Il periodo di passaggio dalla prima compilazione organica
dello ius canonicum al Liber Extra gregoriano è foriero di qual-
che delusione per l’indagine sull’invalidità della sentenza. Non
risultano, infatti (salvo alcune eccezioni), innovazioni significa-
tive rispetto all’impianto presente nel Decretum. Le stesse Com-
pilationes Antiquae non riportano indicazioni rilevanti sulle inva-
lidità delle sentenze.
Qualche anticipo delle novità, che troveranno piena siste-
mazione nelle sintesi del secolo successivo si trova – in questo ot-
tantennio – nell’opera di Uguccione da Pisa, autore della Summa
al Decretum più ampia fra quelle che si susseguono nella seconda
metà del secolo XII e nei primi decenni di quello successivo; ad
eccezione di Uguccione, però, il contributo dei decretisti mag-
giori al tema in questione non è particolarmente originale. Essi si
limitano per lo più a ribadire alcune distinzioni già presenti nel-
l’opera del maestro, precisando il significato di qualche fattispe-
cie particolare: manca, però, uno sguardo complessivo al tema e
manca la proposizione di soluzioni o strade nuove di compren-
sione dell’intricato problema. Si dovrà attendere il maggiore fra i
decretalisti, l’Ostiense (canonista particolarmente attento anche
all’evoluzione della coeva civilistica), per vedere affacciarsi sulla
scena della canonistica tutto ciò
49. Risulta, infatti, un netto salto
qualitativo fra la decretistica e la decretalistica: la prima è, infatti,
incapace di sviluppi significativi rispetto all’elaborazione grazia-
nea, mentre la seconda – muovendo dai dati del Liber Extra e
47Per tutti, R. BALBI, La sentenza ingiusta… cit., pp. 29-50.
48Per un quadro sintetico della maggiori opere di commento al Decretum si ve-
dano, per tutti, F. CALASSO, Medio Evo… cit., pp. 558-561 ed E. CORTESE, Le grandi li-
nee… cit., pp. 325-343.
dalle acquisizioni civilistiche – è in grado di proporre soluzioni
innovative, per molti versi anticipatrici anche delle successive
sintesi civilistiche del secolo XIV
50.
In linea generale, si riproduce senza originalità lo schema
grazianeo, mettendo in evidenza la stretta relazione fra ingiusti-
zia e invalidità della sentenza, per cui generalmente le invalidità
dipendono dalla triplice motivazione di vizio ex causa, ex ordine,
ex animo, come si può leggere – ad esempio – nella Summa di
Rufino, vescovo di Assisi (che riprende il legame stretto, anche
se non necessario fra invalidità ed ingiustizia):
«… Et quidam sententia condemnationis iniusta tribus mo-
dis dicitur: edx causa, ex ordine, ex animo. … Cum vero tantum
ex animo iniusta est, retractari quidam potest et per condemnan-
tem et per superiorem iudicem, sed tamen interea contemnenda
non es, non dico propter momentum sententiae, quae nulla est,
sed propter dignitatem condemnantis episcopi»
51.
La questione di nullità si colloca come questione incidentale
e secondaria rispetto all’interesse primario del giurista, rivolto
specialmente a valutare i diversi profili dell’ingiustizia della sen-
tenza. Si tratta di una linea di pensiero generalmente seguita, che
trova qualche eccezione, ad esempio nella Summa parisiensis (ri-
salente all’incirca al 1150), in cui prevale la valutazione della va-
lidità – in linea generale – della sentenza ingiusta
52. Accanto alle
50Lo si può rilevare, ad esempio, nella trattazione dedicata alle invalidità cano-nistiche della sentenza di Fernando della Rocca, quasi interamente dedicata alla dot- trina successiva alla compilazione gregoriana e priva di riferimenti (salvo i richiami all’opera di Graziano) alla canonistica più antica: F. DELLAROCCA, Le nullità della
sentenza… cit., pp. 26-146.
51Die Summa magistri Rufini zum Decretum Gratiani, a c. J.F. SCHULTE, Giessen
1892, ad C. XI, Qu. 3, pp. 277-278.
52«Hic distinguendum quia sententia alia justa, alia injusta. Injusta est quando-
que ex causa, vel modo, vel animo. Ex causa quando non exstat justa quare aliquis de- beat excommunicari. Ex modo quando excommunicatur non vocatus tribus edictis vel eo quo debet ordine. Ex animo quando aliquis ex odio excommunicat vel pretio vel si- mili modo. Quandoque ergo est injusta ex causa et ex modo, sed non ex animo; quan- doque ex causa et ex animo, sed non ex modo; quandoque ex modo et ex animo, sed non ex causa. Si ergo aliqua excommunicatio fuerit injusta ex modo et ex causa, et ali- 155
riflessioni intorno all’ingiustizia ed alle invalidità delle sentenze
(per lo più di scomunica) la decretistisca riproduce, inoltre, i
passaggi più significativio del Decretum riguardo alle sentenze
contra ius (C. 2, q. 6, c. 41), propendendo in generale per l’inva-
lidità della decisione
53. Sulla stessa linea si colloca anche la
Summa di Paucapalea
54; nello sviluppo della canonistica si af-
ferma in particolare la stretta interdipendenza fra il profilo della
giustizia della decisione e la sua inattitudine a produrre effetti.
Ugualmente saranno modellati i diversi e possibili rimedi, sia in
via d’impugnazione (fra i quali si afferma ben presto quello del-
l’appello
55) sia in via di annullamento (querela nullitatis).
La Summa rolandiana (al contrario di quella di Stefano di
Tournai, che non contiene elementi significativi sul tema in que-
stione)
56conferma e sviluppa l’impostazione del Decretum, ripro-
ponendo i motivi tradizionali d’ingiustizia della decisione che in-
cidono anche sul regime delle sentenza
57.
quis ad malum cogatur, tunc nullomodo debet observare illam excommunicationem non appretiare, velut si aliquis excommunicaretur quia nollet consentire episcopo in malo. In omnibus aliis injusta excommunicatio servanda est, quod qui non fecit mere- tur depositionem» (The Summa Parisiensis on the Decretum Gratiani, a c. T.P. MCLAU- GHLIN, Toronto 1952, ad C. 11, q. 3, p. 150).
53Lo ribadisce – per esempio – la stessa Summa parisiensis: «… si sententia. Si
quis judicavit contra jus scriptum ita quod illud notet in sententia, non valet, nec ne- cessaria est appellatio, ut si dicat: istius defunctis, qui habebat quatordecim annos, va- let testamentum. Si vero judicat contra jus litigatoris, ut si dicat: iste, quem tu dicis fuisse minoris aetatis, quia jam expleverat quatordecim annos, ejus valeat testamen- tum, tunc necessaria ejus appellatio est. … cum superiore. Hoc solum habet facere ille ad quem appellatur, vel judicare primo latam sententiam justam fuissse vel injustam» (Summa parisiensis… cit., ad C. 2, q. 6, c. 41, pp. 112-113).
54PAUCAPALEA, Summa über das Decretum Gratiani, a c. J.F. SCHULTE, Giessen
1890 (rist. Aalen 1965), causa 11, q. 3, pp. 78-79).
55Da un certo punto di vista si tratta di una prospettiva secondo la quale la re-
lazione fra invalidità e gravame è assai stretta, essendo – però – per molti versi la se- conda a prevalere concettualmente sulla prima, al contrario di quanto avviene nell’o- dieno sistema dell’assorbimento delle nullità fra i motivi ordinari di gravame.
56STEPHANUSTORNACENSIS[STEPHAN VONDOORNICK], Die Summa über das De-
cretum Gratiani, a c. J.F. SCHULTE, Giessen 1891 (rist. Aalen 1965); ugualmente di
scarso rilievo sono le «Incerti auctoris quaestiones» (o «Quaestiones Stuttgardienses»).
57«Tertio, si digna non fuit, an contemptorem suae sententiae irrecuperabiliter
La valutazione dell’ingiustizia come possibile motivo d’inva-
lidità (e non di appello) fondato su un profondo discostarsi dal-
l’ordine delle cose (a cui s’ispira lo stesso ordo processuale) si at-
testa invece – come già accennato – nella più ampia opera di
Uguccione da Pisa (e nelle compilazioni a lui successive), arric-
chendo il tradizionale quadro delle sentenze ingiuste ex animo,
ex causa ed ex ordine
58. Con il passare del tempo il problema lo-
gico e giuridico dell’invalidità era emerso con maggiore chia-
rezza ed il canonista pisano si distingue nella sua trattazione per
proferendis, causa et ordine; quandoque iniusta ex animo proferentis, iusta tamen ex causa et ordine; quandoque iniusta ex animo et causa, iusta tamen ex ordine; quanqo- que iniusta ex animo et ordine, iusta vero ex causa. Contemptorem ergo sententiae sui episcopi iustae ex causa et ordine – vel iniustae ex animo et causa, iustae tamen ex or- dine – vel iniustae ex animo et causa, iustae tamen ex ordine, dicimus deponendum, in duobus primis irrecuperabiliter, in tertio recuperabiliter, videlicet cum causa non su- best. Sententiam ex animo iniustam dicimus, cum a iudice magis odii livore quam iu- stitiae profertur amore; iustam ex causa, cum id sudest, pro quo sententia fertur; ex ordine, cum accusatore et testibus idoneis, i.e. qui manifesta causa a testimonio repelli non possunt, aliquis in sudicio convictus sententiam damnationis reportat, sive crimen subsit, sive non» (Summa Magisteri Rolandi, mit anhag Incerti auctoris quaestiones, a c. F. THANER, Innsbruck 1874 (rist. Aalen 1962), C. 11, q. 3, pp. 25-26). Il tema è ripresoanche in un altro passo della stessa opera: «Hic notandum est, quod eorum, quae ir- rationabiliter deciduntur, alia irrationabiliter decisa dicuntur quantum ad ordinem iu- diciarium non quantum ad causam, alia quod ad causam non ordinem, alia quod ad utrumque Ea dicuntur irrtionabiliter decisa quantum ad ordinem iudiciarium, quia in his ordo iudiciarius non est servatus, non quantum ad causam, quia id suberat, pro quo sententia est illata. Hanc distictionem requie in causa XI» (Ibidem, Causa 35, q. 9, p. 233): si osservi la stretta connesione fra l’ordo iudiciarius e i profili d’ingiustizia della decisione.
58La grande Summa di Uguccione è a tutt’oggi in buona parte inedita, salvo al-
cuni passi editi dallo Zeliauskas e la pregevole recente edizione critica delle prime venti Distinctiones: cfr. J. ZELIAUSKAS, De excommunicatione vitiata… cit., Appendix
XVI, pp. 63-85 e HUGUCCIOPISANUS, Summa Decretorum. Distinctiones I-XX, I, a c. O.
PRˇEROVSKY´, Città del Vaticano 2006); il progetto di edizione della prima parte della
Summa avviato a suo tempo da Luigi Prosdocimi non è approdato per ora a risultati compiuti (cfr. L. PROSDOCIMI, La «Summa decretorum» di Uguccione da Pisa. Studi pre-
liminari per un’edizione critica, in «Studia Gratiana», III (1955), pp. 351-374). Si ve- dano, in ogni caso: G. CATALANO, Contributo alla biografia di Uguccio da Pisa, in «Il Di-
ritto ecclesiatsico», 65 (1954), pp. 3-67 e W.F. MULLER, Huguccio. The Life, Works and
Thought of a Twelfth-Century Jurist, Washington 1994; di seguito si farà riferimento al manoscritto Vat. Lat. 2280 della Biblioteca Apostolica Vaticana ed ai passi proposti da Josephus Zeliauskas.
157
un più articolato e preciso argomentare ‘tecnico’ che – sempre a
partire dai noti passi grazianei (in specie quelli dedicati alle sen-
tenze ingiuste) – individua più precisamente l’ambito dell’opera-
tività dell’invalidità delle decisioni gravemente viziate
59. Fra i
molti, si può partire da un passo della Summa:
«Sic ergo patet quod aliud est in aliis et aliud in causis cri-
minalibus vel spiritualibus ubi vertitur periculum animae, in tali-
bus enim causis ecclesiastiicis sententia etiam post X dies non fa-
cit jus nec transit in rem judicatam, nec ex sententia post X dies
veritati praejudicatur, quod in aliis causis ecclesiasticis et in causis
secularibus sit»
60.
Il punto di vista di Uguccione consiste nel tentativo di indi-
viduare una soluzione equilibrata al contrasto fra certezza e ve-
rità sostanziale, insito in ogni discussione riguardo alle invalidità
delle decisioni, in specie quelle che influiscono sullo status delle
persone e sui profili legati direttamente alla salus animarum.
In questo senso si può cogliere l’attenzione del giurista pi-
sano anzitutto ai profili procedurali, violando i quali si cade
senza dubbio nella sanzione dell’invalidità; valgono al riguardo i
passi dedicati nella Summa a precisare il significato dell’ordo (re-
cepito dalle elaborazioni coeve e precedenti) e stabilito ‘canoni-
camente’
61. Accanto ai motivi d’invalidità della sentenze stabiliti
59Qualche indicazione in L. MUSSELLI, Il concetto di giudicato… cit., pp. 23-47.Come già ricordato (supra, nota 58) riporta analiticamente la trascrizione di alcuni passi della Summa di Uguccione, Josephus Zeliauskas: a tale lezione si è fatto general- mente riferimento, con riguardo specifico al ms. Vat. Lat. 2280 della Biblioteca Apo- stolica Vaticana.
60UGUCCIONE DAPISA, Summa, ad C. XXXV, q. 9, ripreso in L. MUSSELLI, Il con-
cetto… cit., p. 33.
61«… et nota quod odo iudiciarius dicitur ut quis apud suum iudicem conve-
niatur et ad accusam tribus edicitis vel uno peremptorio pro omnibus legittime citetur et citato legittime dentur inducie et accusatio sollempniter et in scriptis fiat et testes le- gitimi producantur et producti legittime examinarentur et sententia in scriptis profe- ratur et non nisi in convictum vel confessum et cetere sollempnitates iuris canonici vel legales observentur. Item nota quod ordo iudiciarius dicitur duobus modis, scilicet, simpliciter et secundum quid. Simpliciter cum quis condempnatur servata integritate ordinis iudiciarii ut in premissis exceptis casibus. Cum ergo dicitur quod illis casibus
per violazione delle regole in procedendo, Uguccione prende in
esame pure i difetti in iudicando, con più raffinate considerazioni
di ordine sostanziale circa la giustizia della decisione. In tale am-
bito si può cogliere la chiara differenziazione fra sentenze viziate
ipso iure e sentenze nulle ipso facto (per le quali occorre una spe-
cifica impugnativa):
«… Primates, ad v. irritam, retractandam: videntur ergo sibi
contradicere; set sic intelligo: irritam = ipso iure; retractandam =
de facto; nam sententia lata contra ordinem iudiciarium ipso iure
nulla est, irrita est et non tenet nec indiget retractatione maioris»
62.
Secondo questa impostazione appare nell’opera di Uguc-
cione la presenza di una sicura distinzione concettuale fra le di-
verse invalidità, che si configura come una accentuazione della
fenditura aperta già da Graziano nella tradizionale impostazione
monolitica di derivazione romanistica, a cui pure i primi civilisti
avevano – in linea generale – aderito
63. Lo conferma anche lo
non observatur ordo iudiciarius, verum est integrum et simpliciter, set servatur ibi se- cundum quid, i. in parte, quia tales cause talem ordinem iudiciarium requirunt. Nam eo ipso debet ibi servari ordo iuris quia non servatur ibi omnimoda sollempnitas ordi- nis iudiciarii. Item nota quod quaedam sententia est condempnationis sive deposi- zioni, quedam excommunicationis, quedam suspensionis. Prima non tenet non servato ordine iuris, nisi casualiter ut dictum est; seconda et tercia tenent, licet sollempnitas iuris non observetur, dummodo proferantur a suo iudice et ante appellationem» (UGUCCIONE DAPISA, Summa, cit., f. 109 r., ad C. 2, q. 1, c. 1).
62UGUCCIONE DAPISA, Summa, cit., f. 109r., ad C. 2, q. 1. c. 5. Nella stessa dire-
zione è anche il successivo commento a C. 2, q. 6. c. 16: «ad v. nichil erit; ipso iure; set viribus carebit: per hoc videtur dare intelligi quod tenetur, nisi irritaretur et sic debe- ret per sententiam irritari. Set nichil tale de iure tenet nec est opus aliqua irritatione, nisi quo ad factum, si aliquid corporaliter est ablatum et propter hoc dicit: carebit vi- ribus, i. irritabitur; vel est lettera preposteranda sic: viribus carebit et ne videretur per hoc quod teneret et deberet irritari per sententiam cum ipso iure nichil sit, subditur: nichil erit: et ipso iure, etc. ar. Quod illud pro nullo reputatur quod iure destituitur» (Ibidem, f. 118r).
63In questo senso Josephus Zeliauskas individua nello sviluppo dell’imposta-
zione grazianea da parte dei canonisti, ed in particolare con Uguccione, una tappa ri- levante nel formarsi del rimedio della querela nullitatis: J. ZELIAUSKAS, De excommuni-
catione vitiata… cit., pp. 321-325. Occorre osservare la sostanziale contemporaneità nei passaggi essenziali della decretistica e della scuola della glossa in corrispondenza delle elaborazioni (quasi coeve) delle summae di Azzone e di Uguccio.
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svolgimento del commento al solito passo del Decretum dedicato
nello specifico alle invalidità della sentenza, nel quale Uguccione
precisa e sviluppa l’impostazione grazianea chiarendo sia il nodo
della ‘definitività’ della sentenza sia l’ambito di operatività del-
l’invalidità contra ius scriptum:
«Ad v. diffinitiva: nota quod diffinitiva sententia dicitur que
finem cause imponi plenissimum ut ff. de arbitr. L. Qualem [D.
4,8,19] et C. de iud. Certi iuris [C. 3,1,17]. Interlocutoria dicitur
ominis sententia data inter principium cause et finem.
Ad v. non obtinebit: nec opus est appellatione. In sententia ta-
men excommunicationis speciale est ut valeat et teneat etiam con-
tra ordinem iuris lata, dummodo feratrur a iudice proprio et ante
appellationem ut XI. q. III Si episcopus forte [C. 11, q. 3, c. 4].
Ad v. contra ius scriputm: i. contra ius constitutionis, scilicet
directo contra verba ipsius legis, ut si dicat iudex: ‘iudico mino-
rem xiii annis posse testamentum condere vel usuras usurarum-
debere exigi seu accipi vel iudico neque etatem neque numerum
filiorum prodesse tibi volenti te excusare a tutela, etate vel nume-
rum filiorum’: cum sic aliquis iudicat et expresse pronuntiat con-
tra verba legis, sententia ipso iure nullius est momenti nec est
opus appellatione, si ex certa scientia hoc faciat. Contra ius vero
litigatoris profertur sententia cum non profertur directo contra
verba legis, set contra mentem legis, ut si dicat iudex: ‘iudico iu-
stum posse condere testamentum, ipse enim minor est xiiii annis,
iudico usuras istas debere exigi vel accip, iudico iustum non posse
excusari a tutela’: hic tenet, set potest relevari per appellationem.
Hec distinctio colligitur ex hac lege et ff. que sent. Sine app. re-
scind. l. i. Item cum contra [D. 49,8,1]. Aliud est ergo proferre
sententiam contra ius scriptum vel constitutionis et aliud contra
ius litigatoris: illud est pronuntiare directo contra verba legis et
exprimere errorem suum in sententia, hoc est pronuntiare contra
mentem legis et non directo contra verba legis, ita quod non ex-
primat errorem suum in sententia. Et hic necessaria est appellatio;
ibi non, nisi in casu ut iam dicetur.
Ad v. ab esecutore: et quia sententia excommunicationis tota
consistit in executione, ideo non relevatur per appellationem»
64.
64UGUCCIONE DAPISA, Summa, cit., f. 121v., ad C. 2, q. 6, c. 41.Nella ripresa del passo grazianeo, Uguccione perviene in
questa sede alla conferma della classica distinzione (com’è noto
propria anche delle fonti civilistiche) fra sentenze contra ius liti-
gatoris e sentenze contra ius constitutionis; occorre osservare che
l’impostazione è qui – nella sostanza – aderente all’impostazione
tradizionale, anche se l’approfondimento si coglie specialmente
nella precisazione del vizio della sentenza «contra mentem legis»
e dell’equiparazione dello ius constitutionis con lo ius scriptum
65.
In questa direzione si evidenzia nell’opera del giurista pisano, ol-
tre alla distinzione netta e precisa fra sentenze invaide e sentenze
appellabili, una possibile (anche se sottile) differenziazione di
trattamento fra decisioni viziate ipso iure ed altre decisioni non
così radicalmente nulle (altrimenti definite come «irritae»), ma
semplicemente «irritandae» e come tali sottoposte ad una quali-
ficazione dell’invalidità affievolita e non perpetua
66.
Complessivamente si consolida nell’epoca di Uguccione una
linea interpretativa attenta allo stesso modo al dato tecnico ed ai
profili della giustizia, come documentato sia nella più scarna e
65Richiamando proprio il commento a C. 2, q. 6, c. 41, Uguccione precisa in al-
tro passo la portata della sentenza nulla contra ius constitutionis: «Non debet, ad v. non est canonica: i. in quem prolata est contra ius constitutionis; quai talis sententia ipso iure nulla est nec tenet ut ii q. 6 § diffinitiva [C. 2, q. 6, c. 41]. Excipiuntur secundum quondam notoria crimina, ubi non servatur ordo iudiciarius et tamen legittime subici- tur pena canonica. Set male dicunt quia in notoriis servatur ordo iuris ut in admoni- tione, item sententie prolatione ut ii. q. i. § Quando [C. 2, q. 1, c. 20] et xxiiii. q iii. Ecce [C. 24, q. 3, c. 18]. De illicita, licet non serevatur ibi tota sollempnitas iudiciarii ordinis ut. ii. q. i Manifesta, De manifesta [C. 2, q. 1, c. 17] et in hoc ipos videtur ibi ordo iudiciarius serva si quia non tota sollempnitas ibi servatur: hoc enim exigit ordo iuris ut omnis sollempnitas iuris ibi non servetur» (UGUCCIONE DAPISA, Summa, cit., f.
177v., ad C. 11. q. 3. c. 64).
66È proprio nel «limbo» delle figure di invalidità che sis discostano dalle nullità
ipso iure, senza però collocarsi nell’orizzontee della semplice appellabilità, che si fa strada l’idea la sentenza impugnabile (o annullabile). Si può leggere utilmente il passo seguente dedicato alla sentenza di scomunica: «Irritam, ad v. irritam: i. irritandam, si intelligatur de sententia excommunicationis; vel irritam: ipso iure, si intelligatur de sententia depositionis lata in episcopum preter conscientiam pape, nisi confirmetur a papa, ut iii q. vi Hoc quippe [C. 3, q. 6, c. 10]. Retractandam: de iure si intelligatur de excommunicatione; vel retractandam: de facto» (UGUCCIONE DAPISA, Summa, cit., f.
176r, ad C. 11. q. 3. c. 35).
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