5. I CONTENUTI DELLO SCIOPERO E L ' INTERPRETAZIONE DELLA GIURISPRUDENZA 1 L E FINALITÀ DELLO SCIOPERO L ' INTERPRETAZIONE DELLA CORTE
5.2. L E MODALITÀ DI ATTUAZIONE DELLO SCIOPERO E LA TEORIA DELLA TITOLARITÀ NELLE SENTENZE DELLA CORTE DI CASSAZIONE
Sono i giudici della Corte di Cassazione ad essere i primi95 interlocutori dell'art. 40. Prima di dar inizio all'attività creatrice del diritto di sciopero, la Corte deve, però, superare l'ostacolo della temuta natura programmatica della disposizione. Ecco che in una delle prime sentenze sull'argomento, la n. 4 del 195096, si osserva come la legge ordinaria alla quale la norma costituzionale fa riferimento ha carattere esplicativo e mai innovativo, e che pertanto la sua mancanza non può determinare il disconoscimento del diritto in violazione della proclamazione fattane dalla Costituzione. Conseguentemente l'art. 40 deve essere qualificato come norma precettiva e di immediata applicazione.
Se la sentenza sull'immediata precettività costituisce il presupposto logico per qualunque operazione interpretativa, ai fini della ricerca è, tuttavia, un'altra la decisione che può essere considerata punto di partenza per analizzare le “tendenze” sulla titolarità del diritto di sciopero.
Il riferimento è alla sentenza n. 1628 del 195297. Nel testo si legge come l'assenza dell'intervento del legislatore non consente di sostenere che l'esercizio del diritto debba considerarsi lecito solo se contenuto in determinati limiti o se osservate certe condizioni. Il riferimento è al previo tentativo di conciliazione, al preavviso, all’intimazione, all’ autorizzazione da parte di organi sindacali. Nel ragionamento giuridico, ad una siffatta premessa la Corte fa conseguire l'esclusione dell'applicabilità di condizioni e limitazioni specifiche al diritto di sciopero. Precisa, inoltre, come quest'ultimo, ed ogni altro diritto soggettivo, sia
95 Si ricordi, a riguardo, il ritardo dell'istituzione della Corte Costituzionale.
96 Cass. 24 febbraio 1951, n. 4, in BUSCAINO M.(a cura di), Massimario del lavoro. Raccolta
completa della Cassazione dal 1944 al 1952, op. cit., pag. 227.
97 Cass. 7 giugno 1952, n. 1628, in BUSCAINO M.(a cura di) Massimario del lavoro. Raccolta
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sottoposto ai limiti derivanti dall'ordinamento giuridico generale e che non consentono la violazione delle norme dettate a tutela di altri beni e interessi come libertà, proprietà, amministrazione della giustizia.
É chiaro come i giudici, pur condividendo con la dottrina collettivista degli anni Cinquanta98 la ricostruzione dello sciopero alla stregua di diritto soggettivo, alla stessa si contrappongono. Gli stessi sostengono infatti, da un lato, che la legittimità del diritto non debba essere subordinata ad alcuna limitazioni – tra cui emerge a chiare lettere la proclamazione sindacale – e, dall'altro, che le medesime limitazioni attengono all'esercizio del diritto e non alla titolarità. Nella decisione la Corte, pur affermando l'esistenza dei limiti c.d. esterni, di fatto interpreta la norma attraverso la concettualizzazione dello sciopero99, ricorrendo così anche ai c.d. limiti coessenziali. Questo viene infatti configurato come «astensione collettiva dal lavoro, concordata e uniformemente attuata dai lavoratori subordinati, al fine di risolvere un conflitto di lavoro e di conseguire una più favorevole regolamentazione del preesistente rapporto».
Ed è proprio in relazione ai necessari caratteri di plurisoggettività ed uniformità dell'astensione che la Corte statuirà l'illegittimità di quelle azioni che, non presentando i crismi della definizione100, saranno considerati «anomali»101 o più
98 Il riferimento è certamente a SANTORO PASSARELLI F.,nonché a CALAMANDREI P.
99 TARELLO G.,L'interpretazione della legge, Giuffrè, Milano, 1980, pag. 56. L’A. parla a riguardo di indirizzo interpretativo-applicativo.
100 Per una critica serrata e provocatoria, NATOLI U., Sciopero e statuto dei diritti dei lavoratori, in Riv. Giur. Lav., 1973, I, pag. 319. L'A. ritiene che l'approccio definitosi sia l'emblema dello «zelo, col quale i nostri interpreti si sono dedicati alla “caccia al limite”, riducendo lo sciopero (da considerare nei “limiti” e quindi legittimi) al rango di una disinteressata manifestazione sportiva messa in essere da una collettività di autolesionisti, apparentemente maturi per un periodo di ferie neuropsichiatriche». 101 NATOLI U.,Evoluzione del diritto del lavoro, in Riv. Giur. Lav., 1967, I, pag. 384, sostiene che sia «assurdo pretendere di costringere un fenomeno, che di per sé, è una anormalità - e, proprio come tale, come strumento straordinario di tutela, è
42 efficacemente «claudicanti»102.
L'estensione numerica delle decisioni103 in cui il diritto di sciopero viene costantemente definito come «astensione dal lavoro, concertata fra prestatori di lavoro, per la tutela di un loro interesse», dunque ricondotto ad «un insieme di atti reali», nonchè di «comportamente di attuazione»104, permette di affermare come l'orientamento giurisprudenziale sulla titolarità individuale del diritto di sciopero non sembri subire alcuna variazione. Quest'ultimo riecheggia anche quando la Corte tratta la questione della legittimità dell'astensione in relazione al danno patrimoniale prodotto dallo sciopero a carico del datore di lavoro. Nella sentenza n. 2183 del 1961, si legge come il danno non può costituire un limite oggettivo all'esercizio del diritto di sciopero, sia perché ogni astensione
riconosciuto e garantito dalla Corte Costituzionale - nei limiti angusti di una normalità, ad esso per sua natura non consona».
102 Cass. 4 marzo 1952 n. 584, in Riv. Giur. Lav., 1952, II, pag. 84 con nota di NATOLI U.
103 Tra le più significative la già citata Cass. 4 marzo 1952 n. 584, in Riv. Giur. Lav., 1952,
II, pag. 84. La Corte è chiamata a valutare se può essere considerato sciopero l'azione svolta da un gruppo di salariati agricoli che rifiutano di procedere ai richiesti taglio e raccolta del fieno, nonostante l'esecuzione di quelle mansioni specifiche rientrasse nella qualifica riconosciuta. L'illegittimità di simili astensioni definite come mezzi di lotta «subdoli e sleali, camuffati da sciopero, discende in primis dalla “definizione comunemente accettata di sciopero intesa come «astensione dal lavoro, concertata fra prestatori di lavoro, per la tutela di un loro comune interesse professionale»; anche in Cass. 17 ottobre 1961, n. 2183, in Riv. Giur. Lav.,1961, II, pag. 604 con nota di
SMURAGLIA C., la Corte conferma l'orientamento, sostenendo che «esulano dalla
nozione di sciopero quelle forme abnormi, sleali (ad esempio sciopero bianco, a scacchiera, a singhiozzo, non collaborazione ecc.)» in quanto si discostano dalla nozione «di astensione collettiva e integrale dal lavoro, con conseguente perdita della retribuzione»; conformemente anche Cass. 3 marzo 1967, n. 512, in Riv. Giur. Lav.,1967,
II, pag. 452 con nota di BIGLIAZZI GERI L.Qui la Corte dichiara illecito il rifiuto della
prestazione del solo lavoro straordinario, obbligatorio per contratto collettivo, affermando che «il diritto di sciopero riconosciuto dall'art. 40 può essere esercitato soltanto come mera astensione collettiva della prestazione».
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produce un danno, sia perché tale danno è effetto non della mancanza di un singolo lavoratore e come tale singolarmente addebitabile, bensì di una manifestazione di carattere collettivo, nonostante per danno debba intendersi unicamente quello prodotto solo quando l'azione di lotta assuma le forme dell'astensione completa e totale dal lavoro105.
Ecco, dunque, affermato il diritto individuale ad esercizio collettivo, punto cardine delle teorie sulla titolarità degli anni Sessanta.
L'orientamento descritto non sembra smentito neppure dalla “rivoluzionaria” e ben nota sentenza n. 711 del 1980106, in cui la Corte fornisce una nuova risposta al problema dei confini tra sciopero e non sciopero e tra sciopero legittimo e sciopero illegittimo. Premesso che il nostro ordinamento non contiene una definizione di sciopero e che «il significato del termine sciopero anche agli effetti giuridici, è quindi quello che la parola, ed il concetto da esso sotteso, hanno nel comune significato adottato nell'ambiente sociale», si (ri)afferma che con quella parola «suole intendersi nulla più che una astensione collettiva dal lavoro, disposta da una pluralità di lavoratori, per il raggiungimento di un fine
105 Nella già citata Cass. 3 marzo 1967, n. 512, in Riv. Giur. Lav.,1967, II, pag. 452. Per
una critica della dottrina all’indirizzo interpretativo si rimanda a NATOLI U.,Legittimità
dello sciopero e danno al datore di lavoro, op. cit.; ID.,Ancora a proposito di danno al datore di
lavoro e di legittimità dello sciopero, in Riv. Giur. Lav., 1959, II, pag. 596; SMURAGLIA C., Considerazioni sui limiti dello sciopero, op. cit.; ID., L’attività interpretativa della Corte Costituzionale e il diritto di sciopero, op. cit.; ID.,Gli effetti dello sciopero e della serrata sulle
obbligazioni dell'imprenditore verso i terzi, Giuffré, Milano, 1970; OFFREDU M., Alcuni
rilievi in tema di sciopero a scacchiera, in Annali della Facoltà di economia e commercio di Verona, 1966, pag. 501; MONTUSCHI L., Il diritto di sciopero ed il danno ingiusto, in Riv.
Trim. Dir. Proc. Civ., 1968, pag. 49; D'ANTONA M.,Orientamenti interpretativi in tema di
sciopero articolato e danno, in Riv. Giur. Lav., 1973, I, pag. 209.
106 Cass. 30 gennaio 1980, n. 711,in Mass. Giur. Lav., 1980, pag. 176 con nota di SIMI V.;
in Giur. It., 1980, I, pag. 1022 con nota di ARDAU G.;in Riv. Giur. Lav., 1980, I, pag. 681
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comune».La Corte, pur aprendosi sulle modalità di attuazione107, riproduduce una sua costante: la negazione della titolarità collettiva del diritto di sciopero. La dimensione collettiva e l'individuazione dell'interesse da tutelare sono anche per la Corte di Cassazione insite nella materialità dell'astensione, frutto dell'esercizio di un diritto individuale da parte di una pluralità di lavoratori.
6. GLI INTERVENTI DEL LEGISLATORE ED I RIFLESSI SULLA TEORIA DELLA