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5 – Considerazioni di sintesi circa la giurisprudenza della Corte Costituzionale nei primi anni di vigenza del nuovo Titolo

Dinamiche intersoggettive nella giurisprudenza costituzionale successiva alla riforma del Titolo

III. 5 – Considerazioni di sintesi circa la giurisprudenza della Corte Costituzionale nei primi anni di vigenza del nuovo Titolo

della Costituzione

Ad una sinossi delle pronunce della Corte richiamate, emerge con sufficiente chiarezza un unico filo conduttore, rappresentato dal tentativo di offrire soluzioni ragionevoli rispetto a quello che costituisce il limite principale della riforma, ossia quello di aver cancellato il riferimento all’interesse nazionale, e di aver affidato la soddisfazione delle esigenze di coerenza complessiva del sistema di regolazione, misurata sulla tenuta dei principi di cui alla prima parte della Costituzione, solo all’esercizio delle competenze “esclusive” c.d. “trasversali” dello Stato, nonché all’eventuale attivazione del potere sostitutivo, disciplinato dall’art. 120, comma 2.

La demonizzazione dell’interesse nazionale e la sua espunzione dalla Costituzione è frutto di un ragionamento di tipo garantista delle attribuzioni delle Regioni che però comporta uno svilimento della tutela delle esigenze unitarie. Non era adeguatamente stato calcolato il rischio che l’interesse nazionale che il legislatore della revisione aveva fatto uscire dalla porta, rientrasse dalla finestra sotto altre spoglie.

La Corte Costituzionale si è trovata, infatti, a dovere interpretare le norme del nuovo Titolo V alla luce delle disposizioni della Parte I della Costituzione, dovendo elaborare in via giudiziale ciò che non era stato ritenuto meritevole di regolamentazione da parte del legislatore della revisione, ha cioè svolto «un ruolo di supplenza non richiesto e non gradito»247.

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Benché ciò costituisca una mancanza da parte del legislatore costituzionale, è da evidenziare come nella storia di altri ordinamenti esistano precedenti simili: per esempio negli Stati Uniti la clausola di supremazia sui rapporti commerciali tra Federazione e Stato248 è istituto di origine pretoria.

D’altronde, il legislatore costituente poneva, da parte sua, forse in modo poco chiaro, norme di vincolo alla potestà legislativa regionale, cioè norme in grado di intervenire sulla rigidità degli elenchi di competenze inseriti nell’articolo 117. E la stessa conservazione di una differenza sostanziale nell’interesse a ricorrere al giudizio di legittimità costituzionale da parte dello Stato e delle Regioni, di cui si è trattato nelle pagine precedenti, palesa il riconoscimento allo Stato di un ruolo di “custode” dell’ordinamento, con un generale potere di controllo sulla attività legislativa regionale249. Secondo un’interpretazione della riforma in senso più autonomista, invece, tale aspetto, considerato troppo in continuità con il testo costituzionale del 1948, non si concilierebbe con l’abrogazione del sistema dei controlli improntato sul precedente assetto gerarchico dei rapporti Stato- Regioni-Enti Locali.

Un modello che avesse voluto puntare su una maggiore distinzione tra le due sfere di competenza, nel quadro di un ordinamento complessivo che rimane fondato sul principio unitario, avrebbe coerentemente dovuto farsi carico di introdurre meccanismi idonei a far salve le esigenze sottese al limite dell’interesse nazionale, strumenti nella logica del principio di sussidiarietà inteso nella sua accezione di criterio flessibile in grado di consentire l’attrazione verso

248 Clausola richiamata, peraltro, anche dalla citata sent. C. Cost. n. 303/2003.

249 Si ritiene che in questi casi gli organi statali operino quali organi della Repubblica,

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il livello superiore di regolazione della disciplina di materie formalmente affidate alla competenza dei livelli inferiori, in presenza di determinati presupposti e sulla base di procedure decisionali partecipate.

È, del resto, quanto avviene, come è noto, nel modello tedesco, dove la configurazione della c.d. “competenza concorrente” dei Länder, descrive in realtà un ambito di competenza esclusiva, ma ancorata ad in meccanismo di sussidiarietà che risponde esattamente alle esigenze ora richiamate (art. 72 Cost. federale).

Scartato questo modello, per ragioni varie (non ultima delle quali la permanente diffusa resistenza alla modifica della nostra formula bicamerale), si è dato vita ad un sistema ibrido, confuso, ambiguo, lacunoso non meno di quello disegnato dal Costituente del 1947250.

È stato, però, già evidenziato come la giurisprudenza più recente stia operando in forza di un moto centripeto che, in qualche misura, sacrifica le giuste pretese regionali e rischia di condurre il Paese ad un inatteso neocentralismo.

All’esame, infatti, delle pronunce nei giudizi di legittimità in via principale degli ultimi anni, si rinviene il netto affermarsi del criterio della prevalenza (ex plurimis v. sentt.: 268 e 371 del 2008; 160, 166, 235, 246 del 2009) e il rigetto della massima parte delle impugnazioni aventi quale parametro la lesione del principio di leale collaborazione (ex plurimis v. sentt: 105, 120, 133, 145, 168, 296 del 2008; 12, 88, 168, 225, 232, 233, 235, 247, 339 del 2009).

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Peraltro, è stato, correttamente, fatto osservare che il criterio della prevalenza non opera mai a favore delle prerogative regionali, ma sempre per negarle, giustificando un intervento statale251.

Che fine fa, dunque, il principio di leale collaborazione?

Esso continua ad operare nell’ambito delle funzioni amministrative, talora importando che – qualora la normativa verta in un campo ove non sia possibile determinare la “prevalenza” materiale – la legge debba prevedere strumenti di leale collaborazione nella fase dell’attuazione amministrativa del precetto normativo (ad es.: sentt. 124, 232, 247, 249, 339 del 2009).

Si registrano casi in cui il principio di leale collaborazione opera a favore dello Stato: ad esempio, nella sentenza n. 412 del 2008, in materia di turismo, la Corte pur riconoscendo che la normativa rientri nella competenza residuale regionale, consente che lo Stato proceda, con la necessaria partecipazione delle Regioni interessate, a riconoscere a taluni porti turistici e commerciali per la loro dimensione ed importanza, quel carattere di rilevanza economica internazionale o di preminente interesse nazionale, che sia idoneo a giustificare la competenza legislativa ed amministrativa dello Stato sul porto stesso e sulle connesse aree portuali252.

Sempre in materia di turismo, nel 2008 la Corte costituzionale ha consentito un intervento dello Stato in ordine all’erogazione di fondi per incrementare l’offerta turistica, ma ha specificato che per attuare le misure relative alla tipologia di agevolazione, individuare criteri e

251 F. BENELLI, R. BIN, Prevalenza e “rimaterializzazione delle materie”: scacco matto alle

Regioni, in Le Regioni, 6.2009, 1185 ss.

252 Analogo iter argomentativi ha la sent. n. 104/2010 annotata da A. SIMONATI, La leale

cooperazione “informativa”: un principio “seminuovo” nei rapporti fra legislatore statale e regionale?, in www.forumcostituzionale.it

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modalità per la presentazione e valutare le domande e per erogare le agevolazioni non basta il parere della Conferenza Stato-Regioni. Condizione di legittimità della norma è, infatti, che la procedura collaborativa si concreti in un’intesa in Conferenza253.

La giurisprudenza corrente, dunque, è ferma nell’indicazione che la mancata previsione di un adeguato modulo cooperativo tra Stato e Regioni si sostanzia in vizio di costituzionalità solo quando sulla materia sottoposta al vaglio di costituzionalità convergono plurimi titoli competenziali ascrivibili sia alla competenza legislativa statale sia a quella legislativa regionale; in altri termini, quando la questione non sia risolvibile con il criterio della prevalenza, né con le materie cd. “trasversali”254.

253 Decisione pressoché analoga, nel medesimo anno, in materia di fondo per le politiche

della famiglia, è la sent. n. 50.

254 Che, ormai, sono considerate materie esclusive, a tutti gli effetti. F. MANGANIELLO,

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Capitolo IV

I limiti della leale collaborazione: la “negoziazione”

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