possono certo essere assimilate alle cd. norme programmatiche della Costituzione, alle quali, per il loro valore di principio, sono state generalmente riconosciute non solo un valore programmatico nei confronti della futura disciplina legislativa, ma soprattutto una funzione di integrazione e di interpretazione di norme vigenti (Cfr., Corte Cost., sent. n. 378/2004).