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Il Consiglio europeo e la tutela della vittima: il vertice di Tampere

Sezione I: Lo statuto internazionale della vittima del reato

4. Il Consiglio europeo e la tutela della vittima: il vertice di Tampere

L’intento di realizzare iniziative a tutela delle vittime conosce particolare vigore in seguito al Consiglio europeo di Tampere (ottobre 1999)29, interamente

consacrato, per la prima volta, allo “spazio di libertà, sicurezza e giustizia”. Nel maggio del 1999, la Commissione – consapevole delle problematiche legate alla libera circolazione delle persone – ha adottato una Comunicazione, intitolata “Vittime della criminalità nell’Unione europea – Riflessioni sulle norme e misure da prendere”30, al fine di contribuire al dibattito del successivo

Consiglio europeo.

Nel provvedimento in esame si dà risalto all’obiettivo di rendere più agevole l’accesso alla giustizia alle vittime di reati commessi nel territorio dell’Unione europea. Vengono analizzate tematiche quali la prevenzione dei delitti, l’assistenza alle persone offese, il loro status nel corso del procedimento penale e le questioni relative al risarcimento del danno, il diritto all’informazione31.

Si evince, infatti, nelle legislazioni dei singoli Paesi, una spiccata mancanza di omogeneità con riferimento alle vittime dei reati, la cui tutela si esaurisce sovente nel riconoscimento di un diritto al risarcimento.

Gli obiettivi prefissati sono da realizzare secondo tappe progressive: riduzione del numero delle vittime, assistenza alle stesse, possibilità per tali soggetti di agire in un procedimento penale, risarcimento, definizione di un quadro per l’informazione, le lingue e la formazione.

In primis, con riferimento alla riduzione del numero delle vittime, stante il

proliferare dell’attività della criminalità organizzata transfrontaliera, gli Stati membri sono invitati ad elaborare un programma di prevenzione comune a livello comunitario e internazionale.

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Per quanto concerne l’assistenza alle vittime, è opportuno fissare standard e norme europee valide sia per i residenti nell’Unione sia per i cittadini extracomunitari, a prescindere dalla loro condizione giuridica. L’assistenza materiale, psicologica e medica alle vittime – la quale deve essere assicurata in via immediata e gratuita – deve accompagnarsi ad una corretta informazione in ordine agli strumenti di tutela.

Per quanto concerne i poteri delle vittime all’interno del procedimento penale, non vanno pregiudicate la riservatezza e la sicurezza, così come la possibilità di ricorrere all’assistenza di terzi e quella di deporre in anticipo o dal proprio Paese. Altrettanto importante è l’informazione circa gli esiti del procedimento.

I risultati raggiunti in seno al Consiglio europeo di Tampere sono cristallizzati in un documento intitolato “Verso un’unione di libertà, sicurezza e giustizia”, ispirato dal proposito di «promuovere l’attuazione piena e immediata del Trattato di Amsterdam». Esso costituisce la “punta dell’iceberg”32 della volontà

di passare da un sistema di “cooperazione giudiziaria” a quello di uno “spazio giudiziario europeo”, e rappresenta un fondamentale atto di soft law dedicato al tema della vittima di reato.

Dalla garanzia di un “migliore accesso alla giustizia in Europa” deriva la necessità di elaborare norme minime sulla tutela delle vittime della criminalità, con particolare riferimento al diritto ad ottenere il ristoro dei danni subiti e delle spese legali sostenute. Dovrebbero, inoltre, «essere creati programmi nazionali di finanziamento delle iniziative, sia statali che non governative, per l’assistenza alle vittime e la loro tutela» (conclusione n. 32)33.

Non si discorre più di “vittime dei reati di violenza”, ma di “vittime della criminalità” tout court.

Per quanto contiene la lotta alla criminalità, l’attenzione si focalizza soprattutto sul tema della dimensione transnazionale dei fenomeni criminali. Le strategie di contrasto devono tentare di arginare il diffuso fenomeno in virtù del

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quale le attività illecite compiute all’interno di uno Stato sono destinate ad espandersi – o ad estendere i propri effetti – al di fuori del suo territorio. Ecco, allora, sorgere l’esigenza di promuovere nuove forme di cooperazione per combattere il crimine organizzato attraverso strumenti specifici che si sommano a quelli di carattere generale34 e a quelli delle tipiche forme di cooperazione

avanzata, quali la Rete giudiziaria europea35 e la Rete europea per prevenire la

criminalità36.

Il tema inerente alla tutela delle vittime di reato è analizzato sotto cinque profili, concernenti rispettivamente: la necessità di azioni di prevenzione, specialmente finalizzate ad informare le vittime dei diritti loro spettanti; l’assistenza; lo status delle vittime nei procedimenti penali; il risarcimento ed i problemi collaterali, connessi in particolare alla lingua.

Il Vertice di Tampere si conclude con la volontà di creare uno “spazio di giustizia comune”, in cui sia assicurato il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie e delle sentenze in materia penale37, e ad esso ha fatto

seguito un programma di misure per darvi piena attuazione38.

Fondamentale è, infatti, la consacrazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie, destinato a diventare il leit motiv del “dopo-Tampere” (conclusione n. 37)39. Esso appare volto a realizzare la tanto

auspicata certezza del diritto a livello comunitario, assicurando che una decisione giurisdizionale pronunciata in uno Stato non venga messa in discussione in un altro Paese membro. L’attuazione di tale principio presuppone, ovviamente, un elevato grado di fiducia reciproca degli Stati membri, la quale a sua volta si fonda sulla «base comune costituita dal loro

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attaccamento ai principi di libertà, della democrazia e del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché dello Stato di diritto»40.

In seguito, la Risoluzione del Parlamento europeo sulla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale “Vittime di reati nell’Unione europea”41 espressamente afferma la

connessione tra il progressivo affermarsi del principio di libera circolazione delle persone e la necessità di elaborare norme specifiche a tutela della vittima: «Se la protezione delle vittime di reati originarie di uno Stato diverso da quello in cui hanno subito danni è carente, tale carenza, oltre ad essere contraria ai diritti dell’uomo, nuoce di fatto al buon funzionamento del mercato interno e alla libera circolazione delle persone che ne deriva»42.

5. La decisione quadro 2001/220/GAI relativa alla posizione della