• Non ci sono risultati.

Nell’ambito della fase di ricerca sul campo è stata successivamente utilizzata una metodologia di carattere qualitativo, consistente nella somministrazione – tra settembre e ottobre del 2012 – di una serie di interviste in profondità a due diverse categorie di soggetti:

- giovani appartenenti alla fascia d’età interessata alla rilevazione, con l’obiettivo di approfondire lo studio dei vissuti esperienziali associati alle attività di comunicazione mediata dalle tecnologie e di valutare elementi problematici emersi dall’analisi dei questionari precedentemente raccolti;

- educatori, formatori, esperti di comunicazione, con l’obiettivo di commentare e approfondire i principali risultati della ricerca: si tratta di figure che per motivi professionali entrano a contatto quotidianamente con giovani appartenenti alla generazione dei cosiddetti “nativi digitali” e che dunque sono in grado di offrire il contributo proveniente da un angolo visuale privilegiato.

In linea generale, i dati raccolti con metodi qualitativi, pur non potendo avanzare alcuna pretesa di rappresentatività, si rivelano di particolare interesse, quando i termini della ricerca e i fenomeni da indagare presentino, come nel nostro caso, un andamento processuale e un carattere di novità (Delli Zotti, 2004, pp. 54-59). A differenza del questionario, in cui le risposte vengono date sulla base di modelli standardizzati (scale di valutazione, risposte pre-definite, ecc.), questo tipo di intervista permette infatti di rilevare il modo in cui i soggetti rendono conto dei propri vissuti (ad esempio, mediante le particolari forme espressive utilizzate), portando alla luce nessi, esperienze, significati e valutazioni non previsti. L’intervista in profondità consente inoltre di dilatare il raggio dell’attenzione alle reti di relazione e al contesto della vita quotidiana in cui si inserisce l’uso delle tecnologie comunicative, in coerenza con l’impianto

146

generale della presente ricerca, centrato sulle pratiche dei soggetti, piuttosto che “mediacentrico”.

Nello specifico le interviste ai giovani hanno coinvolto un campione di venticinque soggetti di età compresa tra i 15 e i 24 anni, frequentanti scuole superiori o università e residenti nell’intero territorio del Friuli Venezia Giulia, in possesso di computer, dispositivi di telefonia mobile (cellulare o smartphone) e accesso alla rete internet, ma non necessariamente iscritti a un social network. Le interviste a educatori ed esperti hanno coinvolto in tutto dieci soggetti, gravitanti nel medesimo territorio, a loro volta in possesso delle principali device digitali e interessati, nel senso ampio del termine, al mondo della comunicazione: è stato dunque possibile sondare anche le opportunità di dialogo, di apprendimento e di ascolto connesse all’uso delle nuove tecnologie comunicative, nell’intento di identificare percorsi che consentano di valorizzare le logiche di rete, partecipative e interattive, che caratterizzano l’uso dei nuovi media.

Gli intervistati sono stati selezionati tramite contatti personali, avendo cura di assicurare un’equilibrata presenza di soggetti di genere maschile e di genere femminile, residenti tanto nei capoluoghi di provincia, quanto in centri di più piccole dimensioni, e – per quanto riguarda i giovani – appartenenti sia alla fascia d’età 15-19 anni, sia alla fascia d’età 20-24 anni. Gli esperti coinvolti coprono invece un range di età più ampio (da 32 a 45 anni), sostanzialmente riconducibile alla Generazione X: più che di “immigrati”, si tratta dunque di “adattivi” digitali, cioè di persone che non sono nate già immerse in un ambiente caratterizzato dalla presenza pervasiva delle nuove tecnologie, ma che hanno comunque potuto approcciare negli anni giovanili le prime device di questo tipo (computer, telefonini, ecc.), convertendosi progressivamente ai nuovi linguaggi della comunicazione (cfr. Aroldi, 2011). Va ovviamente precisato che si tratta di un campione numericamente limitato e quanto mai eterogeneo (docenti universitari, insegnanti di liceo, tutor in centri di formazione, esperti di comunicazione): vissuti e valutazioni personali permettono comunque di arricchire di sfumature e di ulteriori sensi i dati di carattere numerico ottenuti tramite questionario. Se la generazione ha un carattere “relazionale” (cfr. Donati, 1997), la sua identità si definisce anche attraverso il confronto con le rappresentazioni offerte da altre generazioni temporalmente compresenti: il gioco di carattere “speculare” (Millennials/Generazione X) che abbiamo introdotto nelle interviste consente dunque di sviluppare un approccio

147

multidimensionale, valorizzando il contributo di una pluralità di sguardi attorno al tema dei “nativi digitali”.

Per la somministrazione delle interviste è stata preliminarmente definita una traccia comune (sia per quanto riguarda le domande, sia per quanto riguarda l’ordine con cui sono state proposte), al fine di consentire la comparabilità delle risposte nella fase di lettura e interpretazione dei risultati. Le domande sono state formulate in modo da lasciare ampia libertà di risposta all’intervistato con l’intento di registrare il racconto diretto dell’esperienza vissuta e le valutazioni personali. L’approccio informale con cui è stato condotto il colloquio ha inoltre consentito di sondare in profondità le risposte, in presenza di nuove idee o di elementi di particolare interesse spontaneamente introdotti dagli intervistati.

La traccia predisposta è stata pensata in modo da guidare un colloquio di circa 30/40 minuti. Gli argomenti su cui si è concentrata l’attenzione sono quattro:

- l’appropriatezza (o meno) dell’etichetta di “nativi digitali”, solitamente utilizzata per definire i giovani appartenenti alla generazione dei Millennials;

- le pratiche di comunicazione mediata, con particolare riferimento alla telefonia mobile e ai social network;

- il coinvolgimento attivo in forme di creatività e di partecipazione in rete, riconducibili alle nuove forme di consumo produttivo (prosumerismo, co-creazione, produzione di contenuti generati dal basso, ecc.);

- i limiti e le opportunità connessi all’introduzione delle nuove tecnologie della comunicazione nell’ambito dei processi formativi. Come già segnalato, il concetto di “nativo digitale”, che ha incontrato ampio successo nell’ambito delle ricerche di marketing, è stato inizialmente formulato da Prensky in riferimento proprio a contesti formativi, che istituzionalmente si propongono non solo come luoghi di trasmissione ed elaborazione dei saperi, ma anche come ambiti di confronto intergenerazionale.

Le interviste sono state somministrate in presenza, cosa che ha permesso di raccogliere anche l’insieme dei segnali non verbali con cui gli intervistati hanno accompagnato le loro risposte: si è cercato inoltre di stabilire uno stile informale, inteso come chiave d’accesso al mondo comunicativo dei soggetti.

148

Le interviste, audio registrate con dispositivi digitali, sono state successivamente interamente trascritte in Word, cercando di riportare fedelmente tutti gli elementi della narrazione: l’analisi qualitativa del materiale raccolto ha permesso infine di identificare i passaggi più significativi, inseriti come citazioni nel settimo capitolo, dedicato alla presentazione dei risultati della rilevazione di carattere qualitativo.

149

Cap. 5 – Giovani e nuovi media: la rilevazione tramite questionario

La prospettiva teorica della “domestication” ha rappresentato un punto di riferimento costante per il presente lavoro, sia nella fase di definizione del disegno di ricerca, sia nella fase di analisi e interpretazione dei dati raccolti: si tratta di un quadro concettuale, elaborato da Silverstone, Hirsch e Morley (1992) nell’ambito dei media studies britannici (cfr. infra cap. 2), che orienta l’attenzione sui vissuti sociali e simbolici che caratterizzano il processo di integrazione e consumo dei dispositivi tecnologici nel contesto della vita quotidiana.

Per la presentazione dei risultati si è tuttavia ritenuto preferibile non utilizzare rigidamente, come griglia espositiva, lo schema in quattro fasi - appropriazione, oggettivazione, incorporazione e conversione – in cui si articola, secondo il modello, la “carriera d’integrazione” delle tecnologie comunicative. Come riconoscono gli autori che hanno dato l’avvio a questa prospettiva teorica, i diversi momenti rappresentano infatti quattro elementi “non discreti” (op.cit., p. 18), cioè non separati tra loro, ma strettamente integrati in un unico percorso: la distinzione è dunque utile da un punto di vista concettuale, ma rischia di isolare artificialmente singoli aspetti, pregiudicando la possibilità di cogliere il carattere processuale del fenomeno indagato.