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La crisi del positivismo giuridico 87

1.7   I fattori della crisi, della legge [e] dello stato 76

1.7.4   La crisi del positivismo giuridico 87

Dal punto di vista meta-teorico, queste tendenze fattuali e, in un certo senso, spontanee, provocano la crisi non solo del concetto di legge per come elaborato dal positivismo della prima metà del novecento, ma, secondo molti303, del positivismo stesso, in tutti e tre i sensi che ne individua Norberto Bobbio304. Il positivismo fallisce cioè nel dare conto di queste nuove tendenze - e dunque se ne predica, ove non sia già avvenuto, il superamento: basti richiamare, in questo senso, l'eloquente articolo dell'ex presidente della Corte Costituzionale Antonio Baldassare, Miseria del positivismo giuridico305.

Nuovi, o anche vecchi, paradigmi, si confrontano nelle diverse interpretazioni dei fenomeni in corso cercando di riempire quello spazio lasciato vuoto, nella scienza giuridica, proprio dal positivismo novecentesco. Il primo è, senza nemmeno dirlo, il diritto naturale, o come viene chiamato di questi tempi, neo-giusnaturalismo306. Nelle sue numerose varianti, mantiene comunque un nucleo centrale nella considerazione che il diritto sia costitutito innanzitutto da valori che pre-esistono ai testi legislativi, in altre che parole la cui positivizzazione non fa altro che confermarne l'originarietà. Questo sarebbe

299 Ivi, 151 ss.

300 A. BURGIO, De-regolare e reprimere, in A. Burgio, (a cura di), La forza del diritto, Derive Approdi, Roma, 2003, 13 ss., come richiamato da L.CIMELLARO, op. cit., 152 ss.

301 V. DOMENICHELLI, Regolazione e interpretazione nel cambiamento del diritto amministrativo: verso un nuovo feudalesimo giuridico?, in Dir. proc. amm., I, 2004, 12 ss.

302 Sul punto v. anche L.CIMELLARO, op. cit., 130 ss.

303 V. I.M. MARINO, Responsabilità dell'amministrazione e risultati, in Principio di legalità e amministrazione di risultati, cit.,, come richiamato da L.CIMELLARO, op. cit., 151 ss.

304 E cioè quello teorico, quello metodologico, quello ideologico.

305 A. BALDASSARE, Miseria del positivismo giuridico, in G. Ferrara (a cura di), Studi in onore di Gianni Ferrara, vol. I, Giappichelli, Torino, 2005, 201 ss.

oggi dimostrato dalle prime parti delle costituzioni moderne, in cui appunto vengono enunciati quei diritti fondamentali che appunto derivano il loro contenuto dai principi di giustizia naturale, in questo senso immanenti all'ordinamento. In altre parole, i principi costituirebbero quel gruppo di valori capaci di informare senza soluzioni di continuità i rapporti giuridici, ponendosi dunque come un "pervasivo" punto di riferimento per l'intero edificio ordinamentale307. Ed il riferimento ai principi è appunto il primo tratto caratterizzante del neo-giusnaturalismo o "neo-costituzionalismo", tanto che Luigi Ferrajoli, ad esempio, in un recentissimo articolo critica radicalmente questa versione del neo-costituzionalismo definendolo "costituzionalismo principialista"308.

Si torna cioè al prologo meta-teorico di questa tesi, alla distinzione tra principi e regole, ed in questo senso il "diritto per principi" rappresenta una puntuale descrizione della mutata formulazione delle norme, quantomeno alla luce di quei fenomeni istituzionali di cui sopra. Questo "stato" del diritto è uno stato in cui le norme tendono tendenzialmente a mancare di fattispecie, e cioè di diretta esigibilità309: sono norme che non mirano a coercere ma, appunto, a regolare - non rispecchiano la forma del comando del sovrano come nelle teorie di Bentham e Austin, ma si pongono come raccomandazioni, o divieti negativi, la cui concreta valenza si esprime compiutamente solamente nel momento della loro considerazione, e non applicazione, giurisprudenziale. E quest'ultimo è un'altro tratto saliente del superamento del paradigma giuspositivistico, che viceversa, almeno secondo i suoi detrattori, tende a risolvere l'attività giurisdizionale nell'applicazione al caso concreto della fattispecie normativa310. Nel nuovo paradigma, invece, il giudice, ed in questo senso avvicinandosi molto alla visione anglo-sassone del sistema giuridico, ha una rilevanza centrale se non primaria nel processo di posizione della norma. E' infatti il giudice che, in un ordinamento ormai scevro da gerarchie esattamente prestabilite311, ricostruisce la norma da applicare al caso - ponendo in essere dunque una funzione creativa di diritto, come d'altronde sembra poter essere empiricamente dimostrato dal ruolo svolto dalla giurisprudenza nel nostro ordinamento312. La norma dunque non pre-esiste all'attività giurisprudenziale, ed in questo chiaramente si sente anche l'influenza del gius-realismo, nelle sue due versioni

307 Cfr. S.CIVITARESE MATTEUCCI, op. cit., 511 ss.

308 L. FERRAJOLI, Costituzionalismo principialista e costituzionalismo garantista, cit. passim. 309 V. S.CIVITARESE MATTEUCCI, op. cit., 530 ss.

310 V. in tal senso L.TORCHIA (a cura di), Lezioni di diritto amministrativo progredito, op. cit., 16 ss.

311 Si pensi al coordinamento tra CEDU, norme costituzionali, norme amministrative. 312 Cfr. L.CIMELLARO, op. cit., 166 ss.

americana e scandinava, che ha di certo condizionato la riflessione anche di molti giuristi italiani.

Superamento del paradigma positivistico che implica il superamento della concezione di "autorità", e dunque il ricorrere, come abbiamo visto, ad altri paradigmi di "giustificazione" delle scelte autoritative: in un senso sostanziale, nel nuovo sistema della regolazione, nella trasformazione del diritto in un "contenitore" neutro di paradigmi tecnico-scientifici esterni ad esso che ne dettano i contenuti, tra cui in primis, ovviamente, quello economico313; in un senso invece, procedural-discorsivo che, ispirandosi (oppure no?) alle teorie discorsive della democrazia, sostiene una diversa forma di legittimazione "democratica" - attraverso i principi, di matrice europea, di giustizia, razionalità, buona amministrazione (partecipazione, accesso, contraddittorio), etc.314 - anche per quei poteri

considerati finora tipicamente espressione della sovranità statale. A tal proposito, e per ulteriori considerazioni sul punto, non si può non rimandare nuovamente ad un recentissimo scritto di Stefano Civitarese Matteucci, che analizza e critica l'atteggiamento ormai apertamente anti-positivistico di una rilevante parte della nostra dottrina pubblicistica ed amministrativistica in particolare, individuandone due correnti principali: una che definisce "assiologica" e una seconda che definisce "interpretativa" e che, significativamente, hanno come principale obiettivo la concezione positivistica della legalità degli atti amministrativi315.