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Il disgregramento della centralità legislativa 78

1.7   I fattori della crisi, della legge [e] dello stato 76

1.7.2   Il disgregramento della centralità legislativa 78

Espansione della sfera pubblica, stato pluriclasse, welfare state. Muta dunque lo stato e non può, allo stesso tempo, non mutare il suo diritto, il suo nomos, che in questo caso si risolve interamente nella lex. Mutano cioè il ruolo, e la forma/funzione, della legge parlamentare: indiscussa protagonista, prima, degli stati rivoluzionari e, poi, dello stato liberale di diritto; quello che Ferrajoli puntualmente identifica come "stato legislativo di diritto", per distinguerlo da quello "costituzionale" (rigido). Il primo punto, il mutamento del ruolo, è proprio quello espresso dalla classificazione ferrajoliana, e cioè che la costituzionalità supera, in tutti i sensi, la legalità. Il parlamento, la cui attività e funzione (politica) erano per definizione libere nei fini, adesso è subordinato alle norme costituzionali, che non sono più norme solo formali, ma sono anche norme sostanziali che impongono obblighi e divieti al legislatore. La sovranità ora appartiene al popolo, non più al parlamento, che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione. Destino, verrebbe da dire, quasi beffardo: lo strumento normativo ideato come ulteriore garanzia della legalità in realtà ne costituisce, almeno per quanto riguarda il senso fino a questo momento predominante, il superamento. Si capisce molto bene pensando all'immagine di

un'azione amministrativa che, seppur cominciando ad esplorare nuovi moduli e funzioni, ancora trova il suo fondamento ultimo, ed unico, nella legge:

«Il principio di legalità dell'amministrazione nell'impostazione tradizionale individuava un rapporto nel quale la legge

costituiva l'esclusivo parametro di riferimento cui

l'amministrazione doveva attenersi nello svolgimento della sua funzione. Tale impostazione era coerente con l'esistenza di un ordinamento monista, all'interno del quale la funzione legislativa era centralizzata in capo ad un solo soggetto e il sistema delle fonti ruotava intorno al criterio della gerarchia,

torvando solo residuale applicazione quello della

competenza»269.

La gerarchia legge-provvedimento viene inizialmente spezzata proprio dalla costituzione rigida, e da questo punto di vista "l'agente amministrativo" si trova davanti una prospettiva del tutto nuova: quella della legge invalida, perchè in contrasto con le norme costituzionali. In tal senso vale il riferimento al concetto di "democrazia mite",

«per il quale non basta il conformarsi della pubblica amministrazione alla legge, in quanto occorre sempre tener presente come, affinchè l'agire amministrativo possa considerarsi effettivamente legittimo, si richieda una legittimità ulteriore, la quale si sostanzia nella conformità del precetto legislativo che guida l'amministrazione con la fonte superiore alla stessa legge, ossia la Costituzione: dunque la legittimità dei poteri attribuiti (o degli atti disciplinati) dai precetti legislativi deve raffrontarsi in ultima analisi ai precetti costituzionali, cui del resto la norma di legge deve essere conforme, pena la sua stessa illegittimità»270.

Ma tale crisi per quanto riguarda il ruolo è bidirezionale, perchè se la costituzione rigida influisce dall'alto, allo stesso tempo vi è un mutamento sempre di carattere verticale ma stavolta verso il basso, nel modello a gradi dell'ordinamento. Questo perchè il ruolo della legge viene compromesso anche dal fenomeno appunto chiamato di "delegificazione"271, e cioè della tendenziale e sempre maggiore devoluzione di potestà autoritative al governo, come dimostrato dalla centralità che strumenti di normazione

269 Così P.SALVATORE, La legalità nell'amministrazione (Relazione svolta nell'Aula magna del Palazzo di giustizia, S. Angelo dei Lombardi, 28 aprile 2007), in Giurisdizione amministrativa, III, 2007, 98 ss.

270 Così L.CIMELLARO, op. cit., 124 ss.

271 V. L.CINNANTE, Pubblica amministrazione e trasformazioni dell'ordinamento, Jovene, Napoli, 2007, 117 ss.

quali decreti legge, decreti legislativi, regolamenti esecutivi o di delegificazione, hanno assunto nella teoria delle fonti272.

Dall'altro lato, muta anche la stessa forma/funzione della legge parlamentare che, nel nuovo scenario dello stato sociale e costituzionale, tende a perdere i caratteri di generalità ed astrattezza per come disegnati dal modello kelseniano dello Stufenbau. In altre parole,

«è diventato evidente un processo di trasformazione della legge da meccanismo di selezione degli interessi meritevoli e di posizione di regole generali ed astratte in strumento di riconoscimento di una serie potenzialmente indefinita di diritti ed interessi - spesso enunciati direttamente dalle carte costituzionali o, al contrario, concretamente configurati dalla giurisprudenza - e di posizione di regole speciali, volte a disciplinare, nel migliore dei casi, microsistemi. Se la legge non seleziona un numero limitato di interessi meritevoli, ma riconosce una pluralità di interessi, potenzialmente fra loro confliggenti - l'occupazione e l'ambiente, lo sviluppo industriale e la salute, la concorrenza e la tutela di produzioni tradizionali, la tutela e la valorizzazione dei beni culturali - la scelta su quale interesse debba prevalere in concreto si sposta in capo all'amministrazione, la quale dà sì attuazione alla legge, ma con un margine di discrezionalità sempre più ampio e sempre più difficile da controllare mediante il mero richiamo alla legge stessa»273.

Le leggi-provvedimento sono il portato naturale di tale tendenza274. A questo si aggiunga, ancora, un ulteriore fattore, collegato ma non meno rilevante, e cioè il progressivo scadimento qualitativo della legge parlamentare stessa. Questa è una considerazione che può essere sviluppata solo per brevi cenni nel contesto di questo lavoro, e su cui si deve rimandare a ben altri scritti275. Si può affermare comunque senza dubbio che l'ampiezza e la frequenza degli interventi legislativi, spesso e volentieri anche sulla stessa materia (si pensi agli interventi del 2005 sulla legge del procedimento, tanto per citare un esempio a noi amministrativisti vicino), non trova giustificazioni a livello giuridico-razionale, ma anzi

« sembra soprattutto ispirato dalla tendenza ad usare la legge non tanto come un veicolo di regole, quanto come uno strumento

272 Cfr. L.CIMELLARO, op. cit., 125 ss.

273 Così L.TORCHIA (a cura di), Lezioni di diritto amministrativo progredito, op. cit., 17 ss. 274 Si rinvia, ancora, a S. SPUNTARELLI, op. cit., e relativa bibliografia.

275 Si veda, per tutti, la comprensiva critica di L. VANDELLI, Psicopatologia delle riforme quotidiane. Le turbe delle istituzioni: sintomi, diagnosi e terapie, Il Mulino, Bologna, 2006.

mediatico, la cui utilità si esaurisce con l’annuncio. La capacità decisionale e di governo si arresta all’adozione di testi legislativi, spesso di pessima fattura, mentre cosa accada, poi, nella (eventuale) fase di attuazione non interessa più, rinunciandosi così ad ogni vera azione di razionalizzazione e riforma amministrativa»276.

Il riscontro di tale affermazione si rinviene facilmente nel contenzioso innanzi la Consulta277, ed a questo proposito non sembra doversi aggiungere nulla alle parole dell'attuale Presidente della Corte, che nella conferenza stampa di inizio anno ha dichiarato:

«La notevole diffusione di interventi legislativi parziali, se non provvisori (si rifletta anche solo su ciò che producono i numerosi decreti legislativi di tipo correttivo) pesa non poco su chi deve giudicare della legittimità costituzionale delle leggi. Se negli anni trascorsi sono state adottate sentenze importanti sui decreti legge, nel 2010 non poche sentenze della Corte si sono dovute riferire all'applicazione più o meno corretta dell'articolo 76 della Costituzione, che disciplina appunto la delega legislativa o hanno dovuto faticosamente ricostruire determinate situazioni normative in quasi continua trasformazione nel tempo»278.

Insomma la crisi di un modello, come quello dello stato di diritto e del primato parlamentare nella teoria delle fonti, causato non solo da fattori "esterni" come quelli che stiamo analizzando, ma anche da cause "interne"279: tra le quali appunto la "crisi della rappresentanza politica" italiana che ormai da più di trenta anni costituisce oggetto di analisi empiriche e teoriche nelle diverse discipline. Come vedremo, attribuire più rilevanza agli uni o agli altri comporta significative conseguenze quando si tratta di giungere alle conclusioni dell'analisi ed alle riflessioni più propriamente normative.