3. L’ EVOLUZIONE FUNZIONALE DELLE CLAUSOLE DI TREGUA SINDACALE NELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA ITALIANA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA ITALIANA.
3.3. G LI ANNI DELL ’ EMERGENZA
Dopo il periodo della contrattazione non vincolata, le clausole di tregua ricompaiono negli anni Ottanta, con una forma ed una funzione differente rispetto a quella assolta nei decenni precedenti.
A tal riguardo, non si può negare come sui descritti profili abbia inciso il mutato contesto economico in cui le pattuizioni si sviluppano nuovamente: il riferimento è alla situazione di crisi nazionale durante la quale il contenimento dell’inflazione costituisce il primo obiettivo della politica economica dello Stato. Per quanto attiene alla forma, gli impegni a non promuovere azioni di conflitto pur non essendo esplicitamente formulati, sembrano potersi dedurre dalla lettura di altre clausole degli accordi.
Con riferimento alla funzione, invece, l’astensione dal conflitto risulta strumentale a garantire la stabilità di un sistema contrattuale orientato al contenimento del costo del lavoro.
172 GIUGNI G., L’autunno “caldo” sindacale, Il Mulino, Bologna, 1970, pag. 34 e segg. ; ID.,
Commento alla premessa, in CARINCI F. (a cura di), Il contratto dei metalmeccanici,
Zanichelli, Bologna, 1978, pag. 1 e segg.; LISO F., Osservazioni sul contratto dei
metalmeccanici privati e clausole di pace, in Riv. Giur. Lav., 1972, pag. 355; CORSO F., Le
clausole obbligatorie intersindacali, in D’ANTONA M. (a cura di), Letture di diritto sindacale,
Jovene, Napoli, 1990, pag. 364 e segg.
173 GIUGNI G., Diritto Sindacale, Cacucci, Bari, 2010, pag. 162; per la giurisprudenza Trib.
Padova, 4 luglio 1973, in Foro It., 1973, I, col. 3206 e segg.; App. Venezia 29 aprile 1976, in Foro It., 1976, I, col. 1701 e segg.
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Emblematico, a tal riguardo, è l’accordo Scotti del 21 gennaio del 1983. Qui, infatti, la lettura congiunta della clausola di moratoria della contrattazione aziendale con cui vengono fissate «le misure massime per gli aumenti dei rinnovi dei contratti collettivi (di categoria), già scaduti o in scadenza nei settori industriali»174 con la clausola di non negoziabilità a livello inferiore delle materie già regolate a livello superiore, ha condotto a ritenere come la sottrazione all’area del contratto comportasse automaticamente la sottrazione dall’area del conflitto175.
Posizione, quest’ultima, contestata da chi, per la configurabilità di un obbligo di pace, ha concetrato l’attenzione sugli effetti della violazione del divieto di rinegoziabilità. A tal riguardo è stato osservato176 come il meccanismo del c.d. “riassorbimento”, finalizzato a neutralizzare gli effetti di un’eventuale contrattazione aziendale che non rispetta i limiti concordati, si presenta come un “sostitutivo funzionale” delle clausole di tregua. Da punto di vista del conflitto, infatti, quel meccanismo, annullando i risultati conseguiti con la riproposizione delle rivendicazioni a livello aziendale, non vieta l’azione collettiva, ma, rendendola di fatto impotente, finisce per disincentivarla, garantendo, così, alla stregua delle clausole di tregua, la stabilità del
174 L’Accordo precisa come le misure massime degli aumenti sono “comprensive di
qualsiasi aumento di carattere collettivo a livello aziendale, fino al diciottesimo mese dalla stipula del contratto di categoria.
175 TOSI P., Contrattazione collettiva e controllo del conflitto, in Dir. Lav. Rel. Ind., 3, 1988,
pag. 449; anche PASCUCCI P., La regolamentazione autonoma del diritto di sciopero, in Riv.
Giur. Lav., 1997, I, pag. 510 che sostiene come dietro quella clausole si celi una regolamentazione bilaterale del conflitto, ovvero una “mascherata” reintroduzione
della clausole di tregua. In tal senso anche LAMBERTUCCI P., Le procedure di
raffreddamento del conflitto collettivo con particolare riferimento alla disciplina contenuta nel protocollo del 23 luglio del 1993, in Riv. Giur. Lav., 1997, I, pag. 383.
71 regolamento contrattuale177.
Merita attenzione la parte dell’Accordo Scotti che prevede che, al fine di contribuire alla riduzione della cause di microconflittualità, le categorie possono prevedere procedure aziendali di definizione di vertenze sull’applicazione dei contratti collettivi ed, eventualmente, arbitrati collegati a pause di raffreddamento178. La previsione, pur non presentandosi come un obbligo per le parti, sembra voler introdurre, attraverso la c.d “amministrazione del contratto collettivo”179, una composizione autonoma dei conflitti, cioè realizzata dagli stessi soggetti che hanno sottoscritto l’accordo.
L’impegno di tregua sindacale assume nuovamente un carattere esplicito nel protocollo Iri/Intersind del 18 dicembre 1984180. Qui l’obbligo di pace risulta connesso, da un lato, a procedure finalizzate a prevenire e risolvere conflitti collettivi aziendali le quali si sostanziano nel rafforzamento degli obblighi informativi reciproci delle parti, e dall’altro, a procedure di conciliazione finalizzate a risolvere controversie collettive ed individuali di natura sia economica che giuridica181. In tal modo, sempre nell’ottica del nesso sinallagmatico, la garanzia del controllo del conflitto permette ai sindacati, di ottenere, in cambio, il riconoscimento di meccanismi di informazione sindacale182.
177 A tal riguardo Pret. Roma 26 marzo 1987, in Riv. Giur. Lav. 1987, II, pag. 305;
ASSANTI C., “Il protocollo Scotti” davanti ai giudici: alcune considerazioni, in Riv. It. Dir.
Lav., 1988, II, pag. 156.
178 Il riferimento è al punto 13, comma 1 dell’Accordo.
179 LIEBMAN S., Contributo allo studio della contrattazione collettiva nell’ordinamento giuridico italiano, Milano, Giuffré, 1986, pag. 20 e segg.
180 Accordo poi rinnovato il 16 luglio 1986.
181 Sull’individuazione degli oggetti cui le procedure ineriscono, TREU T., Le relazioni
industriali nell’impresa: il protocollo Iri, in Riv. It. Dir. Lav., 1986, I, pag. 395 e segg.
182 PEDRAZZOLI M., Sull’introduzione per via contrattuale di comitati consultivi paritetici nel gruppo Iri, in Riv. It. Dir. Lav., 1986, I, pag. 217 e segg.
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Con l’Accordo sembra essere rafforzata anche la gestione c.d. “autonoma” del conflitto. A tal riguardo si rileva, infatti, come l’attività di controllo sul rispetto dell’accordo non solo non è ordinariamente demandata agli organi dello Stato, ma viene esclusivamente riservata ad una giurisdizione privata intersindacale183.
Una simile scelta delle parti permette al sistema di poter essere completamente autosufficiente184, confermando, così, le teorie sull’effettività dell’ordinamento intersindacale.