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Le modalità della cooperazione giudiziaria penale nel Trattato d

6. Il Trattato di Lisbona

6.1 Le modalità della cooperazione giudiziaria penale nel Trattato d

La realizzazione di uno “spazio di libertà, sicurezza e giustizia” rappresenta una delle principali priorità dell’Unione (art. 3, n. 2)46. Il Trattato di Lisbona ha

innovato questa materia in modo particolarmente significativo, sottraendola al metodo intergovernativo47: ciò consente all’Unione di estendere la sua azione in

tale settore e di renderla più efficiente, trasparente e democratica.

Come anticipato, il Trattato in esame ha segnato, tra l’altro, la scomparsa dei “tre pilastri” e dei relativi strumenti normativi, incluse le decisioni quadro. Le materie che in passato appartenevano a tale settore, dunque, divengono competenze dell’Unione tout court, la quale potrà intervenire su di esse a pieno titolo mediante i “classici” strumenti normativi: il regolamento e la direttiva.

Una simile innovazione è sintomatica della presa d’atto dell’evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia, la quale ha condotto ad una progressiva assimilazione – dal punto di vista degli gli effetti negli ordinamenti interni – tra le decisioni quadro e le direttive. In questa direzione è opportuno ricordare la sentenza Pupino del 16 giugno 2005 (causa C-105/03), nella quale ha trovato espressione il principio secondo cui anche gli atti tipici del terzo pilastro sono destinati ad avere, sul piano del diritto interno, la medesima efficacia riconosciuta alle direttive non trasposte.

Ai sensi dell’art. 67, par. 3, TFUE, «l’Unione si adopera per garantire un livello elevato di sicurezza attraverso misure di prevenzione e di lotta contro la criminalità, il razzismo e la xenofobia, attraverso misure di coordinamento e cooperazione tra forze di polizia e autorità giudiziarie e altre autorità competenti».

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Il Trattato di Lisbona assegna alle istituzioni europee nuovi poteri nell’ambito dell’adozione delle norme relative allo “spazio di libertà sicurezza e giustizia”, a cui corrispondono necessariamente nuove responsabilità per la garanzia e la promozione dei diritti fondamentali delle persone (particolarmente coinvolti in questo settore).

Occorre, inoltre, assicurare la coerenza di tali norme, sino ad ora oggetto di una disciplina frammentaria all’interno dei tre distinti “pilastri”. Questo obiettivo va perseguito ispirandosi ai principi desumibili dal Trattato e dalla Carta dei Diritti Fondamentali, al fine di elevare gli standard di protezione.

Un ruolo particolarmente pregnante continua ad essere riconosciuto a principi cardine quali il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie penali e il ravvicinamento delle norme penali, ai sensi degli artt. 67 e 82 TFUE.

Quest’ultima norma afferma, inoltre, che «il Parlamento europeo ed il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano le misure intese a definire norme e procedure per assicurare il riconoscimento in tutta l’Unione di qualsiasi tipo di sentenza e di decisione giudiziaria; a prevenire e risolvere i conflitti di giurisdizione tra gli Stati membri; a sostenere la formazione dei magistrati e degli operatori giudiziari; a facilitare la cooperazione tra le autorità giudiziarie o autorità omologhe degli Stati membri in relazione all’azione penale ed all’esecuzione delle decisioni».

L’art. 82 TFUE, nell’ottica di uniformare le legislazioni nazionali degli Stati membri con l’introduzione di “norme minime” comuni a tutela di tali diritti48,

menziona espressamente i diritti delle vittime della criminalità, l’ammissibilità reciproca delle prove tra gli Stati membri49 ed altri elementi specifici della

procedura penale, che saranno individuati dal Consiglio mediante delibera adottata all’unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo, senza però impedire agli Stati membri di mantenere o introdurre un livello più elevato di tutela.

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Ai sensi dell’art. 83 TFUE, il Parlamento europeo ed il Consiglio, mediante direttive adottate seguendo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire disposizioni aventi ad oggetto sfere di criminalità particolarmente grave (terrorismo, tratta degli esseri umani, traffico illecito di stupefacenti e di armi, corruzione, ecc.), le quali presentano una dimensione transnazionale.

Il nuovo art. 83 TFUE precisa, inoltre, che possono essere stabilite tramite direttive norme minime nei settori oggetto delle misure di armonizzazione, quando ciò sia indispensabile ai fini dell’attuazione di una politica dell’Unione50.

Se uno Stato membro ritenga che un progetto di direttiva nelle materie di cui all’art. 82 o all’art. 83 TFUE sia in grado di incidere su «aspetti fondamentali del suo ordinamento giuridico penale», può bloccare la fase decisionale (c.d. “freno di emergenza”) e rimettere la questione al Consiglio europeo, affinché assuma una decisione all’unanimità. In difetto di tale decisione, il procedimento legislativo si interrompe, con un effetto negativo: il rallentamento della procedura di voto, che può essere paralizzata per la volontà di un singolo Stato membro.

Tuttavia, se almeno nove Stati membri sono d’accordo sul progetto, possono proseguire ricorrendo alla cooperazione rafforzata. In questo modo, si intende realizzare quella “Europa a due o più velocità”, che rimane la «strada obbligata per consentire ad una larga maggioranza di Paesi europei di procedere più speditamente nel processo di integrazione»51.

Il Trattato consente, poi, al Parlamento europeo ed al Consiglio di stabilire misure volte ad incentivare e sostenere l’azione degli Stati membri nel campo della prevenzione della criminalità (art. 84 TFUE), ambiti in cui sarà centrale l’intervento di Eurojust e della istituenda Procura europea (artt. 85 e 86 TFUE), fermo restando il campo della cooperazione di polizia52.

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