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Processo penale e problematiche vittimologiche: la neutralizzazione della

Capitolo I: “La vittima del reato, questa dimenticata”

8. Processo penale e problematiche vittimologiche: la neutralizzazione della

neutralizzazione della vittima

Sul piano processuale, la tutela dell’offeso assume un’importanza ancora maggiore: è ovvio che la prima tutela della vittima coincide con l’identificazione e la conseguente condanna del reo. Tuttavia, una larghissima maggioranza dei reati denunciati rimane senza identificazione del colpevole. Anche la lunghezza eccessiva dei processi penali non giova alla tutela del soggetto passivo del reato. La dottrina vittimologica definisce la condizione della vittima nei procedimenti penali sulla base dei concetti di “ vittimizzazione primaria”, “neutralizzazione” e “seconda vittimizzazione”78.

Con l’espressione “vittimizzazione primaria”79 si allude alle conseguenze

dannose – di natura fisica, psicologica, sociale nonché economica – che la

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vittima patisce a causa del reato subito. Passando, poi, agli effetti indirettamente connessi al reato, occorre fare riferimento al fenomeno di “neutralizzazione della vittima” (con cui si individua la condizione di marginalità in cui è stato relegato l’offeso all’interno del procedimento penale) e alla “seconda vittimizzazione” o “vittimizzazione secondaria” (che include le conseguenze negative che possono derivare dall’impatto con il sistema della giustizia penale).

Per quanto riguarda la “neutralizzazione”, va constatato che la maggior parte degli ordinamenti positivi ha sottratto alla vittima gran parte delle sue funzioni e dei suoi poteri (emblematico, in tal senso, il vecchio sistema processuale italiano, delineato dal codice di procedura penale del 1930).

Bisogna rilevare che la vittima, già nella genesi e nella dinamica del reato, può subire un processo di neutralizzazione in base al quale il criminale, teso a costruire una sorta di autolegittimazione dell’azione criminosa, nega l’esistenza della vittima o comunque la svuota di ogni contenuto umano ed esistenziale, riducendola ad un’astrazione.

Nell’ambito del processo penale, inoltre, la persona offesa, che pur è il soggetto più direttamente colpito dall’atto criminale e meriterebbe la massima valorizzazione nel sistema della giustizia penale, ha la mera facoltà di informare l’autorità sulla perpetrazione del fatto, rivestendo poteri in ordine alla promozione del procedimento solo in casi limitatissimi.

A tal proposito può essere richiamato l’istituto denominato

Klageerzwingungsverfahren, contemplato dall’ordinamento tedesco, che mette a

disposizione della vittima un meccanismo di controllo per la corretta applicazione del principio di procedibilità d’ufficio. Esso consiste nella possibilità di impugnare la decisione del magistrato del pubblico ministero di non esercitare l’azione penale, e di adire prima l’organo gerarchicamente superiore della pubblica accusa, poi, in caso di ulteriore rifiuto, la Corte d’Appello statale, richiedendo un giudizio d’appello. L’organo investito di tale giudizio esamina ogni prova e argomentazione addizionale proposta dalla vittima e, se ritiene esistano fondati motivi, ordina alla pubblica accusa di

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procedere. In questo caso, è consentito alla vittima di unirsi al magistrato del pubblico ministero quale rappresentante della pubblica accusa. Anche in tale ipotesi, comunque, il meccanismo non è concepito per meglio tutelare gli interessi della vittima, ma per utilizzarla quale strumento di controllo della funzione pubblica di promozione dell’azione penale.

La vittima è, dunque, completamente “neutralizzata”, nonché priva di effettivi poteri probatori.

Essa può subire, in occasione del reato oggetto del procedimento, un danno di contenuto diverso – fisico, psichico, patrimoniale, affettivo o sociale – ma, nonostante ciò, essa non è “parte” processuale se non in senso restrittivo e subalterno.

Nell’ambito dei moderni sistemi della giustizia penale, la vittima costituisce un centro di interessi del tutto eventuale e accessorio, subordinato in modo totale alle esigenze dettate dalla tutela garantistica dell’imputato.

8.1 La seconda vittimizzazione

Con riferimento al fenomeno della c.d. “seconda vittimizzazione” (o “vittimizzazione secondaria”80), evidenziato dalla dottrina vittimologica per

descrivere la condizione della vittima nel processo penale, occorre in primis precisare come dalla commissione di un reato possano derivare, nei confronti di tale soggetto, diverse conseguenze: alcune sono direttamente connesse al fatto penalmente rilevante commesso, altre discendono dall’impatto con l’apparato giudiziario81.

Nel corso dell’iter procedimentale, spesso l’offeso viene trattato dagli investigatori e dagli operatori del sistema processuale penale in modo duro e brutale. Sovente, al fine di verificare la personalità dell’imputato e le caratteristiche del fatto criminoso, vengono messe in dubbio la sua credibilità e la sua moralità; è costretta a ripercorrere più volte narrazioni dolorose relative al reato, subendo in tal modo un ulteriore trauma psicoemotivo. Tutto ciò senza

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considerare gli attacchi provenienti dal difensore dell’imputato, nonché le minacce che possono provenire dall’accusato stesso o dai suoi complici82.

Non si può, dunque, negare che per alcune vittime il coinvolgimento nel sistema della giustizia penale costituisce un’esperienza traumatica, e ciò accade soprattutto nei riguardi dei soggetti più vulnerabili. Le difficoltà di utilizzare correttamente, in sede istruttoria e dibattimentale, le dichiarazioni e i contributi dei minori e delle donne vittime di delitti, spesso ancora traumatizzati dalle conseguenze del reato subito, riflettono il gravoso problema di conciliare, nell’esercizio del processo penale, le esigenze di natura pubblicistica tese alla persecuzione del reo e alla tutela della collettività con quelle di natura umanitaria di un trattamento sensibile ed adeguato alle esigenze delle vittime.

Molte legislazioni – ad esempio quella israeliana – hanno ritenuto opportuno affidare a personale specializzato, fornito di un’adeguata preparazione psicopedagogica, il compito di interrogare le giovani vittime di reati sessuali; saranno, poi, tali “mediatori” a deporre nella successiva fase dibattimentale. Altre legislazioni, ad esempio quelle scandinave, hanno addirittura escluso la sussistenza di un obbligo di deporre in capo alla vittima, allorché vengono messi in pericolo tanto i suoi diritti quanto la sua dignità personale. Negli Stati Uniti, a tutela delle vittime più deboli, esistono, presso ogni ufficio del pubblico ministero, servizi di assistenza legale, retribuiti con fondi pubblici, denominati “avvocati delle vittime”83.

Alcune correnti del pensiero vittimologico, considerando la posizione subalterna e priva di reali poteri assunta dalla vittima nell’ambito della procedura penale, auspicano la costituzione ex novo di un sistema rivoluzionario, fondato su principi civilistici, di mediazione tra reo e vittima, che assicuri efficaci misure di risarcimento e, più in generale, di assistenza a favore di quest’ultima.

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8.2 Altri fenomeni di vittimizzazione nell’ambito del processo penale

Qualche cenno meritano i fenomeni di vittimizzazione che, nell’ambito del processo penale, investono non l’offeso dal reato, ma altri soggetti del procedimento.

In particolare, vittima può talvolta essere il testimone che, oltre a ricoprire una posizione processuale estremamente scomoda, deve anche affrontare, in alcuni casi, le possibili reazioni vendicative dell’imputato o dei suoi complici, specialmente nei processi “caldi” contro il terrorismo o la criminalità organizzata.

Infatti, nella persona del testimone si concretano non solo l’esigenza della collettività di ripristinare, attraverso la repressione del reato, la pace sociale, ma altresì il diritto e la necessità per l’imputato di predisporre ed ottenere una difesa adeguata. Ma non può dimenticarsi, a fronte di tali esigenze spesso contrapposte e conflittuali, il dovere, da parte dell’ordinamento, di rispettare i diritti del testimone, cui non si deve derogare neanche di fronte alle superiori esigenze della giustizia. In caso contrario, il teste diviene una vera e propria vittima del meccanismo della giustizia penale.

Altrettanto esposti a vendette criminali sono i periti giudiziari, i giurati popolari della Corte d’Assise (numerosi sono i rifiuti a ricoprire questa pericolosa ma altissima funzione sociale), nonché gli avvocati nominati d’ufficio.

Alcune ipotesi di vittimizzazione particolarmente frequenti e clamorose sono state determinate, nel nostro ordinamento, anche dalla “legislazione dell’emergenza”, da cui è sorto il fenomeno del “pentitismo”. La deposizione del pentito, da mera prova indiziaria, è assurta a prova assiomatica, indiscutibile ed indiscussa, portando al verificarsi di casi giudiziari (e ad ipotesi di tragica vittimizzazione) addirittura clamorosi, che hanno avuto amplissima risonanza nell’opinione pubblica italiana, costituendo il germe sociale dell’esigenza della radicale trasformazione del sistema processuale della giustizia penale in senso accusatorio.

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