Sezione I: Lo statuto internazionale della vittima del reato
7. La proposta di regolamento relativo al riconoscimento reciproco delle
Tra le proposte avanzate dal Parlamento europeo e dal Consiglio si annovera, in primo luogo, quella concernente il regolamento relativo al riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile76, la cui base giuridica è
individuata nell’art. 81, paragrafo 2, lett. a), e) ed f), TFUE.
Tale strumento completa, estendendola al settore civile, la tutela offerta dalla direttiva sull’ordine di protezione europeo, al fine di rafforzare la protezione delle vittime di reato, che si avvarranno più facilmente della libertà di circolazione negli Stati membri. «In mancanza di un’applicazione effettiva in tutta l’Unione di un livello minimo di diritti per le vittime, la fiducia non è possibile. Ciò significa che i sistemi giudiziari devono avere piena fiducia nelle norme reciproche in materia di equità e giustizia e che i cittadini devono avere
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piena fiducia nelle norme reciproche in materia di equità quando viaggiano o vivono all’estero»77.
Obiettivo dell’adottando provvedimento, che si applicherà a decorrere dall’11 gennaio 2015, è infatti quello di garantire il riconoscimento in tutti gli Stati membri (ed eventualmente l’esecuzione) di misure di natura civile adottate da un determinato Paese a sostegno della vittima, qualora quest’ultima si sposti all’interno dell’Unione europea. Le previsioni dei due provvedimenti «non dovrebbero imporre l’obbligo di modificare i sistemi nazionali per le misure di protezione, ma lasciare agli Stati membri la facoltà di decidere quale sistema adottare per poter emettere o eseguire misure di protezione»78: la precisazione è
necessaria, dal momento che tale possibilità non è riconosciuta in tutti i Paesi europei.
Avvalendosi della clausola contenuta negli articoli 1 e 2 del protocollo allegato al Trattato sull’Unione europea e al Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea, la Danimarca ha deciso di non partecipare all’adozione del regolamento proposto. Pertanto, non sarà da esso vincolata ne! sarà soggetta alla sua applicazione79.
Il regolamento e! soggetto alla procedura legislativa ordinaria (procedura di codecisione): pertanto, in seguito all’approvazione della proposta, vi sono stati contatti informali tra il Consiglio dell’Unione europea ed il Parlamento europeo al fine di raggiungere un accordo in prima lettura. Inoltre, il “Gruppo per le questioni di diritto civile (Misure di protezione)” ha esaminato il testo proposto in riunioni periodiche.
I lavori sul provvedimento sono stati ulteriormente agevolati dal Consiglio “Giustizia e affari interni” che, in data 27 aprile 2012, ha adottato orientamenti su un approccio globale e un meccanismo semplificato, rapido ed efficiente per il riconoscimento delle misure di protezione in materia civile.
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Le discussioni svoltesi nel secondo semestre del 2012 hanno consentito notevoli progressi sul testo: mentre sembra emergere un ampio accordo sulle disposizioni e sui principali considerando del futuro regolamento, i considerando restanti e gli allegati dovranno essere ulteriormente discussi80.
La presidenza del Consiglio dell’Unione europea ha sottoposto al Coreper, in data 30 novembre 2012, un progetto di orientamento generale, invitandolo a esaminarlo quale pacchetto di compromesso per discuterne successivamente nell’ambito del Consiglio “Giustizia e Affari Interni” del dicembre 201281.
In seguito all’approvazione del Coreper, la Presidenza ha invitato il Consiglio ad approvare il pacchetto di compromesso sul progetto di orientamento generale nonché a chiedere che i lavori sul futuro regolamento siano ultimati a livello tecnico82. Il Consiglio dell’Unione europea – nell’ambito della riunione
svolta a Bruxelles nel dicembre 2012 – ha, quindi, concordato un orientamento generale sulla proposta di regolamento83.
Passando al contenuto, una volta definito il suo ambito di applicazione (che comprende tutte le misure di protezione adottate in materia civile, indipendentemente dall’autorità emanante), e specificata l’esclusione delle misure di protezione rientranti nel regolamento CE n. 2201/200384, la proposta
si preoccupa di definire la “misura di protezione”.
Con tale espressione si intende «qualsiasi decisione, a prescindere dalla denominazione usata, disposta dall’autorità emittente dello Stato membro d’origine conformemente al diritto nazionale e che impone uno o più obblighi» nei confronti di una persona ed al fine di proteggerne un’altra, qualora
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sussistano seri motivi per ritenere che la sua integrità fisica e/o psicologica o libertà siano in pericolo.
Si annoverano, in particolare, «il divieto di entrare o la regolamentazione dell’ingresso nel luogo in cui la persona protetta risiede o lavora, che essa frequenta o dove soggiorna regolarmente; il divieto o la regolamentazione di qualsiasi contatto con la persona protetta, anche per telefono, posta ordinaria o elettronica, fax o altro; il divieto di avvicinarsi alla persona protetta o la regolamentazione dell’avvicinamento alla stessa entro un perimetro definito» (art. 2).
È rimessa alle legislazioni nazionali l’individuazione delle autorità deputate ad adottare simili misure, purché in grado di offrire adeguate garanzie di imparzialità. Le decisioni emesse devono, inoltre, poter essere riesaminate ad opera di un diverso organo giurisdizionale (art. 2, n. 4).
Lo Stato che adotta la misura di protezione è quello in cui «l’integrità fisica e/o psicologica o la libertà della persona è minacciata» (art. 3). Si tratta, normalmente, dello Stato di residenza della persona protetta, cui è equiparato quello in cui essa si trovi, ad esempio, per ragioni di studio o di lavoro. Avvalendosi di un modulo standard (art. 5), le autorità competenti di tale Stato rilasciano un certificato – contenente una serie di informazioni sulla persona responsabile della violenza e quella protetta, sulla durata e sulla tipologia della misura disposta –, d’ufficio ovvero su richiesta della vittima.
La più recente formulazione dell’atto prevede che, indipendentemente dall’eventuale più lunga validità della misura di protezione, gli effetti del riconoscimento disciplinato dall’adottando regolamento sono limitati ad un periodo di sei mesi che decorre dalla data del rilascio del certificato.
In ottemperanza al diritto di comprendere cosa accade nel procedimento penale, la persona protetta può ottenere una translitterazione e una traduzione di tale documento.
La proposta di regolamento si preoccupa, inoltre (art. 5 bis), di enunciare i requisiti necessari per il rilascio del certificato, al fine di rispettare il diritto di difesa del soggetto nei cui confronti il provvedimento viene applicato. In primo
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luogo, la misura di protezione deve «essere stata notificata alla persona che determina il rischio conformemente al diritto dello Stato membro d’origine». Qualora il soggetto interessato sia contumace, egli deve comunque essere stato messo in grado di partecipare e di difendersi nel processo. Infine, nel caso in cui si sia in presenza di una misura applicata all’esito di una procedura in assenza del contraddittorio, il certificato può essere rilasciato «solo se la persona che determina il rischio ha avuto il diritto di contestare la misura di protezione a norma del diritto dello Stato membro di origine».
È, quindi, necessario notificare al soggetto che determina il rischio il certificato nonché un avviso che rende nota la sua applicabilità in tutto il territorio dell’Unione (art. 5 ter), avendo cura però di non comunicare, salvo casi eccezionali, il luogo in cui si trova la persona protetta.
Il certificato può essere rettificato o revocato nei casi di errore (art. 7), sulla base di quanto stabilito dalla normativa dello Stato membro di origine. Quindi, esso viene trasmesso, su iniziativa della persona protetta, alle autorità competenti dello Stato in cui essa intende spostarsi, nel quale la misura sarà automaticamente riconosciuta e, se necessario, eseguita (artt. 4 e 9).
Lo Stato membro richiesto ha la facoltà, ogni qualvolta ciò sia necessario, di adeguare gli elementi fattuali della misura al fine di renderla applicabile nel suo territorio (art. 8), avendo cura di notificare un’eventuale decisione in tal senso alla persona che determina il rischio.
Fondandosi il principio del mutuo riconoscimento sulla fiducia reciproca tra gli Stati membri, i motivi di non riconoscimento o esecuzione si individuano unicamente nella contrarietà all’ordine pubblico dello Stato membro richiesto e nella presenza di una decisione incompatibile con quella che deve essere riconosciuta oppure eseguita nell’ordinamento giuridico del Paese in cui la persona protetta intende spostarsi (art. 12).
L’abolizione delle procedure intermedie è compensata da misure volte a garantire il rispetto dei diritti fondamentali (art. 10). Inoltre, onde assicurare la “coerenza” della procedura, qualora la misura di protezione sia sospesa o
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annullata da parte del Paese che la ha adottata, anche lo Stato di riconoscimento deve fare altrettanto, su richiesta della persona che costituisce il pericolo.