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I.6. L’Euclide Chrétien: la semplicità divina dall’unità aritmetica

I.6.3. Lo specchio ardente »

A differenza dei due fuochi dell’ellisse che, come risulterà nel prosieguo, corrispondono alle facoltà dell’anima, la perfezione e semplicità divina e la coincidenza di intelletto, volontà ed essenza, sono identificate sempre con un solo fuoco. Ne L’Impiété des Déistes, applicando le leggi di riflessione della fisica ottica geometrica, gli infiniti raggi parassiali – ossia quelli paralleli al raggio d’incidenza del Sole e dotati della proprietà di convergere, seguito alla riflessione, nel fuoco (nella figura seguente indicati con M, N, L, H, I, K) –, che colpiscono la superficie concava di uno specchio, si riflettono in un punto situato sull’asse principale (GS, nell’esempio). Assumendo, per ipotesi, uno specchio infinitamente grande, la distanza tra l’asse ottico principale (GS), perpendicolare alla superficie (BC), e l’ultimo raggio parassiale è infinitamente maggiore, e così il fuoco è a sua volta infinitamente ardente.

Ce que ie vous pourrois encore expliquer par l’exemple d’un miroir parabolique, auquel on considere un point, qui contient toutes les perfections du miroir, bien qu’il soit indivisible, ce que quelques Mathematiciens appellent focus, d’autant que tous les rayons paralleles du Soleil qui tombent sur la surface concave du miroir se refléchissent en ce poinct, lequelle se retrouve dans l’axe […]. Or imaginez vous maintenant que la glace du miroir soit infiniment grande, le susdit poinct aura en soy une unité de rayons, et par consequent sera infiniment ardent, et luisant; c’est en cette façon que Dieu comprend tous les actes, et toutes les perfections possibles dans son acte tres-simple, tres-indivisible, et tres-pur, mais avec cette difference que ce poinct lumineux du miroir dependeroit de la surface, et des rayons qui tombent paralleles à l’axe dudit miroir: mais l’acte divin ne depend d’aucune chose, car il est de soy-mesme, et contient toutes les perfections, qu’on se peut imaginer, et au delà infiniment215.

Lo studio sulla riflessione degli specchi induce Mersenne ad attribuire al solo specchio parabolico la proprietà di consentire la convergenza di tutti i raggi in un solo punto, annullando così l’eventuale aberrazione sferica216.

Per illustrare la precedente descrizione del fenomeno ottico, abbiamo scelto un’immagine inserita da Mersenne in un contesto relativo a questioni di fisica acustica con il proposito di far emergere come, in questo caso, le dimostrazioni attinenti alla scienza della visione e a quella dei suoni si equivalgano217. Testimonia

215 L’Impiété, vol. I, cap. XVI, pp. 414-416. Cfr. L’Optique et la Catoptrique, libro II,

pp. 127 e ss.

216 Cfr. Quaestiones in Genesim, col. 510. Mersenne nega che il fuoco possa ardere

all’infinito come aveva invece sostenuto Della Porta. GIOVAN BATTISTA DELLA PORTA,

Magiae naturalis sive de Miraculis rerum naturalium libri XX, Neapoli, apud Horatium

Salvianum, 1589, pp. 271-276. Quaestiones in Genesim, coll. 513-514. L’Optique et la

Catoptrique, pp. 128-133.

217 Mersenne evoca implicitamente la teoria di Roberto Grossatesta, con il quale ha in

comune anche gli studi condotti sull’arcobaleno. Nel Commentarius in Posteriorum

Analyticorum libros, Grossatesta espone i vari aspetti che accomunano il fenomeno acustico

questo peculiare atteggiamento di Mersenne il fatto che a conclusione della Proposizione XXVIII – la medesima dalla quale abbiamo tratto la precedente figura – il Minimo rinvii il lettore proprio al sedicesimo capitolo del primo volume de L’Impiété des Déistes, e che nel corollario seguente fornisca una spiegazione del fenomeno di riflessione concernente uno specchio infinitamente grande218, come nel caso dell’analogia proposta nell’opera del 1624.

Il corretto uso della luce naturale viene confermato dalla coincidenza delle conclusioni alle quali perviene la ragione con i dettami della fede. Anche in questo caso il Minimo non solo rileva la differenza qualitativa insita in tale similitudine ma discute i vari aspetti che rendono l’immagine dello specchio inadeguata a rappresentare l’essenza divina. A differenza degli empi, che distruggono i miracoli riducendoli a comuni leggi di rifrazione, Mersenne impiega i fenomeni fisici propri degli specchi ai fini dell’apologia religiosa. Egli sceglie di confrontarsi con i detrattori della religione servendosi del medesimo linguaggio e delle stesse ‘prove’ presentate dagli atei contro la religione cattolica: come emerge anche dalla lettura della discussione cartesiana intorno alla scientia athei, sovvertendo i fondamenti e le conclusioni dei suoi interlocutori, il Minimo si propone di portare la luce naturale a riconoscere la veridicità delle rivelazioni della luce divina.

Mediante il vestigium dell’anima è possibile cogliere, anche se confusamente, «la sagesse, la puissance, et la bonté du souverain Architect» – ossia gli attributi delle tre Persone, ma non la loro essenza219 –, e questo malgrado l’imperfezione dell’immagine trinitaria umana e la conseguente impossibilità di pervenire alla comprensione dei rapporti divini ad intra.

ROBERTO GROSSATESTA, Commentarius in Posteriorum Analyticorum libros, a cura di P. Rossi, Firenze, Olschki, 1981, pp. 384-387.

218 Harmonie Universelle, De la nature et des proprietez du Son, vol. I, p. 63: «Lors

qu’on dit que les miroirs dont i’ay parlé, brusleroient iusques à l’infiny se doit entendre iusques à une si grande distance qu’elle nous sembleroit infinie, car ils cesseroient de brusler l’ors qu’ils commenceroient à quitter leur parallelisme sensible, à raison qu’ils ne sont pas exactement paralleles, quand ils tombent du centre du soleil sur les glaces des miroirs: et l’on peut determiner le lieu où ils cesseroient de brusler, ou d’eschauffer, ou de faire voir les obiets de mesme grosseur».

219 L’Impiété, vol. I, cap. XXII, p. 647.TOMMASO, Sententia I, d. 3: «Per vestigium

non devenimus in cognitionem personarum, nisi valse confuse; quia per appropriata personis, magis quam per ipsarum propria». Sulla dottrina dell’imago della Trinità in Tommaso si veda, tra gli altri, GILLES EMERY, La Trinité Créatrice. Trinité et Création dans les commentaires

aux Sentences de Thomas d’Aquin et de ses précurseurs Albert le Grand et Bonaventure,

I.7. IMMAGINE ELLITTICA DELL’ANIMA: I FUOCHI DELL’INTELLETTO E DELLA