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Il contributo fondante irneriano »

Occorre a questo punto prendere in esame il contributo del

fondatore della scuola bolognese, Irnerio: esso non va trascurato

anche per quanto riguarda le invalidità della sentenza, pur in un

quadro in cui l’attenzione principale del giurista bolognese non è

certo rivolta direttamente ad una riflessione compiuta sugli ele-

menti del processo, ma piuttosto alla ricostruzione dei testi giu-

stinianei

42

e, nell’ambito processuale, al complesso sistema delle

azioni

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. Tale modesta, anche se non trascurabile, attenzione ai

fenomeni squisitamente processuali va inoltre inquadrata in un

altro genere di considerazioni: i passi relativi alle impugnazioni

delle sentenze risiedono quasi totalmente negli ultimi libri del

Digesto (cfr. in specie D. 49,1,19) e nel Codex (libro VII), men-

tre più rarefatti sono i riferimenti presenti nelle Istituzioni giusti-

nianee (opera da cui spesso partono per la loro indagine i pri-

inosservanza delloe forme stabilite: «De Juris Solemnitate. Quaedam et plura in legibus secularibus et divinis instituta sunt quae solemnitates desiderant; ea enim, si sine so- lemnium observatione facta sint, pro infectis et inutilibus habenda sunt. Haec quoque legibus et canonibus approbamus. Dicit enim religiosissimus et catholicissimus Impe- rator Justinianus: testamentum non iure factum, id est non solenniter facto, pro infecto habendum est; et hoc in Institutionibus, in Codice et in Digestis et in Novellis multo- tiens invenitur. Item legitur IX.1 Codicis sub titulo de Adoptionibus: adoptio non so- lenniter facta inutilis est. Iterum in sequenti titulo de Emancipationibus liberorum di- cit: Emancipatio non solenniter facta liberos a protestate non liberat; et generaliter in Digestis traditur, cuicunque negozio solennitas a legibus interposta est, si ea praeterita fuerit, invalidum est» (F.C. VONSAVIGNY, Storia del diritto romano nel Medio Evo, a c.

E. BOLLATI, III, Torino 1857, p. 35).

41Su tale impostazione di attenzione agli aspetti formali della scuola bolognese,

cfr. sinteticamente P. GROSSI, L’Europa del diritto, cit., pp. 45-54.

42Per tutti, E. CORTESE, Le grandi linee… cit., pp. 251-266. 43Cfr. A. ERRERA, Arbor actionum… cit., pp. 124-150.

missimi giuristi medievali)

44

. Per Irnerio

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, comunque, una glossa

soprattutto è assai significativa, perché contiene in nuce molto

dello sviluppo futuro dell’assetto delle invalidità della sentenza:

«Quando provocare necesse non est 7, 64: Cum iudex con-

tra ius constitutionis iudicavit. Distinccio est adhibenda talis .s.

(scilicet) an causam legibus iuvari scivit vel nescivit. Nam si scivit

appellatio necessaria non fuit. cum sententia non tenuit. nam in

dicendo eam fraudem adhibuit veluti si eum quem sciebat nu-

mero trium tutelarum (numero annorum vel liberorum …) tutela

posse excusari tutorem debere petentis esse iudicavit. Sed si ne-

scivit sententia tenet firmaque permanet. si altera pars non appel-

let. fuit enim iudicis iudicando eam bona fides. Que distinccio in

lege ista servari debet. Aliud est si iudicavit contra ius litigatoris.

veluti eum de iure suo probantem audisset ut de privilegio vel de

etate vel numero liberorum et postea dixit eum non provasse.

Tunc enim appellandum est sive scivit iudex sive ignoravit cau-

sam legibus iuvari»

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.

44In questo senso già F. CALASSO, Medio Evo… cit., pp. 285-287.

45Mi riferisco alle glosse edite ed attribuite ad Irnerio con una certa sicurezza,

ben consapevole della difficoltà di reperire con assoluta sicurezza le tracce genuine delle opere dell’iniziatore della scuola bolognese: E. CORTESE, Le grandi linee… cit.,

pp. 257-260, G. PACE, Guarnerius Theutonicus»: nuove fonti su Irnerio e i «quattro dot-

tori», in «Rivista internazionale di diritto comune», 2 (1991), pp. 123-133 ed E. SPA- GNESI, Warnerius Bononiensis Iudex. La figura storica d’Irnerio, Firenze 1970.

46G. PESCATORE, Die Glossen des Irnerius. Festschrift zur Feier des Achtun-

dertjähringen Bestehens der Universität Bologna, Greisfwald 1888, pp. 79-80. La glossa è ripresa e commentata da Antonio Padoa Schioppa, che osserva: «La glossa fissa un principio del tutto nuovo rispetto alle fonti: nulla è soltanto la sentenza del giudice che consapevolmente viola la legge, mentre la pronuncia ‘contra ius’ di un giudice errante in buona fede è valida e appellabile. … È singolare che questa distinzione, estranea al diritto romano, sia stata suggerita proprio da un passo del Digesto; l’espressione ‘cau- sam legibus iuvari’, usata dal glossatore non lascia dubbi: si tratta delle parole di D. 42,1,32, testo non citato, ma sicuramente presente a chi scriveva. Ma laddove Calli- strato intendeva riferirsi all’errata applicazione di una legge alla fattispecie, la glossa ha inteso che il testo parlasse dell’ignoranza della legge da parte del giudice: di qui la ‘di- stinctio’. Ed è da osservare che l’errato intendimento del passo di Callistrato si perpe- tuerà presso i glossatori delle generazioni successive, anche presso coloro che combat- teranno la distinzione ora esaminata: così Azzone ed Accursio» (A. PADOASCHIOPPA,

Ricerche sull’appello… cit., II; p. 25, con mie sottolineature).

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In questa glossa si fa espresso riferimento ai casi della sen-

tenza contra ius costitutionis e contra ius litigatoris, casi già pre-

senti nel diritto romano

47

– ma qui ripresi in modo innovativo ed

originale – e di rilievo anche nello sviluppo della dottrina del di-

ritto comune

48

. Nel caso del vizio della sentenza contra ius con-

stitutionis, questo implica l’invalidità della decisione se il giudice

era a conoscenza della violazione della norma, altrimenti (in caso

di sua ignoranza) è possibile impugnare attraverso il rimedio del-

l’appello

49

. Senza appello il vizio della sentenza è da ritenersi sa-

nato e la decisione diventa perciò pienamente efficace. In effetti,

la soluzione proposta da Irnerio è molto significativa e rappre-

senta per molti versi un unicum. Egli individua la discriminante

fra appello ed inefficacia ipso iure della sentenza contra ius (ed

anche la discriminante fra sentenza nulla e sentenza annullabile)

nella condizione psicologica e soggettiva del giudice la cui igno-

ranza della violazione (senza colpa, beninteso) può salvare gli ef-

fetti di un atto viziato.

La conoscenza tollerata dello stesso vizio, al contrario, im-

plica l’invalidità assoluta e radicale della sentenza – ipso iure ed

esperibile in perpetuum –, a stretto rigore senza necessità d’impu-

gnazione alcuna. Nella seconda fattispecie (sentenza contra ius li-

tigatoris) non c’è invalidità, ma appellabilità (impugnabilità) nel

senso proprio per un vizio considerato veniale e non sostanziale

50

.

Anche con riferimento ad una fattispecie più generale di

violazione di norme imperative da parte di atti giuridici contrat-

47Cfr. P. CALAMANDREI, La Cassazione civile… cit., pp. 21-62 e G. CHIOVENDA,

Romanesimo e germanesimo nel processo civile, in Saggi di diritto processuale civile, Bo- logna 1904, pp. 151-164.

48Risale specialmente a Piero Calamandrei averne evidenziato l’importanza ed il

concetto genuino: cfr. G. PUGLIESE, Piero Calamandrei giurista storico, cit., pp. 3-30. La

distinzione è presente anche nelle fonti canonistiche ed è oggetto di analisi approfon- dita anche da parte dei Decretisti e dei Decretalisti: si veda per tutti F. DELLAROCCA,

Le nullità della sentenza… cit., in specie pp. 66-71.

49Anche questo è un caso di uso improprio dell’appello, su cui diffusamente A.

PADOASCHIOPPA, Ricerche sull’appello… cit., II, pp. 24-35 È un argomento di un certo

rilievo, su cui si tornerà ancora altre volte.

tuali o giudiziali (con esplicito richiamo al precetto imperiale

Non dubium C. 1,14,5) si possono vedere gli stessi principi in-

torno agli atti radicalmente nulli e ad altre fattispecie da rite-

nersi, invece, secondo diverse modalità sanabili

51

. Ancora, viene

spesso ripresa la già considerata rilevanza della conoscenza o

meno dei vizi degli atti come discriminante della loro efficacia o

inefficacia

52

.

Emerge già nell’opera di Irnerio una certa attenzione a ri-

chiamare le tradizionali invalidità assolute (di stampo romani-

stica) causate da violazione di norme imperative, accanto alla ini-

ziale percezione di alcuni casi d’invalidità determinati da valuta-

zioni di ingiustizia sostanziale, col conseguente utilizzo anomalo

dell’appello, che prelude alla formazione di fattispecie d’invali-

dità – per così dire – ‘affievolite’ e sanabili a determinate condi-

zioni. In questo senso l’opera d’Irnerio apporta allo sviluppo

delle invalidità della sentenza una prima innovazione rispetto

agli assetti consolidati del diritto preirneriano e altomedievale.

51G. PESCATORE, Die Glossen… cit., p. 78: «Ad. L. 5 C. de legibus 1,14… eorum

que prohibentur. Quidam eatenus prohibentur ut ipso iure non valeant …»; inoltre, cfr. Ibidem, pp. 94-95.

52Cfr. in generale G. PESCATORE, Die Glossen des Irnerius, Greifswald 1888, pp.

96-97, p. 99 e p. 105; riporto il seguente passo concernente specificamente la sentenza: «L. Error facti. Error probabilis non supinus. Sententia vel transactione I. nocet. Cap- tanti lucrum iuranti dampnum privilegiato vel non agenti vel excipienti, I, tali quia in facto erratum sit. I. ac instauratur. Nisi privilegio id contingat, ut in lege prima» (p. 99). Inoltre si veda anche L. CHIAPPELLI, Glosse d’irnerio e della sua scuola tratte dal

manoscritto pistoiese dell’Authenticum. Con un’introduzione storica, in «Atti della Reale Accademia dei Lincei. Memorie. Classe di Scienze morali», IV-II (1886), pp. 184-236. Si noti che in queste fattispecie, così come nei casi precedente, Irnerio fa sempre riferimento ad una concreta conoscenza del vizio della decisione e non ad un’astratta e generica conoscibilità; si può ritenere che in questa direzione la dottrina costruirà in tutte le sue sfumature la figura dell’error expressus: P. CALAMANDREI, La

teoria dell’error… cit., pp. 204-216.

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CAPITOLO TERZO

CLASSIFICAZIONE E TIPOLOGIA

DELLE INVALIDITÀ DA IRNERIO

ALLA GLOSSA ACCURSIANA