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La tradizione longobardistica e le opere franco-provenzali »

1.

Premessa

1

.

Com’è noto il periodo precedente alla rinascita bolognese si

caratterizza per una scarsità di fonti; inoltre «le poche tracce

scritte di interpretazione della compilazione giustinianea si limi-

tano a riassumere in termini semplificati e davvero primitivi, non

senza omissioni ed errori ben visibili, i testi di legge»

2

. Peraltro,

tale situazione non deve far pensare ad una completa assenza di

operosità da parte degli operatori del diritto.

Per quanto riguarda il campo specificamente processuale, le

compilazioni preirneriane si occupano soprattutto di argomenti

come il sistema delle azioni

3

o i giuramenti (che coinvolgono da

vicino considerazioni etiche e religiose che sono in primo piano

1Per un quadro generale del periodo antecedente alla rinascita bolognese si ve-

dano, per tutti, M. BELLOMO, Società e Diritto… cit., pp. 245-260; M. CARAVALE, Ordi-

namenti giuridici dell’Europa medievale, Bologna 1994, pp. 222-227 e pp. 243-283; E. CORTESE, Il diritto nella storia… cit., II, pp. 24 ss.

2A. PADOASCHIOPPA, Storia del diritto… cit., p. 66.

3Cfr. A. ERRERA, Arbor actionum. Genere letterario e forma di classificazione delle

azioni nella dottrina dei glossatori, Bologna 1995, pp. 97-166. Di un certo interesse, per un quadro di alcuni istituti processuali nell’epoca altomedievale, si veda L. LOSCHIAVO,

Figure di testimoni e modelli processuali tra antichità e primo medioevo, Milano 2004, in specie pp. 75-238.

nell’epoca della riforma gregoriana)

4

, preludendo alla costru-

zione dell’ordo iudiciarius

5

, che sarà il frutto del successivo la-

voro della prassi, dei giudici, dei notai e della riflessione della

scuola canonistica

6

. Già nel corso del secolo XII si può vedere

una certa uniformità nel procedimento utilizzato sia nei tribunali

laici (in specie cittadini) che in quelli ecclesiastici (in specie ve-

scovili)

7

. Ed in ogni caso anche nelle prime testimonianze della

4Fra i molti, si può rinviare alla sintetica e precisa ricostruzione del valore della

cosiddetta «Riforma gregoriana» in ambito giuridico di A. PADOASCHIOPPA, Il diritto

nella storia… cit., pp. 177-193, e ID., Il diritto canonico come scienza nella prospettiva

storica: alcune riflessioni, in Le ragioni del diritto. Scritti in onore di Luigi Mengoni, III, Milano 1995, pp. 2045-2077.

5La visione dinamica e processuale del diritto sarà centrale per il diritto comune

fin dai primi glossatori; ciò non significa che automaticamente e fin da subito i glossa- tori si occupino con dovizia di particolari di istituto precisamente processuali come la sentenza e la sua validità o invalidità. Cfr. E. CORTESE, Il diritto nella storia… cit., II pp.

378-379, che insiste sul fatto che nel filtro del processo medievale passa tutto il diritto; sulla stessa linea, fra i molti, G. ROSSI, Duplex est usufructus. Ricerche sulla natura del-

l’usufrutto nel diritto comune. 1. Dai glossatori a Bartolo, Padova 1996, p. 121: «Resta da osservare come … trovi conferma il ruolo primario e decisivo attribuito dalla scientia iu- ris medievale al versante processuale, al fine di qualificare compiutamente e corretta- mente la natura delle diverse situazioni soggettive, secondo un iter logico che parte in- variabilmente dalla preliminare individuazione dei mezzi di tutela previsti nei singoli casi, poiché – con una impostazione esattamente inversa a quella tipica dei giuristi mo- derni, ed esattamente attenta a cogliere la complessità ed insieme l’unitarietà del feno- meno giuridico – l’azione giudiziale non viene mai ricollegata estrinsecamente ed in modo estemporaneo ad un determinato diritto, ma si ritiene, anzi, che l’interprete possa delineare i contorni di questo soltanto facendo tesoro degli elementi che si possono evincere dall’analisi di quella, nella convinzione di non poter accantonare superficial- mente il momento della difesa giudiziale, relegandolo concettualmente in una posizione subordinata e strumentale, quando proprio in esso pulsa maggiormente la vita giuridica reale e si dispiegano con grande evidenza i caratteri salienti degli istituti all’esame».

6Fra i molti, si vedano: A. CAMPITELLI, Precetto di guarentigia e formule di esecu-

zione parata nei documenti italiani del secolo XIII, Milano 1970; G. NICOLAJ, Cultura e

prassi di notai preirneriani. Alle origini del rinascimento giuridico, Milano 1991 ed ora anche N. PICARDI, La giurisdizione… cit., pp. 199-205.

7Tale giudizio è ormai convinzione acquisita dagli studiosi, sulla scia soprattutto

degli studi del cardinal Stickler: cfr. A.M. STICKLER, Ordines judiciarii, in Dictionnire de

droit canonique, XVI, Paris 1957, coll. 1132-1143. In questa direzione, cfr. pure P. WEIMAR, Die legistische Literatur der Glossatorenzeit, in H. COING, Handbuch der Quel-

len und Literatur der neueren europaischen Privatrechtsgeschichte, I, München 1979, pp. 129-260.

dottrina civilistica si possono notare in germe alcune caratteristi-

che della procedura che veniva formandosi in Europa. Su questi

elementi opereranno le prime generazioni dei glossatori fino al-

l’opera di Accursio

8

.

Anche se l’interesse per il processo e le complesse tematiche

del regime delle sentenze e delle loro invalidità da parte delle

compilazioni precedenti o coeve ad Irnerio e dei primi glossatori

della scuola bolognese non è paragonabile alle attenzioni succes-

sive, si può ugualmente individuare una precisa direzione della

riflessione dottrinale su questi argomenti.

Nel compiere una sommaria analisi delle testimonianze

preirneriane si volgerà l’attenzione in primo luogo alle opere di

tradizione romanistica ed in un secondo momento a quelle di de-

rivazione longobarda e franco-provenzale.

2.

Le prime testimonianze di derivazione romanistica.

Già il Brachylogus (o Corpus Legum)

9

ed il Libro di Tubinga

10

recano qualche testimonianza sul processo e sulle invalidità della

sentenza

11

. Tralasciando considerazioni più precise sulla natura,

8Interessanti valutazioni in F.P.W. SOETERMEER, Une catégorie de commentaires

peu connue. Les «commenta» ou «lecturae» inédits des précurseurs d’Odofrède, in «Ri- vista internazionale di diritto comune», 2 (1991), pp. 47-67, secondo cui i primi glos- satori non si occupano direttamente di temi squisitamente processuali, ma vi si dedi- cano in via indiretta e riflessa nell’ambito della compiuta attività di interpretatio dei te- sti giustinianei. Ciò non esclude che il loro contributo alla processualistica ed in specie all’evoluzione delle tipologie d’invalidità delle sentenze sia rilevante, anche con riferi- mento all’evoluzione delle cosiddette «Università minori»: cfr. anche E. CORTESE,

Scienza di giudici e scienza di professori fra XII e XIII secolo, in Legge, Giudici, Giuristi, Milano 1982, pp. 785-858.

9Corpus Legum sive Brachylogus iuris civilis, a c. E. BÖCKING, Berlino 1829: «De

sententiis et provocationibus. … Nunc de sententiis et provocationibus consideremus. Omnis autem sententia definitiva et certam rem vel quantitatem continere debet et inscriptis proferri; alioquin nullas vires habebit, nec ab ea provocandum est» (pp. 186- 187).

10Edito da C.G. MOR, Scritti giuridici preirneriani, Torino 1980, I, pp. 89-245;

esso costituisce, probabilmente, una risalente redazione delle Exceptiones legum Ro- manarum Petri: cfr. E. CORTESE, Le grandi linee… cit., pp. 246-249.

11I cosiddetti libri di Ashburnham e di Graz (editi anch’essi da C.G. MOR,

79

la data esatta di composizione e la provenienza

12

ci si può limi-

tare a registrarne l’importanza: queste opere, infatti, sono spec-

chio fedele di un’epoca che prelude – nel mondo del diritto –

allo sviluppo successivo della scuola bolognese

13

. La riflessione

sull’invalidità si affaccia – per lo più implicitamente – nel conte-

sto di un riaffiorare di considerazioni sull’ingiustizia delle deci-

sioni e sui rimedi (e le sanzioni) atte ad evitarla e a rimuoverla.

Il Corpus legum spicca per la sua sintetica esposizione dei

diversi istituti processuali e sostanziali

14

e giunge a sfiorare anche

la materia delle invalidità processuali, senza entrare però diretta-

mente in merito

15

. Qualche indicazione è ricavabile dalla lettura

del testo in ordine ad alcune delle caratteristiche reputate neces-

sarie (a pena di invalidità) per la confezione di una sentenza: la

sua redazione per iscritto e la non genericità del dispositivo

16

. Le

cause d’invalidità della sentenza trovano spazio accanto ai motivi

d’appello, ma in contrapposizione netta con questi

17

; si possono

vedere, invece, legami più stretti con i presupposti della retracta-

tio

18

. Si può dire che i motivi d’invalidità evidenziati vengano ad

Scritti giuridici… cit., pp. 1-87 e pp. 253-303) non hanno, invece, testimonianze signi- ficative sull’invalidità della sentenza.

12La storiografia ha raggiunto comunque in tale ambito conclusioni accettate,

a cui si può rimandare: ne riferisce, per tutti, E. CORTESE, Le grandi linee… cit., pp.

229-250.

13Per tutti: F. CALASSO, Medio Evo del diritto. I. Le fonti, Milano 1954, pp. 324-

341; E. CORTESE, Il diritto nella storia… cit., I, pp. 5-55, con ulteriori rimandi ivi men-

zionati.

14Valga come esempio la definizione di actio: «Actio autem nuhil aliud est,

quam ius persequendi iudicio quod sibi debetur» (Corpus Legum… cit., p. 123), ri- presa da A. ERRERA, Arbor actionum… cit., p. 265.

15Nulla di rilevante si è trovato, invece, nell’Epitome iuris civilis, risalente alla

metà del secolo XI (edizione a c. E. BÖCKING, Berlino 1829).

16«De sententiis et provocationibus. Nunc de sententiis et provocationibus con-

sideremus. Omnis autem sententiam definitiva et certam re, vel quantitatem continere debet et in scriptis proferri; alioquin nullas vires habebit, nec a ea provocandum est» (Corpus Legum… cit., pp. 187-188).

17A. PADOASCHIOPPA, Ricerche sull’appello… cit., II, pp. 21-52.

18«Provocare autem quis potest non in civili causa solum, sed etiam in criminali.

Item contra omnem sententiam appellari potest, nisi is, qui sententiam dedit sit prae- fectus pretorio; tunc enim non provocatio, sed retractatio locum habet» (Corpus Le- gum… cit., p. 188).

essere presupposto di una rimozione effettiva della sentenza vi-

ziata da parte dell’ordinamento senza la previsione di un appo-

sito rimedio e senza possibilità di utilizzare per questo scopo

quello dell’appello. Sembra ipotizzabile, invece, un utilizzo della

retractatio anche per far constatare le più gravi invalidità delle

sentenze in via straordinaria e con termini molto lunghi di deca-

denza

19

.

Fra le diverse compilazioni contenenti il materiale presente

nelle già citate Exceptiones spicca il Libro di Tubinga, in cui

emerge la stretta relazione fra il profilo dell’ingiustizia e quello

dell’inefficacia (invalidità) della sentenza

20

. Risultano due passi

di un certo rilievo; il primo, che riguarda piuttosto proprio il

profilo dell’ingiustizia dell’attività giudicante, è il seguente:

«De iudice insciente scienter iudicante. Iudex si per impru-

dentiam [id est si per ignorantiam] iniuste iudicat, dampnum

quod lese parti contingit per inscientiam suam restauret. Si vero

scienter iniuste iudicat, et per dampnum restauret, et perpetuo sit

infamis et deiceps officium iudicandi non teneat»

21

.

Il secondo, invece, riguarda più specificamente le impugna-

zioni:

«Et si de iudicio concordaverint, ipse qui episcopus vel

alium invocavit, nullo modo poterit provocare sententiam (id est

19La retractatio (revocazione) risale già al diritto romano, ma assume nell’epoca

medievale nuove caratteristiche. Risulta essere un istituto utilizzato anche dai canoni- sti. Cfr. il risalente volume di R. COGNETTI DEMARTIIS, La revocazione della sentenza

nella procedura civile, Torino 1900. Offre un quadro complessivo dei rimedi previsti nell’ordinamento canonico prima del Decretum: W. PLÖCHL, Storia del diritto canonico.

II. Il diritto canonico della civiltà occidentale (1055-1517), Milano 1963, a c. P. GIANI,

pp. 334-353.

20Sul libro di Tubinga, in generale, cfr. M BELLOMO, Società e Diritto… cit., pp.

68-71; sul manoscritto vercellese della stessa raccolta, I. SOFFIETTI, Testi giuridici e for-

mule notarili e giudiziarie nel codice 176 dell’Archivio Capitolare di Vercelli, in «Rivista di storia del diritto italiano», LI (1978), pp. 5-40.

21C.G. MOR, Scritti giuridici … cit., p. 259; il passo è riportato anche nell’edi-

zione di Max Conrat (Il libro di diritto di Tubinga, a c. M. CONRAT, in «Bullettino del-

l’Istituto di Diritto Romano», III (1890), p. 143).

81

vulgariter dicimus non poterit rancurare) alii vero adversario pro-

vocatio denegando non est: que provocatio intra decem dies ex-

ceri potest ad eo die quo diffinitiva sententia data est»

22

.

Occorre rilevare il termine di dieci giorni per impugnare,

che diverrà stabile anche per le querele di nullità. Il nesso in-

giustizia-sanzione è espresso con chiarezza e credo si possa ri-

levare – per implicito – quello fra ingiustizia e nullità. In tutti

questi casi di ingiustizia sono rilevabili rimedi precisi («provo-

care» e «rancurare») mentre per gli altri casi di nullità legate non

già al contenuto (profili dell’ingiustizia), ma specificamente alle

formalità necessarie, si può presumere che valessero i principi

tradizionali della coincidenza invalidità-inesistenza dei verdetti

viziati, senza necessità di impugnativa

23

. In altre fonti, come le

glosse di Casamari e di Pistoia, non si trovano passi in tema d’in-

validità delle sentenze

24

; in quella di Poppi si può notare un ac-

22C.G. MOR, Scritti giuridici… cit., pp. 260-261; si veda anche Il libro di diritto

cit., pp. 143-144. L’attenzione dei civilisti è tutta per le azioni. La costruzione sistema- tica dell’ordo è soprattutto opera dei canonisti, degli autori dei libelli e della prassi giu- diziale canonica e, questo si, civile. Le opere civilistiche dedicheranno ampio spazio al- l’ordo a partire da Piacentino e poi soprattutto con i post-glossatori. In tale direzione di attenzione alle formalità, va menzionato un’ulteriore rubrica dello stesso Libro di Tubinga, dedicata specificamente alle nullità degli atti irrispettosi delle «solennità» im- poste: «De iuris solempnitate. Quaedam et plura in legibus secularibus et divinis con- stituta sunt que sollempnitatem desiderant: ea enim que sine sollempnium observa- tione facta sunt pro infectis et inutilibus habenda sunt. Hocque legibus et canonibus approbamus: dicit namque religiosissimus et catholicissimus imperator Justinianus: te- stamentum non iure factum, id est non sollempniter factum, pro infecto habendum est» (Il libro di diritto… cit., p. 147).

23È interessante notare come coesistano senza troppi problemi due concetti non

del tutto allineati. Il primo è quello della superfluità di impugnazione per far valere la nullità di una pronuncia viziata. Il secondo è il farsi strada del principio della perpe- tua esperibilità dei rimedi nei casi di nullità assoluta. Un terzo passaggio – risalente al maturo diritto comune – comporterà la considerazione della perpetuità non più delle azioni ma delle eccezioni (cfr. art. 1442, u.c. del codice civile italiano vigente).

24Per tali antiche compilazioni cfr. E. CORTESE, Le grandi linee… cit., pp. 236-

237.; quella di Casamari è stata edita dall’Alberti (in «Orbis Romanus», 9-1937). Per la glossa pistoiese si veda L. CHIAPPELLI, La glossa pistoiese al codice giustinianeo, in

cenno alle formalità previste a pena d’invalidità del procedi-

mento

25

.

Nel codice di Gustav Haenel pubblicato dal Fitting si può,

invece, trovare uno schema essenziale delle formalità processuali

richieste per la correttezza del procedimento. Nella successione

degli atti processuali assume un certo rilievo la disciplina relativa

alla sentenza, anche nei suoi aspetti di patologia, e molta atten-

zione si dedica ad individuare forme di responsabilità per i giu-

dici che pronuncino decisioni viziate

26

.

Di un certo significato è poi il confronto proprio fra le ope-

rette preirneriane (nell’edizione del Mor)

27

come il Libro di

Aushburnham ed il più tardo Libro di Graz. Si fanno strada in

tutte queste compilazioni i profili della colpevolezza del giudice

e della valutazione del danno subito dalle parti per il suo illegit-

timo comportamento. Le circostanze che configurano una gra-

vissima violazione dell’equità sostanziale e processuale sono ca-

paci di provocare senz’altro la nullità della sentenza e gravi san-

zioni a carico degli autori delle pronunzie così viziate

28

. Si

evidenzia poi la differenza pratica e concettuale fra l’appello e gli

altri rimedi (exceptiones, restitutiones, etc.) avverso la sentenza

29

.

Proseguendo, nella Summa Vindobonensis

30

– ad esempio –

è contenuta una precisa e dettagliata analisi del sistema delle

25La Glossa di Poppi alle Istituzioni di Giustiniano, a c. V. CRESCENZI, Roma

1990; gl. ad I. 3,12: «Iudicia ordinaria. Ordinaria sudicia fiebant cum quidam solem- pnitate et ordine verborum, quibus pretermissis vel imperfecte factis, sudicia frustra erant» (p. 441).

26Juristische Schriften des früheren Mittelalters aus Handschriften, a c. H. FIT-

TING, Halle 1876, pp. 144-145. Si veda anche il passo dedicato alla responsabilità del

giudice che pronuncia sentenza ingiusta: Juristische… cit., p. 124. Su questo profilo, con affondi anche sulla prima dottrina del diritto comune, cfr. per tutti U. NICOLINI, Il

principio di legalità… cit., pp. 107-119.

27C.G. MOR, Scritti giuridici… cit., passim.

28Richiamo il passo già menzionato supra: C.G. MOR, Scritti giuridici… cit.,

p. 259.

29Ibidem, p. 261.

30Il testo, attribuito ad Irnerio (Wernerii Summa Institutionum cum glossis Mar-

tini, Bulgari, Alberici, aliorum, a c. G.B. PALMIERI, in Biblioteca Iuridica Medii Aevi,

Additiones I, Bologna 1914, pp. 3-208 ed anche Bologna 1914, pp. 271-476) non, gli 83

azioni, inteso nel suo rapporto inscindibile con gli istituti sostan-

ziali di derivazione romanistica, senza però riferimenti all’ordo ed

alla sentenza. Il tema della sentenza invalida è assente anche

dalla Glossa torinese

31

.

Indicazioni di maggior rilievo si trovano nella cosiddetta Ab-

breviatio Codicis sia a proposito della nota Lex Non dubium (C.

1,14,5)

32

, che delle decisioni arbitrali di ambiente precomunale e

comunale

33

. La sentenza è radicalmente nulla se non contiene un

preciso dispositivo (con condanna o assoluzione) ed in questi

casi l’appello è considerato superfluo; le nullità operano di per se

stesse, senza limiti di tempo

34

. Va osservato come si troverà

spesso indicata nella dottrina ed anche nella legislazione statuta-

ria l’invalidità della sentenza con il termine «infirmus» ed il pro-

cedimento logico-giuridico per l’eliminazione delle decisioni in-

valide viene indicato con l’espressione «infirmare».

3.

La tradizione longobardistica e le opere franco-provenzali.

Alcuni di questi argomenti compaiono pure nella Summa In-

stitutionum

35

pubblicata dal Legendre nel 1972 (che risale al XII

secolo in ambiente franco-provenzale), che peraltro non men-

ziona espressamente le sentenze invalide. Le ultime rubriche

appartiene (cfr. F. PATETTA, Delle opere recentemente attribuite a Irnerio, in Studi sulle

fonti giuridiche medievali, Torino 1967) ed è anzi probabilmente di derivazione preir- neriana; si veda anche E. CORTESE, Le grandi linee… cit., pp. 259-260.

31Cfr. A. ALBERTI, La «glossa torinese», Torino 1933.

32Abbreviatio Codicis, a c. G.B. PALMIERI, in Biblioteca Iuridica Medii Aevi, Ad-

ditiones I, Bologna 1914, p. 249.

33«Arbitri nulla sententia est, quam scrptam edidit litigatoribus, si non ipse re-

citavit» (Ibidem, p. 280); «Sententiam nullam esse que nec continet condemnationem, vel absolutionem. Non publice dicta sententia, sed in secreto iudicio, nullum parit preiudiciium» (Ibidem, p. 280)

34«Quando provocare non est necesse. Non videtur appellandi necessitas fuisse,

cum sententia iure non teneat. Venales sententias citra provocationis auxilium infirmas esse decretum est» (Ibidem, p. 281)

35P. LEGENDRE, La Summa Institutionum «Iustiniani est in hoc opere», Frankfurt

am Main 1972. Si vedano specialmente le rubriche dedicate al De officio iudicis e De publicis iudicis, pp. 136-137.

della stessa compilazione si limitano a precisare gli obblighi del

giudice e della sua attività di emanazione di una sentenza piena-

mente valida

36

. Sembra potersi ricavare l’obbligo (a pena di nul-

lità in caso di mancato rispetto) della forma scritta per la reda-

zione delle sentenze, che si fa strada rapidamente e si attesta

dunque già nel primissimo periodo della rinascita romanistica.

Infine un cenno a qualche testo derivante dalla «scuola pa-

vese»; il primo è appartenente al giurista Gualcosio

37

; si tratta di

un passo di un qualche interesse come testimonianza di un uso

assai anomalo dell’appello, equiparato in tutto e per tutto ad

un’azione da intentare, con l’indicazione del termine generico di

«experiri» che tornerà spesso anche riguardo alle impugnative

delle sentenze invalide

38

. Invece, prendendo in esame l’Expositio

ad Librum Papiensem, non emerge la presenza di significative fat-

tispecie d’invalidità di derivazione non romanistica, né l’indivi-

duazione di specifici strumenti d’impugnativa

39

.

Nel complesso delle testimonianze fin qui prese in esame –

sia di tradizione romanistica sia di derivazione longobardistica o

transalpina – il quadro delle invalidità processuali si presenta,

peraltro, in questo periodo appena appena accennato e presso-

ché limitato alla considerazione delle invalidità della sentenza

per mancato rispetto delle formalità procedurali

40

. Tale tendenza

36Occorre osservare una sostanziale identità di fattispecie d’invalidità che acco-

munano la sentenza alle obbligazioni ed ai contratti; su questo tema, considerazioni in A. GUARNERI, L’azione di nullità… cit., pp. 42-44.

37Appartiene alla stessa tradizione anche la cosiddetta «Glossa di Colonia», in

cui non risultano, peraltro indicazioni in materia d’invalidità delle sentenze; la Glossa è stata edita prima dal Conrat (La glossa di Colonia alle Istituzioni, in «Archivio giuri- dico», 34 (1885), pp. 105-125 e poi dal Fitting (Die Institutioneglosse des Gualcausus, Berlin 1891).

38Cfr. H. FITTING, Die Istitutionenglossen… cit., p. 115, glossa ad I. 4,13,11. 39Su cui cfr. M.BELLOMO, Società e diritto… cit., pp. 67-69. Si veda anche G.

DIURNI, L’Expositio ad Librum Papiensem e la scienza giuridica preirneriana, Roma

1976. Il testo è edito in Monumenta Germaniae Historica, a c. A.E. BORETIUS, IV, Han-

nover 1868 (consultabile anche in www.dmgh.de) e in G. PADELLETTI, Fontes iuris ita-

lici medii aevi, I, Torino 1877, pp. 37-285.

40Riporto un passo delle Petri Exceptiones Legum Romanarum (secondo la ‘let-