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Il contributo dell’Istituto Jankelovich

1.3. L’approccio generazionale nelle ricerche di marketing

1.3.4. Il contributo dell’Istituto Jankelovich

L’Istituto ha definito un originale metodo d’indagine, denominato “Monitor”, che focalizza l’attenzione sui comportamenti legati alle aspirazioni e alle aspettative che contraddistinguono le diverse generazioni di consumatori e sul ruolo attivo che tali fattori esercitano sull’andamento degli acquisti7. Si tratta di un’indagine campionaria, che interessa migliaia di consumatori di età superiore ai 16 anni, rappresentativi della popolazione degli Stati Uniti. Tale indagine viene replicata con regolarità ogni anno, a partire dal 1971. Ai consumatori vengono poste centinaia di domande relative a differenti argomenti, dalla pubblicità ai viaggi, dall’economia all’ambiente, dalla tecnologia agli animali domestici: i risultati della rilevazione vengono quindi messi in rapporto con una serie di valutazioni (fiducia che gli intervistati esprimono in se stessi, soddisfazione per l’attività svolta e per la propria condizione economica, opportunità di scelta che ritengono di avere nella vita, prospettive di auto-realizzazione, ecc.). All’indagine principale si affiancano pulteriori strumenti: interviste telefoniche, incontri

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mirati, convegni. I soggetti che hanno già risposto vengono contattati negli anni successivi per domande più dettagliate su specifici argomenti.

I risultati raccolti con questa metodologia segnalano di anno in anno i cambiamenti e offrono un disegno prospettico delle tendenze del consumatore: in sede di elaborazione, un ruolo centrale è svolto dall’analisi delle analogie e delle differenze fra le generazioni, cosa che consente di conoscere il percorso evolutivo dei differenti gruppi generazionali.

L’asse portante di questo innovativo approccio è costituto dall’idea che le esperienze di ogni generazione danno luogo a una sensibilità particolare (es.: senso del dovere per i Maturi, individualismo per i Boomer, valorizzazione delle diversità per la X Generation), che – in termini statistici – trova riscontro in una “tendenza di base”, strettamente collegata alle decisioni d’acquisto (Smith e Clurman, 1997; trad.it. 1998, p. 15).

Tale sensibilità viene elaborata negli anni della formazione sotto l’influsso di esperienze, che creano legami tra i componenti della stessa generazione. Tra le esperienze significative non rientrano necessariamente solo avvenimenti di capitale importanza dal punto di vista storico, ma anche elementi di diversa natura come la cultura popolare, la congiuntura economica, gli sviluppi della tecnologia, gli eroi, i delinquenti, gli uomini politici, i disastri naturali.

In questo modo si definiscono valori e stili di vita comuni, in base al rilievo attribuito alle cose e al modo di affrontarle, che, nelle fasi successive dell’esistenza, impattano su ogni aspetto della vita quotidiana, dall’alimentazione al sesso, dall’economia all’acquisto di una nuova autovettura (Smith e Clurman, 1997; trad.it. 1998, p. 23).

Gli schemi cognitivi, sensoriali ed affettivi elaborati negli anni della giovinezza creano valori e motivazioni che perdurano nel tempo, ma che non si organizzano in una gabbia rigida, impermeabile ad ogni confronto con le sfide che continuamente si presentano nell’arco dell’esistenza. Gli stessi valori vengono dunque declinati in maniera differente in fasi successive della vita: i Boomer, che sono stati hippy negli anni della giovinezza, si trasformano in yuppie nel corso della vita adulta, pur mantenendo una sostanziale fedeltà ai valori dell’individualismo e della realizzazione personale elaborati negli anni della formazione. Per meglio comprendere i valori, le preferenze e i comportamenti dei consumatori, e prevederne gli eventuali cambiamenti, è opportuno dunque considerare tre fattori (op.cit., p. 25):

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1. lo stadio dell’esistenza: l’età dei soggetti, e quindi il punto della vita in cui si trovano, sia sotto l’aspetto fisico che sotto quello psicologico. È naturale che ciascuno abbia bisogno di prodotti e servizi diversi a seconda delle esigenze e priorità del momento;

2. le condizioni attuali, costituite dagli avvenimenti (es.: di carattere sociale ed economico) che influenzano la capacità di acquisto delle persone. Licenziamenti, recessioni, restrizioni nell’import/export, rivolgimenti politici, innovazioni tecnologiche, ecc., costituiscono fattori in forza dei quali i consumatori operano sul mercato;

3. le esperienze della coorte, condivise dagli appartenenti a una determinata generazione. È questo il fattore più influente: le esperienze formative rappresentano infatti un filtro attraverso il quale vengono interpretati tutti i successivi accadimenti, generando abitudini alla luce delle quali ciascuno «vede il mondo e partecipa alle attività di mercato» (op.cit., p. 26).

Fig. 1 - Principali fattori di influenza generazionale

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Ogni gruppo generazionale si trova ad attraversare le medesime tappe nel corso della vita (adolescenza, maggiore età, patente di guida, primo lavoro, nascita dei figli, gioie e dolori in famiglia, pensionamento, ecc.), ma anche a far fronte ad avvenimenti simili (rovesci economici, crisi politiche, guerre o sconvolgimenti mondiali). Posti di fronte a tali vicende, i membri dei vari gruppi generazionali reagiscono tuttavia in maniera differente, in funzione delle esperienze comuni vissute negli anni della giovinezza e che hanno plasmato i valori e gli stili di vita degli individui che le hanno affrontate (op. cit., p. 26).

Ne consegue che il passato non rappresenta necessariamente un “prologo” per gli eventi che si verificano nel presente: l’ingenua aspettativa che al raggiungimento di una certa soglia di età le persone modifichino i propri comportamenti, per conformarsi al metro di giudizio adottato da coloro che li hanno preceduti, è del tutto destituita di fondamento. Quanti in gioventù si sono appassionati alla musica dei Beatles continuano a manifestare la stessa preferenza anche negli anni della maturità. Per converso, è opportuno non esercitare una sorta di “miopia”, nei confronti di una generazione diversa dalla propria, attribuendole attitudini e motivazioni riconducibili alle prospettive della propria generazione: l’applicazione di lenti inadeguate pregiudica infatti la possibilità di comprendere a fondo l’esperienza tipica di un diverso gruppo generazionale (op.cit., p. 28). Se la generazione di appartenenza è dunque un fattore più significativo del semplice dato anagrafico, risulta opportuno individuare gli elementi che le conferiscono una determinata coscienza collettiva. Smith e Clurman (op.cit., p. 27) parlano a questo proposito di indicatori:

Prendendo a prestito un termine usuale nelle scienze sociali, denomineremo “indicatori” gli avvenimenti che definiscono un gruppo generazionale. Gli indicatori devono essere considerati come l’insieme di esperienze collettive atte a formare i valori e il modo di essere di una generazione. Questo insieme ne definisce le caratteristiche, la indirizza, le conferisce una determinata coscienza collettiva (ibidem).

Vale la pena fermare per un attimo l’attenzione su questo termine: nell’ambito delle ricerche sociali e di mercato gli “indicatori” consentono di tradurre i concetti astratti in qualcosa di concretamente rilevabile mediante gli strumenti disponibili (es.: interviste tramite questionario), evitando l’uso impreciso e la vaghezza che contrassegnano il parlare comune. Su questa base, è possibile successivamente precisare, mediante una chiara definizione operativa (si parla a questo proposito di “operazionalizzazione” degli

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indicatori), le variabili che entrano a far parte della matrice, utilizzata per elaborare i dati raccolti nel corso di una ricerca empirica (Delli Zotti, 2004, p. 152). Il riferimento agli “indicatori” è sulla carta un passaggio importante, che promette di liberare la ricerca sui temi generazionali dalle ipoteche di carattere speculativo, che l’hanno per lungo tempo caratterizzata, introducendo una dimensione accentuata di rigore scientifico:

La necessità di definire operativamente le proprietà che si studiano è un aspetto caratteristico dell’attività scientifica, al punto da costituire probabilmente la discriminante più sicura fra essa e altri generi di attività, ad esempio la speculazione filosofica (Marradi, 1984, pp. 24-25).

In questo senso, gli “indicatori” dovrebbero consentire di specificare le variabili, in base alle quali rilevare l’appartenenza a una generazione piuttosto che a un’altra. Nonostante l’entusiasmo con cui alcuni istituti di ricerca si muovono su questo fronte8, i risultati non sembrano pienamente soddisfacenti. In definitiva, i segni di riconoscimento di una generazione rischiano spesso di essere definiti in maniera generica e soggettiva: «tratti del linguaggio, particolarità dell’abbigliamento (blue jeans) o fisiche (barba), riferimento comune a un certo cantante o attore “della propria generazione”, comportamenti etici tipici (in particolare sul piano sessuale)» (Schmitt, 1982, p. 267).

L’approccio di Smith e Clurman oscilla a nostro parere tra astratta pretesa di rigore scientifico e sostanziale vaghezza sul piano operativo: per quanto il “Monitor” di Yankelovich poggi su una mole impressionante di dati di carattere quantitativo, la caratterizzazione delle diverse generazioni e la loro periodizzazione sembrano ampiamente risentire del particolare angolo prospettico da cui viene effettuata l’osservazione. Il risultato è che la distinzione tra Maturi (nati tra il 1909 e il 1945), Boomer (nati tra il 1946 e il 1964), Gen X (nati dopo il 1964), implicitamente presentata come un dato “oggettivo”, intrinseco agli eventi, dipende in larga misura dalle lenti interpretative indossate dai ricercatori, attenti alle vicende storico-sociali verificatesi negli Stati Uniti, e si adatta meno bene ad altre situazioni, come quelle verificatesi nei Paesi europei9.

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Il Pew Research Center si spinge a proporre un test basato su un insieme di quattordici variabili, che consentirebbero di valutare il proprio grado di vicinanza/lontananza rispetto a diversi gruppi generazionali (dai Boomers ai Maturi, dai Millennials ai Gen X): http://www.pewresearch.org/quiz/how-millennial-are-you

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51 1.3.5. Diffusione dell’approccio generazionale

Negli anni successivi l’approccio generazionale raccoglie crescenti consensi. Restringendo l’angolo visuale alle iniziative che hanno attinenza con l’ambito delle ricerche di marketing, si evidenzia la presenza di numerosi studi che si confrontano con questi temi, anche se alla nozione di generazione si preferisce spesso quella di “coorte”, intesa come «aggregato di persone fisiche (entro una qualche definizione di popolazione) che hanno vissuto lo stesso evento nel medesimo intervallo di tempo» (Ryder, 1965, p. 845). Un’ampia e dettagliata rassegna degli studi che utilizzano tale criterio di segmentazione è offerta da Schewe e Noble (2000): qui ci limitiamo a segnalare la ricerca di Schuman e Scott (1989), dedicata agli eventi e alle esperienze che soggetti appartenenti a differenti coorti ricordano come particolarmente influenti per la loro vita, e la recente proposta di Berkowitz e Schewe (2011) di estendere l’analisi delle coorti generazionali al marketing dei servizi sanitari.

Guardando alle iniziative maggiormente orientate alla pratica professionale, si possono menzionare vari osservatori permanenti, che pongono a tema le dinamiche generazionali, con specifica attenzione per giovani ed adolescenti. Negli Stati Uniti, accanto allo Yankelovich Monitor, metodologia di ricerca di cui è attualmente depositaria la società The Futures Company10, vale la pena citare tra gli altri Sputnik, osservatorio fondato da Joanne De Luca e Janine Lopiano, che nel corso degli anni Novanta elabora una serie di rapporti semestrali dedicati alle tendenze emergenti nell’ambito della street art e delle culture giovanili, e TRU (Teenage Research Unlimited)11, primo istituto di ricerca ad essersi specializzato nel mercato dei teenager, con un’esperienza ormai più che trentennale nella realizzazione di studi qualitativi e quantitativi su tendenze, stili di vita, atteggiamenti, consumi, fruizione mediale di giovani ed adolescenti. Il prodotto di punta (TRU Insight) copre gli adolescenti in quaranta mercati e cinque continenti. Altri contributi vengono dal Pew Research Center, struttura indipendente e non profit, che svolge attività di ricerca empirica nel campo delle scienze sociali12: tra le numerose linee di ricerca sviluppate in questi anni

10 http://blog.thefuturescompany.com/consumers/my-millennial-generation 11 http://www.tru-insight.com 12 http://www.pewsocialtrends.org/series/the-millennial-generation

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occupano un posto rilevante sia quelle dedicate alla generazione dei Millennials, sia quelle che hanno posto a tema la fruizione delle nuove tecnologie.

Altre iniziative di questo tipo si sviluppano in Europa, come l’inglese ChildWise Monitor, che dal 1991 offre un ampio rapporto annuale focalizzato sui consumi mediatici di bambini e adolescenti13, prendendo in esame anche l’atteggiamento nei confronti delle marche e i principali comportamenti di consumo. L’ultima edizione del rapporto è basata su oltre 2900 interviste a soggetti di età compresa tra 5 e 16 anni.

Guardando in particolare al nostro Paese, merita segnalare l’attività di Gfk Eurisko: dopo aver realizzato per anni Pianeta Teenegers, osservatorio dedicato a subculture e dinamiche del consumo giovanile, l’istituto di ricerca ha dato il via nel 2011 a una nuova iniziativa, denominata Kids, Teens and Post-Teens, che mette in sinergia gli strumenti conoscitivi relativi a bambini, ragazzi e giovani, attraverso 2400 interviste quantitative – cui si aggiungono colloqui individuali e focus group - somministrate a soggetti rientranti in un ampio e diversificato range di fasce d’età (dai 2 ai 24 anni), con l’obiettivo di identificare motivazioni profonde e driver che orientano le scelte di consumo. Altre indagini propongono uno studio comparativo sui teenager statunitensi e italiani, basato sull’impiego del Brand Asset Valuator, uno strumento che fa leva sui tratti di diversità, rilevanza, stima e familiarità attribuiti dai consumatori alle diverse marche (Lombardi, Chiesa e Biagini, 2000). Dotandosi di un’originale metodologia di carattere qualitativo, Future Concept Lab, istituto di ricerca che si avvale di una rete fissa di cool hunter, ha pubblicato recentemente i risultati di un’indagine dedicata al tema delle “generazioni creative” (cfr. Morace, 2008).

Grande risonanza, per l’attualità del tema e per il rigore metodologico dell’indagine, ottengono alcuni lavori di carattere scientifico, come il volume di Garelli (1984), il rapporto su “giovani e generazioni”, curato da Donati e Colozzi (1997), e l’indagine nazionale sulla condizione giovanile, promossa dall’Istituto IARD e replicata regolarmente ogni quattro anni, a partire dal 1983. Le ultime edizioni del rapporto, basate su ricerche condotte nel 2002 e nel 2006, estendono il campione a un arco di età compreso tra i 15 e i 34 anni (per l’ultima edizione cfr. Buzzi, Cavalli e de Lillo, 2007).

Di grande rilievo infine è l’indagine Media e generazioni nella società italiana, condotta tra il 2006 e il 2009 da un team multidisciplinare di ricercatori (sociologi,

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economisti, storici, demografi, studiosi di letteratura) provenienti da cinque università: Milano Cattolica, Urbino, Roma, Bergamo e Trento. Riprendendo il filo di precedenti indagini (cfr. Aroldi e Colombo, 2003), il progetto esplora il rapporto fra media e generazioni, affidandosi ad un ampio set di strumenti - dall’analisi documentale alla storia orale, dal focus group all’intervista biografica, dall’esplorazione sofisticata dei discorsi nei social networks alle etnografie visuali digitali – con l’obiettivo di comprendere le modalità con cui la nozione di generazione si applica alla produzione e al consumo culturale (cfr. Colombo, Boccia Artieri, Del Grosso Destreri, Pasquali e Sorice, 2012).