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La Commissione Giarda e il DDL delega ‟Prodi‟.

Nelle conclusioni dell‘AcOFF sono rinvenibili buona parte dei principi e dei criteri portati avanti dal succeduto Governo, nel solco di un percorso fortemente voluto dall‘allora Ministro delle Finanze Padoa Schioppa, che istituì un apposito gruppo di lavoro coordinato dal Pietro Giarda con il compito di elaborare un‘ipotesi di disegno di legge delega, da sottoporre all‘esame del Governo e, quindi, del Parlamento, ed il cui punto di approdo è rinvenibile nel DDL licenziato successivamente il 3 agosto 2007 dal Governo Prodi68.

In tale occasione l‘Esecutivo ha licenziato un disegno di legge per il conferimento, in proprio favore, della delega a riformare in senso federale, e dunque in attuazione dell‘articolo 119 della Costituzione, la finanza delle Regioni e degli Enti locali.

In tale progetto legislativo, in verità non condiviso all‘unanimità dal Consiglio dei Ministri69, venivano individuati i principi e i criteri direttivi per la elaborazione della disciplina del finanziamento di tutto il sistema autonomistico territoriale, nel rispetto

68 L‘elaborato finale ha prodotto un interessante confronto a partire dalla versione del testo aggiornata

al 16 aprile 2007, apparendo detta ipotesi normativa – secondo il giudizio dei commentatori – un‘ottima piattaforma di discussione. Il testo, nella sua versione modificata (in seguito agli emendamenti proposti in sede di Conferenza Stato-Regioni e, quindi, condivisi dall‘Esecutivo), rispetto a quella del mese di aprile, è stato esaminato, in via preliminare, nella riunione del Consiglio dei Ministri del 28 giugno 2007, per essere poi sottoposto al giudizio finale della prevista sede concertativa. Il testo è stato successivamente proposto il 3 agosto 2007 all‘approvazione definitiva dell‘Esecutivo, nella medesima versione pressochè condivisa alla fine di giugno, senza però che il suo contenuto avesse potuto acquisire il parere della Conferenza unificata. L‘unica variante di rilievo era rappresentata dall‘aggiunta dell‘articolo 17-bis, che prevedeva l‘introduzione dell‘autonomia regionale differenziata, in attuazione dell‘articolo 116, comma 3, della Costituzione. Per una interessante lettura dei commenti, anche in senso critico, relativi alle diverse stesure del provvedimento, cfr., G. MACCIOTTA, Appunto sullo schema di d.d.l. del Governo sull‘attuazione dell‘articolo 119 della Costituzione –

versione 16 aprile 2007, in www.astrid-online.it, 2007; E. JORIO, Prime riflessioni sul testo ‗Giarda-bis‘, in

www.federalismi.it, n. 9/2007; A. BRANCASI, Disposizioni di attuazione dell‘articolo 119 della Costituzione – nota di lettura per il Gruppo di lavoro sul federalismo fiscale, in www.astrid-online.it, 10 luglio 2007; F. OSCULATI, Commento al disegno di legge ―Disposizioni di attuazione dell‘articolo 119 della Costituzione‖- nota di lettura per il Gruppo di lavoro sul federalismo fiscale, in www.astrid-online.it, 10 luglio 2007.

69 Nei confronti del disegno di legge delega licenziato il 3 agosto 2007 hanno infatti dichiarato la

propria astensione, pur se con motivazioni e sfumature diverse, i Ministri Ferrero (Solidarietà sociale) e Pecoraro Scanio (Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare).

dell‘autonomia finanziaria di spesa conferita ai Comuni, alle province, alle Città metropolitane e alle Regioni70.

Il provvedimento in questione si componeva, complessivamente, di ventuno articoli, suddivisi nei sei Capi seguenti:

- il primo, recante ―Contenuti e regole di coordinamento finanziario‖; - il secondo, intitolato ―I rapporti finanziari Stato-Regioni‖;

- il terzo, concernente ―La finanza degli enti locali, i rapporti tra Stato ed enti locali, nonché tra Regioni ed enti locali‖;

- il quarto, regolante ―Il finanziamento di Roma capitale e delle Città metropolitane‖;

- il quinto, relativo al ―Coordinamento della finanza delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome‖;

- il sesto, riguardante ―Norme procedurali e di salvaguardia finanziaria‖.

In particolare, in riferimento ai contenuti della delega, nel corpo della presentazione formale del DDL delega ‗Prodi‘ venivano individuati dodici punti chiave:

1) costruire ―un assetto stabile della finanza di Regioni, Province e Comuni, in attuazione dell‘articolo 119 della Costituzione‖;

2) assegnare a ciascuno dei tre livelli di governo previsti un misto di tributi propri e compartecipazioni dinamiche, direttamente proporzionali al gettito dei tributi erariali71;

70 Così come veniva definita la portata dei principi di solidarietà e di coesione sociale, volti

gradualmente a sostituire il tradizionale criterio della spesa storica, ritenuto sino ad allora strumentale al sostentamento delle economie di funzionamento di tutti i livelli istituzionali.

71 In particolare, alla fiscalità derivante dai cosiddetti tributi propri, veniva affidato ―il compito di

garantire la manovrabilità dei bilanci, l‘adattamento dei livelli dell‘intervento pubblico alle situazioni locali e la responsabilità delle amministrazioni locali‖. Quanto alle compartecipazioni, veniva ulteriormente esplicitato che alle stesse andasse garantita ―la stabilità anche in senso dinamico del volume delle risorse finanziarie‖, sì da riconoscere loro una consolidata organicità strutturale;

3) stabilire un principio di ―pari dignità‖ dei tributi propri individuati ai diversi livelli di governo della spesa pubblica, ―con l‘esclusione di interventi privi di contestuale compensazione, sulle basi imponibili e sulle aliquote dei tributi riferibili ad altri livelli di governo‖;

4) definire concretamente l‘esercizio dell‘autonomia tributaria, anche attraverso previsioni normative funzionali ad attribuire alle Regioni, ―nelle materie non assoggettate ad imposizione da parte dello Stato‖, la potestas normativa di istituire tributi regionali e locali, nonché di determinare le materie e gli ambiti entro cui gli enti locali potessero praticare la propria autonomia tributaria; 5) garantire l‘autonomia tributaria degli Enti locali, mediante la previsione di un

intervento legislativo statale, in difetto di quello regionale;

6) comprendere tra le fonti di finanziamento regionale anche una compartecipazione dell‘Irpef (e/o una addizionale regionale Irpef), oltre a quella dell‘Iva ed ai tributi vigenti;

7) assicurare alle Regioni il finanziamento integrale delle prestazioni essenziali riguardanti la sanità ed il sociale, il trasporto pubblico di competenza regionale, nonché le spese riconducibili alle funzioni fondamentali esercitate dai Comuni minori72;

8) improntare la perequazione, al fine di soddisfare le spese regionali residue, sulla capacità fiscale più generale, in modo da alimentare il relativo fondo con la compartecipazione all‘Irpef di competenza di quelle Regioni che godevano della maggiore produttività imponibile;

9) disegnare in modo sostanziale lo schema di perequazione dei Comuni di minori dimensioni al fine di riempire di contenuti pratici la competenza concorrente attribuita alle Regioni in materia di coordinamento della finanza

72 Un compito, quest‘ultimo, da adempiere attraverso l‘applicazione dei cosiddetti costi standard ovvero

degli indicatori di bisogno finanziario da parte di un fondo perequativo alimentato dalla fiscalità generale.

pubblica, istituendo così ―un assetto duale della finanza comunale, basata sulla distinzione dei Comuni secondo l‘ampiezza demografica‖73;

10) rafforzare la compartecipazione dinamica dell‘Irpef dei Comuni, in linea con quanto previsto nella Legge 27 dicembre 2006, n. 296(Legge finanziaria 2007) e prevedere analoghe compartecipazioni ovvero maggiori fonti di finanziamento erariale anche in favore delle Province;

11) attribuire una puntuale e corretta definizione dei cosiddetti ―fabbisogni di spesa‖, da non far più coincidere con la spesa storica, al fine di rendere l‘auspicata razionalità distributiva delle risorse coerente con la soddisfazione reale dei fabbisogni e con il costo standard delle prestazioni da erogare;

12) prevedere strumenti legislativi annuali di carattere finanziario, allo scopo di evitare l‘adozione (fino ad allora reiterata) di misure ed interventi frammentari dettati dall‘urgenza di garantire l‘equilibrio finanziario dei conti pubblici nel loro complesso74.

Il progetto legislativo contenuto nel DDL fin qui esaminato è successivamente naufragato a causa dello scioglimento anticipato delle Camere, al quale ha fatto seguito un dibattito apertosi a ridosso delle ultime elezioni politiche e continuato dopo gli esiti prodotti da uno schema di DDL delega predisposto inizialmente dal Ministro Roberto Calderoli il 24 luglio 2008, e poi condiviso dal Governo il successivo 3 ottobre, sebbene in una versione finale sensibilmente modificata ed integrata rispetto alla ‗bozza‘ originaria, come si vedrà più avanti75.

73 In tale ottica, il disegno di legge delega rinviava alle regioni il compito di individuare ―schemi

concreti di perequazione‖ dei Comuni di minore consistenza demografica.

74 Il disegno di legge prevedeva di istituire periodicamente, a tal fine, un disegno di legge da affiancare

alla legge finanziaria annuale, collegato alla manovra di bilancio, da presentare al Parlamento entro il mese di giugno di ogni anno, previo confronto concertativo con le regioni e gli Enti locali e, quindi, da approvare entro il successivo mese di ottobre.

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