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Il contesto storico-­‐teorico 48

1.4   La nozione classica (o "chiusa") La legalità dallo stato liberale allo stato (legislativo)

1.4.1   Il contesto storico-­‐teorico 48

Come dovrebbe ormai esser chiaro, è impresa ardua "datare" con precisione la nascita del principio di legalità. La polisemia stessa del concetto costituisce l'ostacolo principale. Di fatto, sul continente, il primo settore in cui la legalità e la sua funzione garantista vengono stipulate dalla scienza giuridica come fondanti è nel [campo del] diritto penale: sia perché la potestà punitiva dello stato “è la peggiore delle oppressioni”115; sia perché il diritto alla vita è il primo fondamento dello stesso pactum

subiectionis teorizzato da Hobbes come fondamento del Leviatano; sia perché, ancora

all’epoca del primo liberalismo, il potere era concentrato nelle mani del re, e proprio questo [potere del] re andava sottoposto a limiti, onde evitare che i cives continuassero a subire ogni tipo di abuso senza poter reagire (i.e. richiedere l’intervento di un giudice terzo ed imparziale)116. La valenza appunto normativa e garantistica del principio,nel riverbero della giustiziabilità, è già qui evidente, e con formulazione più o meno costante si trasmette sino alle moderne carte dei diritti117.

In questo senso, però, un confronto tra [evoluzione della] legalità penale e [evoluzione della] legalità amministrativa potrebbe risultare fuorviante118: funzione

115 Cfr. L.FERRAJOLI, Diritto e ragione, cit., passim.

116 È questo il senso della famosa frase “ci sarà pure un giudice a Berlino”, pronunciata come vuole la tradizione da un mugnaio di Potsdam al tempo dell’impero prussiano.

117 B.SORDI, op. cit., 2 ss.

118 «La prima si erge precocemente contro una giustizia criminale che lo Stato moderno ha costruito come potente apparato repressivo ed immediatamente si riverbera sul piano dei diritti fondamentali, trovando quasi sempre collocazione nelle relative dichiarazioni; la seconda, anche quando conquista un rango costituzionale, trovando collocazione esplicita o implicita nelle diverse carte nazionali, stenta invece ad “individualizzarsi” e resta confinata, ora sul piano alto, ma non di rado diafano, dei principi dello Stato di diritto […]; ora arretra su di un piano di mera razionalità organizzativa, limitandosi ad una “obiettiva funzione ordinativa”, secondo l’icastica definizione di Mario Nigro», così B.SORDI, op.

primordiale del Leviatano settecentesco, appunto, era in primis garantire la vita da ingiustificate aggressioni, ed è per questo che sin da subito la legalità ha assunto un ruolo centrale nella (o meglio, contro la) teoria dei poteri dello stato119. Come ben messo in evidenza da Bernardo Sordi, l’amministrazione invece per lungo tempo non è stata percepita come uno dei poteri dello stato, ma come il mero apparato esecutivo della volontà del re (prima) e della legge (poi). In questo senso, perciò, non si è sviluppato sin dall’inizio un principio di legalità amministrativa simile a quello penale: se la legalità è una garanzia contro i poteri, ove non si riconoscono questi ultimi, non si sente nemmeno il bisogno di una meta-norma di salvaguardia dei diritti dei cittadini che limiti ed indirizzi questi poteri.

Ed è solo quando, all'inizio dell'ottocento con la divaricazione tra legis-latio e

legis-executio120, l’amministrazione ha cominciato a individualizzarsi come apparato

burocratico dotato di poteri autonomi, che si è cominciato ad avvertire quel bisogno di «giustizia nell’amministrazione», di «legalità come garanzia»121, come cristallizzato poi nella nostra carta costituzionale122. Così, dalla (sola) legalità penale si passa più propriamente allo stato [legislativo] di diritto, in cui «è una fonte legale il presupposto necessario di ogni manifestazione dell’autorità»123, a garanzia dei diritti di libertà dei cittadini124. Di qui, poi, avviene un’altra espansione della struttura dello stato di diritto, che supera quel «costituzionalismo primitivo» del tardo ottocento125 e che vede al centro

119 Non altrettanto poteva dirsi del diritto amministrativo: ben più recente, come “creazione”, dello stesso diritto penale, e soprattutto non posto a salvaguardia del bene fondamentale “vita”, come tale non considerato quindi come possibile campo di applicazione di un principio di (stretta) legalità; v. anche G. ROSSI, op. cit., 18 ss.

120 Cfr. B.SORDI, op. cit., 8 ss.; v. anche G.ROSSI, op. cit., 25 ss.

121 Cfr. B.SORDI, op. cit., 15 ss.; non vi è un dubbio, comunque, che vi sia stata una mistificazione, perchè «la separazione tra giustizia e amministrazione si è tradotta in una generale immunità dal sindacato giurisdizionale», ivi, 9 ss.; «il campo dell’ “amministrazione pura” si erge per definizione come un grande spazio di potere lontano dalla copertura normativa della legge e resistente al controllo giurisdizionale», questo perché l’amministrazione era l’ultimo baluardo del potere libero regio nei confronti della legge, ivi, 10 ss.

122 A dire il vero la legalità amministrativa prima di essere costituzionalizzata ha una lunga gestazione interna alla sfera burocratica, e non può non sottolinearsi la sua rilevanza sistematica nella costruzione della parte generale del diritto amministrativo; le cui costruzioni vengono poi, appunto, fissate in Costituzione, cfr. ivi, 17 ss.

123 Ivi, 9 ss.

124 Compiendo così «il cammino dall’amministrazione privilegiata all’amministrazione di garanzia […]», ivi, 24 ss. Sempre secondo Sordi, rule of law e “stato di diritto”, come modelli, si sarebbero infine riavvicinati, il secondo verso il primo: «la legalità, come ha ben visto l’art. 41 della Carta di Nizza […] non può né deve essere il suo [dell’amministrazione, n.d.s.] metro esclusivo. Non va escluso quindi che le funzioni di garanzia che il modello continentale ha, sin dalla fine del Settecento, attribuito alla legge, non debbano tornare a rifluire, in misura più o meno ampia, verso la giustizia», ivi, 28 ss.

proprio l’espansione del ruolo della pubblica amministrazione126. Dall’assicurazione (solo) dei diritti di libertà, propria delle liberal-democrazie del tardo ottocento, si passa infatti alla previsione, prima nella legge e poi nelle costituzioni, dei diritti sociali: e depositaria, in primis, della loro cura, è proprio, almeno sul continente, la pubblica amministrazione. Questa correlazione tra poteri e (tutela dei) diritti non abbandonerà mai l’evoluzione del principio di legalità127: anzi, si può dire che ne è la vera e unica ratio; quella cioè di minimizzazione dei poteri, pubblici e privati, che altrimenti per loro stessa natura tendono ad accumularsi e a prevalere su quelli più deboli.

Bisogna però fermarsi qui, che in pochissime righe saremmo già arrivati alle social-democrazie della seconda metà del novecento, e tornare alla legalità dello stato settecentesco e ottocentesco. Abbiamo detto che la portata garantistica del principio inizialmente non riguarda la pubblica amministrazione. L'altro senso in cui il principio può essere inteso però, quello che governa le fonti del diritto nello stato post- rivoluzionario, è già presente, almeno in Francia128. La legge è suprema, e il re può esigere obbedienza solo in base ad essa, poichè essa incarna appunto la volontà generale, nella rigidità dell'ideale rivoluzionario. Ideale rivoluzionario che si sostanzia a sua volta nel mito di una di una legge che «possa auto-eseguirsi attraverso la società dei cittadini attivi»129. Si tratta di un circolo chiuso. Non c'è una legalità amministrativa perchè non c'è ancora un'amministrazione, o meglio perchè l'amministrazione è ancora considerata come mera arrività materiale - essa si forma progressivamente, in un percorso lento ma continuo di, da un parte, "erosione" di funzioni da altre istituzioni; dall'altra, di creazione di nuove funzioni in questo senso originarie. In questa emersione del momento

amministrativo sta, secondo Sordi130, la peculiarità della declinazione continentale del principio della separazione dei poteri, peculiarità che assume rilevanza meta-teoretica considerando come Montesquieu, nell'elaborazione del modello tripartito, si riferisca al sistema istituzionale dell'Inghilterra: riferimento che oggi viene revocato in dubbio, dato che almeno secondo la vulgata tradizionale, un diritto amministrativo inglese compiuto non si formerà prima del novecento.

Solo con la nascita dello stato “moderno”, nel passaggio cioè dallo stato di polizia allo stato liberale per il tramite delle rivoluzioni, nasce anche l’idea di “legalità” per come

126 Cfr. G.ROSSI, op. cit., 16 ss. 127 Cfr., B.SORDI, ivi, 9 ss. 128 Ivi, 3 ss.

129 Ivi, 3 ss. 130 Ivi, 3 ss.

verrà poi intesa per quasi duecento anni, nel senso, finalmente garantistico, di supremazia della legge contro i poteri liberi e selvaggi131. In altre parole:

«La primissima teorizzazione del principio di legalità amministrativa in funzione di garanzia dei diritti individuali si deve all'intepretazione liberale del fenomeno rivoluzionario. E' il pensiero liberale, all'inizio dell'Ottocento, a spingere per una ridefinizione degli strumenti di difesa dei soggetti nei confronti

del potere. La pericolosa deriva della sovranità,

drammaticamente svelata dal Terrore, ha dissolto l'armonia prestabilita tra sovranità e diritti»132.

Auctoritas non veritas facit legem: è questo il mutamento di quella che gli

anglosassoni definirebbero come rule of recognition, e che in quel determinato momento storico comporta il passaggio da un sistema di tipo poliziesco, dove cioè non vi erano limiti ai poteri dell'autorità nei confronti dei sudditi, ad un sistema di tipo liberale, dove i pubblici poteri possono andare ad intaccare le libertà dei cittadini solo previa autorizzazione della fonte legislativa. La legalità si lega così, secondo alcuni indissolubilmente, non solo alla separazione dei poteri ma anche alla sovranità. Nasce cioè come paradigma di rispetto delle regole stabilite nel patto di convivenza all’origine dell’ordinamento costituito, in funzione della salvaguardia dei diritti di tutti133, e come principio di organizzazione della nuova statualità134, nel superamento di quello stato di natura in cui, invece, l’unica regola vigente è l’homo homini lupus.

In tal senso, questa genesi normativa, eteronoma, garantista e controfattuale della legalità viene espressa in modo più compiuto dalla formula rule of law piuttosto che dalla continentale “stato di diritto”135. Analizzeremo approfonditamente l'evoluzione

anglosassone in seguito. Qui basti accennare al perchè, ed in questo senso si pensi al fatto che il primo modello citato si sostanzia nella ripresa letterale della aristotelica contrapposizione tra governo delle leggi e governo degli uomini; e implica la sua pervasività nei confronti dei poteri “privati”, cioè la capacità di regolare (ie. limitare) non tanto le manifestazioni dei pubblici poteri quanto [soprattutto, nell’Inghilterra del primo liberalismo classico136,] le dinamiche dei rapporti inter cives137.

131 Cfr. B.SORDI, op. cit., 3 ss.

132 Ivi, 7 ss., richiamando P.COSTA, op. cit., passim.

133 All’inizio solo del più importante, quello alla vita; successivamente, come stiamo per vedere, anche degli altri diritti fondamentali, quali i diritti politici, civili e sociali.

134 Cfr. B.SORDI, op. cit., 9 ss.

135 O rechtsstaat, o ètat de droit, o estado de derecho.

Quest'ultima precisazione acquista importanza, considerando che nella declinazione continentale del principio, a seguito dell'elaborazione liberale138 esso si "salda" progressivamente alle sole potestà pubbliche, cioè ai poteri della nascente istituzione dello “stato-nazione”139. Vi è una scissione della [portata della] legalità, che si allontana dal campo dei rapporti privatistici per andare ad “governare” (cioè a porre limiti e vincoli) solamente i rapporti tra cives e autorità statale. Nel diritto privato, la legalità sarà sempre più progressivamente vista come limite esterno, di delimitazione della sfera privata, all’interno della quale invece lo stato non può e non deve “intromettersi”: mistificando così la natura omnicomprensiva di minimizzazione di tutti i poteri, come vedremo, propria del paradigma legalistico140.