• Non ci sono risultati.

1.3. L’approccio generazionale nelle ricerche di marketing

1.3.2. Sistemi di significato

Il consumo come “sommatoria di singole scelte” è un’immagine d’impronta atomistica che ha condizionato spesso le ricerche di mercato, precludendo la visione del quadro d’insieme, da cui traggono significato gli acquisti di volta in volta effettuati: in realtà, il consumatore acquista «cluster di prodotti fortemente interconnessi l’uno all’altro», per cui il singolo atto d’acquisto s’innesta, quasi sempre, «in un quadro di sintalità e rimandi» (Fabris, 2003, p. 47).

Come suggeriscono le indagini empiriche condotte da Egeria Di Nallo (1994), nella percezione dei consumatori i beni fanno riferimento a sistemi di consumo, variamente interconnessi e articolati entro sistemi più vasti. In altri termini, il consumatore non acquista un singolo bene, separato da tutti gli altri, ma attraverso il singolo prodotto guadagna l’accesso ad una costellazione di oggetti e di significati intrinsecamente collegati fra loro. Ad esempio, prendendo come punto di partenza un papillon, gli intervistati costruiscono un sistema funzionale che comprende giacche eleganti, camicie di taglio classico e scarpe scure. Anche i rapporti tra i vari sistemi di oggetti sono regolati da somiglianze e opposizioni. Transitando verso sistemi funzionali contigui, lo smoking richiama il pranzo a lume di candela ed esclude la bicicletta, mentre la palestra richiama una tuta, la bicicletta e un’alimentazione salutista (Di Nallo, 1994; Codeluppi, 2002, pp. 129-131).

Nelle decisioni d’acquisto, le persone si trovano dunque ad utilizzare, come guida alla lettura, “griglie” di opposizioni e di alleanze, che tagliano trasversalmente le tradizionali categorie merceologiche, mettendo a confronto beni di diversa natura, capaci però di integrarsi con analoghe funzioni all’interno di sistemi di significato coerenti. Ad esempio, è possibile che alla voce “esperienza del lusso” corrispondano,

44

con analogo significato, situazioni completamente differenti, come l’acquisto di un orologio di prestigio oppure di una costosa vacanza nei mari tropicali. Il risultato è un confronto trasversale, giocato a tutto campo, nel quale i diversi mercati si confondono e si sovrappongono, rendendo sempre più importanti i territori simbolici e le occasioni d’incontro (Weil, 1986; trad.it. 1990, pp. 118-122).

Le indagini della Di Nallo suggeriscono l’ipotesi che i comportamenti d’acquisto non vengano determinati in maniera esclusiva dal calcolo astratto costi-benefici, ma siano orientati primariamente ad assicurare la coerenza all’interno dei diversi sistemi di significato. Ci possono dunque essere situazioni marginali e satellitari a cui il consumatore è disposto a rinunciare, ad esempio in periodi di recessione economica, ma anche elementi centrali e fortemente integrati nel sistema di cui non è assolutamente possibile fare a meno. È in ogni caso plausibile che singoli elementi possano venire espulsi dal sistema, per fare spazio a soluzioni maggiormente innovative, purché l’introduzione del nuovo non mandi in frantumi la struttura di opposizioni e di alleanze su cui si reggono i sistemi di significato precedentemente definiti: gli schermi sottili delle TV digitali hanno sostituito i vecchi apparecchi con il tubo catodico, ma non hanno messo in discussione la centralità del mezzo televisivo nelle diete mediatiche dei Boomer e dei Maturi. La cultura, intesa come “rete di significati”6, matrice di affinità elettive tra gli appartenenti alla medesima generazione, sembra svolgere in questo senso un ruolo decisivo. Come ricordano Smith e Clurman, quando l’azienda Betty Crocker lanciò sul mercato, negli anni Cinquanta, una linea di dolci in scatola pronti per la cottura, le vendite risultarono deludenti: si comprese in seguito che le casalinghe appartenenti alla generazione dei Maturi, educate allo spirito del sacrificio durante gli anni della depressione, guardavano con sospetto tutto ciò che risultasse troppo facile. Si decise dunque di introdurre una versione modificata del prodotto, che richiedeva l’aggiunta di un uovo fresco: tale integrazione restituiva coerenza a un sistema di significati centrato sul valore della fatica e dell’impegno personale (Smith e Clurman, 1997; trad.it. 1998, p. 24).

6

«L’uomo è un animale sospeso entro reti di significato che egli stesso ha tessuto. Credo che la cultura sia costituita da queste reti e che quindi la sua analisi non debba essere una scienza sperimentale in cerca di leggi, ma una scienza interpretativa in cerca di significato» (Geertz, 1973, p. 5).

45 1.3.3. Problemi di carattere metodologico

La tendenza a realizzare aggregazioni sociali trasversali e la preferenza accordata ai sistemi di significato nelle scelte di acquisto giustificano l’ipotesi che i valori, gli atteggiamenti e le esperienze che connettono gli appartenenti a una specifica generazione vengano declinati con coerenza nel corso del tempo: da questo punto di vista, sembra indubbiamente ragionevole identificare trend emergenti e anticipare possibili scenari. Tuttavia, per quanto la prospettiva dell’analisi delle generazioni a servizio delle scienze sociali e degli studi sul consumo appaia giustificata da solide motivazioni, il trattamento di questi fenomeni con le metodologie quantitative correnti - in particolare con le indagini campionarie - pone questioni di difficile soluzione.

Bisogna infatti tenere presente che, analizzando per coorti di età i dati ricavati da indagini campionarie, si riscontrano differenze che possono dipendere da tre diversi effetti: l’effetto età (legato ai processi evolutivi di maturazione della personalità), l’effetto generazione (derivante dall’esposizione a eventi e situazioni storiche durante la fase della formazione) e l’effetto periodo (dipendente dal particolare momento storico nel quale viene condotta la rilevazione). Nell’analisi questi effetti si sommano e risulta poco agevole distinguerli (Cavalli, 1994).

Ad esempio, comparando dati raccolti tramite questionario nel 1990 e nel 2010, ogni volta su due diversi campioni, uno di ventenni e uno di quarantenni, l’analisi permette di cogliere tre tipi di differenze:

- longitudinali, ossia tra membri della stessa generazione che vengono intervistati in due periodi diversi, a distanza di vent’anni. In questo caso, le differenze possono dipendere dal fatto che gli intervistati sono nel frattempo diventati più anziani (effetto età), ma anche dal fatto che i “tempi” sono mutati (effetto periodo);

- trasversali, ossia tra soggetti di età diverse che vengono intervistati nello stesso momento (es.: confronto tra ventenni e quarantenni nel 2010). Le differenze in questo caso possono dipendere dalla diversa età (effetto età), ma anche dal fatto che gli intervistati appartengono a generazioni/coorti differenti, per cui sono stati esposti a esperienze diverse nella loro fase formativa (effetto generazione);

- epocali, ossia tra quarantenni nel 1990 e quarantenni nel 2010. Le differenze dipendono dal mutamento intervenuto tra le due rilevazioni (effetto periodo), ma

46

anche dal fatto che i due campioni appartengono a diverse generazioni (effetto generazione).

Il problema metodologico consiste nella difficoltà d’isolare i due effetti che si sommano in ogni confronto. Il problema non si può risolvere al di fuori della ricerca longitudinale, che a sua volta presuppone l’esistenza di un panel di soggetti da intervistare, formato da campioni appartenenti ad età diverse, sul quale sia possibile effettuare rilevazioni ripetute nel corso del tempo (eventualmente, anche a distanza di vent’anni). Tuttavia, le ricerche di questo tipo sono rare, non solo perché si estendono per un lungo periodo di tempo, rendendo difficilmente reperibili gli stessi soggetti a distanza di anni, ma anche perché comportano notevoli investimenti in termini di risorse umane e finanziarie. Le difficoltà connesse a una rigorosa applicazione dei metodi quantitativi allo studio delle generazioni giustifica la preferenza accordata alle metodologie qualitative dagli studiosi che si muovono in questo campo (Cavalli, 1994).