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La Legge di riforma della contabilità pubblica.

Si segnala, da ultimo, per le connessioni con la materia di cui ci si occupa, la recente riforma del sistema di contabilità pubblica attuata con la Legge n. 196 del 31 dicembre 2009 (recante "Legge di contabilità e finanza pubblica"), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 31 dicembre 2009 - Supplemento ordinario n. 245.

Al riguardo, va detto preliminarmente che, nelle intenzioni del Governo – evidenziate in Assemblea al Senato – la legge in parola ha inteso sancire «con maggiore chiarezza la divisione tra la responsabilità delle scelte e della loro attuazione e la responsabilità dei controlli in modo che non vi possano più essere cogestioni nelle decisioni e quindi scarichi di responsabilità con l'unico il risultato di una espansione della spesa».

Limitando le riflessioni in questa sede ai profili di interesse con il tema di cui ci si occupa, si sottolinea che il provvedimento in questione sostituisce la legge 5 agosto 1978, n. 468171, raccordandosi con quanto previsto per gli Enti Locali dalla legge n. 42/2009, in tema di federalismo fiscale172.

Al riguardo, l‘articolo 1 della legge in esame prevede il principio per il quale tutte le amministrazioni pubbliche come individuate ai sensi dei commi 2 e 3 concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.

Il comma 4 prevede che le disposizioni della legge e dei relativi decreti legislativi di attuazione costituiscono ―principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica‖173 ai sensi dell‘articolo 117 della Costituzione e sono finalizzate, ai sensi

120 della novellata Costituzione, esercitato dal Governo nella gestione della Salute, in applicazione dell‘articolo 8, comma 1, della legge n. 131/2003 (la c.d. ―La Loggia‖).

171 Al riguardo, l‘impianto della nuova legge sconta alcune novità cruciali intervenute dopo la legge n.

468 e soprattutto dopo significative modifiche del contesto costituzionale, che nel periodo intercorso tra la riforma del titolo Quinto della parte II della Costituzione ad opera della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e la recente legge 5 maggio 2009, n. 42, registra un ridimensionamento delle competenze finanziarie dello Stato in conseguenza della riduzione delle relative competenze materiali, per effetto delle nuove previsioni dell‘articolo 117 della Costituzione, in combinazione con quanto previsto dall‘articolo 119 della Costituzione.

172 In particolare, l‘impianto della nuova legge è stato coordinato, soprattutto durante l‘esame alla

Camera, con la legge n. 42/2009 al fine di garantire in tutte le sue fasi che il ciclo finanziario dello Stato si coordini con il ciclo finanziario delle Regioni e degli Enti Locali.

dell‘articolo 120, comma secondo, della Costituzione, alla tutela dell‘unità economica della Repubblica italiana.

Analizzando sinteticamente le novità della riforma, va detto che il titolo terzo organizza il ciclo finanziario statale sulla base di una programmazione di tipo economico-finanziario per un periodo almeno triennale, nell‘arco del quale deve inserirsi la manovra annuale di finanza pubblica, sulla scorta dell‘esperienza maturata sulla base del D. L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133174.

Gli strumenti della programmazione indicati dall‘art. 7 sono:

a) la Relazione sull‘economia e la finanza pubblica (articolo 12), che il Ministro dell‘economia e delle finanze deve presentare alle Camere entro il 15 aprile di ogni anno, con la funzione di aggiornare le previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica per l‘anno in corso e i due anni successivi, alla luce dei consuntivi e della manovra approvata nell‘anno precedente175;

b) la Decisione di finanza pubblica (DFP) (articolo 10), che il Governo deve presentare alle Camere entro il 15 settembre di ogni anno e che sostituisce il Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF)176; ai sensi

174 Provvedimento, quest‘ultimo, cui va riconosciuto ―il merito di aver bloccato il processo di

progressiva degenerazione dell‘istituto della legge finanziaria e di aver anticipato alcuni aspetti funzionali della presente riforma‖. Cfr., al riguardo, R. DICKMANN, La riforma della legislazione di

finanza pubblica e del sistema del bilancio dello Stato e degli enti pubblici, in www.federalismi.it, n. 1/2010, p. 7.

175 Tale Relazione prende il posto dell‘esposizione economico-finanziaria (nonché dell‘esposizione

relativa al bilancio di previsione) e della relazione generale sulla situazione economica del Paese, di cui, rispettivamente, all‘articolo 80 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, e all‘articolo unico della l. 21 agosto 1949, n. 639, abrogati dall‘articolo 51, comma 1, lett. a) e b), della legge in esame.

176 La DFP presenta diverse novità rispetto all‘attuale DPEF. Ai sensi dell‘art. 10 deve indicare gli

obiettivi di politica economica ed il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica almeno per il triennio successivo e deve definire gli obiettivi di finanza pubblica articolandoli nei diversi sotto- settori del conto delle amministrazioni pubbliche, cioè amministrazioni centrali, amministrazioni locali ed enti di previdenza e assistenza sociale. In particolare essa deve, tra l‘altro, indicare: a) l‘evoluzione economico-finanziaria internazionale, per l‘anno in corso e il triennio di riferimento, nonché le previsioni macroeconomiche tendenziali e programmatiche per l‘Italia per il predetto periodo, evidenziando il contributo alla crescita dei fattori indicati nella lett. a) del comma 2 (evoluzione dei prezzi e del mercato del lavoro e andamento dei conti con l‘estero); b) le previsioni tendenziali a legislazione vigente e, in particolare, l'obiettivo di massima della pressione fiscale complessiva; c) le previsioni tendenziali del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e del saldo di cassa del settore statale; d) l‘indicazione di massima delle risorse necessarie a mantenere gli impegni di politica economica e di bilancio adottati negli anni precedenti per i principali settori di spesa; e) gli obiettivi programmatici (per ciascun anno in rapporto al PIL e tenendo conto della manovra finanziaria) per

del comma 3 dell‘articolo 10, il Governo presenta alle Camere una Nota di

aggiornamento della DFP, da approvare in sede parlamentare, ogni qual volta

intenda modificare gli obiettivi di cui al comma 2, lett. e) del medesimo articolo, ovvero in caso di scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica rispetto ai medesimi obiettivi, che rendano necessari interventi correttivi;

c) il disegno della legge di stabilità177, che prende il posto della legge finanziaria

(articolo 11) e il disegno della legge di bilancio (articoli 21-24), che il Governo

l‘indebitamento netto, per il saldo di cassa delle amministrazioni pubbliche e per il debito delle amministrazioni pubbliche; gli obiettivi programmatici in valore assoluto per il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e per il saldo di cassa del settore statale; a fini conoscitivi, l‘obiettivo di massima della pressione fiscale complessiva in coerenza con il livello massimo di spesa corrente; f) il contenuto del Patto di convergenza, del Patto di stabilità interno e delle sanzioni per gli enti territoriali in caso di mancato rispetto di quest‘ultimo; g) l‘indicazione di eventuali disegni di legge collegati alla manovra finanziaria.

La DFP è completata con le relazioni programmatiche per ciascuna missione di spesa del bilancio dello Stato e con le relazioni sullo stato di attuazione delle relative leggi pluriennali di spesa (articolo 30). Per ciascuna legge pluriennale di spesa in scadenza il Ministro competente valuta se permangono le ragioni che a suo tempo ne avevano giustificato l‘adozione, tenuto anche conto dei nuovi programmi da avviare. A tali relazioni il Ministro dell‘economia e delle finanze allega un quadro riassuntivo di tutte le leggi di spesa a carattere pluriennale, indicando per ciascuna di esse gli eventuali rinnovi e la relativa scadenza, le somme complessivamente autorizzate, quelle effettivamente erogate e i relativi residui di ciascun anno, nonché quelle ancora da erogare.

177 La legge di stabilità concorre con la legge di bilancio a determinare la manovra triennale di finanza

pubblica (articolo 11, comma 1), che contiene per il triennio le misure necessarie a realizzare gli obiettivi programmatici indicati dalla DFP. In particolare, la legge di stabilità dispone anno per anno il quadro di riferimento finanziario nel bilancio pluriennale e provvede alla regolazione annuale delle grandezze previste dalla legislazione vigente, al fine di adeguarne gli effetti finanziari agli obiettivi (articolo 11, comma 2). Le disposizioni normative di spesa della legge di stabilità sono articolate, di norma, per missione, e indicano il programma cui si riferiscono (articolo 11, comma 5). Il quadro di riferimento per gli interventi finanziari deve decorrere dal triennio considerato dalla manovra. La legge di stabilità non può contenere deleghe, norme di carattere ordinamentale o organizzatorio né interventi di natura localistica o microsettoriale. Come contenuto necessario, ai sensi del comma 3 dell‘art. 11, deve indicare: a) il livello massimo del ricorso al mercato finanziario e del saldo netto da finanziare in termini di competenza, per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale, comprese le eventuali regolazioni contabili e debitorie pregresse specificamente indicate; b) le variazioni delle aliquote, delle detrazioni e degli scaglioni, le altre misure che incidono sulla determinazione del

quantum della prestazione, afferenti a imposte dirette e indirette, canoni, tariffe e contributi in vigore

(con effetto di norma dal 1° gennaio dell‘anno cui essa si riferisce), nonché le correzioni delle imposte conseguenti all‘andamento dell‘inflazione, fatta salva la competenza in materia fiscale delle regioni e degli enti locali ai sensi della legge n. 42/2009, in materia di federalismo fiscale; c) gli importi dei fondi speciali e le corrispondenti tabelle; d) gli importi, in apposita tabella, con le relative aggregazioni per programma e per missione, della quota da iscrivere nel bilancio di ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale per le leggi di spesa permanente, la cui quantificazione è rinviata alla legge di stabilità, con esclusione delle spese obbligatorie; e) gli importi, in apposita tabella, con le relative aggregazioni per programma e per missione, delle quote destinate a gravare su ciascuno degli anni considerati per le leggi che dispongono spese a carattere pluriennale in conto capitale, con distinta e

deve presentare insieme alle Camere entro il 15 ottobre di ciascun anno e che compongono la manovra triennale di finanza pubblica, recante le misure qualitative e quantitative necessarie a realizzare, per il triennio di riferimento, gli obiettivi programmatici indicati nella DFP;

d) il disegno della legge di assestamento (articolo 33), che il Governo presenta alla Camere entro il 30 giugno di ogni anno;

e) i disegni delle leggi collegate alla manovra di finanza pubblica, che il Governo deve presentare alle Camere entro il mese di febbraio;

f) l‘aggiornamento del Programma di stabilità, che il Governo deve presentare al Consiglio dell‘Unione europea e alla Commissione europea secondo il calendario concordato in sede europea: il relativo schema è trasmesso alle Camere quindici giorni prima della data concordata in sede europea, nei termini indicati all‘articolo 9 della legge in esame;

analitica evidenziazione dei rifinanziamenti, delle riduzioni e delle rimodulazioni; f) gli importi, in apposita tabella, con le relative aggregazioni per programma e per missione, delle riduzioni, per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale, di autorizzazioni legislative di spesa di parte corrente; g) l‘importo complessivo massimo destinato, in ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego e alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente dalle amministrazioni statali in regime di diritto pubblico; h) altre regolazioni meramente quantitative rinviate alla legge di stabilità dalle leggi vigenti; i) norme che comportano aumenti di entrate o riduzioni di spesa, restando escluse quelle a carattere ordinamentale ovvero organizzatorio; l) norme recanti misure correttive degli effetti finanziari dei provvedimenti legislativi che comportano oneri finanziari; m) norme eventualmente necessarie a garantire l‘attuazione del Patto di stabilità interno (articoli 8, comma 2, e 10, comma 2, lett. f), della legge in esame) e del Patto di convergenza (articolo 18 della legge n. 42/2009).

Come contenuto facoltativo ai sensi del comma 6 dell‘art. 11 la legge di stabilità può disporre per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale nuove o maggiori spese correnti, riduzioni di entrate e nuove finalizzazioni, da iscrivere nel fondo speciale di parte corrente di cui all‘articolo 18, nei limiti delle nuove o maggiori entrate tributarie, extratributarie e contributive e delle riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente.

L‘art. 11 disciplina anche la struttura formale del disegno di legge di stabilità. Il disegno di legge di stabilità, oltre alla relazione tecnica di cui all‘art. 17, contiene una nota tecnico-illustrativa (articolo 7, comma 2, lett. c) e articolo 11, comma 9) che consiste in un documento conoscitivo di raccordo tra il disegno di legge di bilancio presentato alle Camere e il conto economico delle pubbliche amministrazioni, dove sono esposti i contenuti della manovra, i relativi effetti sui saldi di finanza pubblica per settori di intervento e i criteri usati per la quantificazione. Essa contiene inoltre le previsioni del conto economico e di cassa delle pubbliche amministrazioni come integrate dagli effetti della manovra di finanza pubblica per il triennio di riferimento. Al disegno della legge di stabilità il comma 4 dell‘articolo 11 prevede che sia allegato un prospetto conoscitivo e riepilogativo degli effetti triennali sui saldi di finanza pubblica derivanti dalla manovra finanziaria che, aggiornato con le modifiche implicate dall‘esame parlamentare, è poi allegato alla stessa legge di stabilità.

g) gli specifici strumenti di programmazione delle altre amministrazioni pubbliche diverse dallo Stato.

Ai sensi dell‘articolo 20 il bilancio continua ad essere redatto in termini di competenza e cassa, in attesa della sua trasformazione in bilancio di sola cassa.

Le entrate sono ripartite in titoli (tributarie, extratributarie, di alienazione o ammortamento di beni patrimoniali, riscossione crediti, accensione prestiti), ricorrenti e non ricorrenti (a seconda che si riferiscano a proventi la cui acquisizione sia prevista a regime o limitata ad uno o più esercizi), tipologie (ai fini dell‘approvazione parlamentare e dell‘accertamento dei cespiti), categorie (secondo la natura dei cespiti), capitoli (eventualmente suddivisi in articoli).

Le spese sono ripartite in missioni e in programmi (articolo 21, comma 2)178, nonché in capitoli (che a loro volta possono essere suddivisi in articoli)179.

Ai sensi del comma 2 dell‘articolo 21 il bilancio di previsione espone per l‘entrata e, distintamente per ciascun ministero, per la spesa le unità di voto parlamentare.

Le unità di voto per l‘entrata sono le tipologie e per la spesa sono i programmi, quali ―aggregati diretti al perseguimento degli obiettivi definiti nell‘ambito delle missioni‖ (queste ultime rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti con la spesa).

La realizzazione di ciascun programma è affidata ad un unico centro di responsabilità amministrativa.

I programmi sono univocamente raccordati alla nomenclatura COFOG180 , ai sensi del

178 Scompaiono le unità previsionali di base contemplate dalla legislazione abrogata, che rilevavano

come unità di riferimento per l‘esame parlamentare.

179 La ripartizione delle unità di voto parlamentare in capitoli rileva solo ai fini della gestione e della

rendicontazione, ed è curata dal Ministro dell‘economia e delle finanze, che vi provvede con proprio decreto alla data di entrata in vigore della legge di bilancio (articolo 21, comma 15).

180 La classificazione COFOG (Classification of the Functions of Government) è una classificazione delle

funzioni di governo, articolata su tre livelli gerarchici (divisioni, gruppi e classi), per consentire, tra l'altro, una valutazione omogenea delle attività delle pubbliche amministrazioni svolte dai diversi Paesi europei. Dall'integrazione fra la COFOG e le risultanze della ricognizione delle attività della pubblica amministrazione disposta con circolare 22 agosto 1997, n. 65, del Ministro del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica è nata la classificazione funzionale per funzioni obiettivo. Tale classificazione si articola in sei livelli, ai primi tre dei quali corrispondono gli elementi della COFOG, gli elementi di quarto livello sono denominati missioni istituzionali e quelli di quinto e di sesto sono

comma 2 dell‘articolo 21.

Nella legge viene, inoltre, ampliato il contenuto informativo del Rendiconto annuale ( e ribadito, come già detto il ruolo della Corte dei Conti), con l'articolazione del documento in missioni e programmi, disponendo che per ciascuna amministrazione sia allegata una nota integrativa, anch'essa articolata per missioni e programmi, in coerenza con le indicazioni contenute nella nota integrativa al bilancio di previsione.

denominati servizi. Tale classificazione intende rappresentare gli obiettivi e le attività della pubblica amministrazione al fine di consentire monitoraggi e rilevazioni omogenee sia in ambito europeo, sia in ambito nazionale fra le singole amministrazioni, ed è stata applicata con riferimento alle missioni istituzionali al bilancio dello Stato dal 1999 mentre l'applicazione alla contabilità economica è prevista a partire dal bilancio per il 2003.

CAPITOLO V

Analisi comparativa dei modelli di federalismo fiscale nell‟ordinamento spagnolo ed in quello tedesco

5.1 Introduzione.

Diverse Sono le origini storiche e le giustificazioni teoriche rinvenibili nei processi che hanno portato ad un grado più o meno ampio di federalismo e decentramento.

In più di un paese (Austria, Germania, Italia e Spagna) federalismo e decentramento hanno rappresentato, principalmente, una sorta di reazione al centralismo dei preesistenti regimi totalitari; Francia e Regno Unito hanno conservato il retaggio di un centralismo più o meno esteso nei confronti degli opprimenti poteri feudali locali, mentre le differenze etniche hanno svolto un ruolo di rilievo solo nel caso del Belgio.

E‘, comunque, un tratto abbastanza comune agli ordinamenti contemporanei quello di dare vita a fenomeni di accrescimento delle competenze dei livelli di governo territoriali in nome dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione, cui corrispondono, per altro verso, le esigenze del governo centrale di esercitare funzioni qualitativamente più rilevanti.

Esiste, peraltro, un forte legame tra il riparto delle competenze, definite dalla Costituzione, tra i livelli di governo subordinati e la definizione dei meccanismi della potestà finanziaria, finalizzati alla realizzazione di scelte politiche degli enti decentrati. L‘analisi compiuta nel presente capitolo affronta, in una prospettiva di diritto comparato e dunque in considerazione sia del dato costituzionale che della sua attuazione legislativa, la potestà finanziaria tra i livelli di governo di due ordinamenti europei decentrati di particolare interesse, la Spagna e la Germania.

Entrambi i Paesi vantano una certa eredità federale intesa, nel primo caso, come decentramento fiscale, mentre nel secondo come federalismo politico e cooperativo; entrambi, comunque, hanno storicamente costituito (e costituiscono tuttora) un punto di confronto con l‘ordinamento italiano.

In questo senso, l'impiego di una prospettiva di diritto comparato oltre a contribuire a dare una visione di insieme sulle tendenze che caratterizzano gli ordinamenti europei, specialmente in relazione allo studio dei diversi modelli di riparto finanziari, rappresenta indiscutibilmente un ausilio per comprendere forse meglio le scelte compiute dal legislatore italiano, dapprima con il processo di revisione costituzionale del 2001 e, infine, con la legge-delega n. 42/2009, approvata al fine di dare attuazione legislativa, sia pure tardiva, all‘articolo 119.

Certo, non può sottacersi che il dibattito spagnolo, diversamente da quello italiano, che ha trovato modo di esprimersi sul tema del federalismo fiscale a causa delle ultime novità legislative, affonda le proprie radici in premesse anche abbastanza diverse, essendo chiamato a rispondere a pulsioni nazionalistiche di alcuni suoi territori, fra cui sono da ricordare il Paese Basco e la stessa Catalogna.

Pur tuttavia, tra Italia, Spagna e Germania alcune similitudini sono senza dubbio riscontrabili, in considerazione del fatto, ad esempio, che su compartecipazioni o articolazioni di prelievi a più livelli, i governi sub-nazionali dei tre Paesi, per diverso tempo, non hanno avuto alcuna libertà di aliquota, con la conseguenza che le entrate tributarie effettivamente autonome coprivano, dunque, una parte minoritaria del finanziamento, così come quelle extratributarie.

Ma vi è di più. Nel caso della Spagna, il regime di finanziamento delle Comunità autonome spagnole, come si vedrà, è stato previsto nel testo costituzionale del 1978, con una formulazione in gran parte mutuata dal legislatore italiano all‘atto del processo di revisione costituzionale del 2001.

Tanto in Spagna che in Italia, inoltre, alla luce dei rispettivi testi costituzionali, il riparto del fondo perequativo è, in ogni caso, rimesso al legislatore ordinario sulla base di una negoziazione – prevalentemente politica – svolta nell‘ambito della Conferenza Stato-Regioni.

Invece, in Germania, tradizionalmente considerato il Paese europeo ‗più federale‘ (fatta esclusione per la Svizzera), il sistema attualmente vigente cerca di contemperare le esigenze di unità con quelle di autonomia e di solidarietà ed è il risultato di un adattamento continuo della Costituzione finanziaria alle mutate condizioni sociali ed economiche del Paese.

Da un punto di vista generale, l‘assetto federale tedesco è notoriamente caratterizzato da un approccio prettamente cooperativo orientato ad un progressivo centralismo delle scelte, a tutela degli equilibri finanziari complessivi e delle esigenze interne di perequazione tra territori, anche se, per soddisfare le esigenze di unità e per trovare le decisioni concrete nel Bundesrat, è comunque necessario un contesto politico favorevole, consistente in ―cartello di potere‖ fra governo federale e governi dei Länder.

Si deve però evidenziare che il federalismo cooperativo tedesco ha mostrato i limiti di una perequazione quasi assoluta, specie dopo l‘ingresso nella Repubblica federale dei cosiddetti ―Nuovi Länder‖, quelli cioè entrati a far parte della

Bundesrepublik a seguito della Riunificazione del 1990, dando luogo a scenari

completamente inediti sul piano storico, politico, economico, sociale e culturale, ponendo altresì fin da subito l‘interrogativo su chi dovesse pagare i costi

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