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Prodromi di conclusioni: del senso ultimo del principio di legalità 112

Questa prima parte di “studi genealogici”365, per necessità parziale nella scelta dei riferimenti sia a livello qualitativo che quantitativo, vorrebbe aver contribuito sin da subito a chiarire, a guardare in controluce, un concetto opaco come quello del principio di legalità, isolandone il nucleo fondamentale. Che si parli cioè di stato di diritto, di Rule of

law o di isonomia, si sta trattando della dialettica tra poteri e libertà, e della relativa

garanzia di quest’ultima per il tramite della legge, nel senso, ampio, di diritto oggettivo. Bobbio appuntpo capovolge quell’indirizzo che vuole l’espressione “principio di legalità” come una superflua ridondanza dei tre paradigmi appena citati: anzi, questi non sono altro che diverse applicazioni del principio considerato «uno dei cardini della teoria politica», essi cioè «rispecchiano pur nella diversità delle situazioni storiche la permanenza del

principio di legalità come idea regolativa del buon governo per eccellenza»366.

364Cfr. M. DOGLIANI, Il principio di legalità dalla conquista del diritto all'ultima parola alla perdita del diritto alla prima, in Il principio di legalità nel diritto amministrativo che cambia, cit., 61 ss.

365 Sottotitolo del bel volume di E. SANTORO, Diritto e diritti: lo Stato di diritto nell'era della globalizzazione. Studi genealogici: Albert Venn Dicey e il Rule of law, Giappichelli, Torino, 2008.

Questo è l’orizzonte di significato del “principio di legalità” che precede la stessa formulazione della nozione e che si inserisce in un duplice ordine di coordinate: da un lato, precedendo la separazione tra stato e società, con la nascita di un diritto proprio di ciascuna entità e dunque la contrapposizione, propriamente intesa, tra sfera pubblica e sfera privata; contrapposizione che sfocerà significativamente nelle due eterogenee correnti che oggi predicano, da presupposti e finalità diverse, la prevalenza della seconda, cioè marxismo e liberalismo moderno; dall’altro, nella valenza garantistica e/o democratica del principio, cioè polarizzazioni del paradigma che ne accentuano, a seconda del caso, la valenza teleologica esplicitata da Pietro Costa, e che dunque ne fanno un paradigma imprescindibile non solo dell’esperienza statuale, ma di ogni forma di organizzazione socio-politica. In questo senso dunque tale principio, almeno normativamente, sembra irriducibile alle trasformazioni istituzionali in atto.

La domanda a questo punto potrebbe porsi: ma quali conseguenze nel contesto della evoluzione del diritto amministrativo? In che modo una ricostruzione storico-teorica della nozione di principio di legalità è collegata alla recenti vicende del diritto amministrativo italiano, che ritengo di considerare vere e proprie aporie rispetto a tale principio? La risposta, a mio modo di vedere, si trova proprio sul crinale del rapporto tra stato e società, tra istituzione politica e organizzazione relazionale degli individui. Quel crinale è, anche a voler accettare le ricostruzioni maggioritarie, dominato esclusivamente dalle regole amministrativistiche. È l’essenza, ed il fine ultimo stesso del diritto e della scienza amministrativa in quanto disciplina autonoma. Ed in questo senso, come spero emergerà chiaramente dai paragrafi che seguono, tali regole amministrativistiche sono ormai da tempo in una fase di rottura prolungata – fase che non implica un progresso del rapporto tra stato e società in una prospettiva nuova conformata, tra l’altro, dal processo di globalizzazione; ma che, a mio modo di vedere, costituisce piuttosto una regressione dell’ordinamento a paradigmi in realtà pre-moderni, cioè a dinamiche che nei loro tratti essenziali ricalcano, o ripetono, quelle che stiamo per vedere.

Dall'analisi dovrebbe risultare confermato comunque che il principio di legalità ha, fin dalla sua prima formulazione storica, natura [puramente] normativa e controfattuale. Esso è un principio assiologico, prima di essere giuridico: designa, in questo senso, un dover essere giuridico rispetto all’essere dei comportamenti che si realizzano nella realtà, contro tutti i poteri, pubblici e privati; i quali, se non regolati,

tendono per loro stessa natura a prevalere gli uni sugli altri, i più forti sui più deboli367. Tale regolazione non può che avvenire, se vuole essere davvero tale, che attraverso la tipicizzazione di questi poteri, nel senso che viene richiesta la loro conformità a determinate forme e a determinati contenuti, pre-stabiliti nei livelli normativi sopra- ordinati368. Ben può sostenersi, allora, che il principio di legalità è lo stesso paradigma della giuridicità. La sua squalificazione è, per ciò stesso, squalificazione (allo stesso tempo) del diritto e del suo fine di limitazione dei poteri, per la tutela dei diritti di tutti stabiliti nella costituzione. E non è un caso che questa squalificazione si sia manifestata nel momento di maggiore crisi, dopo la loro istituzione a seguito dei conflitti mondiali, delle democrazie costituzionali. I fenomeni di decostruzione della legalità rappresentano solo la punta dell’iceberg di un più vasto fenomeno di attacco alla (e di conseguente riduzione della) sfera pubblica369.

Tali fenomeni, bisogna comunque incidentalmente notare, hanno trovato anche "sponda" in quella tralaticia tradizione teorica che ha continuato a riferire il principio di legalità solo nell’ambito del diritto pubblico (amministrativo e penale): cioè come limite370 esclusivamente alle potestà statali, come se i diritti (fondamentali) dei cittadini potessero essere messi in pericolo solo dallo Stato. Ecco perché la “controrivoluzione”, come la definisce Merusi, nei confronti della legalità amministrativa, è avvenuta con la propugnazione e l’affermazione del diritto privato nella [e al posto della] sfera pubblica: atteso che nel nostro stato di diritto, a causa di quella dissociazione della legalità di cui

supra, essa è stata declinata debolmente nella sfera delle relazioni private, solo come

limite esterno, oltre il quale non poteva essere compressa l’autonomia (plena potestas) dei privati371. Anche se la teoria del diritto di Ferrajoli dimostra convincentemente come

367 «Una società profondamente diseguale era totalmente retta dal diritto privato», così G.ROSSI, op.cit., 10 ss., a proposito del c.d. “stato patrimoniale. Cfr. anche F.MERUSI, op. cit., 10 ss. La legalità (e la stessa idea di diritto) equivale perciò alla legge del più debole: è tutela del privato cittadino di fronte alle potestà pubbliche; è tutela della vita umana di fronte alle molteplici aggressioni che le possono essere mosse da più parti; è tutela, in questo senso, del contraente “debole” contro il contraente “forte”.

368 «Molte sono le manifestazioni della legalità, anche se è sempre una la sua funzione: rendere tipico l’esercizio del potere», così F.MERUSI, op. cit., 36 ss.; v. anche, significativamente, L.FERRAJOLI,

op. ult. cit., 265 ss.

369 È da notare come G.ROSSI, op. cit., 2 ss., leghi in modo biunivoco dimensione della sfera pubblica e sviluppo del diritto amministrativo. L’A. in questione definisce “sfera pubblica” come «ambito delle finalità, degli interessi che le collettività organizzate ritengono di dover soddisfare». Per la definizione di “sfera pubblica” di Luigi Ferrajoli, in diretta opposizione alla “sfera privata”. V. ID, op. ult. cit., 802 ss.

370 Per la doppia valenza del principio di legalità nel diritto amministrativo, come legalità-indirizzo e come legalità-garanzia, v. D.SORACE, Diritto delle amministrazioni pubbliche, Il Mulino, Bologna, IV ed., 2007, 33 ss.

371 V. però G.ROSSI, op. cit., 20 ss., che ricorda come, all’epoca delle rivoluzioni liberali, vi fosse un «diritto statale di regolazione dei rapporti interprivati». V. anche sul punto P. GROSSI, Assolutismo

questa concezione normativa, quella del diritto privato “senza legalità”, fosse una mistificazione372, non si può non evidenziare che, in concreto, la sfera dei rapporti privatistici si sia andata sviluppando nella tendenziale diminuzione dei vincoli e dei limiti ai poteri, in nome di quell’auto-nomia, su cui ha “soffiato” l’ideologia del libero mercato, che oggi si vuole sostituire all’etero-nomia delle pubbliche funzioni. Così, dopo aver accennato alla portata del principio di legalità nella teoria del diritto, dobbiamo trattare delle sue recenti negazioni nel campo amministrativo, strettamente connesse al recente tra diritto ed economia. Debbo solo ricordare, per il momento, che nella teoria, sfera delle relazioni private e sfera delle relazioni pubbliche sono “governate” in modo ben differente dal principio di legalità. E questo deriva in massima parte dal fatto che il principio, pur avendo la stessa funzione (quella di limitazione dei poteri) assume nelle due sfere direzioni opposte373.

economico coincide per il mondo del diritto con il più bieco delgli assolutismi. Il diritto privato, da diritto

dei privati fu ridotto a quella porzione del diritto pubblico avente ad oggetto i rapporti privati. La sfera del giuridico si rattrappiva nella sfera del legale mentre l’extralegale subiva la condanna drastica dell’irrilevanza». Ora, se tanto valeva, si deve dire allora che prima della controrivoluzione nel diritto amministrativo è avvenuta la controrivoluzione del diritto privato nel diritto privato; o, per usare le parole di Grossi, che “l’extralegale” è nuovamente superiore al legale, cioè che il mercato “detta” legge e l’istituzione vi si adegua. Parliamo esattamente di quella contrapposizione tra forma e sostanza, o meglio tra norma e realtà, che come vedremo nell’ultimo capitolo rappresenta la maggiore aporia nella metodologia attuale della scienza amministrativa.

372 Perché, anzi, la “legalità” è centrale proprio nella teoria del negozio giuridico, in cui la causa (intesa come tipicità formale) rappresenta per l’appunto l’apposizione di limiti interni (e non esterni) al libero dispiegamento dei poteri privatistici. In questo senso, non si può stipulare un contratto per un fine illecito: come, alla stessa maniera, non si può utilizzare un potere amministrativo distraendolo dalla funzione che gli è stata attribuita. Il concetto di “causa”, così come viene formalizzato da Ferrajoli, si rileva “pietra angolare” nella costruzione dell’intera teoria del diritto, e non più solo nell’elaborazione della dogmatica privatistica; cfr., L.FERRAJOLI, op. ult. cit., 264-273 ss. Nella teoria, oltrettutto, principio di causalità e principio di legalità si manifestano come equivalenti: la causa è intesa come ragione giuridica [di produzione] di un qualsiasi effetto; cioè come tipizzazione normativa di comportamenti riconosciuti e autorizzati, in quanto tali, dall’ordinamento alla produzione di una modificazione della sfera giuridica propria od altrui.

373 Ben può definirsi la legalità, in questo senso, come l’epistemologia dei vincoli eteronomi ai poteri, che ne risultano in quanto tali tipicizzati: non già auto-obbligazioni del Leviatano; non graziose concessioni del re; non comportamenti spontanei posti in essere per una qualche empatia all’interno di una società “auto-organizzata”; ma, precisamente, il “dover essere” giuridico imposto ai poteri (pubblici e privati) come condizione di loro accettabilità, stabilita nel patto fondativo, all’interno dello “stato di diritto”. Come abbiamo già detto, è un principio iuris tantum, cioè un principio esterno al diritto, assiologico, che diventa paradigma di validità con la sua costituzionalizzazione: il che equivale ad ammettere che è ben

possibile, nella realtà, la sua violazione. È ben possibile cioè il diritto invalido frutto di un potere esercitato al di là o senza vincoli: che esso si concreti in una legge, in un provvedimento amministrativo o in un

negozio giuridico (o in un atto illecito). Anzi, verrebbe da dire, paradossalmente, che è esattamente la sua funzione: il principio di legalità è condizione di identificazione del diritto invalido, lo rende cioè manifesto all’interno della fenomenologia giuridica, e obbliga, normativamente, alla sua riparazione. Cfr. L. FERRAJOLI, op. ult. cit., passim.

CAPITOLO  II  

Considerazioni  critiche  sui  nuovi  paradigmi  

dell'azione  amministrativa  

SOMMARIO: 2.1 Negazioni della legalità nel nuovo paradigma amministrativo: