conseguenza giuridica di quella che è stata definita la «crisi» del modello dell’art. 39 Cost.302 La norma garantisce al co. 1 la libertà di organizzazione sindacale e ai commi successivi definisce le condizioni affinché il contratto collettivo possa avere efficacia nei confronti di tutti i lavoratori appartenenti ad una determinata categoria professionale cui il contratto si riferisce. In particolare, viene riconosciuta personalità giuridica alle associazioni sindacali che, avendo uno statuto che «sancisce un ordinamento interno a base democratica», scelgono303 di registrarsi presso uffici pubblici. Ed è unicamente a questi soggetti che, rappresentati in un organo unitario in proporzione ai propri iscritti, la Carta Costituzionale riconosce il potere di stipulare contratti collettivi con efficacia erga omnes.
Il modello costituzionale della seconda parte dell’art. 39 non ha però mai visto la luce304 attraverso l’emanazione di una legge sindacale. Le ragioni alla base
302 TREU T., Il sindacato fuori dalla Costituzione: riconoscimento e rappresentatività, in Jus, 1975, pag. 202.
303 In relazione al dibattito sulla natura della registrazione, cioè se quest’ultima
costituisce un obbligo oppure un onere in capo alle organizzazioni sindacali finalizzato
all’acquisizione della personalità giuridica, CHIARELLI M., L’organizzazione sindacale
nella Costituzione e nella legge futura, in Dir. Lav., 1948, I, pag. 373 e segg.; NATOLI U.,
Libertà sindacale e registrazione, in Atti del convegno di studi sul progetto di legge per la disciplina dei rapporti di lavoro, Giuffré, Milano, 1953, pag. 74; ESPOSITO C., Lo Stato e i
sindacati nella Costituzione italiana, in ESPOSITO C., La Costituzione italiana. Saggi, Cedam,
Padova, 1954, pag. 162 e segg.
304 GIUGNI G., Commento all’art. 39, in BRANCA G. (a cura di), Commentario della
Costituzione, Zanichelli-Foro italiano, Bologna-Roma, 1979, pag. 257 e segg.; GRANDI M.,
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dell’ostilità nei confronti di quella parte della norma sono ricollegabili allo iato che, secondo parte della dottrina, esisteva tra il co. 1 ed i successivi. La libertà sindacale riconosciuta si riteneva contraddetta infatti, da un lato, dalla previsione della procedura che imponeva ai sindacati un controllo da parte dello Stato attraverso la registrazione e, dall’altro, dal concetto di categoria che, considerata immanente alla realtà, limitava le parti contrattuali nella determinazione dell’ambito di applicazione del contratto. La contraddizione interna alla norma veniva letta come «l’incapacità del costituente di rinunciare agli schemi che avevano caratterizzato l’esperienza sindacale fascista se non per spogliarli del loro carattere autoritario, ossia della incapacità di ripensare il problema in termini radicalmente nuovi»305. Non sono mancate le opinioni di quanti hanno ricollegato quella disposizione ad una versione organicistica dei rapporti tra Stato e gruppi organizzati, finalizzata a subordinare gli interessi di questi ultimi ad interessi generali. Subordinazione a cui conseguiva la legittimazione di un controllo interno da parte dello Stato nella vita dei quei gruppi306.
Rimasto “orfano” di una disciplina che attuasse il modello costituzionale, il contratto collettivo è stato costruito all’interno di un sistema extralegislativo, che però, almeno nelle prime ricostruzioni, ha finito con il mutuare norme e principi dal diritto civile.
La prima sistematizzazione della disciplina del contratto collettivo e del sindacato al di fuori dalla prospettiva Costituzionale viene offerta da Santoro contratto collettivo e sciopero, in ZANINELLI S. (a cura di), Il sindacato nuovo. Politica e
organizzazione del movimento sindacale in Italia negli anni 1943-1955, Franco Angeli,
Milano, 1981, pag. 202 e segg.; PERA G., Problemi costituzionali del diritto sindacale italiano,
Feltrinelli, Milano, 1960, pag. 58 e segg.
305 MANCINI G.F., Libertà sindacale e contratto collettivo «erga omnes», in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1963, pag. 572 e segg.
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Passarelli F307. L’A. riconduce sia il contratto collettivo che i sindacati ad una dimensione privatistica, ossia a quella «sfera di libertà che costituisce l’ambito nel quale opera l’autonomia dei privati»308. L’autonomia privata collettiva diviene così il potere del gruppo di porre in essere norme dirette alla autoregolamentazione di privati interessi che si concretizzano attraverso il c.d. contratto collettivo di diritto comune. Quest’ultimo viene inquadrato in una prospettiva volontaristica-rappresentativa e produce i suoi effetti a seguito dell’atto di adesione del singolo all’associazione309 a cui consegue la «subordinazione» dell’«interesse individuale all’interesse della collettività professionale cui partecipa», inteso come sintesi e non come mera sommatoria di interessi individuali310. É stato osservato come alla privatizzazione del diritto sindacale corrispondesse la volontà di rifiutare il sistema prefigurato dal costituente per delinearne uno alternativo che garantisse la libertà di contrattazione collettiva da ogni ingerenza statuale311.
Alla teoria di Santoro Passarelli si affianca quella pluriordinamentale di Giugni G.312. Quest’ultima non rifiuta l’impostazione privatistica del diritto sindacale, ma dalla stessa prende le mosse con l’obiettivo di dimostrare l’irriducibilità del fenomeno sindacale alla mera autonomia privata. Secondo l’A., infatti, l’autonomia collettiva deve essere ricondotta ad un potere sociale organizzato e
307 SANTORO PASSARELLI F., Ordinamento e diritto civile. Ultimi saggi, Jovene, Napoli, 1988, pag. 263. L’A. scrive che «quando, dopo la cessazione dell’ordinamento corporativo, mi fu affidato l’insegnamento di diritto del lavoro, mi trovai nella condizione di dover ripensare l’impostazione da dare alla disciplina».
308 SANTORO PASSARELLI F., Saggi di diritto civile, Jovene, Napoli, 1961, pag. 255.
309 Il riferimento è al c.d. mandato irrevocabile conferito nell’interesse anche di terzi o
collettivo (art. 1723, co. 2 e art. 1726 c.c.).
310 SANTORO PASSARELLI F.,Nozioni di diritto del lavoro, Jovene, Napoli, 1985, pag. 43. 311 VARDARO G., Contrattazione collettiva e sistema giuridico. Il diritto sindacale tra contratto e istituzione, Jovene, Napoli, 1984, pag. 57.
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qualificarsi come «struttura organizzativa permanente, fondata su peculiari forme di garanzia sociale313». Si configura dunque un ordinamento originario dotato di un sistema di fonti autosufficienti314 rispetto alle norme dell’ordinamento statuale che viene conseguentemente definito ordinamento intersindacale. Ed è all’interno di questo ordinamento che al contratto collettivo viene riconosciuta un particolare efficacia vincolante. Ai fini della produzione degli effetti del contratto collettivo nei confronti dei lavoratori è irrilevante, a differenza di quanto richiesto dalla teoria privatistica, il mandato alle organizzazioni sindacali. L’efficacia del contratto è connessa alla capacità dei gruppi di aggregare anzitutto sul piano sociale individui portatori di un medesimo interesse collettivo. È infatti la capacità di aggregazione che, secondo Giugni, permette anche ad un sistema di regole e di sanzioni scarsamente formalizzato di vincolare reciprocamente i gruppi e i loro appartenenti e, dunque, di garantire l’efficacia del contratto collettivo315. Ed è proprio alla luce dell’importanza che la teoria giugniana riconosce alla realtà fattuale, che si spiega il superamento degli schemi privatistici. In altre parole, cioè, quella teoria sembra trovare le proprie radici nella necessità di cogliere la realtà, al di là degli ingombranti e distorsivi fardelli formalistici delle impostazioni positiviste316.
2. I LIMITI DEL CONTRATTO COLLETTIVO DI DIRITTO COMUNE E DEL CONTRATTO