2. Gli interpreti professionisti e l’interpretazione a distanza
2.1 L’interpretazione e i concetti di presence, remoteness e alienation
2.2.3 Lo studio di Roziner e Shlesinger
Lo studio appena descritto di Moser-Mercer giunge alla conclusione che la modalità di interpretazione a distanza deve essere svolta in turni di lavoro più brevi per gli interpreti professionisti in quanto prevede un maggiore affaticamento e, in alcuni casi, un declino nella qualità della resa. Ciononostante, se si osservano i risultati ottenuti nello studio svolto da Roziner e Shlesinger in seno al Parlamento Europeo, si riscontrano differenze significative.
Lo studio di Roziner e Shlesinger (2010) si è svolto nella sede del Parlamento Europeo a Bruxelles alla fine del 2004. Lo studio ha previsto la partecipazione di trentasei interpreti
professionisti di simultanea per la durata totale di un mese. Durante le prime due settimane, gli interpreti lavoravano in modalità simultanea presenziale seguendo le conferenze nella stessa sala in cui si stavano svolgendo; nelle restanti due settimane, gli stessi interpreti hanno lavorato in modalità simultanea a distanza seguendo le conferenze tramite un collegamento audio e video.
Nello studio, gli aspetti di maggiore interesse messi a confronto nelle due modalità lavorative sono stati i seguenti. Innanzitutto, un‘analisi delle proprietà fisiche e dell‘ergonomia dell‘ambiente di lavoro: ovvero, le cabine delle sale conferenze e le cabine costruite appositamente per la modalità di interpretazione a distanza. Inoltre, sono stati presi in considerazione tratti psico-fisici degli interpreti partecipanti: l‘affaticamento degli occhi dopo un‘intera giornata di lavoro, i disturbi somatici, le manifestazioni psicologiche di stress e burnout. Infine, è stata presa in considerazione anche la qualità delle rese dei vari interpreti. Andiamo ora ad esaminare uno ad uno i risultati ottenuti dallo studio di tali parametri.
In primo luogo, lo studio si è concentrato sull‘analisi delle proprietà fisiche dell‘ambiente di lavoro. Sono stati utilizzati i seguenti parametri per valutare la qualità dell‘ambiente di lavoro: il comfort dal punto di vista termico, la ventilazione adeguata e la circolazione d‘aria fresca, l‘illuminazione e l‘acustica. Dalle risposte ai vari questionari somministrati, si evince che gli interpreti non hanno espresso particolari lamentele o disturbi fisiologici mentre lavoravano nella modalità a distanza. Le cabine costruite appositamente per la simultanea a distanza, dunque, hanno rappresentato un ambiente di lavoro complessivamente soddisfacente: ―deviations from recommended conditions were small and did not point to a salient environmental factor that might have led to major discomfort or to other significant effects‖ (Roziner e Shlesinger 2010: 222).
In secondo luogo, lo studio ha preso in analisi il livello di ergonomia dell‘ambiente di lavoro, quindi delle cabine. Al fine di stabilire in che misura le cabine fossero ergonomiche, si è proceduto all‘osservazione degli interpreti per tutta la durata del lavoro. Nel corso di questa attenta analisi, particolare attenzione è stata riservata alla posizione che gli interpreti assumevano da seduti mentre svolgevano il loro lavoro, oltre all‘estensione di campo visivo che avevano di fronte (sullo schermo o oltre il vetro della cabine); inoltre, sono stati annotati i volti o i particolari sui quali maggiormente si soffermava la loro concentrazione visiva. Da ultimo, sono state anche registrate eventuali azioni o movimenti che i professionisti compivano mentre svolgevano il servizio di interpretazione. Dall‘analisi dei risultati, emerge
che entrambi gli ambienti di lavoro si sono dimostrati parimenti ergonomici: entrambi gli ambienti, infatti, rispettavano e soddisfacevano le condizioni adeguate e richieste dallo svolgimento del lavoro di simultanea. L‘illuminazione è stata l‘unica differenza di rilievo tra i due ambienti: infatti, se nell‘interpretazione presenziale l‘ambiente era più luminoso e consentiva agli interpreti di aver un maggiore senso di apertura visiva, in quella a distanza si sono sentiti più isolati e alienati a causa della maggiore oscurità dell‘ambiente di lavoro (ib.: 223).
La sensazione di estraneità è dovuta, secondo gli studiosi, anche alla mancanza di ―flesh-and-blood members of Parliament beyond the glass partition‖ (ib.: 227). Come veniva notato precedentemente, l‘interprete che lavora a distanza si sente più alienato ed estraneo allo scambio comunicativo in corso se di fronte a sé non ha delle persone in carne ed ossa a cui indirizzare direttamente parole, gesti e sguardi. Ciononostante, questa caratteristica è una questione puramente psicologica e, secondo Roziner e Shlesinger, non può essere compensata in nessun modo, neanche con il miglior impianto utilizzato in interpretazione a distanza. A questo proposito, i due autori suggeriscono di considerare anche il fatto che gli interpreti professionisti che hanno partecipato allo studio non avevano mai lavorato a distanza, ma avevano una grande esperienza nel campo dell‘interpretazione simultanea presenziale: da ciò potrebbe derivare una certa resistenza ad accettare la nuova modalità di lavoro. I due autori sottolineano, però, che è indispensabile un atteggiamento di apertura da parte degli interpreti e non di rifiuto aprioristico nei confronti dell‘interpretazione a distanza: un atteggiamento positivo, infatti, rappresenta la base per affrontare adeguatamente qualsiasi tipo di lavoro e per assicurare la buona riuscita del servizio prestato.
In merito all‘ergonomicità delle cabine utilizzate nello studio, ritroviamo una constatazione interessante, da sottolineare poiché riprende la questione della visuale sulla sala in cui si svolge la conferenza. Gli autori considerano infatti che, da un lato, il vetro della cabina permette di avere una visuale completa sulla sala conferenze; dall‘altro, però, a volte potrebbe avere svantaggi rispetto agli schermi utilizzati nelle cabine a distanza. Infatti, secondo Roziner e Shlesinger (ib.: 224):
[…] the RI setting has a distinct advantage over the on-site one: all of the interpreters were able to see these objects in the center of their visual field at a size that enabled them to distinguish details easily without visual strain, whereas the visual
angle and the distance from the speaker in a considerable number of on-site booths were less favorable, due to architectural constraints, so that only some of the interpreters were able to perceive all the relevant visual details clearly.
La constatazione fatta da Roziner e Shlesinger è interessante, in quanto pone l‘accento sul fatto che, mentre nelle cabine installate nella sala conferenze potrebbero esserci degli ostacoli per una buona visuale sulla sala per motivi architettonici o di posizionamento, negli schermi delle cabine a distanza, non solo l‘immagine proiettata è uguale per tutti gli interpreti in qualsiasi posizione si trovino, ma lo schermo permette di avere dei primi piani e di soffermarsi su particolari che, con la sola vista naturale, l‘interprete non sarebbe in grado di cogliere.
All‘interno delle considerazioni effettuate in termini di ergonomicità dell‘ambiente di lavoro, occorre soffermarsi anche sulla postura assunta dagli interpreti partecipanti allo studio. La postura più corretta dal punto di vista ergonomico è stata assunta soprattutto dagli interpreti che lavoravano a distanza (ib.); la postura più scorretta, al contrario, è stata assunta principalmente dagli interpreti che lavoravano nella sala conferenze. Per ―postura scorretta‖ si intende stare ricurvi sulla schiena favorendo una protensione del corpo in avanti; inoltre, la postura scorretta prevede torsioni o posizioni inadeguate di collo e bacino. La ―postura corretta‖, d‘altro canto, prevede che sia il bacino che la zona dorsale siano in contatto con lo schienale della sedia e che anche la testa sia mantenuta in posizione eretta. Nel lavoro di interpretazione simultanea in generale, si nota come gli interpreti adottino, nella maggior parte delle volte, una postura scorretta. Questo è dovuto indubbiamente alla situazione di pressione e stress a cui sono sottoposti: gli interpreti, infatti, tendono a sporgersi in avanti con il corpo perché, concentrati al massimo delle loro capacità sul lavoro da svolgere, non prestano attenzione alla posizione che stanno tenendo. Inoltre, inconsciamente, gli interpreti tentano di avvicinarsi il più possibile al microfono che negli impianti utilizzati è spesso fisso: anche per questo motivo, dunque, il corpo degli interpreti subisce un‘oscillazione in avanti. Secondo gli autori, il fatto che gli interpreti partecipanti allo studio nella maggior parte dei casi abbiano assunto la posizione corretta mentre svolgevano il lavoro in modalità di interpretazione a distanza può essere ricondotto al seguente motivo. Nell‘interpretazione presenziale gli interpreti si trovano dietro un vetro, pertanto sanno che possono essere visti in qualsiasi momento: per questo motivo, gli interpreti ―adopt a more ‗formal‘ position, rather
than leaning on the backrest of their chairs (the desirable position)‖, (Roziner e Shlesinger 2012: 227). La preoccupazione di essere visti dai partecipanti alla conferenza mentre svolgono il loro lavoro non si presenta nella modalità a distanza, in quanto l‘interprete è solo ed isolato dal resto dei partecipanti. Si conviene, dunque, che in alcuni casi l‘interpretazione simultanea a distanza permetta agli interpreti di assumere, quasi inconsciamente, una postura più corretta durante lo svolgimento del lavoro, a differenza di ciò che accade nella modalità classica di interpretazione.
In terzo luogo, lo studio ha preso in esame l‘affaticamento della vista degli interpreti. In un caso, l‘occhio degli interpreti guardava ciò che accadeva attraverso un vetro; nell‘altro, l‘occhio doveva costantemente fissare lo schermo a disposizione. Le pupille degli interpreti sono state esaminate una volta terminati i turni di lavoro nelle due tecniche, tenendo conto che quanto più una pupilla fosse dilatata, maggiori erano lo stress e l‘affaticamento subìti dal soggetto. Nel raffronto tra le pupille degli interpreti in modalità di lavoro presenziale e a distanza non sono state riscontrate differenze significative o di importanza clinica: per questo motivo, lo studio conclude che non c‘è motivo di sostenere che, con l‘interpretazione a distanza, la vista si affatichi di più di quanto non avviene nell‘interpretazione simultanea presenziale (Roziner e Shlesinger 2012).
In quarto luogo, è stata presa in considerazione la componente somatica degli interpreti in seguito ai turni di lavoro. Nei questionari a loro somministrati, gli interpreti avevano il compito di indicare qualora, nel corso della durata dello studio, avessero notato disturbi del sonno, problemi di memoria o difficoltà di concentrazione. In aggiunta, gli interpreti dovevano riferire eventuali sintomi di mal di testa, irritazioni cutanee o disturbi intestinali: tali disturbi sono, infatti, tipicamente legati alla manifestazione psicosomatica dello stress (Kimyai-Asadi e Usman 2001 in Roziner e Shlesinger 2012). Oltre a ciò, agli interpreti partecipanti allo studio sono stati misurati periodicamente il battito cardiaco e la pressione del sangue; infine, sono stati analizzati campioni di saliva raccolti sporadicamente durante i turni di lavoro. Dall‘analisi dei risultati non sono emerse differenze significative legate alle due modalità di interpretazione; l‘unica differenza risiede nel fatto che alcuni sintomi di dolori alla testa e di sonnolenza fossero stati riscontrati dagli interpreti nel‘arco di tempo in cui svolgevano il lavoro a distanza (Roziner e Shlesinger 2012).
In quinto luogo, è stato misurato il sintomo principale dello stress dal punto di vista psicologico: l‘affaticamento (fatigue). Secondo Roziner e Shlesinger (ib.: 234),
l‘affaticamento ―can be evaluated by measuring burnout and the need for recovery, as well as behaviors aimed at coping with stress, such as alcohol consumption‖.
Il burnout (o esaurimento, o affaticamento estremo) può definirsi come ―a response to stressors, represented by a combination of symptoms, such as emotional, physical and mental exhaustion; feelings of helplessness, hopelessness and entrapment‖ (Shirom 1989, in Roziner e Shlesinger 2010). Anche in questo caso, agli interpreti è stata data la possibilità, tramite l‘uso di questionari, di riferire eventuali sintomi di burnout o di affaticamento durante o in seguito alle loro prestazioni. Il dato più interessante che emerge dai risultati ottenuti è il seguente. Osservando le considerazioni effettuate dagli interpreti, si nota che l‘interpretazione a distanza è stata percepita come un lavoro più stressante rispetto all‘interpretazione presenziale: a sostegno di questa tesi, i partecipanti riportavano, ad esempio, la difficoltà derivante dall‘ avere una visuale ridotta sulla sala della conferenza, o l‘impossibilità di osservare il feedback da parte del pubblico. Stando alle considerazioni soggettive degli interpreti, dunque, l‘interpretazione a distanza sarebbe più stressante rispetto a quella presenziale. Tuttaviaa, queste considerazioni sono in netto contrasto con i risultati ottenuti dalle misurazioni oggettive dei fattori di stress descritti precedentemente, secondo i quali, nei soggetti in entrambe le modalità non sono state riscontrate differenze significative (Roziner e Shlesinger 2010). E‘ evidente, dunque, che esiste una discrepanza tra la percezione soggettiva che gli interpreti hanno dell‘interpretazione a distanza e i risultati oggettivi che provengono dai test effettuati su di loro. La discrepanza tra oggettività dei risultati e soggettività degli interpreti è uno degli aspetti più problematici che concernono lo studio dell‘interpretazione a distanza: molto spesso, infatti, risulta complesso separare adeguatamente i due ambiti (soggettività ed oggettività) al fine di trovare conclusioni definitive. Da ciò ne consegue che, nel campo dell‘interpretazione a distanza, uno degli obiettivi da perseguire con ulteriori ricerche è quello di riuscire ad ottenere più risultati oggettivi completamente separati dalle percezioni soggettive che gli interpreti hanno della modalità di lavoro o della resa effettuata. Quest‘obiettivo è riconosciuto e condiviso anche da molti altri studiosi in letteratura, tra cui Braun (2012, 2015).
Le suddette considerazioni permettono di collegarci all‘ultimo tema affrontato dallo studio di Roziner e Shlesinger: la qualità della prestazione degli interpreti. Nello studio effettuato sono stati utilizzati due criteri per valutare la qualità delle rese. Da un lato, è stato chiesto agli interpreti di esprimere un loro giudizio sul lavoro svolto; dall‘altro, è stato chiesto
al pubblico partecipante alle varie conferenze interpretate di esprimere un giudizio sui servizi di interpretazione di cui hanno usufruito. I risultati, anche in questo caso, sono stati altamente discordanti. Gli interpreti hanno complessivamente valutato positivamente la loro prestazione nella modalità di lavoro presenziale e negativamente la loro prestazione nella modalità di lavoro a distanza. Questa netta differenziazione, secondo gli autori, potrebbe dipendere dalla resistenza alla nuova modalità: ―the interpreters‘ low self-ratings could have stemmed from their initial objection to RI‖ (Roziner e Shlesinger 2010: 238).
Il pubblico, a cui è stato chiesto di fornire un giudizio sulle rese degli interpreti non era a conoscenza della diversa provenienza degli audio che ascoltava. Non sapeva, dunque, se l‘interpretazione che stava ascoltando veniva effettuata da un interprete in sala o da un interprete che lavorava a distanza. Inoltre, al fine di assicurare un‘imparzialità nei giudizi, al pubblico sono stati forniti parametri generali a cui attenersi per valutare la qualità delle prestazioni. Dall‘analisi dei risultati emerge che i giudizi più negativi sono stati dati alle rese effettuate da interpreti che lavoravano a distanza: ciononostante, la differenza rilevata tra i giudizi positivi e negativi, non raggiungeva la significatività statistica (ib.). Anche in questo caso, come nello studio di Moser-Mercer, si rileva una importante discrepanza: quella tra le percezioni soggettive degli interpreti e le percezioni degli utenti finali.
Per concludere, dallo studio svolto in seno al Parlamento Europeo e condotto da Roziner e Shlesinger (2010) si possono trarre le seguenti considerazioni generali.
In primo luogo, emerge la difficoltà di riuscire a separare adeguatamente i risultati che emergono dalle misurazioni oggettive dei dati e le percezioni soggettive degli interpreti. A questo proposito, occorre tenere conto della resistenza da parte degli interpreti alla nuova modalità di interpretazione a distanza, e più in generale dell‘apprensione e preoccupazione tipica dell‘essere umano verso tutto ciò che è nuovo e che presuppone un cambiamento: questi atteggiamenti hanno come conseguenza una percezione negativa della nuova modalità di lavoro.
Inoltre, nello studio non sono emerse differenze significative tra l‘interpretazione presenziale e quella a distanza per quanto riguarda l‘ambiente di lavoro e la sua ergonomicità; la stessa conclusione può essere tratta considerando i parametri che riguardavano lo stress, la salute degli interpreti e la qualità della prestazione.
Da ultimo, dallo studio emerge che per la modalità di interpretazione a distanza, occorrono impianti affidabili, moderni e di ottima qualità; inoltre, le condizioni di lavoro
devono essere idonee agli interpreti.
Per concludere, Roziner e Shlesinger (2010) sostengono che l‘interpretazione a distanza rappresenti una modalità che può sostituire adeguatamente l‘interpretazione presenziale, in quanto non sembra comportare delle differenze significative tra i due metodi, sia in termini di qualità della resa, sia in termini di implicazioni psico-fisiche per gli interpreti professionisti.
I due studiosi, dunque, contrastano l‘allarmismo degli interpreti professionisti nel momento in cui hanno dovuto confrontarsi con l‘interpretazione a distanza; i risultati del loro studio, infatti, sconfessano totamlente l‘opinione comune, secondo cui la nuova modalità di interpretazione comporta un declino nella qualità della resa e debiliti gli interpreti dal punto di vista psicologico e fisiologico.
Per concludere, si rilevano considerazioni generali da entrambi gli studi considerati in questa sezione. Innanzitutto, emerge la necessità di svolgere ulteriori ricerche al fine di comprendere in maniera più precisa quanto le percezioni soggettive degli interpreti siano veritiere ed affidabili e se effettivamente e in che misura la qualità della loro prestazione subisca un calo durante l‘interpretazione a distanza. Inoltre, si evince che non bisogna sottovalutare il fattore della soggettività degli interpreti: infatti, l‘avversione o la resistenza alle nuove modalità di lavoro potrebbe rappresentare un freno e l‘origine della mancanza di motivazioni per svolgere adeguatamente il lavoro. Ciò potrebbe risultare particolarmente vero per gli interpreti con più esperienza e anni di lavoro alle spalle. Abituati a lavorare nelle condizioni classiche, essi assistono ora al mutamento repentino del contesto lavorativo in seguito allo sviluppo delle TIC e delle nuove richieste del mercato, ed essendo quest‘ultimo sempre più grande, diverso e in rapida espansione, potrebbero opporre delle resistenze rispetto all‘utilizzo dell‘interpretazione a distanza, modalità che inevitabilmente sconvolge anche le consuete tecniche e strategie.
Delle reazioni e delle opinioni degli interpreti professionisti e di tutti i soggetti coinvolti negli scambi comunicativi che prevedono l‘uso di interpretazione a distanza si discuterà nella seguente sezione.