Con l’opera di Azzone
70– com’è noto – l’elaborazione della
scuola bolognese giunge ad un punto decisivo di maturità ed an-
67Cfr. F.C VONSAVIGNY, Geschichte des romischen Rechts im Mittelalter, rist. an.
Homburg 1961, IV, p. 562. Sul termine querela e sulla sua origine già in diritto ro- mano, cfr. M. MARRONE, Sulla natura della querela… cit., pp. 74-122; ID., Di nuovo in
materia… cit., pp. 399-410 ed A. SANGUINETTI, Dalla querela alla portio legitima.
Aspetti della successione necessaria, Milano 1996.
68Va segnalato in questa sede anche il contributo di Roffredo, che ripropone
analiticamente nella sua raccolta di questioni civilistiche una ricca casistica dis sen- tenze nulle ed una categorizzazione delle stesse che si pone nella stessa linea già indi- viduata dal Piacentino: ROFFREDOBENEVENTANO, Libelli iuris civilis, a c. M. VIORA, rist.
an. Torino 1968, pp. 170-171, § De actione in factum que datur et re iudicata.
69«In connessione, appunto, con questo uso anomalo dell’appello è possibile
scorgere nella dottrina i primi segni del superamento del concetto antico, secondo il quale la nullità della sentenza significava semplicemente la sua inesistenza. Dopo al- cuni interessanti spunti innovatori, risalenti ai primordi della glossa, bisogna, anche qui, giungere alla ‘Lectura Codicis’ azzoniana per trovare il segno di una svolta decisa» (A. PADOASCHIOPPA, Ricerche sull’appello… cit., II, p. 45 con mia sottolineatura). Ac-
canto al contributo di Azzone lo stesso Antonio Padoa Schioppa menziona come testo particolarmente innovativo sul punto il trattato ‘Superest videre’: cfr. ID., Ricerche sul-
l’appello… cit., II, pp. 231-245.
70Su Azzone, per tutti E. CORTESE, Le grandi linee… cit., pp. 314-316 e biblio-
che per il tema dell’invalidità della sentenza offre l’elaborazione
più compiuta, che costituirà la base per la successiva sintesi ac-
cursiana. Nell’enunciazione dei diversi motivi d’invalidità, Az-
zone giunge ad una nuova impostazione, descrivendo con accu-
ratezza i vari casi d’invalidità, ma preoccupandosi di inserire le
diverse fattispecie in un ben definito quadro generale ed in un
ben delineato orizzonte teleologico; quale esempio si possono ri-
portare – di seguito – in primo luogo un passo della Lectura Co-
dicis seguito, poi, da uno della Summa:
«Iuris odinem. … Ex hoc datur intelligi quod non erat au-
diendus. Ille enim adiri debet, qui secundum ius aliquid postulat,
non qui perverso iuris ordine petit. … Ordo enim iuris servari
debet»
71.
Il passo riprende e sintetizza l’importanza strutturale degli
elementi essenziali del procedimento (ordo iuris), necessario per
giungere ad una pronuncia valida e la cui violazione (o assenza)
implica l’invalidità del procedimento e – conseguentemente –
anche dell’eventuale decisione. Sulla stessa linea, di una certa im-
portanza generale e sistematica, è anche la seguente precisazione
contenuta nella Summa:
«Item sententia vocatur quodcumque iudicantis praeceptis
non nature non iuri non bonis moribus contrarius»
72.
Il quadro di riferimento del confine della validità delle deci-
sioni viene individuato nell’ordine naturale e nelle consuetudini
impugnative qualche interessante considerazione in F. MANCUSO, Exprimere causam insententia. Ricerche sul principio di motivazione della sentenza nell’età del diritto comune classico, Milano 1999, pp. 15-24 e pp. 40-51 e A. PADOA SCHIOPPA, Ricerche sull’ap-
pello… cit., II, pp. 45-47; i due Autori concordano nel ruolo propulsivo di Azzone nello sviluppo della scuola in materia, notando come la glossa magna accursiana ri- prenderà in gran parte proprio le soluzioni azzoniane.
71AZZONE, Lectura super Codicem, Parisiis 1577, rist. an. in Corpus Glossatorum,
III, a c. A. CONVERSO, Torino 1966, p. 188.
72AZZONE, Summa super Codicem, Papiae 1506, rist. an. in Corpus Glossatorum,
II, a c. A. CONVERSO, Torino 1966, p. 282.
117
generali
73. Dentro questa cornice si precisano le molte figure spe-
cifiche d’invalidità, all’insegna di una grande varietà di casi e con
la tendenza ad un certo formalismo
74.
Così si possono vedere i casi – anche curiosi – della nullità
della sentenza pronunciata da seduti, ed il caso (esaminato poi
anche dal Durante) della sentenza pronunciata dall’alto di una
torre (sic)!
75Ancora, viene considerata invalida la decisione resa
73Per tutti, in generale, P. GROSSI, L’ordine giuridico… cit., pp. 182-195. Indica-zioni anche in G.S. PENEVIDARI, Ricerche sul diritto agli alimenti. I. L’obbligo ‘ex lege’
dei familiari ne giuristi dei secc. XII-XIV, Torino 1972, pp. 97-109. Anche qui ben si comprende la presenza nel diritto medievale di uno «zoccolo duro» di valori e di pre- cetti non tangibile e non mutabile dall’attività dei giudici, dei giuristi e dei legislatori.
74Il rispetto delle formalità imposte dall’ordo iudiciarius costituisce un termine
di riferimento obbligato per l’emanazione di sentenze valide: in generale è questa una delle sottolineature più feconde degli studi di Piero Calamandrei: si veda, ad esempio, P. CALAMANDREI, La teoria dell’error… cit., passim.
75«De sententiis de periculo recitandis. … Et quidem nulla est si sententiam se-
dendo non recitavit iudex, iudicis. n. est sedere cum res que agit desiderat cognitione plenae advocatorum autem stare est. … Quid si dederit in alta turri et litigatores erant inferiores? Forte valet sententia» (AZZONE, Summa super Codicem, cit. ad C. 7,44,2 p.
282). Il passo di Azzone sarà ripreso anche da Accursio nella glossa ‘Recitavit’ ad. C. 7,44,2; Accursio prende posizione in ordine alle sentenze pronunciate dal giudice se- duto su un carro ed a cavallo: «Sed quidam dicunt, quod sedere debet in cogno- scendo, non iudicando, cum prius plene cognovit, quod non placet. Sed qui si in curru, vel equo sedeat, cum forte aliquam timet partium, et velit fugere statim? Re- spondeo: valet». Azzone propende per la validità di tale sentenza ed anche Guglielmo Durante aderisce a questa opinione, riportando anche una glossa di Accursio: «Quid si pronunciat in alta turri sedendo, et partes sunt inferius? Certe valet secundum Ac- cur. et Dominum meum, arg. ff. de acquir. poss. quod meo. §. si venditorem [D. 41,2,18,2] quia forte timebat sibi ex aliqua causa, unde potest sibi securum locum pro- videre, extr. de spons. cum locum [X. 4,1,14] et de elect. bonae [X. 1, 6, 23] et argu. ad hoc C. ubi senat. vel clari. l. 3 ante med. [C. 3,24,3]» (G. DURANTE, Speculum iuris
cum Ioannes Andreae, Baldi de Ubaldis aliorumque praestantissimorum Iurisconsulto- rum Theorematibus, Venetiis 1576, p. 802, § Iuxta n. 10); si osservi il riferimento del Durante al proprio maestro, Bernardo da Parma. Altra fattispecie per certi versi cu- riosa è quella della sentenza pronunciata da un giudice seduto su un cavallo, su cui ri- porto un passo del Durante: «Et faciunt haec in arg. ad quaestionem de illo, qui Ia- nuae super equum sedens sententiam tulit, nam videtur quod sententia valuerit. … Li- cet. n. non videatur sedere, videtur tamen quasi sedere» (G. DURANTE, Speculum… cit.,
p. 802, § Iuxta n. 11). Anche la sentenza del giudice a cavallo è pertanto da conside- rarsi valida. In linea generale, perciò, la dottrina rifugge una posizione esageratamente
da un soggetto per conto di un altro soggetto: il primo manca –
nel pensiero di Azzone – di ogni legittimazione e competenza,
perché la delega dei poteri occorre che avvenga per cause speci-
fiche e secondo formalità precise
76.
Nel prosieguo della sua trattazione, con riferimento anzi-
tutto ai noti passi del Codex in materia di sentenza e di impu-
gnative delle sentenze, il giurista bolognese (secondo una linea
non distante da quella di Piacentino) sistema coerentemente le
«classiche» figure di invalidità della sentenza con un puntuale
collegamento alle fonti romane
77. Nel complesso, la classifica-
zione dei motivi d’invalidità proposta da Azzone, che sarà ri-
presa ed ampliata dal Durante, fissa le seguenti categorie d’inva-
lidità della decisione: «ratione litigantium, ratione iudicis, ra-
tione causae et iudicis, ratione causae alterius sententie, ratione
temporis, ratione loci, ratione ordinis non servati» (che costitui-
sce una sorta di categoria residuale in cui rientrano numerose e
diverse fattispecie d’invalidità)
78.
formalista ritenendo prevalenti i criteri di realismo e – in certo senso – di «economia processuale». In merito alle sentenze pronunciate da una torre non si può escludere, infine, che il giudice vi si trovasse per prudenza, per evitare le reazioni della parte soc- combente…
76AZZONE, Summa super Codicem, cit., De sententiis et interlocutionibus omnium
iudicium rubrica, p. 283. Viene qui affrontato secondo l’ottica del civilista – fra gli al- tri – un problema centrale per il canonista: quello dei poteri del giudice delegato; com’è noto – infatti – il vescovo era solito delegare le cause ad altri soggetti, scelti se- condo regole definitesi sempre più precisamente nel corso dei secoli. Tale delega la- sciava aperte, peraltro, molte controversie sui poteri dei delegati, che condizionavano anche la validità delle sentenze. Offrono un quadro preciso di questi problemi J. GAU- DEMET, Storia del diritto… cit., pp. 587-596 e P. FOURNIER, Les officialités au Moyen
Âge. tude sur l’organisation, la competence des tribunaux ecclesiatiques ordinaires en France de 1180 à 1328, Paris 1880, rist. Aalen 1984.
77AZZONE, Summa super Codicem, cit., De sententiis et interlocutionibus omnium
iudicium rubrica, p. 283.
78Per un dettaglio delle differenti tipologie dei motivi d’invalidità, mi permetto
di rinviare a M. ROSBOCH, Le invalidità della sentenza… cit., pp. 191-242. Una precisa
elencazione era stata proposta anche da A. SKEDL, Die Nichtigkeitsbeschwerde… cit.,
pp. 167-170. Va osservato che Azzone prende in esame le nullità della sentenza ratione expressis erroris nella rubrica Quando provocare non necesse est (p. 291), affrontando in tale sede il rapporto fra invalidità e ingiustizia.
119
Il primo argomento esaminato è quello della presenza delle
parti in giudizio e della loro piena rappresentatività nelle diverse
fasi del processo
79. In secondo luogo l’attenzione viene rivolta al
ruolo, agli obblighi ed ai doveri del giudice, alla sua competenza
ed al procedimento decisorio in senso stretto; i passi di Azzone
riprendono quasi alla lettera quelli di Piacentino nel ritenere in-
valide le sentenze nei casi in cui il giudice sia venuto meno ai
suoi doveri e non abbia rispettato adeguatamente i precetti pro-
cessuali.
S’inserisce poi nella trattazione il tipico caso dell’invalidità
per contrasto della sentenza con una decisione già assunta sulla
medesima causa ed impugnata in via di appello
80; in questo am-
bito Azzone si occupa anche dell’annosa questione dell’effetto
sospensivo dell’appello (considerazione da cui parte della dot-
trina ha voluto individuare l’origine dell’effetto sospensivo della
querela nullitatis)
81. Le invalidità legate ai fattori di tempo e di
spazio sono note e si rifanno all’impostazione piacentiniana,
mentre ben più accurata è la trattazione che riprende ancora una
volta l’obbligatorietà dell’ordo e l’invalidità conseguente all’inos-
servanza delle formalità processuali previste. In un tale contesto
assume una certa rilevanza la peculiare procedura prevista per la
materia penale che si differenzia in qualche aspetto dal ceppo
procedurale di tipo civilistico
82.
A proposito della sentenza condizionale, Azzone assume,
inoltre, una posizione più rigida rispetto alla dottrina precedente
79AZZONE, Summa super Codicem, cit., De sententiis et interlocutionibus omnium
iudicium rubrica, p. 283.
80Il passo è significativo: «Item ratione auctoritatis alterius sententie si per
appellatione suspense» (Ibidem, p. 283).
81L’impostazione del problema risale ad Arthur Skedl e viene ripresa anche dal
Calamandrei: cfr. A. SKEDL, Die Nichtigkeitsbeschwerde… cit., pp. 139-160 e P. CALA- MANDREI, La Cassazione civile… cit., pp. 165-177.
82Sulla procedura giudiziaria penale – con ulteriore bibliografia di riferimento –
G. ALESSI, Il processo penale: profilo storico, Roma-Bari 2004; inoltre – con particolare
riguardo alla dottrina successiva alla glossa – si veda. A. BETTONI, Res judicata and null
and void judgement in the Italian and German doctrine of Sixteenth-and Seventheenth- century criminal law. Certain interpretative profiles, in «Crime, Histoire & Sociétés», 12 (2008), pp. 65-96.
e coeva, considerandola senz’altro nulla di pieno diritto, con
un’audace considerazione dei passi giustinianei
83, orientati – in-
vece – verso la validità della stessa. L’argomentazione del mae-
stro bolognese è, in proposito, assai rigorosa:
«Hoc intellexerunt quidam quod ipsi praetori possit suppli-
cari, sive eius consiliariis vel assessoribus vel referendariis posset
offerri libellus … et ipse praefectus tantum conoscere de causa,
non ipsi et patet quod supplicatio non habet vim appellationis,
cum non appellatur ad eundem sed ad maiorem … Praeterea quia
iniquitas sententiae continetur in appellatione et ideo a praefecto
non licet appellare: ut dicit l. de minoribus in causae c [D.
4,4,13]. Potest tamen supplicari, cum ibi non contineatur iniqui-
tas. Praeterea quia supplicatione interposta sententia mandatur
executioni, ut hici dicit, non autem si appelletur, ut ff. nihil in-
nova. appell. nisi [D.49,7]. Sub hac forma. Hoc est intra X dies.
Quia se gravatum putabit. i. biennium, hoc habent hic quidam
additum»
84.
Oltre che incondizionata, la sentenza deve avere, a pena an-
che qui d’invalidità, contenuto preciso e non indeterminato (cioè
con assenza di condanna o di assoluzione) e deve essere pronun-
ciata da un giudice dotato di piena giurisdizione e competenza
85.
Azzone è, poi, fra i glossatori, particolarmente attento anche
ad argomenti propri della canonistica, come quello dei poteri dei
giudici delegati e della validità delle sentenze di scomunica
86.
Inoltre, egli dedica, infine, ampio spazio e considerazione alla
sentenza del giudice corrotto ed alle responsabilità del giudice
83Cfr. F.E. VASSALLI, La sentenza condizionale… cit., passim. 84AZZONE, Lectura super Codicem, cit., p. 49, ad C. 1,19,1.
85AZZONE, Summa super Codicem, cit., Si a non competente iudice iudicatum
eesse dicatur, p. 284. Molto importanti sono anche le precise distinzioni proposte da Azzone per delineare i concetti di sentenze definitive ed interlocutorie, da lui ritenute – rispettivamente – «plenae» et «semiplenae» (Ibidem, De sententiis et interlocutioni- bus omnium iudicum rubrica, p. 283).
86Esaurientemente, J. ZELIAUSKAS, De excommunicatione vitiata apud glossatores
(1140-1350), Zurich 1967, in specie pp. 149-312. I passi azzoniani sono contenuti, per esempio, in Summa super Codicem, cit., Si a non competente iudice iudicatum eesse dicatur, p. 284.
121
nei casi di omessa giustizia o di giudizio ingiusto. Si coglie dal te-
sto del giurista bolognese la considerazione giuridica e sociale
della funzione giudicante e le pesanti sanzioni cui viene sottopo-
sto dall’ordinamento proprio quel giudice corrotto o dolosa-
mente inadempiente rispetto ai suoi doveri nel giudizio. Queste
fattispecie assumono nella trattazione azzoniana della sentenza e
della sua invalidità una certa importanza
87.
La sentenza resa dal giudice corrotto è generalmente inva-
lida (nulla di pieno diritto), con l’effetto – però – di fondare una
responsabilità penale e la responsabilità civilistica di risarcire il
danno subìto dalla parte ingiustamente soccombente. Si tratta di
una questione di indubbio rilievo non solo sul piano storico-so-
ciale, ma anche su quello più direttamente tecnico-giuridico.
Una pronuncia radicalmente invalida (da considerarsi, dunque,
un nulla giuridico alla stregua delle categorie romanistiche) sem-
brerebbe produrre – non solo nel mondo dei meri fatti, ma an-
che nel mondo del diritto – precise conseguenze, come l’obbligo
al risarcimento del danno cagionato. In realtà occorre non equi-
vocare la genesi di tale obbligazione extracontrattuale, che non
deriva dalla nullità dell’atto in sé considerata, ma più precisa-
mente dal comportamento ingiusto del giudice: la differenza è
senz’altro sottile, ma il risarcimento deriva dalla sentenza nulla
solamente in via mediata, mentre ha la sua genesi effettiva in un
comportamento valutato anche nel mondo dei fatti
88.
87AZZONE, Summa super codicem, cit., De pena iudicis qui male iudicavit vel eius
qui iudicem vel adversarium corrumpere curavit, p. 284-285. La sentenza pronunciata dal giudice corrotto è da considerarsi generalmente nulla, con la possibilità di agire nei confronti del corruttore mediante actio de dolo (Ibidem, p. 285).
88Il complesso rapporto fra mondo dei fatti e mondo giuridicamente rilevante
assume nel medioevo contorni diversi rispetto all’epoca attuale; la spiccata fattualità, infatti, è cifra costitutiva dell’epoca intermedia ed i confini fra diritto e morale così come fra diritto ed esperienza sociale sono sfumati ed al più spostati a vantaggio di una prevalenza del diritto inteso come ordinamento giuridico nei confronti degli altri fenomeni sociali e pure dell’aspetto legislativo del fenomeno giuridico: cfr. P. GROSSI,
Mitologie giuridiche della modernità, Milano 2007, pp. 15-82; indicazioni di rilievo an- che in R. BAGNULO, Il concetto di diritto naturale in San Tommaso d’Aquino, Milano
I casi particolari d’invalidità menzionati vanno poi raccor-
dati alle successive previsioni generali, che si attestano sulla tra-
dizionale categoria delle decisioni «contra ius»
89. È un concetto
assai importante che aggancia la validità delle sentenze ad un li-
vello profondo di coerenza propria dell’ordinamento giuridico;
tale precisazione azzoniana consente di superare un certo forma-
lismo ed una certa frammentazione nella costruzione dei diversi
motivi di nullità per contrasto con le varie ed obbligatorie for-
malità imposte ai giudici ed alle parti dall’ordo iudiciarius
90. L’in-
validità per violazione della «iuris ratio» costituisce un approdo
originale di Azzone e permette di legare le considerazioni – an-
che assai puntuali – sui diversi motivi di invalidità della sentenza
al sistema giuridico nel suo complesso, venendo a condizionare
che e sociali diretta da L. FIRPO, Torino 1983, II-2, pp. 211-336. Per una visione di sin-tesi sul tema della sentenza venale e sulle sue conseguenze, cfr. M. LUCCHESI, Giustizia
e corruzione… cit., pp. 157-216.
89«De sententiis praefectorum pretorii. Litigatoribus. In amplissimo. Quia excel-
lebat alios cognoscebat enim de omnibus personis et si conveniretur praefectus urbi, licet alii non possent: et quia poterat facere legem, nec ab eo appellatur. Si contra ius. Non hoc dicitur, ius praeceptoriae, cum nulla est sententia contra ius lata, sed contra iuris rationem. Non provocandi. Quia appellatio, iniquitatis sententiae continet quaere- lam, ut ff. de mi. l. praefecti [D. 4,4,17], sed prafectum pretorio non est verisimile ini- que iudicasse, credidit enim princeps eos non aliter iudicaturos, quam ipse esset iudi- caturus. … Sed supplicandi. Licet ergo supplicare ab eorum sententiis, quae supplica- tio petitionem continet veniae proprij erroris, et allegationem circunventionis adversarij, ut ff. de mi. l. praefecti [D. 4,4,17]» (AZZONE, Lectura super Codicem, cit.,
p. 582, ad C. 7,42,1). Si veda anche il passo seguente: «Si ut proponis. Quasi contuma- citer etc. Et sive contumaciter abesset, sive non, si tamen lata est sententia die feriato, non valet. … Sed ibi loquitur quando ille qui pronunciavit erat iudex ordinarius, aliud si delegatus, ut hic. Si vero esset compromissarius, et eius sententia ipso iure esset nulla, potest conoscere. … Loquitur quando nullo iure tenet si vero tenuit, non debet corriere, ut ff. de re iudic. [D. 42,1]. Iudex sive bene sive male fit iudicatum» (Ibidem, p. 583, ad C. 7,43,4).
90Costruzione che raggiunge il suoi vertici con l’ordo iuris del giurista bolognese
Tancredi e successivamente con lo Speculum di Guglielmo Durante. Il formalismo qui evitato non lo sarà, invece, da giuristi dell’epoca matura del diritto comune che dedi- cheranno amplissimo spazio alle nullità «testuali» della sentenza, con una casistica a dir poco esasperata: mi riferisco, fra gli altri al Vanzio, a Sigismondo Scaccia, al Ma- ranta, a Biagio Altimaro ed al De Franchinis. In merito, qualche osservazione in A. SKEDL, Die Nichtigkeitsbeschwerde… cit., pp. 150-171. Cfr. infra i Cenni conclusivi del
presente studio.
123