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Il rapporto di specialità bilaterale con la fattispecie di “Infedeltà

4. Dal c.d “Progetto Mirone”

6.7 Il rapporto di specialità bilaterale con la fattispecie di “Infedeltà

All’interno della riforma del diritto penale societario del 2002, le fattispecie di cui agli artt. 2634 e 2635 C.c. erano concepite come una sorta di “micro-sistema”, al quale era affidata la repressione delle condotte infedeli nella gestione del patrimonio societario266.

Astrattamente, il rapporto tra “corruzione privata” e “infedeltà patrimoniale” poteva essere considerato in due modi, tra loro alquanto differenti:

1) la fattispecie repressiva della “corruzione privata” assolve alla funzione di anticipazione della tutela penale del patrimonio societario. Si punisce la “corruzione privata” in quanto tale, ossia il patto corruttivo che vede l’agente corrotto impegnarsi a compiere atti contrari ai propri doveri posizionali in cambio di utilità. In tale prospettiva, le fattispecie di “corruzione” e di “infedeltà” si collocherebbero lungo una linea di progressione offensiva: dal pericolo astratto (incarnato dalla fattispecie corruttiva), al danno concreto (incarnato dalla fattispecie di infedeltà, incentrata sul compimento dell’atto infedele, cui consegue un nocumento a carico della società). A tale progressione di offensività, dovrebbe corrispondere una progressione di gravità delle sanzioni: la “corruzione privata” dovrebbe essere punita meno gravemente dell’“infedeltà patrimoniale”, tenuto conto che la prima rappresenterebbe, rispetto al bene oggetto di tutela (il patrimonio sociale), uno stadio di offesa ancora meramente potenziale.

2) la fattispecie di “corruzione privata” non assolve ad una funzione di anticipazione della tutela, bensì ad una funzione di specializzazione della stessa. Entrambe le fattispecie vertono su fatti concepiti secondo la medesima struttura fondamentale: la condotta infedele dell’agente idonea a sfociare in un pregiudizio effettivo a carico degli interessi

266 A.SPENA, La corruzione privata e la riforma dell’art. 2635 C.c, in Riv. it. dir. e proc. pen., fasc. 2, 2013, pag. 694

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patrimoniali della società. In tale ottica, all’opera di selezione primaria, affidata alla fattispecie di infedeltà, si aggiungerebbe l’opera di selezione secondaria, affidata alla fattispecie corruttiva. Compito, della fattispecie di “corruzione privata”, sarebbe quello di estrapolare, dal novero dei fatti già rilevanti ai sensi della fattispecie di “infedeltà patrimoniale”, quei fatti che trovano il proprio presupposto in un pactum

sceleris, al fine di assoggettarli ad un diverso trattamento giuridico-

sanzionatorio. Peraltro, occorre sottolineare come, in questa seconda ipotesi, i profili sanzionatori dovrebbero essere invertirti: la “corruzione privata” dovrebbe prevedere delle pene edittali più severe rispetto a quelle previste per l’“infedeltà patrimoniale”267.

Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, nell’impianto originario del progetto Mirone, i rapporti tra le fattispecie in esame erano improntati al primo modello, poc’anzi esaminato. I rapporti tra le due norme apparivano, tendenzialmente, lineari: la fattispecie di “Corruzione privata” - costruita come “reato di pericolo concreto” - era destinata a fungere da strumento di tutela anticipata rispetto all’effettiva lesione del patrimonio sociale, a sua volta sanzionata dalla fattispecie di “Infedeltà patrimoniale”. I due delitti si ponevano, quindi, lungo una “linea ideale di progressione dell’offesa”268.

I rapporti tra le due fattispecie erano, però, mutati a seguito delle modifiche apportate, alla fattispecie di cui all’art. 2635 C.c., nel corso del dibattito parlamentare. Com’è noto, si era assistito ad uno slittamento della rilevanza penale: dal pericolo concreto si era passati al danno. Ciò aveva determinato il venir meno della razionalità dei rapporti tra le due fattispecie e creato, al contempo, problemi di interferenza tra le stesse.

La sovrapponibilità tra le due fattispecie non era totale: ciò potava ad escludere l’esistenza di un rapporto di genere a specie. Ciò

267 A.SPENA, La corruzione privata e la riforma dell’art. 2635 C.c, in Riv. it. dir. e proc. pen., fasc. 2, 2013, pag. 694-695

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nonostante, l’area di possibile reciproca inferenza si presentava come particolarmente ampia. Nulla questio nel caso in cui, autore del reato fosse un “sindaco” o un “responsabile della revisione”: essi non erano (e non sono tuttora) ricompresi nel novero dei possibili soggetti attivi del delitto di cui all’art. 2634 C.c.. Discorso analogo valeva per le condotte omissive, anch’esse non ricomprese nella fattispecie generale di “Infedeltà patrimoniale”. Al di fuori di tali ipotesi, si collocava una vasta cerchia di situazioni, in relazione alle quali si determinava una vera e propria sovrapposizione tra le due fattispecie.

In quali rapporti si ponevano, quindi, le due fattispecie? La questione doveva essere inquadrata nell’ambito del “conflitto apparente di norme”: le due fattispecie si collocavano in un rapporto di specialità bilaterale. La fattispecie di “Infedeltà patrimoniale” appariva speciale tanto per aggiunta quanto per specificazione. Gli elementi specializzanti per aggiunta erano i seguenti:

- la più ampia cerchia dei soggetti attivi; - la richiesta del dolo specifico.

Gli elementi specializzanti per specificazione erano, viceversa, i seguenti:

- il dolo intenzionale;

- l’evento di “danno patrimoniale”;

- la condotta dell’intraneo, limitata ai soli atti di disposizione dei beni sociali.

La fattispecie di “Infedeltà a seguito di dazione o promessa di

utilità” si connotava, viceversa, in senso più restrittivo in relazione al

presupposto della condotta, non identificato in un generico conflitto di interessi, bensì, in una situazione molto più specifica e pregante: la percezione, o la semplice accettazione della promessa, di una qualche utilità.

Posto il rapporto di specialità bilaterale intercorrente tra le due fattispecie, la dottrina aveva individuato nel “criterio di assorbimento”

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quello maggiormente idoneo a derimere le relazione tra le due fattispecie.

Quale delle due fattispecie era idonea ad assorbire l’altra? In astratto, avrebbe dovuto essere quella di “Infedeltà a seguito di dazione

o promessa di utilità”: a parità di disvalore, in termini di evento, essa si

connotava per un più spiccato disvalore in termini di condotta. Quest’ultima, era, infatti, radicata su un mercimonio della funzione di gestione societaria. Sennonché, a tale maggiore gravità della fattispecie

ex art. 2635 C.c., il legislatore non aveva fatto corrispondere un

adeguato trattamento sanzionatorio. Entrambe le fattispecie prevedevano un medesimo massimo edittale (tre anni di reclusione), ma la fattispecie, teoricamente, meno grave, ossia quella di “Infedeltà

patrimoniale”, prevedeva un minimo edittale più elevato (sei mesi di

reclusione), rispetto all’altra, teoricamente, più grave (la quale prevedeva, quale minimo edittale, quindici giorni di reclusione269). Evidentemente, tale minor carico sanzionatorio sarebbe risultato assolutamente razionale solo con riferimento alla configurazione originaria, del delitto di cui all’art. 2635 C.c., in termini di “reato di pericolo concreto”.

L’effetto di questo “squilibrio” sanzionatorio, non poteva che essere quello di far prevalere, in termini applicativi, la fattispecie di “Infedeltà

patrimoniale”270: al fine di assicurare al sistema un minimo di intrinseca razionalità. In conclusione, lo spazio di operatività della fattispecie di “Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità” appariva

269 L’art. 2635 C.c. indicava solo il massimo edittale, tacendo, viceversa, sul minimo edittale. Al fine di individuare il minimo edittale era, quindi, necessario far ricorso all’art. 23, comma 1 C.p. il quale prevede che: “La pena della reclusione si estende da quindici giorni a ventiquattro anni (…)”

270 Come sottolinea, V.MILITELLO, Fondi neri e corruzione tra privati, in Riv. trim. dir. pen. econ., fasc. 4, 2012, pag. 918 la strada volta a far prevalere la fattispecie di “Infedeltà patrimoniale” è prevalsa anche in giurisprudenza. Infatti, eccezion fatta per un unico caso deciso dalla Corte di Cassazione nel 2013, non si ha traccia di applicazione giurisprudenziale della fattispecie di “Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità”, mentre, in relazione alla fattispecie di cui all’art. 2634 C.c., si trovano alcune, ancorché non numerose, applicazioni giurisprudenziali.

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circoscritto esclusivamente ai casi nei quali la violazione degli obblighi inerenti l’ufficio non si materializzasse in atti di disposizione dei beni sociali, bensì in comportamenti omissivi ovvero in operazioni non comportanti disposizioni patrimoniali271.

6.8 La mancata previsione della responsabilità “amministrativa”