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La continuità dello spazio geometrico »

Sino ad ora siamo passati dalle Regulae al Compendium mostrando come già nell’opera sulla musica Descartes abbia applicato alcuni elementi propri della successiva formulazione del metodo: la semplicità, la distinzione tra intuizione e deduzione, il venir meno della loro netta separazione considerando il termine del motus cogitationis, l’immaginazione, la memoria. Lo studio sulla musica si configura così come il primo ambito nel quale il metodo cartesiano trova applicazione. Viceversa, la riflessione musicale, ossia il modo di procedere proprio dello studio sui suoni, caratterizza gran parte dell’esposizione delle Regulae, tanto da fungere da modello anche per la spiegazione dei colori fornita in questi anni. Nell’analisi delle qualità secondarie condotta nelle Regulae, Descartes non ricorre ancora all’impiego di ipotesi corpuscolari ma applica – impropriamente – alla teoria dei colori la spiegazione valida per lo studio delle corde: ricondurre le qualità secondarie all’estensione vale infatti per i suoni ma non per i colori.

397 Ivi, p. 98: «la division Harmonique des Consonances est la pire, la plus rude, et la

plus desagreable, dautant que ses termes, ou ses sons s’unissent plus difficilement».

Le nature semplici come l’estensione, il movimento, la figura, «sono tutte di per sé e non contengono alcun elemento di falsità», e le qualità secondarie derivano dall’azione delle prime sui nostri sensi. Nelle Regulae, le differenze percepibili tra i colori non sono ricondotte al movimento – come avverrà nella Dioptrique e nelle Météores – ma all’estensione:

[…] nihil facilius sub sensum cadat quam figura: tangitur enim et videtur. Nihil autem falsum ex hac suppositione magis quam ex alia quavis sequi, demonstratur ex eo, quod tam communis et simplex sit figurae conceptus, ut involvatur in omni sensibili. Ver. gr., colorem supponas esse quidquid vis, tamen eumdem extensum esse non negabis, et per consequens figuratum. Quid igitur sequetur incommodi, si, caventes ne aliquod novum ens inutiliter admittamus et temere singamus, non negemus quidem de colore quidquid alijs placuerit, sed tantum abstrahamus ab omni alio, quam quod habeat figurae naturam, et concipiamus diversitatem, quae est inter album, coeruleum, rubrum, etc., veluti illam quae est inter has aut similes figuras, etc.?399

Nella quattordicesima Regula Descartes chiarisce l’inferenza introducendo l’elemento della ‘analogia’: la differenza tra i colori e tra i suoni, il minor o maggior grado di bianchezza può essere determinato solo ponendo un’analogia con l’estensione del corpo figurato. Egli, dunque, applica gli esiti della ricerca sui suoni alle altre qualità secondarie.

A differenza della Géométrie, nelle Regulae la nozione di spazio riveste in primo luogo un valore metodologico, così come era avvenuto nel Compendium, in quanto serve a comprendere chiaramente e distintamente le differenze e le proporzioni. Ogni proprietà o ente fisico è tradotto in dimensioni spaziali e in figure, permettendo così alla mathesis universalis di estendere la visione geometrica all’intera realtà: anche ciò che tradizionalmente era ricondotto alla scienza del discontinuo, come la musica, soggiace al continuo geometrico, fornendo così la prima identificazione, sul piano del metodo, di continuo e discontinuo. Questo processo di sovrapposizione tra le due dimensioni viene ulteriormente sviluppato nella Géométrie, pur non essendovi alcun accenno alla Mathesis Universalis: è rimanendo all’interno degli enti geometrici stessi che si stabilisce un confronto tra quantità continua e discontinua mediante la traducibilità – imperfetta, dato che le coordinate espresse dai numeri sono sempre approssimazioni – dell’uno nell’altro400.

Occorre innanzitutto precisare che, in accordo con la concezione cartesiana di Mathesis Universalis, la continuità della geometria non scaturisce dal discontinuo ma si costituisce come dimensione alternativa e subordinante. Nella tradizione

399 Regula XII, p. 413.

400 Cfr. W.R. SHEA, La magia dei numeri e del moto, cit., p. 56: «A questo punto del

suo percorso culturale, al primo posto nella sua mente si colloca non l’analogia tra la geometria e l’algebra, ma l’analogia tra la geometria (‘quantità continua’) e l’aritmetica (‘quantità discontinua’)».

matematica enti come rette, piani e solidi sono considerati o come somme di parti infinitesime e indivisibili (visione statica dell’aritmetica) o generati dal flusso di un’unica entità ritenuta primaria (visione dinamica). Secondo quest’ultima, che si richiama alla fisica aristotelica401, la linea è divisibile all’infinito non in quanto composta da infiniti punti (infinito in atto) ma perché è inconcepibile una divisione oltre la quale non si possa andare (infinito in potenza): ogni punto intermedio può realizzasi tagliando la retta in un dato punto. La continuità della linea si fonda così sulla continuità del moto («Una linea che si muove genera una superficie e un punto che si muove genera una linea»)402, che è una delle caratteristiche della fisica cartesiana.

Descartes riprende questa definizione già nelle Regulae, proponendo una visione dinamica dell’estensione: la concezione geometrica implica che la linea scaturisca dallo scorrimento continuo di un punto indivisibile, negando così anche nello spazio geometrico l’esistenza del vuoto. «[…] eamdemque concipiemus [in unitatem], vel simpliciter ut extensum quid, abstrahendo ab omni alio, tuncque idem erit cum puncto Geometrarum, dum ex ejus fluxu lineam componunt, vel ut lineam quamdam, vel ut quadratum»403. Così ribadisce ancora ne Le Monde: «la nature du mouvement duquel j’entens icy parler, est si facile à connoistre, que les Geometres mesmes […] l’ont jugée plus simple et plus intelligible que celle de leurs superficies, et de leurs lignes: ainsi qu’il paroist, en ce qu’ils ont expliqué la ligne par le mouvement d’un point, et la superficie par celuy d’une ligne»404.

Nel passo seguente delle Regulae Descartes distingue due modi con cui esprimere le differenze tra proporzioni e altrettanti generi di figure: una rappresentata mediante il numero, ossia i punti, l’altra con le grandezze continue, ossia le linee. «Sunt autem duo duntaxat genera rerum, quae inter se conferuntur, multitudines et magnitudines; habemusque etiam duo genera figurarum ad illas conceptui nostro proponendas»405.

401 ARISTOTELE, Physica, 231 a: «Nulla che sia continuo può comporsi di

indivisibili».

402 A

RISTOTELE, De anima, 409a. Instaura un parallelismo tra la generazione della

linea, il tempo e il moto: come il corpo in movimento, in virtù delle sue successive comparse in luoghi successivi, genera moto, così l’ora (il nunc), appartenendo prima a uno e poi ad un altro stato di cose, genera il tempo.

403 Regula XIV, p. 450.

404 Le Monde, AT VI, cap. VII, p. 39. 405 Regula XIV, p. 450.

Nella Regula XV precisa tre differenti modi – riconducibili ai due enunciati nella Regula XIV – di presentare ai sensi esterni una medesima figura, stabilendo così la perfetta traducibilità e sovrapposizione di quantità continue e discrete. Una medesima figura può essere rappresentata o concepita riferendosi alla grandezza o alla moltitudine: «primo unitatem pingemus tribus modis, nempe per quadratum, si attendamus ad illam ut longam et latam, vel per lineam, si consideremus tantum ut longa, vel denique per punctum, si non aliud spectemus quam quod ex illa componatur multitudo». Impiegando la terminologia dei Principia, possiamo aggiungere che la lettura continuista o discontinuista di una figura è uno dei ‘modi’ differenti con cui pensiamo una medesima figura.

Nelle Regulae vi è un parallelismo tra procedimenti delle arti e ragionamento deduttivo delle scienze; nella Géométrie, invece, si verifica un allontanamento dalla rappresentazione figurata mediante l’uso dell’immaginazione a favore di un impiego delle formule algebriche in modo intellettuale406.

Ai fini della nostra analisi, l’incipit della Géométrie è importante sotto plurimi aspetti. Innanzitutto, Descartes vi afferma che i problemi di geometria piana, solida, ecc., sono costruiti usando linee, o meglio, curve appropriate (‘geometriche’): «Tous les problèmes de géométrie se peuvent facilement réduire à tels termes, qu’il n’est besoin par après que de connoître la longueur de quelques lignes droites pour les construire»407.

In seguito, riconosce la stretta analogia tra grandezze continue e discontinue: la moltiplicazione di due linee origina una terza linea, non un rettangolo, applicando cioè un procedimento aritmetico che non apparterrebbe alle operazioni geometriche408. Nelle Regulae – così come avviene anche nelle pagine seguenti della

406 Cfr. GIORGIO ISRAEL, Dalle Regulae alla Géométrie, in Descartes: il metodo e i saggi. atti del Convegno per il 350° anniversario della pubblicazione del Discours de la

méthode e degli Essais, 2 voll., a cura di G. Belgioioso, G. Cimino, P. Costabel, G. Papuli, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 1990, vol. II, p. 467: «[…] il carattere del tutto subordinato dell’algebra rispetto alla centralità della geometria. Prima viene la geometria che, in quanto scienza dell’estensione è lo strumento di decrizione ed analisi della sostanza delle cose: l’algebra ha il ruolo essenziale, ma subordinato, di rendere possibile la trattazione dell’estensione non come complesso di figurazioni percepibili dalla sola immaginazione ma come descrizione quantitativa».

407 La Géométrie, in AT VI, p. 369.

408 Ivi, pp. 369-370: «Et comme toute l’Arithmetique n’est composée que de quatre

ou cinq operations, qui sont: l’Addition, la Soustraction, la Multiplication, la Division, et l’Extraction des racines, qu’on peut prendre pour une espece de Division; ainsi n’a-t-on autre chose a faire, en Geometrie touchant les lignes qu’on cherche, pour les preparer a estre connuës, que leur en adiouster d’autres, ou en oster». Importante è il riferimento all’algebra di Viète (In Artem Analyticem Isagoge, Turonis, J. Mettayer, 1591; Ad Logisticem Speciosam

Notae Priores, Paris, Baudry, 1631) che passa da un’algebra numerosa ad una speciosa

impiegando non più i numeri ma le lettere – le quali denotano sia numeri sia grandezze geometriche –, fondendo procedimenti algebrici e metodi geometrici e permettendo così di operare sulla geometria con le regole dell’algebra. Sull’uso dell’algebra nei problemi

Géométrie – aveva però rappresentato l’inverso, ossia la moltiplicazione e la divisione di rette come origine del rapporto segmento-rettangolo e la definizione di rettangolo come prodotto di due linee409.

Descartes non considera l’equazione come una rappresentazione sufficiente di una curva, ma solo come una sua descrizione mediante un’infinità di punti che non traducono esattamente la continuità della linea geometrica410. La classificazione delle curve avviene invece in base alla loro costruibilità con un movimento continuo (ininterrotto) o con due congiunti. La distinzione tra curve geometriche e non geometriche non è posta in riferimento alle equazioni che le esprimono, bensì alla facilità con la quale sono disegnate combinando più movimenti continui successivi411:

[…] on n’en [i.e. de la géométrie] doit pas plutôt exclure les lignes les plus composées que les plus simples, pourvu qu’on puisse imaginer être décrites par un mouvement continu, ou par plusieurs qui s’entre-suivent, et dont les derniers soient entièrement réglés par ceux qui les précédent.

Ne consegue che le linee che immaginiamo descritte da due movimenti separati non aventi tra loro alcun rapporto misurabile con esattezza sono considerate meccaniche, non geometriche412. È infatti la continuità del moto a definire una curva geometrica, mentre l’uso dell’algebra assume un ruolo subordinato in quanto non facente parte della definizione di curva geometrica.

All’inizio del secondo libro, Descartes pone una differenza tra la sua concezione e quella degli antichi413:

Les anciens ont fort bien remarqué qu’entre les problèmes de géométrie, les uns sont plans, les autres solides et les autres linéaires […]. Mais je m’étonne de ce qu’ils n’ont point outre cela distingué divers degrés entre ces lignes plus composées, et je ne saurois comprendre pourquoi ils les ont nommées mécaniques plutôt que géometriques. […] Et il n’est besoin de rien supposer pour tracer toutes les lignes courbes que je prétends ici d’introduire, sinon que leurs intersections en marquent d’autres.

geometrici posti da Descartes, cfr. ENRICO GIUSTI, Numeri, grandezze e Géométrie, in

Descartes: il metodo e i saggi, cit., vol. II, pp. 419-439. 409 Regula XVIII, p. 465.

410 Sul rapporto tra equazione e curva, sull’impiego della prima come strumento e per

una confutazione dell’idea di algebrizzazione della geometria si legga W.R. SHEA, op. loc.

cit., pp. 55 e ss.

411 La Géométrie, pp. 389-390. 412 Ivi, p. 390.

413 Ivi, pp. 388-389. La distinzione tra meccanica e geometria non era così esplicita

negli antichi: ‘geometriche’ erano le linee costruibili con riga e compasso, ‘meccaniche’ le linee necessitanti di strumenti meccanici o mentali più complessi e inesatti. Cfr. ANDREW

GEORGE MOLLAND, Shifting the Foundations: Descartes transformation of ancient geometry, «Historia mathematica», III, 1976, pp. 21-49.

Descartes imposta una delle principali differenze tra la sua concezione e quella dei classici intorno al ruolo del movimento nella geometria. Se alcuni passi della Repubblica platonica e del De coelo aristotelico costituiscono le fonti della negazione del movimento nella geometria degli antichi414, la quattordicesima definizione del libro XI degli Elementi di Euclide impiega il movimento a fini definitori: «La sfera è la figura che viene compresa quando, restando immobile il diametro di un semicerchio, si faccia ruotare il semicerchio intorno al diametro finché non ritorni nuovamente nella stessa posizione da cui si cominciò a farlo muovere»415. Occorre precisare, però, che Euclide e Apollonio evitano la nozione di movimento delle figure ad eccezione di quello di rotazione, ricollegandosi al peculiare ruolo rivestito dal moto circolare.

Anche l’incipit del terzo libro della Géométrie pone l’attenzione sulla definizione di curva geometrica in riferimento al movimento generatore: «Encore que toutes les lignes courbes qui peuvent estre décrites par quelque mouvement régulier doivent estre reçue en la géométrie […]»416. Descartes impiega dunque il movimento in chiave definitoria («estre décrites»), mentre attribuisce all’equazione una funzione descrittiva.

Vi è poi, ovviamente, una precisa corrispondenza tra l’equazione algebrica e la curva geometrica alla quale si riferisce: tutti i punti delle linee geometriche corrispondono necessariamente a tutti i punti di una retta secondo un rapporto esprimile con una singola equazione: «tous les points de celles qu’on peut nommer géométriques, c’est-à-dire qui tombent sous quelque mesure précise et exacte, ont nécessairement quelque rapport à tous les points d’une ligne droite, qui peut être exprimée par quelque équation, en tous par une même»417.

Nella soluzione del problema di Pappo Descartes perviene ad una equazione in x e y dalla quale è possibile trarre una costruibilità per punti: «prenent successivement infinies diverses grandeurs pour la ligne y, on en trovera aussi infinies pour la ligne x, et ainsi on aura une infinité de divers points, tels que celui qui est marqué C, par le moyen desquels on décrira la ligne courbe demandée»418. I punti

414 PLATONE, Repubblica, trad. it. a cura di G. Reale, Milano, Rusconi, 19976, 526C-

527 B; ARISTOTELE, De Coelo, trad. it. a cura di O. Longo, Roma-Bari, Laterza, 1995, 279 b 32-280 a 12. Molland (op. loc. cit., p. 35) ha mostrato che, pur non essendovi nel pensiero greco una chiara definizione delle linee geometriche in termini di moto, nella pratica vi era maggiore flessibilità.

415 E

UCLIDE, Elementi, cit., libro XI, def. XIV; cfr. ivi, def. XV, XVIII-XXIII.

416 La Géométrie, p. 442. 417 Ivi, p. 392.

418 La Géométrie, p. 386. HENK J.M. BOS, On the representation of curves in Descartes’ Géométrie, «Archive for History of Exact Sciences», 24, 1981, p. 302: «Descartes’

solution of the problem of Pappus supplies a good illustration of the two different roles that curves can play in the solution of locus problems: a curve can occur as a locus; it can occur also as the means to construct points on the locus. Descartes treats the curves in totally different ways according to their roles». MASSIMO GALUZZI, Recenti interpretazioni della

espressi dalle equazioni scaturiscono dalle intersezioni delle curve con una linea retta: «la ligne courbe où se trouvent ces points est nécessairement quelqu’une de celles du premier genre, à cause que cette même équation explique le rapport qu’ont tous les points des lignes du premier genre à ceux d’une ligne doitre»419. L’equazione diviene così uno dei differenti ‘modi’ impiegabili per descrivere le proprietà di una curva geometrica, non il solo né quello più fedele alla continuità della figura420:

Et pource que cette façon de tracer une ligne courbe, en trouvant indifféremment plusieurs de ses points, ne sétand qu’à celles qui peuvent aussi estre

déscrites par un mouvement régulier et continu, on ne la doit pas entièrement rejeter

de la géometrie […]. Or de cela seul qu’on sait le rapport qu’ont tous les points d’une ligne courbe à tous ceux d’une ligne droite, en la façon que j’ai expliquée, il est aisé de trouver aussi le rapport qu’ils ont à tous les autres points et ligne données421.

‘Géometrie’ di Descartes, in Scienza e filosofia. Saggi in onore di Ludovico Geymonat, Garzanti, Milano, 1985, pp. 643-663.

419 La Géométrie, p. 396.

420 Nel caso della spirale, ad esempio, è impiegato un metodo di descrizione mediante

due moti uniformi sovrapposti, il primo rotatorio del raggio intorno al polo e il secondo traslatorio di un punto lungo il raggio. «Même il est à propos de remarquer qu’il y a grande différence entre cette façon de trouver plusieurs points pour tracer une ligne courbe, et celle dont on se sert pour la spirale et ses semblables» (ivi, p. 411).

421 Ivi, pp. 412-413 (il corsivo è nostro). Sul carattere descrittivo dell’equazione e

sulla corrispondenza tra costruzione per punti e moto continuo Descartes ritorna più volte. «ayant expliqué la façon de trouver une infinité de points par où elles [i.e. les lignes] passent, je pense avoir assez donné le moyen de les décrire» (ivi, p. 411). Gli storici della matematica più autorevoli hanno sottolineato questo aspetto della geometria cartesiana sia in rapporto all’algebra sia in vista dell’attribuzione a Descartes di una moderna ‘geometria analitica’. Si vedano, tra gli altri, RENÉ TATON, L’œuvre scientifique de Monge, Paris, Presses Universitaires de France, 1951, p. 101: «[Descartes] avait conçu cette science comme ‘une application de l’algèbre à la géométrie’ […]. Ainsi, apparaît-elle non pas comme une branche autonome de la science, mais plûtot comme un outil permettant de résoudre de nombreux problèmes géométriques qui n’entrent pas dans le champs normal d’application directe des propriétés classiques tirées des Eléments d’Euclide». CARL B. BOYER, History of Analytic

Geometry, New York, Scripta mathematica, 1956, p. 216 e ss.: «Descartes was not interested

in the courves as such. He derived equations of curves with one purpose in mind – to use them in the construction of determinate geometrical problems which had been expressed by polynomials equations in a single variable. […] The method of Descartes is that of coordinate geometry, but his aim is now found in the theory of equations rather in analytic geometry. […] Descartes repeteadly refers to the generation of curves ‘by continuous ad regular motion’; in Fermat one finds more frequently that phrase ‘Let a curve be given having the equation’. […] The one admitted courves into geometry of it was possible to find their equations, the other studied courves defined by equations». JEAN L.G. ITARD, La géométrie

de Descartes, in Essais d’histoire des mathématiques, a cura di R. Rashed, Paris, Blanchard,

1984, p. 277: «Descartes affirme plusieurs fois que les courbes organiques conduisent à une équation algébrique. Il n’affirme ni nie jamais la proposition réciproque».

Come Descartes precisa al termine del secondo libro e in perfetta aderenza alla lezione aristotelica, sia nella geometria piana sia in quella solida, le curve sono generate dal movimento regolare dei punti422 e questi vengono definiti come intersezioni tra due o più quantità continue.

La mathesis universalis, l’unità delle matematiche che porta ad una geometria analitica – anche se non nel senso moderno del termine – non si fonda sulla comunanza di oggetti (equivalenza numeri-linee) quanto sui processi, sul metodo, le azioni, le operazioni delle mente che colgono l’ordine e i rapporti. Descartes chiarisce questo aspetto nel Discours ove, più che riferirsi ad una scienza unitaria in grado di fornire soluzioni a problemi matematici appartenenti a diversi generi di quantità, propone una mathesis intesa come metodo conoscitivo423:

ce qui me contentoit le plus de cette Methode, estoit que, par elle, i’estois assuré d’user en tout de ma raison, sinon parfaitement, au moins le mieux qu’il fust en mon pouvoir; outre que ie sentois, en la pratiquant, que mon esprit s’accoustumoit peu a peu a concevoir plus netement et plus distinctement ses