I.6. L’Euclide Chrétien: la semplicità divina dall’unità aritmetica
I.6.2. Trinità e unisono »
L’analisi dell’unisono e lo studio delle sue possibilità di applicazione al dibattito teologico concernente la semplicità trinitaria si sviluppano a partire dagli studi di Mersenne sull’unità aritmetica, sorti all’interno del dibattito tradizionale.
L’uno era sempre stato inteso come entità indivisibile, limite invalicabile privo di antecedenti; non essendo annoverabile tra i numeri è, diversamente da essi, denominato parimpari, ossia al contempo pari e dispari. Ne deriva una differente concezione dei numeri frazionari, inesistenti per il pensiero greco poiché avrebbero suddiviso l’unità, privandola in tal modo di una delle sue caratteristiche ontologiche ed epistemologiche: i rapporti numerici sono presentati come logoi, ossia rapporti tra numeri mai minori di uno, schemi proporzionali.
L’impiego dell’unità aritmetica, geometrica e musicale con funzione apologetica risale alle Quaestiones in Genesim ma si sviluppa principalmente ne La
171 Ivi, p. 15.
172 Ivi, p. 33: «[… Dieu] est à plus iuste titre la source et la fin de tous les estres
differens, que la raison d’egalité ou l’Unisson ne l’est des raisons d’inegalité ou des Consonances».
173 Ivi, pp. 29-30: «L’on peut dire que toute la Musique n’est quasi autre chose que
l’Unisson, comme les vertus ne sont autre chose que l’amour, et consequemment que l’amour et l’Unisson sont semblables; car, si les Consonances ont quelque chose de bon et d’agreable, elles le prennent de l’Unisson, comme toutes les vertus tiennent leur bonté et leur excellence de l’amour».
Vérité des Sciences, ove Mersenne affronta la questione concernente l’annoverabilità dell’unità tra i numeri con l’intento implicito di chiarire le dieci analogie tra l’unità e l’atto divino stabilite l’anno precedente nel primo volume de L’Impiété des Déistes. Le analogie presentate nelle Quaestiones in Genesim sono quelle riproposte l’anno seguente: la terza, «unitas est immutabilis […] cum in eo [Deo] nulla sit vicissitudo, nulla compositio, nulla multiplicatio» corrisponde alla quarta de L’Impiété; la quinta «nihil unitate prius, aut posterius» alla decima; la sesta «praeter unitatem nihil est, et quaecunque sunt» alla quinta; la quarta è particolarmente importante, «nulla unitas est maior, aut minor alia, nec enim habet partes extensionis, aut intensionis, quapropter eam vocarunt concordiam, pietatem, et amicitiam, quam Martianus cupidinem appellat; ab omnibus siquidem se quaeri postulat: nunquid Deus optimus est totius pacis, et concordiae parens, et unicum principium?».
Nella sesta Quaestio175 Mersenne enuncia la definizione di unità proposta da Euclide (I, 7) e l’undicesima prosa del terzo libro del De consolatione philosophiae di Boezio. In conclusione della Quaestio il Minimo cita un lungo passo tratto dal De ordine di Agostino (libro II, §18) consistente nell’elenco dei vari generi di unità che scaturiscono anche dall’amore, dall’amicizia, dalla comunanza di intenti, dall’appartenenza ad un medesimo contesto e dalla condivisione di una stessa realtà, temi determinanti per la successiva lettura mersenniana della concordia.
Sempre prendendo le mosse da una citazione agostiniana concernente l’utilità delle matematiche anche in ambito teologico, Claude Breadeau condivide con Mersenne le sue riflessioni sul rapporto tra Dio e l’unità176:
Je considere l’unité par laquelle toutes les choses qui sont, sont dites unes, et le point qui n’a point de parties ores qu’il termine les lignes. En quoy faisont je contemple une image de Dieu, qui est seul la vraye unité, auteur de toutes unitez, et le seul point sans partie, mais qui en son unité et individuité contient tout et remplit tout, et passe par delà le tout infiniment sans mesure. Et voilà en brev comme je suis de vostre advis.
Nel secondo capitolo del libro II de La Vérité des Sciences, Mersenne affronta la discussione circa l’annoverabilità dell’unità tra i numeri, riportando la posizione di Teone di Smirne e adottando implicitamente177 quella dell’Arithmétique di Simon Stevin. Quest’ultimo, affrontando l’argomento «Que l’unité est nombre», definisce l’unità come numero («l’unité est nombre par lequel la quantité d’une chose expliquée est dict un»), e non solo come principio dei numeri, mediante la
175 Quaestiones in Genesim, coll. 795 e ss. 176 Lettera 50, CM I, pp. 391-392.
177 Se in questo passo Mersenne non cita la sua fonte, il nome di Stevin ricorre in
altre pagine de La Vérité des Sciences riguardanti la meccanica e nei Mechanicorum Libri della Synopsis mathematica, le cui trattazioni dell’idrostatica sono in larga parte debitrici delle opere dello studioso tedesco. Cfr. La Vérité, libro II, cap. I, pp. 231-232; MERSENNE,
formulazione di due sillogismi178 e rilevando le differenze con il punto geometrico: in primo luogo, due unità formano un numero mentre la linea scaturisce dal movimento di un punto e non dalla somma di due punti; in secondo luogo, l’unità è divisibile in parti con i numeri frazionari mentre il punto è indivisibile179.
La discussione mersenniana, originariamente circoscritta all’ambito aritmetico, si estende, in forma polemica, in due direzioni: scetticismo ed ermetismo. L’interlocutore scettico confuta la certezza dell’aritmetica mediante un duplice procedimento teso a mostrare i dubbi circa lo statuto dell’unità. Assimilata al punto geometrico, l’unità non può che essere considerata come privazione di moltitudine (il punto lo è della linea) e dunque l’aritmetica sarebbe fondata su una negazione, ossia sul nulla. Se, invece, l’unità fosse qualcosa, dovrebbe essere un numero, ma ciò non corrisponderebbe alla definizione VII del secondo libro degli Elementi euclidei («le nombre est une multitude composée de plusieurs unitez»), le cui proposizioni sono ritenute da Mersenne certissime. «De quelque costé que vous vous torniez, il faut avouër que l’Arithmetique est fort incertaine, à laquelle neantmoins vous avienz recours comme à une verité tres-certaine, et inesbranlable»180.
Mersenne affronta anche la posizione assunta al riguardo da ermetici, alchimisti e cabalisti. Oltrepassando il piano della matematica, il respingere l’identificazione dell’unità con il numero è proprio di coloro che impiegano i numeri numerantes e attribuiscono all’unità ogni genere di perfezione, innalzandola a principale rappresentazione sensibile della divinità181:
ce ne n’est pas qu’ils veuillent rien dire contre ce que nous avons apporté d’Euclide, mais seulement pour eslever l’unité par dessus toute sorte de nombre, d’autant qu’elle est le hieroglife, et la representation de la divnité, et de toute sorte de perfection […]: ce qui leur à peut estre fait dire que l’unité n’estoit pas nombre
178 S
IMON STEVIN, L’Arithmétique, in Les œuvres mathematiques..., le tout reveu,
corrigé, et augmenté, par Albert Girard, vol. I, Leida, Elzevier, 1634, libro I, parte I De definitions de l’Arithmetiques et des nombres Aritmetiques, p. 1: «l’ont dict vulgairement que
l’Unité ne soit point nombre, mains seulement son principe, ou commencement, et tel en nombre comme le poinct en la ligne; ce que nous nions, et en pouvons argumenter en ceste sorte: La partie est de mesme matiere qu’est son entier, Unité est partie de multitude d’unitez,
Ergo l’unité est de mesme matiere qu’est la multitude d’unitez; Mais la matiere de multitude d’unitez est nombres, Doncques la matiere d’unité est nombres». Propone un secondo
sillogismo: «Si du nombre donné l’on ne soubstraict nul nombre, le nombre donné demeure,
Soit trois le nombre donné, et du mesme soubstrayons un, qui n’est point nombre comme tu veux. Doncques le nombre donné demeure, c’est à dire qu’il y réstera encore trois, ce qui est absurd».
179 Ivi, p. 2: «l’unité est divisible en parties […] le poinct est indivisible». Stevin
propone una similitudine tra il punto e lo zero: entrambi sono indivisibili; come il punto sta alla linea, così lo zero ai numeri, pur non essendo esso un numero; inoltre, dalla somma dei punti e degli zeri non scaturisce né una linea né un numero.
180 La Vérité, libro II, cap. II, p. 255. 181 Ivi, p. 261.
simplement, mais quelque chose de plus parfaict, et de plus relevé.
Francesco Patrizi e Robert Fludd sono qui i principali esponenti di una metafisica della luce che identifica Dio, luce e unità e che compone, mediante un’immaginazione sregolata, gli esseri di parti di luce182. Il Minimo rivela così anche le importanti implicazioni che il dibattito sull’unità assume nella confutazione di pratiche magiche e cabalistiche, in quanto riconosce in esse un uso empio delle matematiche.
Dalla divisibilità dell’unità consegue invece la sua identificazione con il numero: diversamente dalla teoria greca dei logoi, le frazioni 1/2 1/3, 1/4 denominate nombres rompus, scaturiscono dalla suddivisione dell’unità e dalla possibilità di sottrarre all’infinito le sue parti183.
Nel quarto capitolo184, Mersenne dedica il primo teorema alla discussione della definizione euclidea L’unité est une forme par laquelle chaque estre particulier est dit un, già esposta nelle Quaestiones in Genesim, e cita le dodici specie di unità elencate da Boezio nel trattato De unitate et uno185. Tra queste rivestono un particolare interesse per la nostra ricerca la prima, relativa all’unità tres-simple dell’essenza divina («1. nous disons que ce qui est tres-simple en essence, est un, mais il ni à que Dieu à qui cette unité appartienne») e l’ultima, sulla quale torneremo, concernente il tema della concordia.
Nelle Quaestiones in Genesim l’unità è definita in più luoghi quale fondamento dell’armonia e degli elementi della realtà186. Nella Quaestio 57 dedica due paragrafi187 all’unisono ritenendolo preferibile alle consonanze e superiore ad esse come lo è l’uguaglianza rispetto alla disuguaglianza. L’unisono non viene ancora annoverato tra le consonanze, come confermano le seguenti parole di Mersenne: «Prima, eaque perfectissima consonantia vocatur diapason, seu octava, vel aequisonantia». Mersenne ripropone così la tradizione consolidata che definiva il ‘suono unisono’ come due suoni eseguiti all’unisono e per questo non distinguibili dal
182 Ivi, cap. IV, p. 281: «Vous pouvez voir François Patrice dans sa nouvelle
Philosophie de la lumiere, de laquelle, et par laquelle il veut que toutes les creatures soient composées; ce que Robert Fludd s’est efforcé de démontrer par plusieurs figures, afin de nous faire voir les imaginations de son esprit, et la cognoissance qu’il a pensé avoir de la cabale».
183 Già Stevin parla dei ‘nombres rompues’ come parti dell’unità: STEVIN, op. cit., p.
4.
184 La Vérité, libro II, cap. IV, pp. 280 e ss.
185 Ivi, pp. 281-282.Cfr. ANICIO MANLIO SEVERINO BOEZIO, De unitate et uno, in Hec sunt opera Boetii que in hoc volumine continentur, Venezia, Gregorium de Gregoriis,
1499, foll. 199r e ss.
186 Quaestiones in Genesim, col. 77: «Unitas est fundamentum harmoniae». Cfr. ivi,
coll. 47-49.
singolo suono188. Nelle Dimostrationi harmoniche e nei Sopplimenti musicali, Zarlino aveva dedicato una diffusa trattazione alla similitudine tra il punto geometrico, l’unità e il ‘suono unisono’. L’unità è, secondo il teorico veneziano e in conformità all’interpretazione tradizionale, il principio dei numeri come il punto lo è della linea e il suono dell’intervallo, sia esso consonante o dissonante, ossia principio d’uguaglianza o d’ineguaglianza. Questa definizione scaturisce dall’immagine geometrica in base alla quale come dal movimento del punto, di per sé indivisibile e privo di dimensioni, scaturisce la linea, così dal singolo suono o dall’unisono si origina l’intervallo mediante il movimento di uno dei due termini dell’intervallo: «si come quando tal punto si muove, si viene à far la Linea: cosi anco mosso il Suono unisono verso il grave, overo verso l’acuto si fa l’Intervallo: il quale in larghezza è divisibile»189.
Mersenne, pur stabilendo una generale equivalenza, su questo punto, tra la scienza dei suoni e le due matematiche pure, rifiuta di considerare l’unisono quale principio delle consonanze e fissa una serie di sottili distinzioni che gli permettono di definire una più precisa analogia della Trinità. Nell’Harmonie Universelle si perde il rapporto, che sussisteva nella visione tradizionale, tra la molteplicità dei numeri e l’unità intesa come arché: l’unità intelligibile, il punto e l’unisono non sono principii poiché dalla loro somma non scaturiscono né i numeri (la somma di due unità intellettuali – non materiali – rimane sempre un’unità), né le grandezze (la linea è generata dal movimento di un punto e non dalla loro somma), né gli intervalli (il numero dei battimenti deve essere differente, non risulta dalla somma di battimenti identici)190.
188 G. ZARLINO, Sopplimenti musicali, nei quali si dichiarano molte cose contenute nei due primi volumi delle Istitutioni et Dimostrationi; per essere state mal’intese da molti, e si risponde insieme alle loro calunnie, Venezia, Francesco de’ Franceschi senese, 1588, rag.
II, def. VI, p. 75. Non definisce l’unisono consonanza poiché «consonanza propriamente detta è mistura, ò compositione di suono grave et acuto: la quale soavemente et uniformemente viene all’Udito» (ivi, def. I, p. 71).
189 Ivi, rag. I, def. I, p. 20. Cfr. G. Z
ARLINO, Dimostrationi harmoniche, nelle quali
realmente si trattano le cose della musica, e si risolvono molti dubbii d’importanza, Venezia,
Francesco de’ Franceschi senese, 1571, libro II, capp. III, VI, XVI, pp. 48, 56-57, 76.
190 Harmonie Universelle, Des Consonances, pp. 30-33. «L’egalité est si sterile
qu’elle ne peut engendrer nulle autre raison»; «La raison d’egalité et l’Unisson ne sont pas les principes de l’inegalité et des Consonances à proprement parler, mais seulement que l’Unisson qui vient de l’egalité des battemens, ou des mouvemens d’air qui frappe l’oüye, est plus simple et plus aisé a concevoir que les autres Consonances; et il n’est pas possibile de considerer les raisons d’inegalité si l’on ne suppose celle de l’egalité, parce que s’il n’y avoit point d’egalité il n’y auroit poit d’inegalité, quoy que l’egalité puisse estre sans l’inegalité» (ivi, pp. 32-33). Possono essere definiti principii, anche se impropriamente, considerando che l’unità è antecedente rispetto all’ugualianza e questa alla disuguaglianza. «Et parce que ces raisons precedent toutes les autres, et qu’elles sont la source et l’origine de tous les estres possibile, l’on peut dire que la raison de l’egalité divine est le principe de toutes les raisons multiples» (ivi, p. 31).
Tra i contemporanei l’unisono non viene considerato una consonanza. Beeckman, ad esempio, discutendo della perfezione delle consonanze, non annovera l’unisono191. Descartes, nel Compendium, ritiene che il rapporto tra unisono e consonanze sia uguale a quello intercorrente tra unità e numeri: «Advertendum est, primo, unisonum non esse consonantiam, quia in illo nulla est differentia sonorum in acuto et gravi; sed illum se habere ad consonantias, ut unitas ad numeros»192. Il rapporto numerico che esprime l’unisono è, infatti 1:1, ossia 1. Descartes, proprio come Mersenne, definisce l’unisono sul modello dello statuto attribuito all’unità ma, assumendo premesse differenti, giunge a conclusioni antitetiche a quelle del Minimo.
La posizione cartesiana al riguardo muta, come si evince dalla lettera inviata a Mersenne nel gennaio 1630 ove l’unisono è riconosciuto come la consonanza più piacevole193, testimoniando così l’influenza esercitata dal Minimo al riguardo e il cambiamento avvenuto nella riflessione di quest’ultimo. Mersenne, infatti, abbandona progressivamente la tradizionale impostazione delle Quaestiones in Genesim. Se nella lettera inviata a Galilei nel 1629 egli non annovera tra le consonanze l’unisono194, nel Livre, precedente di qualche anno, riporta nel primo teorema del capitolo dedicato alle consonanze la seguente definizione: «L’unisson est un assemblage de deux, ou plusieurs sons, qui se ressemblent si parfaitement que l’oreille les oit comme s’il n’y en avait qu’un seul, et qui est le plus puissant de toutes les consonances»195. Questo manoscritto è la prima opera nella quale Mersenne dedica uno studio accurato all’unisono anche se, confrontandolo con le trenta pagine incentrate su tale tema nell’Harmonie Universelle, notiamo una differenza significativa. Tra il Livre e l’opera del 1636 la trattazione delle consonanze presenta solo piccole – e trascurabili – differenze, mentre quella riservata all’unisono è completamente mutata: nel primo scritto, dopo averlo definito «principio delle consonanze»196, l’analisi verte interamente sulla risonanza per simpatia; nell’Harmonie, invece, il meticoloso studio condotto sulla semplicità dell’unità aritmetica, geometrica e musicale culmina in riflessioni di ordine morale e teologico.
Mersenne intraprende una ‘prova matematica’ della Trinità rimanendo sul piano analogico mediante un tessuto di similitudini tra proprietà dell’essenza delle Persone e consonanze musicali. «[…] les choses qui sont esgales à une mesme sont esgales entr’elles; ce qui sert aux Theologiens pour prouver l’esgalité des trois
191 I.B
EECKMAN, Journal, cit., fol. 23v.
192 DESCARTES, Compendium Musicae, AT X, p. 96. 193 Lettera 147, CM II, p. 371.
194 Lettera 124, CM II, pp. 173-174: «ut me doceas quae sint verae rationes ob quas
adeo paucae consonantiae sint in Musica, in qua nempe solum octava, quinta, quarta, duae
tertiae duaeque sextae, nempe maior et minor, reperiuntur». 195 Livre de la nature des sons, cap. V, th 1, fol. 25r.
196 Ibid.: «J’ay commencé par l’unisson d’autant qu’il est le principe de toutes les
personnes divines, dont chacune est esgale, ou plustost mesme chose avec Dieu»197. Nel corso dei suoi studi, egli si concentra progressivamente sui caratteri dell’uguaglianza e dell’unità delle tre Persone198. Se la geometria fornisce teoremi utili a esemplificare con chiarezza l’uguaglianza delle Persone, la musica assolve un compito ben più importante divenendo strumento privilegiato per l’indagine condotta sull’unità della Trinità. Lo studio sull’unisono, a differenza di quello sul punto, permette infatti di ricondurre ad una unica nota (determinata dalle variabili dell’altezza, della frequenza e del timbro) una pluralità di suoni. Nell’Harmonie Universelle vengono dedicate all’unisono circa trenta pagine, anche se Mersenne non si spinge neppure in questo caso oltre l’analogia («l’Unisson represente en quelque maniere»).
L’Unisson represente en quelque maniere la nature divine, dautant que c’est d’elle dont il faut tirer la raison pourquoy les trois personnes sont une mesme chose avec l’essence de Dieu, sans laquelle elles seroient entierement distinctes, et n’auroient nulle unité199.
Mersenne si richiama alla definizione di unisono presentata nello Speculum musicae di Giacomo di Liegi, attribuito erroneamente dai contemporanei al matematico e musicista Jean de Muris: «Utrum unisonus sit consonantia»200. L’autore apre il decimo capitolo del secondo libro fornendo una serie di testimonianze (Boezio, Nicomaco, Tolomeo)201 contrarie alla sua impostazione, basata invece sul definire l’unisono la prima e più perfetta consonanza202. Come avviene con Mersenne, anche Giacomo di Liegi fonda la sua definizione dell’unisono sulla pluralità dei suoni emessi durante l’esecuzione: «Imo summae miscentur in tantum ut quasi unus sonus appareat, licet in veritate sint plures, propter quam causam talium sonorum mixtio
197 Harmonie Universelle, Des instrumens de percusion, vol. III, p. 79. 198 Lettre 1081, CM XI, p. 108.
199 Harmonie Universelle, Des Consonances, p. 38. Ivi, p. 14.
200 JACQUES DE LIEGE, op. cit., vol. II/1, cap. X, p. 29. Nell’epistolario del 1635,
Mersenne riferisce di aver letto l’opera in questione nella biblioteca reale: «Quant a Jean de Muris que nous avons dans la bibliotheque du Roy, in magno folio» (Lettera 405, CM V, p. 37). L’opera era stata attribuita a de Muris dall’editore De Coussemayer.
201 A.M.S. B
OEZIO, De Institutione Musica, Frankfurt, Minerva, 1966, libro I, cap. 3:
«in his vocibus, quae nulla inaequalitate discordant, nulla omnino est consonantia», «est enim consonantia dissimilium inter se vocum in unum redacta concordia». Il medesimo genere di definizione viene ripreso da Nicomaco di Gerasa: «neque, inquit similium esse consonantiam sed dissimilium potius in unam eandemque concordiam venientium. Gravem, vero si gravi misceantur nullam facere consonantiam, quoniam hanc canendi cordiam similitudo non efficit sed dissimilitudo».
202 JACQUES DE LIEGE, op. cit., cap. X, pp. 29, 32: «si unisonus esset consonantia,
videretur esse omnium prima et summa, cum fundetur in aequalitate, quae ceteras omnes antecedit proportione»; «Advertendum tamen quod, licet unisonus sit vera et prima omnium et summa consonantia».
talis simul sonantia vocatur unisonus»203. Il con-sonare proprio dell’origine etimologia di consonantia comprende sia il ‘simul sonare’, sia il ‘concordare’, entrambi presenti nella definizione dell’unisono propria di Giacomo da Liegi e Mersenne poiché, nel caso di questa consonanza, le voci sono distinte sia numericamente, sia qualitativamente, pur nell’assoluta uguaglianza di proporzioni. La consonanza, infatti, non viene definita sulla base della disuguaglianza delle voci, ma