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1.3 Principali ambiti di utilizzo dell’interpretazione a distanza

1.3.3 Contesto aziendale

Dopo aver descritto il contesto sanitario, e prima di passare in rassegna le caratteristiche del contesto istituzionale, si propone ora una disamina del contesto aziendale ed imprenditoriale. In questo ambito lavorativo, infatti, l‘uso di interpretazione dialogica presenziale e a distanza si è da sempre rivelato vitale per garantire il buon esito delle trattative tra aziende appartenenti a paesi diversi.

L‘uso di un interprete in questo contesto è legato ai casi in cui i rappresentanti di un‘azienda con trattative in corso con soci stranieri richiedano un supporto linguistico, in quanto non possiedono una competenza sufficiente per sostenere una conversazione nella

lingua straniera, specie se si affrontano tematiche specifiche, strettamente legate al commercio o alle dinamiche di acquisto.

Al giorno d‘oggi, in Europa è sempre più in voga l‘uso dell‘inglese come lingua veicolare, soprattutto nel contesto aziendale e manageriale; non sono più isolati i casi in cui i rappresentanti delle aziende europee preferiscono fare a meno degli interpreti ed utilizzare l‘inglese come lingua franca. Ciononostante, spesso si è costretti a ricorrere all‘uso dell‘interprete nei casi in cui si svolgano trattative con aziende provenienti da paesi in cui si parlano lingue rare o esotiche, o dai paesi di determinate zone, come l‘oriente o il sud-est asiatico.

Anche in questo ambito, gli studi svolti da Braun (2006, 2007, 2012) sono una ricca fonte di informazioni.

Per quanto riguarda le cause che sottostanno all‘introduzione dell‘uso di videoconferenza nel contesto aziendale, in maniera analoga agli ambiti precedentemente descritti ritroviamo il criterio economico. Braun (2012a: 38), infatti, afferma:

The advent of ISDN and desktop-based VC solutions had brought the cost of videoconferencing down considerably and had made VC technology an attractive communication solution for smaller companies, allowing them to communicate globally.

L‘uso della videoconferenza per facilitare lo svolgersi di trattative aziendali, anche senza la presenza di un interprete, è una pratica che risponde ad un‘esigenza della realtà odierna: oggi, infatti, le piccole e medie imprese sono sempre più internazionali e hanno i propri soci e clienti all‘estero. Per questo, hanno la necessità di mettersi in contatto con i paesi stranieri seppur aspirando a ridurre i costi e i tempi dei viaggi di lavoro (Braun 2007: 3). In seguito alle conseguenze drammatiche della crisi economica mondiale, questa esigenza appare ancora più urgente.

Braun (2006, 2007, 2012) si è soffermata sullo studio del contesto aziendale per molti anni: i risultati raggiunti nel corso dei diversi studi derivano dall‘analisi di interazioni tra rappresentanti aziendali mediate da interpreti attraverso la videoconferenza. Il suo progetto più conosciuto in questo settore specifico è il progetto ViKiS – Videoconferencing with

Il progetto ViKiS nasce da un interesse particolare di Braun per la tipologia conversazionale che comprende scambi in videoconferenza tra piccoli gruppi di persone. Braun ritiene infatti che suddetto ambito sia perfetto per studiare e definire la capacità di adattamento di un interprete al nuovo uso della videoconferenza (cfr. capitolo 1, paragrafo 3). Prima di definire modalità di ricerca e obiettivi del progetto, si procederà ad elencare le caratteristiche dell‘interazione tra piccoli gruppi di persone in videoconferenza. Nelle conversazioni a cui si farà riferimento non è previsto necessariamente l‘uso di un interprete, pertanto, le considerazioni effettuate sono valide sia per un contesto monolingue che per un contesto multilingue.

Una prima caratteristica di questo tipo di interazione ristretta prevede l‘utilizzo di un computer e di una webcam con posizione fissa, in modo da consentire a due o tre persone di potersi connettere simultaneamente da due posti diversi, laddove per più persone sarebbe necessaria, invece, un‘attrezzatura più sofisticata (Braun 2007: 4). L‘attrezzatura utilizzata è dunque solitamente piuttosto modesta, in quanto il numero dei partecipanti è ristretto: tale caratteristica comporta, a volte, alcune difficoltà tecniche.

In primo luogo, spesso le immagini che mostrano il volto dell‘interlocutore sono troppo piccole e con una scarsa risoluzione. Inoltre, è difficile che si stabilisca un buon contatto visivo tra gli interlocutori per tutta la durata della conversazione: i soggetti coinvolti, infatti, devono costantemente scegliere se guardare in volto gli interlocutori che compaiono sullo schermo davanti a loro, o se rivolgere lo sguardo alla webcam, in modo che la parte collegata a distanza abbia la vera e propria percezione di contatto visivo diretto. Questa esperienza è paragonabil a quella che si verifica durante le videochiamate effettuate tramite programmi quali Skype o simili: se un interlocutore, per tutta la durata della conversazione, concentra lo sguardo verso il volto dell‘altro interlocutore che appare sul suo schermo, non stabilirà un contatto visivo diretto. Inoltre, la qualità audio delle interazioni non è sufficientemente elevata, soprattutto quando si rilevano rumori di sottofondo nei rispettivi ambienti dell‘interazione (ib.).

In aggiunta, non va sottovalutato l‘eventuale ritardo audio che, oltre ad ostacolare la comunicazione in quanto costringe gli interlocutori a ripetere i loro enunciati, crea dei momenti di pausa non previsti. Tali pause sono fonte di imbarazzo e lasciano in sospeso la conversazione, tanto da indurre gli interlocutori a riempire questi vuoti il prima possibile: la diretta conseguenza di questo atteggiamento ricorrente è la sovrapposizione degli enunciati

(ib.).

Soffermiamoci ora sul progetto della Braun. Il progetto ViKiS, svolto col supporto finanziario del governo tedesco e condotto da Braun dal 1996 al 1998, ha come oggetto di studio le chiamate aziendali tra gruppi di interlocutori tramite videoconferenza con l‘utilizzo di un interprete. Come in altri studi descritti in precedenza, il progetto ViKiS ha utilizzato simulazioni di interazioni dialogiche tra membri di aziende, nelle quali si ricorreva ai servizi di interpreti professionisti chiamati ad interpretare come se fosse una situazione reale.

In occasione dello studio, è stata appositamente creata una postazione di lavoro per gli interpreti: in questo modo erano separati dagli altri due interlocutori, che a loro volta non condividevano lo stesso ambiente. Dunque, la modalità di interpretazione a distanza utilizzata era quella precedentemente definita remote interpreting (cfr. capitolo 1 paragrafo 1).

La postazione per gli interpreti disponeva di tutte le attrezzature necessarie per consentire all‘interprete lo svolgimento del servizio attraverso l‘uso della tecnica di simultanea piuttosto che della consecutiva (Braun 2012a: 38).

Nel progetto AVIDICUS e in altri studi condotti in ambito giudiziario, solitamente i partecipanti alla conversazione si dividevano in un numero ridotto (una o massimo due persone) per ogni ambiente coinvolto. Invece, nel progetto ViKiS i partecipanti erano divisi in due gruppi di tre o più persone nei due ambienti messi in collegamento tramite il sistema di videoconferenza.

L‘obiettivo principale dello studio era quello di stabilire se e in che modo gli interpreti sarebbero stati in grado di adattare le loro competenze e abilità a questa nuova situazione lavorativa. Lo studio ha preso in esame le registrazioni di undici sessioni di videoconferenza interpretate bidirezionalmente nelle lingue inglese e tedesco; i risultati sono stati raggiunti tramite l‘analisi delle registrazioni e delle risposte fornite a questionari ad hoc somministrati ai partecipanti con la finalità di stabilire che tipo di esperienza avessero vissuto (Braun 2012a).

I risultati del progetto ViKiS sono pressoché simili a quelli raggiunti nei principali studi svolti nei due ambiti precedentemente descritti.

In primo luogo, rispetto all‘interpretazione presenziale, i partecipanti allo studio hanno riscontrato una maggiore difficoltà nello scorrere della comunicazione e nello stabilirsi di una giusta empatia tra tutti gli interlocutori. Come già osservato in precedenza, la mancanza di empatia sperimentata costringe i partecipanti ad avere una reazione dannosa per la

comunicazione: inziano, infatti, a produrre enunciati incoerenti e a volte ripetitivi, in quanto non sono più certi che il loro messaggio arrivi fedelmente a destinazione. Oltre a queste complicazioni, indubbiamente, la comunicazione spesso non è favorita dalla scarsa qualità audio dei tipi di collegamento utilizzati (Braun 2012a).

In secondo luogo, gli interpreti partecipanti allo studio hanno notato che l‘affaticamento mentale tipico del lavoro di interpretazione compariva in anticipo rispetto a quanto osservato nella modalità classica di lavoro (Braun 2007: 7). Questo, dunque, andrebbe a sostegno della tesi sostenuta da Moser-Mercer (2005), secondo cui nell‘interpretazione a distanza gli interpreti si affaticano più velocemente.

Salvo la questione dell‘affaticamento, l‘opinione complessiva degli interpreti non era del tutto negativa; Braun (2012a: 39) sottolinea infatti che ―the interpreters believed that interpreting in this setting was feasible in principle, especially if the sound quality could be improved‖.

Nonostante ciò, Braun constata che, considerando l‘analisi delle registrazioni in seno al progetto, la qualità dell‘interpretazione molto spesso non era all‘altezza dei requisiti richiesti. Dall‘analisi delle interazioni, infatti, emerge una grande quantità di omissioni, generalizzazioni, imprecisioni, esitazioni e pause. In generale, si può quindi affermare che gli interpreti abbiano prestato poca attenzione alla correttezza degli enunciati prodotti per privilegiare l‘ascolto del testo di partenza. E‘ probabile che, come osservato per l‘interpretazione a distanza in ambito giudiziario, questo atteggiamento da parte degli interpreti sia dovuto alle maggiori difficoltà nell‘ascolto e nella comprensione del testo originale.

Per quanto riguarda la capacità di adattamento degli interpreti, Braun (2007, 2015) sottolinea che, nella maggior parte dei casi, gli interpreti sono riusciti a far fronte alle difficoltà poste dalla nuova modalità di interpretazione adattando correttamente ed intelligentemente le strategie e le tecniche acquisite nel loro percorso formativo. Contrariamente alle aspettative, gli interpreti sono stati anche in grado di adattare la loro capacità di gestione della comunicazione a questa nuova modalità, nonostante ―the interpreters felt they were required to adopt the role of a moderator, which posed a number of ethical problems, and led them to do more coordination than in traditional bilateral interpreting assignments‖ (Braun 2015: 11).

ambito sanitario e aziendale, emerge una complessiva convergenza di opinioni. Anche in questo contesto, infatti, basandosi sui risultati ottenuti dal progetto ViKiS, si può affermare che una formazione adeguata e una consolidata competenza professionale consentano agli interpreti di sfruttare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie per l‘interpretazione. Ciò permette di garantire un servizio di qualità, nonostante le difficoltà aggiuntive e le differenze rispetto alle interpretazioni dialogiche presenziali.

E‘ d‘uopo rileggere in quest‘ottica la considerazione di Braun (2007: 9), che rappresenta un interessante sbocco per il futuro dell‘interpretazione a distanza e per il futuro di molte altre professioni in cui sempre di più si fa un ampio uso di mezzi tecnologici: ―communication (including interpreting) has a strategic orientation, and human communicative competence includes a basic capacity for adaptation to new, unfamiliar and even ‗adverse‘ communicative situations‖.