• Non ci sono risultati.

La definizione classica di legalità amministrativa 55

1.4   La nozione classica (o "chiusa") La legalità dallo stato liberale allo stato (legislativo)

1.4.3   La definizione classica di legalità amministrativa 55

I caratteri del principio di legalità amministrativa sono comunque ormai compiutamente delineati. L'amministrazione pubblica trova nella legge la fonte del suo potere ed i fini della sua azione. Inteso in senso formale, l'amministrazione deve agire entro i limiti della legge che le attribuisce il relativo potere; in senso sostanziale, l'amministrazione deve non solo agire entro dei limiti, ma anche in conformità della disciplina specifica che la legge prevede. Si delinea la distinzione tra attività discrezionale ed attività vincolata, che diventerà sin da subito uno dei temi più dibattuti e controversi nell'elaborazione della dottrina. Inoltre, il principio di legalità costituisce lo strumento di concretizzazione delle fondamenta dello stato di diritto: come prescrizione sulle modalità di esercizio del potere pubblico, esso sostanzia la sovranità popolare, per cui tramite la legittimazione democratica si impone un parziale sacrificio dell'interesse di ciascuno in vista della realizzazione del maggior interesse della collettività; come regola di distribuzione, nella nuova morfologia istituzionale dello stato, garantisce - in modo effimero, come i totalitarismi proveranno - la separazione dei poteri143.

In altre parole, rappresenta la cifra del rapporto tra autorità e libertà: in un primo momento, andando a governare il rapporto amministrazione-cittadino, per cui la legalità invece rappresenta il limite esterno della propria sfera giuridica144; in un secondo, invece,

quando il gubernaculum si suddivide in due corpi tra loro almeno potenzialmente contrapposti (ma non durerà molto), andrà a governare anche il rapporto parlamento - governo145. O meglio, qui si inserisce il problema della sovrapposizione o meno con la riserva di legge. Per una parte rilevante della dottrina infatti il principio di legalità si risolve, almeno nella sua versione tradizionale, nella riserva di legge146: che si tratta di riserva assoluta o relativa non rileva per il momento. Ciò può dare vita a due opzioni interpretative: la prima che afferma, in mancanza di tale riserva, l'impossibilità per l'amministrazione di esercitare poteri su base autonoma; la seconda, assolutamente

143 Queste due funzioni andranno in contrasto?

144 Questa almeno è la vulgata tradizionale, vedremo poi come questo punto sia da considerarsi ideologico.

145 S.CASSESE, Le basi costituzionali, op. cit., 195 ss.

146 Per Aldo Maria Sandulli, il principio di legalità è implicito nelle varie riserve di legge della prima parte della costituzione; v. A. M. SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, X ed. Jovene, Napoli, 1969, 33 ss.

minoritaria però in questo momento, che al contrario interpreta la mancanza di una riserva di legge come una spazio normativa lasciato volutamente all'amministrazione, che dunque può esercitare "liberamente" poteri di natura autoritativa147. Ma come appena detto, la posizione è minoritaria. In questo senso, i poteri dell'attività amministrativa devono sempre trovare titolo in una fonte esterna, non potendo essere, a differenza dei poteri privati, auto-determinati; questo per via della forza dell'atto amministrativo, che unilateralmente può imporsi nelle sfere giuridiche dei terzi. Il principio di legalità permette a questo riguardo la verifica in sede giurisdizionale della congruità dell'esercizio del potere - in questo senso costituisce la misura della sua legittimità (ma non è l'unico), nel senso della raffrontabilità dell'atto con la previa normativa148. Vi sono dunque due

connessioni che nascono ora e che saranno al centro della crisi del principio: quella tra provvedimento e previa legge, per cui compito del provvedimento è quello di ricondurre il caso concreto alla fattispecie astratta - e se il caso non vi rientra, l'amministrazione non può provvedere; e quella tra legalità e giurisdizionalità149, sulla scorta della massima «Ci

sarà pure un giudice a Berlino!». Quest'ultima connessione trova espressione nella

"veneranda"150 legge di abolizione del contenzioso amministrativo (l. n. 2248/1865 all. E), in cui per la prima volta, prevedendo il potere di disapplicazione degli atti amministrativi da parte del giudice ordinario, si sottopone espressamente l'attività amministrativa al rispetto - nel senso, vale sottolineare, di conformità - della legge151.

Se invece osserviamo una delle sue enunciazione classiche della dottrina, possiamo notare come il principio nel nostro ordinamento sia davvero molto simile alla valenza sostanziale del rule of law individuata nel paragrafo §1.3.2:

«Il principio di legalità comporta che, fuori dei diritti e dei poteri comuni agli altri soggetti giuridici, nessuna posizione di potere, di preminenza o di favore spetta alla pubblica amministrazione, se non gliela conferisca una legge. Dunque, tra l'altro, salvo che risulti altrimenti da leggi o da regole tradizionali, gli enti pubblici non dispongono di altri poteri pubblici, se non di quelli che una legge attribuisca ad essi specificatamente. Inoltre dei propri diritti e poteri (anche pubblici) l'amministrazione non può fare uso in modi privilegiati - e cioè con modalità avvantaggiate rispetto a quelle proprie

147 Sul problema della definizione dell'attività amministrativa, v. V. CERULLI IRELLI, Note critiche in tema di attività amministrativa secondo moduli negoziali, in Dir.Amm., 2003, 217 ss.

148 V. V.CRISAFULLI, Principio di legalità e «giusto procedimento», in Giur. Cost., 1962, 130 ss. 149 A.M. SANDULLI, op. cit., 33 ss.

150 Così G.CORSO, Il principio di legalità, op. cit., 5 ss.

151 Cfr. A. ROMANO, Amministrazione, principio di legalità ed ordinamenti giuridici, in Dir. Amm., 1999, 114 ss.

degli altri soggetti -, salvo che la legge, espressamente o implicitamente, lo consenta»152.

Necessari corollari sono allora il principio di nominatività e quello di tipicità153, che per alcuni coincidono: mentre secondo altri, mentre il primo attiene agli strumenti a cui la p.a. può ricorrere nell'esercizio delle sue funzioni, il secondo attiene ai poteri stessi dell'amministrazione, nel senso che gli effetti autoritativamente modificativi delle sfere giuridiche di terzi per come "interessati" dal provvedimento devono essere prestabiliti in generale dalla legge154.

1.4.4 (brevissimo excursus) Legalità e diritto amministrativo: due storie indissolubili?

Abbiamo detto che l'emersione del principio di legalità amministrativa, quantomeno nella sua versione embrionale, avviene nel continente con l'autonomizzazione dell'organizzazione amministrativa dalla struttura burocratica regia, prima, e con la formazione degli stati parlamentari, in seguito. Allo stesso tempo però abbiamo già visto come sin dall'antichità il primato della legge, o isonomia, non solo era già presente di fatto ma costitutiva oggetto centrale di discussione nella teoria politica di Aristotele e Platone. Si può forse trovare allora una linea di continuità tra questi due fenomeni, una linea che arrivi sino ai giorni nostri?

In un recente e interessante saggio155, Massimo Tucci offre una convincente prospettiva alternativa alla ricostruzione, prevalente in dottrina, della nascita del diritto amministrativo156: in quest’ultimo senso quasi univocamente legato alla nascita degli stati

152 A.M. SANDULLI, op. cit., 33 ss.

153 V. per tutti E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2007; A. M. Sandulli, op. cit., 33 ss.

154 Esempio tipico ne è l'espropriazione, v. E. CASETTA, Provvedimento e atto amministrativo, in Dig. disc. pubb., XII, 1997, 251 ss.

155 M.TUCCI, L’amministrazione tra pubblico e privato e il principio di legalità dall’antichità ai giorni nostri, Giuffrè, Milano, 2008.

156 In generale, e senza pretesa di esaustività, v. sulla storia del diritto amministrativo G. CIANFEROTTI, Il pensiero di V.E. Orlando e la giuspubblicistica italiana, Giuffrè, Milano, 1980, e Id.,

Storia della letteratura amministrativistica italiana. I. Dall'Unità alla fine dell'Ottocento. Autonomie locali. Amministrazione e costituzione, Giuffrè, Milano, 1998; G.MELIS, Storia dell'amministrazione italiana, Il Mulino, Bologna, 1996; G.MELIS, La storia del diritto amministrativo, in Trattato di diritto amministrativo,

a cura di S. Cassese, Giuffrè, Milano, II ed., 2003, Diritto amministrativo generale, vol. I, 95 ss.; L. MANNORI E B.SORDI, Storia del diritto amministrativo, Laterza, Bari-Roma, 2001; P. GROSSI, Scienza

di polizia del XIX secolo157, in contrapposizione allo stato assoluto del modello sei- settecentesco, caratterizzato dall’arbitrio del sovrano e della riconduzione a questo di ogni potere discrezionale, e perciò dall’impossibilità di un ordinamento amministrativo con caratteristiche di autonomia. In questo senso, solo con il consolidamento dello stato nell’ottocento, e la contestuale l’affermazione di potere della pubblica amministrazione, si è specializzato il diritto amministrativo rispetto ai traffici dei privati158. Questa ricostruzione maggioritaria, secondo Tucci, si basa su tre assiomi «indimostrati»159: 1) non c’è, o non è apprezzabile, esperienza amministrativa in epoca greco-romana; 2) ammesso e non concesso, essa sparisce nell’alto medioevo, a causa del privatismo della Scuola di Bologna; 3) la base degli stati rinascimentali e fino almeno alla rivoluzione francese, è il diritto comune. Inoltre, vi sono altri due fattori che secondo l'Autore ne precludono l'accettabilità: in primis, il fatto che essa non prenda in considerazione la possibile diversità tra ordinamento centrale e strutture perifiche ove esistenti; ma soprattutto, in essa è implicita la tesi secondo cui l'affermazione del potere regio equivale alla impersonificazione dello stato con il sovrano, con conseguente nessuno spazio residuo per l’apparato amministrativo. Invece,

«gli studi più recenti, condotti per la verità da storici o da storici del diritto amministrativo, salvo rare eccezioni, non da amministrativisti, hanno da tempo posto in luce, anche per la

riscoperta di numerosi documenti dell’epoca, come

l’introduzione di una burocrazia statale centralizzata riconducibile al sovrano da un lato non abbia portato alla scomparsa degli ordinamenti e delle autonomie locali e, dall’altro, fosse il risultato di una lotta secolare contro i privilegi e le prevaricazioni della classe nobiliare, sorpattuto ai danni dei meno abbienti ma anche della nascente borghesia e dello stesso monarca. In questo quadro, l'affermazione di una struttura amministrativa di prerogativa regia, costituita da funzionari di carriera che rispondono al Re, era vista dagli stessi contemporanei in chiave garantista, come affermazione di quel principio che, con terminologia moderna, si potrebbe definire di legalità»160.

157 M.TUCCI, op. cit., 46 ss., secondo alcuni diritto amministrativo nasce con stato assoluto, per tucci il problema è che per parlare di diritto amministrativo, almeno nel senso moderno, l’amministrazione deve essere riconoscibile come apparato separato dal governo...e non quindi come meramente servente; per questa tesi, v. M.S. GIANNINI, Profili storici della Scienza del Diritto Amministrativo (1940), ora in Scritti

Giuridici, Giuffrè, Milano, 1996, vol. II, 79 ss.

158 Per questa tesi S. CASSESE, Le trasformazioni del diritto amministrativo dal XIX al XX secolo, in Riv. trim. dir. pubbl., 2002.

159 Così M.TUCCI, op. cit., 47 ss.

160 M.TUCCI, op. cit., 49 ss.: il princeps, in qualsiasi modo abbia preso il potere, deve avere il sostegno delle classi dirigenti (mercanti ed imprenditori), ed il collegamento è appunto nella rete amministrativa.

L’analisi di Tucci, storiografica e comparativistica, mira a delineare una linea evolutiva della costruzione “diritto amministrativo” il cui punto iniziale, appunto, deve essere decisamente retro-datato rispetto alla vulgata tradizionale. Sia chiaro: che una distinzione tra sfera pubblica e sfera privata sia già presente nell'antichità classica non sembra essere in discussione161 - anche e soprattutto dopo gli studi che sul punto ha condotto Hanna Harendt162. Il punto qui è però altro, perchè quello che Tucci vuole dimostrare con il suo scritto è non solo l'esistenza delle due sfere, ma la pertinenza ad ognuna di esse di un diverso regime normativo.

Ecco che, secondo Tucci, di “diritto amministrativo”, come regime giuridico speciale (e specializzante) rispetto a quello privato o “comune”163, in funzione del

perseguimento di una publica utilitas, si può parlare già a partire dall’antichità classica, sia nell’esperienza greca della polis, sia in quella romana repubblicana ed imperiale164. Non solo, Tucci cerca di dimostrare come anche nell’esperienza medievale, già a partire dalla scuola di Bologna165, questo diritto amministrativo “ante litteram” non venga sommerso dallo ius commune che si va formando166; ma come, piuttosto, si assista ad una (ri-)costruzione di questo corpus specialis con le categorie del diritto privato167, non perdendone però, in ultima analisi, la specificità, quantomeno nella rilevanza pratica168,

161 N. BOBBIO, Pubblico/privato, in Stato, Governo, Società. Per una teoria generale della politica, cit., 22 ss.

162 H. ARENDT, The Human Condition, University of Chicago Press, Chicago, 1958.

163 M. TUCCI, op. cit., 3 ss., e la sua definizione di diritto amministrativo: vi sarebbero due elementi, autonomia più o meno marcata dell’amministrazione dal potere esecutivo e proprio la legalità amministrativa.

164 Ivi, 21 ss. che isola gli elementi del diritto amministrativo del “mondo classico” per evidenziarne la continuità (ricorsi amministrativi, possibilità di giustiziare, applicazione a tutti, questo il primo nucleo del principio di legalità) con tempi più moderni; e si veda inoltre la citazione sul principio di legalità di Sesto Pomponio, ivi riportata.

165 IVI., 28 ss. In particolare, v. le considerazioni a proposito della civitas come persona ficta e della rilevanza pubblicistica di tale attribuzione. V. inoltre la bibliografia, riguardo l’esperienza francese, ivi riportata alla nota 51.

166 Ivi, 100 ss., «anche in questi secoli, quantomeno a livello locale e per la maggior parte delle funzioni amministrative che interessavano direttamente la vita quotidiana dei cittadini, infatti, sopravvisse una struttura amministrativa dotata di ampia autonomia e differenziata dal potere esecutivo centrale. Potere esecutivo, per giunta, che solo in certi limitati periodi e Paesi, come nella Francia del Re Sole, si identificò col sovrano, mentre figure storiche di primi ministri, come Richelieu, ispirarono la loro azione a quello che oggi definiremmo il superiore interesse della Nazione, non esitando a contrapporsi al Sovrano quando gli interessi dello Stato, a loro avviso, lo rendessero necessario».

167 Ivi, 33 ss.

168 A mancare, secondo Tucci, era la capacità di esprimere tale specificità con terminologia, ed in ultima analisi con una elaborazione dogmatica che non fosse quella derivata, direttamente o indirettamente, dalle categorie privatistiche; cfr. ivi, 42 ss.

nel rapporto tra suddito e sovrano169: in altre parole, «anche nell’Alto Medioevo, anche

nell’età più oscura se vista nell’ottica dello Stato di Diritto, non si è mai persa la sostanziale distinzione della specificità del rapporto che legava l’individuo, quantomeno l’uomo libero, al potere costituito rispetto al rapporto paritetico che intercorreva con gli altri soggetti dell’ordinamento»170. Pubblico e privato dunque, come differenti regimi normativi, sono ben presenti all’elaborazione dottrinale del tempo171, e la cifra distintiva, quella che qualitativamente sembra costituire il criterio funzionale di attrazione all’uno o all’altro polo normativo, è da rinvenirsi di publica utilitas – che in concreto diventa l’utilitas principalis, cioè quell’interesse prevalente del singolo caso che nel diritto amministrativo moderno è il risultato della ponderazione di interessi cuore della potestà discrezionale dell’amministrazione172.

Le conseguenze di questa diversa, e per molti versi, ragionevole ricostruzione della continua pervasività173 del diritto amministrativo nella storia del nostro continente sono molteplici; quanto ai fini del presente lavoro, come significativamente già nel titolo del libro di Tucci, riguardano l’equilibrio dell’amministrazione e del suo diritto tra [ius] pubblico e [ius] privato e proprio il principio di legalità amministrativa. Per quanto riguarda il primo aspetto, la ricostruzione diacronica offerta da Tucci fa emergere il percorso evolutivo senza soluzione di continuità del diritto amministrativo: ponendolo sì sulla linea mobile di confine tra diritto pubblico e diritto privato, ma sottolineando l’irriducibilità concreta (e non solo teorica) del al pan-privatismo della lex mercatoria che invece secondo la dottrina dominante sarebbe alla base della nascita stessa del diritto amministrativo dello stato assoluto.

Quindi, va riconsiderata anche la nozione di legalità amministrativa in due sensi tra loro connessi, uno “statico”, l’altro “dinamico”. In senso statico, l’analisi di Tucci

169 «Poco importa che gli esempi di manifestazione pubblicstica di questo potere siano quantitativamente esigui. Innegabile resta la particolare percezione della sua supremazia unita alla pubblica utilità connessa alla sua espressione. L’uomo medievale era infatti conscio che, nell’ubbidire al Signore, perseguiva anche un interesse collettivo e quindi il proprio, così come ben comprendeva che nel prestarsi alla corvè ad esempio, della costruzione di una strada per volontà del Potente locale otteneva in cambio il beneficio di avere a disposizione una nuova via di comunicazione o una struttura di difesa. Lo schema del contratto hobbesiano, per cui il sudditto cede al Signore la propria libertà in cambio della protezione, si attaglia assai bene al comune sentire dell’epoca, con riferimento alla categoria diritto pubblico», ivi, 41 ss.

170 Ivi, 29 ss.

171 A differenza, ripeto, della dottrina maggioritaria. V. sul punto i riferimenti citati da Tucci alla nota 59, ed in particolare P.CAPPELLINI, Privato e Pubblico (diritto intermedio), voce in Enc. del Diritto, XXXV, Giuffrè, Milano, 1986, 672 ss., e I.BIROCCHI, La distinzione jus publicum, jus privatum nella

dottrina della scuola culta, in Jus comune, 23, 1996; V. anche O. RANELLETTI, Il concetto di pubblico nel

diritto, Riv. it. Sc. Giur. 1905, 337 ss.

172 Cfr. M.MAZZAMUTO, op. cit., 3 ss., e la sua genealogia dell’interesse pubblico. 173 E non dunque, come solitamente si dice, di (lenta) emersione.

vuole dimostrare che il principio di legalità ha sin dall’inizio costituito la cifra distintiva dell’emersione di un diritto amministrativo in quanto tale distinto dal diritto che si applica ai privati; in un diritto insomma dell’autorità – che al regime di specialità accompagna, come contrappeso, una più stringente garanzia di pre-determinazione e di non-abuso rispetto alla libertà “selvaggia” dei privati. In questo senso, pur situandosi il diritto amministrativo sul confine mobile tra pubblico e privato, il principio di legalità resta “immobile” a garanzia dell’uso di quel potere “speciale”, sia quel potere esercitato da autorità pubbliche, nello svolgimento di un ufficio, o da privati che quel potere lo esercitino di fatto (signori, etc.). Ma questo, in senso dinamico, conferma che l’idea, il fondamento ultimo del principio di legalità non debba per forza essere ricondotto alla nascita dello stato assoluto (Hobbes) come teorizzato dalla dottrina pressochè dominante: quanto, piuttosto, all’idea stessa di potere esercitato in funzione di una publica utilitas – dunque, come già sviluppatosi nella polis greca, nella repubblica romana, o nelle eterogenee esperienze municipali del Medioevo174. Il principio di legalità amministrativa è dunque dinamico, perchè informa tutte le manifestazioni di potere, pubbliche e private, che siano, o debbano essere, in funzione del bene comune, della res publica – contrappeso universale dunque, seppur ovviamente con una diversità di forme e manifestazioni, alla stessa idea di potere in funzione della salvaguardia di tutti, come solitamente fatto risalire ad Hobbes ed al suo Leviatano175. Non si può in questo senso non pensare alle recenti trasformazioni del nostro diritto amministrativo, in cui ad una c.d. privatizzazione delle funzioni si è accompagnata una estensione dei regimi normativi pubblicistici: fenomeno considerato di nuova emersione se letto nel percorso storiografico tradizionale, ma che assume una valenza ciclica se letto alle luce delle considerazioni appena esposte.